GERMANIA
(ted. Deutschland)
Stato dell'Europa centrale che comprende buona parte dei territori indicati nel Medioevo con lo stesso nome, derivato dagli antichi Germani. La romanizzazione della G. si attestò nella regione renana, formando due province, la Germania inferior a N e la Germania superior a S; quest'ultima comprendeva anche terre a E del Reno. I territori centrali e orientali della G. erano invece occupati da numerose popolazioni germaniche, dalla configurazione politica e territoriale instabile, le quali dal sec. 2°-3° iniziarono a entrare in movimento in conseguenza di diversi fattori, non ultimo la spinta sempre più forte delle tribù nomadi che alle loro spalle premevano da E verso l'Europa e il Mediterraneo.Nel corso del sec. 4°-5° la G. romana fu occupata dalle tribù germaniche, che nel 406 oltrepassarono il Reno. I Franchi, divenuti padroni della Gallia, si volsero verso la G. e sottomisero prima gli Alamanni (496), stanziati in Franconia, e poi i Turingi (551). Per tutto il sec. 6° e parte del 7° i Franchi dominarono la G., combattendo anche le tribù slave insediate nelle regioni orientali, prima di precipitare in una grave crisi interna e perdere così il controllo del territorio. Più o meno in questo periodo, nel sec. 7°-8°, in G. si diffuse il cristianesimo. Questo importantissimo mutamento si compì grazie all'azione di monaci missionari provenienti dal Nord, celti e anglosassoni, fra i quali s. Bonifacio, a cui si deve la creazione delle prime diocesi in G., tutte sottoposte al controllo della Chiesa franca. In tal modo aumentò di nuovo l'influenza dei Franchi, che con Carlo Magno sottomisero l'intera G., inserendola nel nuovo impero fondato da quest'ultimo; la più dura resistenza fu offerta dalla Sassonia pagana (772-799).Dopo mezzo secolo di vita all'interno dell'impero carolingio, allorché a Verdun nell'843 l'impero stesso fu diviso fra i figli dell'imperatore Ludovico il Pio, la G. passò a Ludovico il Germanico sotto la nominale sovranità dell'imperatore, il fratello Lotario (840-855). Nell'887 fu deposto l'ultimo imperatore carolingio, Carlo III il Grosso, che era anche re di G. e in quest'ultima carica gli successe Arnolfo di Carinzia. Il regno di G., ormai del tutto autonomo, era formato da cinque ducati (Sassonia, Baviera, Turingia, Svevia, Franconia) governati da stirpi ducali ereditarie. La monarchia invece era elettiva e controllata dai duchi. Dopo la morte di Arnolfo (899) fu eletto re nel 911 Corrado di Franconia, cui successe nel 919 Enrico I di Sassonia. Questi conquistò la Lotaringia, tolta alla Francia, e a E il Brandeburgo, strappato agli slavi Vendi; ma durante tutto il suo regno dovette fare fronte agli attacchi degli Slavi e degli Ungari. Suo figlio Ottone I (936-973) riuscì nel 955 a debellare gli Ungari (vittoria sulla Lech) e a respingere gli Slavi, mettendo in moto il lento processo di germanizzazione delle regioni al di là dell'Elba; nel 951 fu eletto anche re d'Italia. Nel 962 Ottone fu incoronato imperatore; a partire da quel momento e per tutto il Medioevo, l'impero fu costituito dall'unione dell'Italia con la Germania. Meno fortunata fu l'azione politica, anch'essa ambiziosa, dei suoi successori: Ottone II (973-983) fu sconfitto sia in Italia meridionale sia nelle terre slave, cosicché i Tedeschi persero il controllo del territorio tra l'Elba e l'Oder (983); Ottone III (983-1002) aveva sognato di essere un novello Costantino e di realizzare un'autentica renovatio imperii Romanorum, ma i suoi ambiziosi progetti fallirono per l'opposizione sia dei Tedeschi sia dei Romani. L'elezione di Enrico II (1002-1024) e poi quella di Corrado II (1024-1039) furono il segno della volontà di ripiegare su problemi di più immediato interesse per la Germania. Un profilo di nuovo molto alto caratterizzò invece l'azione politica di Enrico III (1039-1056), sostenitore della riforma della Chiesa. Durante il suo regno, Polonia, Boemia e Ungheria furono sottomesse all'autorità dell'imperatore germanico. Alla sua morte (1056) salì sul trono il minorenne Enrico IV (1056-1106) e