GERMANIA.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Politica economica e fi nanziaria. Storia. Bibliografia. Architettura. Bibliografia. Letteratura. Il dolore tedesco. Intorno al Muro. Local e global. Questioni di genere e critica della società. Bibliografia. Cinema
Demografia e geografia economica di Fabio Amato. – Stato dell’Europa centrale. Al censimento del 2011 risultavano 80.219.695 ab., confermando il ruolo della G. come Paese di gran lunga più popoloso dell’Unione Europea a 28, inferiore, a scala continentale, soltanto alla Russia. Nondimeno, secondo il profilo maturo tipico dei Paesi più sviluppati, l’andamento demografico è statico o in leggera crescita grazie alla consistente presenza delle comunità straniere (80,7 milioni alla fine del 2013; 82.652.256 ab. nel 2014, secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economicand Social Affairs). Alla lunga il profilo demografico risulta in declino: nel 2001 erano presenti 82,4 milioni di ab., con una crescita media annua di +0,1% negli anni Duemila, ma, sempre secondo una proiezione dell’UNDESA, diventeranno 81,8 milioni nel 2020. Il deficit è pertanto nel saldo naturale negativo anno dopo anno, con un tasso di natalità che non raggiunge il 9‰ dal 2001 (8,4‰ stimato nel 2014). Si tratta di una tendenza di lungo periodo poiché il numero di figli per donna oscilla negli ultimi decenni su valori bassi (1,43 nel 2014) e non raggiunge il livello di sostituzione dal 1969 (2,21). All’opposto, il tasso di mortalità è aumentato negli ultimi anni raggiungendo, sempre nel 2014, l’11,2‰, 31° valore mondiale, dietro soltanto alla Russia tra i G20. In linea con il profilo dei Paesi più sviluppati è anche la speranza di vita, che ha raggiunto gli 80,4 anni in media (2014). Si tratta di un dato che colloca il Paese solo al 28° posto in questa speciale gerarchia, alle spalle dei principali Stati europei. L’invecchiamento della popolazione registra uno dei valori più alti dei Paesi OCSE (44,2 anni in media). Anche l’ultimo censimento ha confermato una distribuzione che genera forti polarizzazioni con elevate densità nei tre lander con più di 10 milioni di abitanti: Renania settentrionale-Vestfalia (17,5 milioni, che ospita la regione della Ruhr, una delle aree più ricche del Paese), Baviera (12,5 milioni) e Baden-Württenberg (10,5 milioni). Meno popolati sono i lander orientali, che, a distanza di decenni dalla riunificazione, soffrono ancora di una più debole condizione socioeconomica, manifestando preoccupanti fenomeni di disagio sociale. Il fenomeno urbano, storica ossatura dell’economia tedesca, aggrega il 74% della popolazione complessiva.
Una fitta ed equilibrata rete urbana è confermata anche dai dati del 2011, quando i comuni che superavano 50.000 ab. erano 188, di cui 81 andavano oltre le 100.000 presenze.
Sono quattro le città con milioni di abitanti: Berlino, Amburgo, Monaco, Colonia. La capitale, città-Stato, ospita 3,5 milioni di ab. (seconda solo a Londra come città più popolosa d’Europa) e ha assunto una nuova centralità nel corso del nuovo millennio anche facendo del turismo una delle principali fonti economiche; Amburgo, 1,8 milioni di ab., in coerenza con il suo passato anseatico, è una delle capitali dell’economia tedesca, ospitando il porto tedesco più importante. Molto più debole è l’urbanizzazione dei lander orientali, che registra elementi di rete urbana comparabile solo in Sassonia nell’asse tra Lipsia e Dresda (entrambe le città con poco più di 500.000 ab.).