ciò permise alla grande feudalità di assumere un ruolo politico autonomo. Divenuto maggiorenne (1066) Enrico si appoggiò alle città e alla piccola feudalità per combattere i grandi feudatari ed ebbe successo; ma nel 1075 scoppiò il conflitto con papa Gregorio VII sul problema delle investiture ecclesiastiche che indebolì grandemente il re, che fu addirittura deposto e scomunicato dal papa. La successiva riconciliazione di Canossa (1077) non fu accettata dai principi tedeschi, che opposero a Enrico IV il duca Rodolfo di Svevia. Pur vittorioso nei confronti di quest'ultimo, Enrico vide ben presto riaprirsi il suo contrasto con la Chiesa e fu di nuovo scomunicato. Tutto ciò indeboliva le basi materiali del potere centrale in G., che si reggeva sul controllo assoluto della gerarchia ecclesiastica.A Enrico IV successe suo figlio Enrico V (1106-1125), che nel 1122 riuscì ad arrivare al concordato di Worms, risolvendo la contesa con il papato. Da allora in poi si distinse nettamente l'investitura temporale dei vescovi, conferita dall'imperatore, da quella spirituale, conferita dal papa: era certo un compromesso, ma tutto sommato bene accetto a Enrico, che mantenne ugualmente il suo controllo sull'episcopato tedesco, in quanto venne stabilito che nel regno di G. fosse conferita per prima l'investitura temporale. A insidiare il potere del re rimaneva però ancora l'aristocrazia, con la quale lo scontro si giocò intorno alla natura elettiva della Corona: alla morte di Enrico V i principi tedeschi elessero Lotario di Suplimburgo (1125-1137) anziché il successore naturale al trono, Federico duca di Svevia, nipote di Enrico, e alla morte di Lotario, per evitare che la monarchia assumesse carattere ereditario, elessero Corrado III di Hohenstaufen (1138-1152), un altro svevo: iniziava la lunga lotta tra ghibellini e guelfi, cioè tra la casa di Svevia, gli Hohenstaufen, e quella di Baviera e Sassonia, avente per posta il trono tedesco.Gli Hohenstaufen, con Corrado ma soprattutto con Federico I Barbarossa (1152-1190), cercarono di rafforzare il potere monarchico, costruendo da una parte una piramide feudale con al vertice il re, per ingabbiare la grande e la piccola aristocrazia, e dall'altra ricorrendo ai servizi della piccola aristocrazia cavalleresca dei ministeriales. I maggiori problemi per gli Svevi venivano dal Nord-Est, dov'erano forti il potere del margravio di Brandeburgo, Alberto I detto l'Orso (1100 ca.-1170), e quello del duca di Sassonia, il guelfo Enrico il Leone (1129 ca.-1195), il cui dominio dalla Sassonia giungeva alle terre al di là dell'Elba, strappate agli Slavi con la guerra - a partire dal sec. 12° furono bandite vere e proprie crociate contro i pagani slavi - e anche, o forse soprattutto, grazie alla colonizzazione di contadini e mercanti provenienti dai paesi tedeschi occidentali e dai Paesi Bassi, fra i quali erano anche molti ebrei. In questo stesso periodo nacque a Visby, nel 1161, la lega delle città tedesche del Nord, la Hansa, alla quale aderì Lubecca, città fondata da Enrico il Leone nel 1143.La crisi fra la monarchia sveva e il dominio guelfo scoppiò con Federico Barbarossa allorché questi, frustrato nelle sue ambizioni italiane dall'opposizione dei Comuni, si dedicò a rafforzare il suo potere in Germania. Sfruttando il fatto che Enrico il Leone si era rifiutato di fornirgli i contingenti militari previsti dal diritto feudale, Federico depose Enrico e smembrò i suoi possedimenti distribuendoli ai suoi fedeli (1181). La vittoria di Barbarossa finì però per aumentare la frantumazione del potere centrale in Germania. Federico del resto continuava a pensare a un destino per la sua casa orientato fuori della G.: per tale ragione fece incoronare re d'Italia nel 1169 suo figlio Enrico VI (1165-1197) e gli fece sposare nel 1186 Costanza d'Altavilla, unica erede del regno normanno. Morto Federico Barbarossa (1190) durante la terza crociata, Enrico, che dovette combattere per far valere i suoi diritti sul regno di Sicilia, trascurando la G., nel 1191 si fece incoronare imperatore. La