Il dinamismo economico della G. ha richiesto un rilevante contributo in termini di forza lavoro straniera dal dopoguerra a oggi, attraverso diversi flussi in provenienza da differenti sistemi migratori. Un fenomeno – a lungo negato con l’uso del termine gastarbeiter, lavoratore ospite – che ha dato un connotato multietnico al Paese, aspetto di cui si è assunta piena consapevolezza con la legge del 1999 (che concede la naturalizzazione agli stranieri residenti in G. da almeno otto anni) e i cui esiti sono mediaticamente leggibili nella composizione delle squadre sportive nazionali. Una testimonianza meno nota, ma più efficace nella direzione del cambiamento della società tedesca, è l’accesso alla tornata elettorale del 2013 di 5,6 milioni di persone di origine straniera. Secondo l’istituto statistico Destatis, alla fine del 2013 erano regolarmente presenti 7,6 milioni di stranieri (con un’incidenza sulla popolazione totale del 9,4%), facendo registrare per il secondo anno consecutivo un incremento record di circa 419.000 persone (5,8% in più rispetto al 2012 che con circa 282.800 persone segnava un aumento di 4,1% rispetto al censimento del 2011), trattandosi della più consistente crescita dal 1993. Un dato imputabile a un tasso di immigrazione superiore alla media, grazie alla stabilità mostrata dall’economia tedesca anche negli anni di crisi, cui si aggiunge il crescente numero di nascite presso le famiglie di stranieri. Le nazionalità più presenti sono quella turca (3,3 milioni), quelle provenienti dalla Polonia, dalla Russia e dall’Italia. L’immigrazione interessa soprattutto le grandi metropoli e le aree urbane dell’Ovest, mentre nei lander dell’ex DDR ha dei valori poco rilevanti. La pressione in costante aumento proviene dagli Stati cosiddetti della nuova Europa, quelli entrati nell’Unione Europea con gli allargamenti avutisi dal 2004 in poi, che fanno registrare gli incrementi percentuali più consistenti, in particolare ungheresi, bulgari e rumeni. Con la caduta del blocco alla libera circolazione per i lavoratori di questi ultimi due Paesi, le preoccupazioni di una parte del popolo tedesco sono aumentate, come lo sono fenomeni di discriminazione e pregiudizio. In generale, nonostante i disagi dei lander orientali, il Paese presenta un’elevata qualità della vita, collocandosi al quinto posto nell’indice di sviluppo umano (0,911 nel 2013), facendo registrare una discreta spesa per istruzione e formazione (5,7% del PIL nel 2013).
Condizioni economiche. – La G. è una delle nazioni più sviluppate al mondo e la prima economia dell’UE, con un PIL che rappresenta il 29% di quello dell’eurozona e il 21% di quello dell’Europa a 28. Il settore terziario contribuisce con il 70% alla ricchezza del Paese, impegnando il 73% della forza lavoro, ma la struttura portante dell’economia tedesca continua a essere il settore manifatturiero (che ha sfiorato il 30% del PIL, secondo una stima del 2013, accogliendo il 24% dei lavoratori). I settori trainanti sono ancora quello automobilistico, chimico, elettronico, siderurgico e dei macchinari, comparto leader delle esportazioni, che nel 2013 ha generato 237.947 miliardi di dollari. Si tratta di settori con grandi tradizioni industriali, composti da multinazionali e da un fitto tessuto di piccole e medie imprese che si avvalgono di attività di ricerca e sviluppo tra le più avanzate. L’alto livello di internazionalizzazione è confermato dalla presenza in G. di 37 tra le 500 imprese con fatturato globale. La produzione mineraria ha ancora un importante peso specifico, in particolare quella del carbone, che, nonostante il Paese sia uno dei principali fornitori, viene importato in gran quantità per non esaurire le scorte interne. La scelta nucleare, che ha sostenuto quasi la metà del fabbisogno energetico (2010), ha subito una battuta d’arresto dopo il disastro di Fukushima del marzo 2011. Il primo ministro Angela Merkel annunciò la rapida chiusura di 8 dei 17 reattori nucleari, pianificando la rinuncia a questa fonte di energia per il 2022 e investendo ancora di più nelle energie rinnovabili.