sua morte, dopo pochi anni di governo, riaccese il conflitto guelfo-ghibellino: il capo dei guelfi era Ottone di Brunswick, figlio di Enrico il Leone, quello dei ghibellini Filippo di Svevia, fratello di Enrico VI e quindi zio di suo figlio, Federico II, teoricamente erede dell'impero, del regno di G. e di quello di Sicilia. A far pendere la bilancia a favore di Federico fu prima di tutto Innocenzo III: il papa, dopo aver inizialmente appoggiato Ottone, pur essendo tutore del figlio di Enrico e Costanza, scomunicò il guelfo e sostenne la candidatura di Federico, che nel 1212 riuscì a farsi eleggere re di G.; in realtà solo grazie all'esito della battaglia di Bouvines (1214) - scontro di grande importanza anche per la storia di Francia e Inghilterra - Federico riuscì ad avere la meglio su Ottone. Per ottenere appoggi alla sua autorità ancora incerta, Federico emanò nel 1220 la Confoederatio cum principibus ecclesiasticis, con la quale concedeva ai vescovi tedeschi amplissimi poteri di governo territoriale; in quello stesso anno veniva eletto imperatore a Roma.Nel frattempo, nella zona orientale della G. la situazione era in movimento: nel 1201 era stato creato l'Ordine dei Portaspada, monaci-cavalieri impegnati nella lotta contro i pagani; nel 1226 l'imperatore concesse all'Ordine Teutonico la Prussia, una regione da conquistare per intero, i diritti dei cui abitanti, in quanto pagani, erano considerati inesistenti. La conquista si tramutò in una guerra di sterminio contro le popolazioni baltiche pagane, conclusasi solo nel 1283. Il dominio dei Cavalieri Teutonici sulla Prussia non doveva incontrare seri ostacoli fino alla sconfitta subita a Tannenberg a opera dei Polacchi (1410). Nel corso del Duecento inoltre la Hansa - ricavando benefici dalla creazione di una dominazione tedesca in Prussia - divenne la potenza economicamente dominante nell'area baltica, respingendo vittoriosamente le ambizioni egemoniche dei re di Danimarca.Nella politica interna Federico subì l'azione autonoma del figlio Enrico VII, eletto re di G. nel 1228, che si appoggiò ai ministeriales e alle città renane per consolidare il suo potere contro la grande aristocrazia; quest'ultima tuttavia lo obbligò a concedere l'importantissimo Statutum in favorem principum (1231). La costituzione, che anche Federico fu costretto a ratificare l'anno seguente, limitava fortemente l'autorità monarchica in favore di quella dei principi. Alla morte di Federico II (1250) gli successe in G. il figlio Corrado, che però morì dopo quattro anni. Iniziò così il grande interregno, un lungo periodo (1254-1273) durante il quale si ebbe una vacanza di fatto del potere regio. Solo davanti all'eventualità che la Corona andasse a Filippo l'Ardito di Francia, i principi elettori scelsero come re Rodolfo d'Asburgo (1273-1291).A differenza delle grandi monarchie europee, Francia e Inghilterra, la G. continuava a non avere né una legislazione, né finanze, né strutture burocratiche unitarie ed era formata piuttosto da una pluralità di stati territoriali, laici o ecclesiastici - nei quali i principi erano dei veri e propri sovrani (domini terrae) -, ai quali andavano aggiunte le città libere o imperiali, sottoposte direttamente all'autorità del re. Nonostante l'arretratezza delle strutture politiche centrali, diverse parti della G. tenevano il passo delle regioni europee più avanzate: in particolare le ricche città del Baltico e del Reno e la Prussia; a esse si aggiunsero ben presto i possedimenti degli Asburgo. Questi ultimi, giunti sul trono tedesco, si distinsero per la loro politica familiare: Rodolfo d'Asburgo combatté Přemysl Ottocaro II di Boemia e ottenne l'Austria e la Stiria, unendole alle terre ereditarie della Svizzera e al Tirolo; i suoi successori della casa d'Asburgo sul trono di G. lo imitarono e, chiusi nel loro orizzonte dinastico, non aspirarono mai all'impero. La situazione sembrò per un momento cambiare con la salita al trono di Enrico di Lussemburgo (1308), che scese in Italia e fu eletto imperatore; ma la morte prematura (1313) fece