Il prezzo della riunificazione (con la complessa conciliazione della struttura industriale e del sistema di welfare della DDR ai parametri dell’Ovest) ha significato per il Paese un decennio di ristagno economico (dal 1992 al 2005 la crescita media annua del PIL è stata dell’1,2%). Sotto il peso delle tasse e della regolamentazione messa in atto dal governo Schröder (1998-2005) per recuperare il forte deficit (pareggiato nel 2008) si è assistito a una pesante ripercussione sul mondo del lavoro (il tasso di disoccupazione nel 2005 superava l’11%). Nel corso del nuovo millennio, tuttavia, la Germania ha raccolto frutti dell’azione di riforma, tornando a far registrare un attivo nei conti con l’estero per valori anche molto elevati, confermando il suo ruolo di terzo Paese al mondo per import ed export. Oltre ai macchinari, il Paese si distingue nelle esportazioni per i prodotti chimici e farmaceutici (leader mondiale con 230 miliardi di dollari nel 2013), autoveicoli (secondo dopo gli Stati Uniti), metalli e prodotti alimentari. Una decisa inversione di tendenza si è cominciata a vedere nel 2006, manifestandosi più chiaramente con l’esplosione della crisi finanziaria del 2008, cui ha corrisposto una riduzione della tassazione. L’oculato risparmio della struttura finanziaria e una solida opera di ingegneria industriale hanno fatto di questo Paese il principale riferimento dell’Unione Europea: mentre la disoccupazione raggiungeva cifre record nel vecchio continente, in G. scendeva progressivamente fino a toccare il 5,2% nel 2013, inanellando, dal 2006, otto anni consecutivi di aumento dell’occupazione. Di fronte alle aggressive sfide economiche dei Paesi BRICS, in particolare della Cina, se gli altri Paesi europei erano in affanno, le esportazioni tedesche prosperavano, incrociando i bisogni della vertiginosa espansione industriale cinese.
Il rapporto deficit/PIL si è mantenuto per diversi anni consecutivi ben al di sotto del parametro fissato da Maastricht, attestandosi in media al −0,1%. In questa fase, il ritmo di crescita del PIL, pur con qualche oscillazione, assume i caratteri positivi, con un +3,3% nel 2011, un +0,7% l’anno successivo e un +1,4% nel 2014. Il reddito medio (a parità di potere d’acquisito) ha valicato nel 2011 la cifra simbolica dei 40.000 euro pro capite. Il rigore adottato dalla G. ha trasformato il Paese in un modello economico e in una funzione di leader dell’eurozona, i cui componenti in conseguenza della crisi mondiale si confrontavano con un forte aumento del deficit per incremento delle spese e riduzione dei redditi. Le principali indicazioni per le politiche di riforma dei Paesi dell’Europa meridionale sono state indicate e suggerite dal governo tedesco e, per alcuni anni, indice mediatizzato dello stato di salute dei Paesi a rischio default sono state le oscillazioni dei rispettivi titoli di Stato misurati attraverso la differenza con quelli tedeschi (spread). Pur conservando il ruolo di leader nell’eurozona, l’economia tedesca ha rallentato la crescita dal 2013, arretrando dello 0,2% nel secondo trimestre del 2014. Si tratta di una frenata imputabile alla nuova crisi europea e riconducibile all’insoddisfacente andamento delle esportazioni e al calo degli investimenti. Uno degli effetti più visibili è la consistente riduzione del mercato automobilistico: −25% nell’agosto del 2014, un crollo che ha paragoni solo con il dimezzamento di una fase storica dell’economia mondiale totalmente diversa (estate del 1984). Il trasporto aereo è ancora una misura della forza del Paese, con 105 milioni di passeggeri (2013) e con Francoforte e Monaco tra i trenta aeroporti con maggior transito del mondo. Nondimeno, una spia di potenziale fragilità la si osserva con la rete autostradale e ferroviaria, che copre capillarmente il territorio, sviluppandosi lungo l’asse del Reno. Pur assicurando ottimi valori in termini di autovetture, chilometri di autostrade e ferrovie pro capite, si registra un progressivo deterioramento delle infrastrutture di trasporto (in particolare la rete di comunicazione su acqua), sempre meno sostenute dagli investimenti pubblici.
Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – Nel corso del 2005 il governo ha proseguito nel percorso intrapreso dalla precedente amministrazione per la realizzazione di riforme strutturali nei mercati del lavoro e reale (dei beni e dei servizi) e di politiche fiscali volte a promuovere la crescita economica mediante il sostegno alle esportazioni, motore trainante dell’economia tedesca, e alla domanda interna. Per promuovere l’occupazione e ridurre la disoccupazione strutturale sono state realizzate diverse politiche attive per il lavoro: il sistema dei sussidi è stato rivisto al fine di favorire la transizione dei disoccupati verso il lavoro autonomo; sono state affidate alle autorità locali le competenze in materia di collocamento; sono stati estesi i sussidi ai disoccupati di lungo periodo. Sul mercato dei beni, la maggiore competizione tra gli operatori economici è stata perseguita riducendo le restrizioni in materia di pubblicità nelle libere professioni, avviando il graduale processo di privatizzazione delle telecomunicazioni e dei servizi postali e rendendo più efficace il sistema di erogazione dei fondi pubblici alla ricerca e all’innovazione. Nel corso del 2007, la revisione della struttura del sistema impositivo, in particolare con l’inasprimento della tassazione indiretta e la riduzione dei contributi assicurativi a carico del datore di lavoro, ha concorso a consolidare la competitività internazionale delle imprese tedesche. In questo periodo le autorità si sono fatte altresì carico del consolidamento dei conti pubblici perseguito principalmente con la flessione delle spese dello Stato: sono stati calmierati i salari, stabilizzato il numero dei dipendenti nel settore pubblico e ridotte le erogazioni del sistema di sicurezza sociale e i sussidi. In concomitanza con la crisi economica e finanziaria, il governo, forte dei risultati positivi conseguiti nel processo di risanamento delle finanze, ha potuto realizzare un’ambiziosa manovra di stimolo fiscale per sostenere il consumo privato e gli investimenti, favorire il miglioramento delle condizioni finanziarie e la ripresa degli scambi commerciali.
Nel mercato del lavoro, l’introduzione di misure flessibili di sostegno alle imprese che si trovavano costrette a ridurre l’orario lavorativo dei dipendenti per effetto della congiuntura ha contribuito a contenere la disoccupazione. Nel mercato dei beni, è stata invece varata una regolamentazione volta a incentivare la produzione nazionale di energia elettrica e contestualmente promuovere la competizione interna nel mercato energetico. Nel settore dei trasporti e delle telecomunicazioni sono stati rimossi i vincoli all’accesso alle reti infrastrutturali e in generale garantite le condizioni di concorrenza tra gli operatori. Per quanto attiene il mercato dei servizi, sono state gradualmente liberalizzate le tariffe professionali di architetti e ingegneri. La sostenibilità della finanza pubblica in base alla disciplina europea è stata perseguita anche a livello locale, con la riforma del sistema di controllo del budget degli enti locali.
Nel corso del 2011 le autorità tedesche hanno varato una nuova manovra di politica economica orientata alla sostenibilità della crescita, perseguita con la riduzione della spesa pubblica, la flessione dei sussidi, la ridefinizione delle prestazioni sociali e un sistema di collocamento più efficiente. Inoltre, in questo periodo è stato riformato il sistema pubblico di assicurazione sanitaria con lo scopo di promuovere la concorrenza nel mercato delle assicurazioni sulle malattie e di prevenire l’aumento del costo del lavoro dovuto ai contributi sanitari, mentre il settore farmaceutico è stato oggetto di un articolato intervento di natura strutturale che ha ridefinito i criteri per la determinazione dei prezzi dei farmaci. Per consolidare il mercato finanziario interno, il governo ha avviato un programma volto a contenere i rischi finanziari per l’economia e per le finanze pubbliche: è stato attribuito maggiore potere alle autorità di vigilanza sulle banche ritenute non solvibili e sono stati precisati gli obblighi per le banche nella collaborazione con le autorità di vigilanza per preparare piani di emergenza finalizzati a ristrutturazione e ricapitalizzazione in caso di crisi. Infine, nel corso del 2014 sono stati realizzati nuovi importanti interventi sul mercato del lavoro, tra cui l’introduzione del salario minimo a sostegno soprattutto dei lavoratori sottopagati nel settore dei servizi e l’abbassamento dell’età pensionabile a 63 anni.
Storia di Ilenia Rossini. – Gli effetti delle impopolari riforme sociali varate all’inizio del 21° sec. dall’esecutivo guidato dal socialdemocratico Gerhard Schröder si fecero sentire negli anni successivi, durante il nuovo governo di ‘grande coalizione’ (Große koalition) tra i conservatori della CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands, Unione cristiano-democratica tedesca) e i socialdemocratici della SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands, Partito socialdemocratico tedesco) che, con Angela Merkel come cancelliere, era entrato in carica dopo le elezioni del 2005. In questa fase, il calo progressivo dei disoccupati e il miglioramento dei conti pubblici permisero al governo di pensare a nuove riforme nei campi della sanità, della tassazione per le imprese, del sistema federale, dei sussidi di disoccupazione e delle pensioni.
Superati alcuni dissidi interni alla coalizione, il governo varò una riforma costituzionale (marzo 2006) che cercava di risolvere i problemi di governabilità limitando le prerogative del Bundesrat (Camera alta del Parlamento tedesco) e ampliando il potere degli organi elettivi a livello statale, e decise i termini dell’innalzamento graduale dell’età pensionabile dai 65 ai 67 anni e della riforma del sistema sanitario.
La crisi economica globale che contagiò l’Europa nell’autunno del 2008 impose misure fiscali impopolari e massicci tagli alla spesa pubblica, che influirono sul gradimento dei partiti. Alle elezioni del 2009, tanto la SPD con il 23% (−11,2%) quanto, in misura inferiore, la coalizione tra la CDU e la sua omologa bavarese CSU (Christlich-Soziale Union in Bayern) con il 33,8% (−1,4%), persero voti rispetto alle elezioni precedenti. I tre partiti più piccoli fecero invece registrare un’importante crescita di consensi: la liberale Freie demokratische partei (FDP), che con il 14,6% dei consensi sostituì i socialdemocratici come partner di governo; Die Linke (La Sinistra) che, nata nel 2005 dalla fusione di diversi partiti di sinistra, ottenne l’11,9% dei voti, sottratti principalmente alla SPD; i Verdi (Bündnis 90/Die grünen), con il 10,7%.
Nel giugno 2010, il presidente federale cristiano-democratico Horst Köhler, dimessosi dopo aver affermato che fosse giusto che i militari tedeschi fossero in Afghānistān per tutelare gli interessi commerciali della G., fu sostituito dal conservatore Christian Wulff. Dimessosi anche lui per il coinvolgimento in uno scandalo per un prestito di favore, nel marzo 2012, fu eletto nuovo presidente l’ex pastore luterano Joachim Gauck, sostenuto dai socialdemocratici.
Nel 2011, il governo decise di partecipare a un piano di aiuti finanziari rivolti verso i Paesi dell’Eurozona travolti dalla crisi economica: su impulso delle opposizioni euro-scettiche, la Corte costituzionale si pronunciò sulla legittimità di queste misure e l’anno successivo ribadì questo orientamento, sancendo la regolarità della partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità (fondo ‘salva-Stati’) e dell’adesione al Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria (cd. Fiscal compact).
La politica di Merkel, basata tanto sul rigore nei conti pubblici e sulla garanzia di stabilità, quanto, sul piano comunitario, sulla proposta di un piano di investimenti comuni e sull’adozione del modello tedesco come base per tutta la linea politico-economica della UE, permise al Paese di non soffrire troppo la crisi economica globale e alla CDU di mantenere alti consensi, nonostante la crescita percentuale della povertà e della diseguaglianza sociale. Alle elezioni federali del settembre 2013 per il rinnovo del Bundestag, la coalizione CDU-CSU prevalse con il 41,5% delle preferenze, pur mancando il traguardo della maggioranza assoluta dei seggi.
Rimasti fuori dal Parlamento, per la prima volta dal dopoguerra, i liberali, per la CDU-CSU iniziava un periodo di trattative per creare un nuovo governo di coalizione. Solo nel dicembre successivo, dopo una consultazione tra i suoi iscritti, la SPD, che aveva preso il 26% dei voti, decise di partecipare a una nuova grande coalizione con CDUCSU, con Merkel cancelliere per la terza volta consecutiva.
L’accordo di coalizione (Koalitionsvertrag), in cui fu evidente l’influenza della SPD, prevedeva l’istituzione di un salario minimo garantito di 8,50 euro l’ora (approvato dal Parlamento nel luglio 2014) e di maggiori garanzie per il lavoro interinale e part-time, con una generale riduzione della flessibilità nel mondo del lavoro, l’innalzamento delle pensioni minime a 850 euro al mese, la possibilità di andare in pensione a partire dai 63 anni con 45 anni di contributi, la concessione della doppia nazionalità ai figli degli immigrati extracomunitari che avevano vissuto per almeno otto anni in Germania e vi avevano frequentato le scuole per almeno sei anni (diventata legge nel luglio 2014). Queste misure richiedevano investimenti statali imponenti: la sfida per il terzo governo Merkel era quella di poter mantenere l’obiettivo di azzeramento del deficit del bilancio statale previsto per il 2015, proprio mentre gli effetti della crisi economica europea sulla crescita tedesca cominciavano a farsi sentire.