fallire i suoi progetti. Dopo di lui scesero in Italia e cinsero la corona imperiale Ludovico il Bavaro (1314-1347) e Carlo IV di Lussemburgo, re di Boemia (1346-1378), nipote di Enrico VII. Carlo si impadronì di Slesia, Moravia e Brandeburgo, territori che, insieme alla Boemia, andarono a costituire il patrimonio della sua famiglia.Nel 1356 la Bolla d'oro stabilì definitivamente la composizione del collegio elettorale imperiale, che doveva essere formato da sette principi, tre ecclesiastici (gli arcivescovi di Colonia, di Treviri, di Magonza) e quattro laici (il re di Boemia, il conte del Palatinato, il duca di Sassonia, il marchese del Brandeburgo); l'imperatore inoltre riuscì a far eleggere nel 1376 suo figlio Venceslao IV re dei Romani. Si creavano così le premesse per una nuova dinastia imperiale, che, sia pure attraverso varie vicissitudini, resistette per più di mezzo secolo fino a Sigismondo (1368-1437), fratello di Venceslao, che fu contemporaneamente imperatore, re di G., di Boemia e di Ungheria. Sigismondo, che doveva fronteggiare a E il pericolo turco, sperava nella crociata e, per favorirne il bando, si adoperò per sanare lo scisma nella Chiesa e soffocare l'eresia ussita con il concilio di Costanza (1414-1418). Alla sua morte i regni di Boemia e di Ungheria passarono agli Asburgo, che li unirono ai loro possedimenti austriaci. In tal modo questi ultimi, che da quel momento monopolizzarono la Corona imperiale, proseguendo nella loro politica dinastica, crearono un blocco territoriale in grado di sorreggere un potere monarchico forte; ma tale blocco era costituito da terre solo in parte tedesche. Il nuovo potere monarchico rappresentato dagli Asburgo costituì dunque l'impero, che però si differenziò sempre più dal regno di Germania. Questo ormai era ridotto a un insieme di città autonome e di stati territoriali mal coordinati dalla dieta - l'assemblea dei principi, dei nobili e delle città - e sottoposti all'incerta autorità del sovrano.
Bibl.: H. Pirenne, Histoire de l'Europe des invasions au XVIe siècle, Paris-Bruxelles [1917] (1936⁷) (trad. it. Storia d'Europa. Dalle invasioni al XVI secolo, Firenze 1956); B. Gerhardt, Handbuch der deutschen Geschichte, I, Stuttgart 1930; R. Holtzmann, Geschichte der sächsischen Kaiserzeit (900-1024), München 1941; J. Fleckenstein, Grundlagen und Beginn der deutschen Geschichte, Göttingen 1974.S. Gasparri
Solo alla fine del sec. 6° in G. si ebbe una autonoma attività di monetazione, nelle città di Colonia, Magonza e Treviri; la produzione delle zecche romane è invece attestata a partire dalla metà del 3° secolo. In centri di conio come Treviri, Spira, Worms, Magonza, Andernach, Bonn e Colonia furono realizzati trentini aurei, che al dritto presentano l'incerta imitazione di modelli di monete romane coniate nei secc. 3° e 4° dai due usurpatori Tetrico e Magnenzio.Il denario, moneta in argento risultato di una stabilizzazione avvenuta dopo diverse riforme volute da Carlo Magno (768-814), fu coniato nei secc. 8° e 9° esclusivamente in zecche a O del Reno (Spira, Worms, Magonza, Treviri, Bonn, Colonia). Semplici immagini con legenda furono sostituite dopo la riforma del 792-793 da una croce-monogramma. Nell'812 comparve per la prima volta sul dritto il ritratto del sovrano, preso a prestito da modelli antichi, combinato con la raffigurazione di un tempio a colonne sul rovescio. Per la prima volta anche Francoforte è annoverata tra le città con diritto di conio. Sotto Ludovico il Pio (814-840) furono attivate le zecche di Corvey e Ratisbona. Il conio in oro di Ludovico dell'816-819, comparso probabilmente ad Aquisgrana in un momento di poco precedente, si ispirò nuovamente all'Antico. Sul finire del sec. 9° la qualità dello stile si abbassò notevolmente.Nel solco della tradizione del sistema monetario carolingio venne coniato lo Pfennig in argento del peso di gr. 1,40 ca., da principio con immagini e legende semplificate (il nome della città a Colonia, un tempio a Ratisbona, oppure una croce circondata da quattro sfere). Le immagini dei sovrani comparvero per la prima volta solo nel sec. 10° a Strasburgo. Attraverso la concessione del diritto di conio cominciarono a battere moneta propria tanto i principi laici quanto quelli ecclesiastici. Una massiccia attività di conio si ebbe nella regione di Goslar intorno al 985-990, con l'utilizzo dell'argento del Rammelsberg (Pfennig di Otto Adelheid). Accanto alle zecche centrali di Colonia, Magonza e Ratisbona, le cui monete venivano imitate nei centri di conio di minore importanza, comparvero in numero crescente centri di monetazione legati alle figure dei principi. Fino al Mille si ha testimonianza dell'esistenza di centoquarantatré (o forse centosessantasette) zecche. Nel corso del sec. 11° si verificò un considerevole sviluppo in senso artistico dell'arte numismatica: da un lato le immagini del re e dei principi assunsero caratteri più individualizzati, dall'altro comparvero raffigurazioni di santi, di architetture, la mano di Dio e la croce; le differenze di stile tra regione e regione si rivelarono sempre più marcate.La maggior parte delle monete di area germanica dei secc. 10° e 11° proviene da tesori ritrovati nelle regioni del Baltico, in particolare in Scandinavia - soprattutto nel Gotland in Svezia -, in Russia e in Polonia, e ciò conferma che anche in quest'epoca si faceva ricorso al denaro per il commercio sulle grandi distanze.La tendenza, delineatasi già nel sec. 11°, a una diversificazione regionale nella monetazione di area germanica portò nel secolo successivo a un ulteriore frazionamento: i secc. 12° e 13° furono l'epoca della moneta come valuta regionale. Alla base del sistema si collocò nuovamente lo Pfennig d'argento, suddiviso in obolo (mezzo Pfennig) e quadrante (un quarto di Pfennig). Lo Pfennig pesante a due facce (per es. in Renania, in Vestfalia, in Franconia, in Baviera) si contrappose a quello leggero a unica faccia (cavo), il c.d. bratteato (per es. in Bassa Sassonia, nella regione dello Harz, in Sassonia, in Turingia, in Assia, in Svevia, nella zona del lago di Costanza). I bratteati, il cui gran numero di immagini si basò sulle regolari messe fuori corso delle monete (renovatio monetae), svilupparono già dal principio (1140 ca.) e durante la seconda metà del sec. 12° un patrimonio iconografico di alto valore artistico. Il numero delle zecche arrivò quasi a ottocento. Con l'esempio di Lubecca, anche altre città cominciarono ad avere zecche autonome. Lo Heller di Schwäbisch Hall nel corso del sec. 13° sostituì numerose valute regionali.La realizzazione del fiorino d'oro nel 1252 a Firenze e quella del grosso tornese nel 1266 in Francia ebbero ripercussioni in G. a partire dal 14° secolo. I Gulden a imitazione del fiorino d'oro, in particolare quelli renani, e i grossi del valore di più di uno Pfennig (grossi di Tours, di Praga, di Meissen) determinarono la valuta; lo Pfennig a corso regionale fu svalutato e mantenne semplicemente il ruolo di sottovaluta. Nelle associazioni-leghe monetarie, come per es. quella dell'elettorato renano del 1386, più sovrani con diritto di conio, ma anche città, come per es. quelle dell'associazione-lega soraba, del 1373-1379, si imposero il conio di monete che avessero lo stesso valore. Nelle città, a partire dal 1370, per proteggersi contro denaro estero che aveva valore inferiore, si procedette alla contropunzonatura dello stesso. Nell'immagine raffigurata sulla moneta dell'epoca talvolta si raggiunse un elevato livello stilistico.
Bibl.: A. Schule, Deutsche Münz- und Geldgeschichte von den Anfängen bis zum 15. Jahrhundert, Berlin 1955 (1971⁵); P. Grierson, Monnaies du moyen âge, Fribourg 1976 (London 19912); E. Nau, Münzen der Stauferzeit, in Die Zeit der Staufer. Geschichte-Kunst-Kultur, cat., I, a cura di R. Haussherr, Stuttgart 1977, pp. 108-188; id., Münzen und Geld in der Stauferzeit, ivi, III, pp. 87-102; P. Grierson, M. Blackburn, Medieval Coinage. The Early Middle Ages (5th-10th Centuries), Cambridge (MA) 1986, I; B. Kluge, Deutsche Münzgeschichte von der späten Karolingerzeit bis zum Ende der Salier, Sigmaringen 1991.P. Berghaus