Alle elezioni del 2013, inoltre, si era candidato per la prima volta il partito di destra ed euroscettico AFD (Alternative Für Deutschland, Alternativa per la Germania), fondato nei primi mesi del 2013 da un gruppo di professori universitari e imprenditori di formazione neoliberale. Anche se, con il 4,7%, nel 2013 non riuscì a superare lo sbarramento, i consensi che ottenne furono tra le cause del crollo del partito liberale e del calo di consensi per il partito di estrema destra NPD (Nationaldemokratische Partei Deutschlands, Partito nazionaldemocratico della Germania), con cui condivideva parte dell’elettorato, e, in seguito, per la stessa CDU, che gli sforzi di modernizzazione di Merkel rendevano sempre meno conservatrice. Queste tendenze furono confermate tanto nelle elezioni per il Parlamento europeo del maggio 2014 (CDU 30%; SPD 27,3%; Verdi 10,7%; Die Linke 7,4%; AFD 7,1%), tanto in quelle regionali della Sassonia, della Turingia e del Brandeburgo dell’agosto-settembre 2014, in cui l’AFD raggiunse e superò il 10%.
Sul piano della politica internazionale, continuò a riemergere il senso di colpa tedesco per il regime nazista, che rendeva la popolazione della G. in larga maggioranza ostile alla partecipazione alle operazioni militari internazionali. Nel 2006, tuttavia, il Parlamento tedesco approvò l’invio di militari in Libano nell’ambito della missione ONU, aprendo un dibattito sull’opportunità della presenza di soldati tedeschi in una zona così vicina a Israele. Nel 2011 la G. si astenne (con Russia, Cina, Brasile e India) sulla risoluzione di sicurezza dell’ONU a favore della protezione della popolazione civile libica con tutti i mezzi necessari e, in seguito, espresse contrarietà a un intervento in Siria e iniziò un progressivo ritiro dei soldati dalla missione in Afghānistān. Durante i governi Merkel furono rafforzati i rapporti con gli Stati Uniti e, soprattutto, quelli con la Russia, fondamentale partner commerciale dei tedeschi soprattutto dopo la scelta di una progressiva dismissione del nucleare (marzo-maggio 2011), che aumentò la dipendenza dal gas russo. La G., inoltre, continuò a impegnarsi affinché fosse riconosciuto il suo ruolo sullo scacchiere internazionale, proponendo con Brasile, Giappone e India (Gruppo dei 4, G4) un allargamento del Consiglio di sicurezza dell’ONU con l’aggiunta di dieci membri, sei permanenti (i Paesi del G4 e due Stati dell’Africa) e quattro no. Anche se questi sforzi non ebbero successo, la G. influenzò in modo decisivo le più importanti questioni di politica internazionale, in particolare nelle trattative che condussero a un accordo sul nucleare (nov. 2013) con l’Irān, suo importantissimo partner commerciale.
Bibliografia: V. De Romanis, Il metodo Merkel. Il pragmatismo alla guida dell’Europa, Venezia 2009; La Germania di Angela Merkel, a cura di S. Bolgherini, F. Grotz, Bologna 2010; «Limes», 2011, 4, nr. monografico: La Germania tedesca nella crisi dell’euro; V. De Romanis, Il caso Germania. Così la Merkel salva l’Europa, Venezia 2013.
Architettura di Sabrina Leone. – I caratteri distintivi dell’architettura tedesca all’inizio del 21° sec. vanno rintracciati in continuità con quelli sviluppati a partire dal secondo dopoguerra e si possono introdurre richiamando due ambiti di ricerca: uno più propriamente teorico interno alla disciplina e uno incentrato sulla tecnologia. In entrambi i casi la G. sviluppa specificità che tratteggiano un percorso ben individuato e riconoscibile.
Il dibattito sul progetto nella città presenta da un lato la tendenza, ormai globale, all’internazionalismo senza possibilità di articolazione e distinzione delle opere in correnti, o movimenti, paragonabili a quelli che hanno segnato il passato anche più recente; dall’altro quella allo sviluppo di un’architettura definibile nella tradizione del moderno, che affianca interventi che seguono le logiche della ricostruzione critica, nonché logiche volte a risarcire parti del patrimonio costruito del passato e quindi orientate a un recupero d’identità. A tale confronto disciplinare va aggiunto quello sul fenomeno della suburbanizzazione, con caratteri comuni al territorio antropizzato europeo, e della deindustrializzazione e conseguente messa in valore delle aree e dei manufatti liberati.
L’aspetto legato alla tecnologia (un carattere comunemente riconosciuto come distintivo di parte dell’architettura tedesca) è teso alla realizzazione di progetti di elevata qualità apprezzati a livello internazionale. È al dibattito sul-l’ambiente che si deve lo sviluppo del settore delle tecnologie alternative incentivato anche da significativi investimenti; infatti l’interesse verso l’ecologia si è trasformato, prima che in altri Paesi, in ricerca progettuale tesa a mettere a punto e applicare le strategie della sostenibilità alle varie scale (esemplificativo è il quartiere Vauban a Friburgo).
Il panorama architettonico in G. può essere quindi tratteggiato richiamando architetti e opere che danno formacon il loro contributo agli aspetti appena richiamati. È così che si distinguono e confermano figure note quali Christoph Mäckler (Zoofenster, Berlino, 2012), Hans Kollhoff (Dominium, Colonia, 2009), Hilmer & Sattler und Albrecht, Kleihues+Kleihues espressioni di un’architettura tradizionale riferibile anche al portato di Oswald Mathias Ungers; vanno inoltre riconosciuti i contributi significativi di Max Dudler (Conversion and extension Hambacher Schloss, Hambacher, 2014), Ortner & Ortner (NRW State Archive, Duisburg, 2013), Diener & Diener (Museum für Naturkunde, Berlino, 2010) e David Chipperfield Architects (Neues Museum, Berlino, 2009) seppure non tedeschi. Ne emerge un ambito ampio e sfaccettato, in cui di rilievo è anche l’apporto di Lederer Ragnarsdóttir Oei (Ravensburg Art Museum, 2013). Inoltre, in sintonia con queste posizioni, distinti da un interesse per materialità e semplicità, si sono affermati fra gli altri i più giovani Wandel Hoefer Lorch+Hirsch (Hinzert Documentation Centre, 2005), Kuehn Malvezzi (Joseph Pschorr Haus, Monaco, 2013) e Bruno Fioretti Marquez dei quali si richiama la proposta per le Case dei maestri a Dessau (2014). Quest’ul timo progetto è significativo poiché rimanda a quella parte del dibattito architettonico in atto circa la ricostruzione critica e la conseguente tendenza a un internazionalismo diffuso, che ha avuto particolare rilevo a partire dall’Internationale Bauausstellung di Berlino (IBA 1984-87, un perio do in cui si è avviata anche la realtà singolare del Campus Vitra a Weil am Rhein).
La G. è attualmente una delle nazioni con maggiore capacità di investimenti nonostante la crisi che caratterizza questo momento; tale fenomeno però non fa registrare un contributo proporzionalmente significativo, anche in termini di innovazione, nell’architettura. Si riscontra infatti, al pari altre realtà europee, una produzione eterogenea con molte declinazioni e una propensione all’interdisciplinarità. Inoltre, e proprio in questo contesto, va richiamato l’interesse che ancora ruota attorno al tema del Rekonstruktivismus e trova esemplificazione nella proposta di Peter Kulka dello Stadtschloss di Potsdam (2013), ma che coinvolge anche i centri storici di altre città (Dresda, Francoforte, Berlino).
Per definire un quadro generale, concluso il periodo della ricostruzione postbellica ed emerse le problematiche della crescita urbana, va registrato il ruolo centrale che hanno assunto negli ultimi decenni gli interventi di trasformazione, volti in particolare alla valorizzazione, densificazione e attenzione alla sostenibilità ambientale (anche nell’ambito di aree deindustrializzate); caso emblematico, per dimensione e strategie attuate, è HafenCity ad Amburgo, dove progettualità internazionale e locale sono compresenti, mentre un precedente significativo, più complesso e di scala territoriale, è quello dell’area della Ruhr. Sostenibilità e tecnologia (argomenti richiamati e già centrali prima dell’Expo 2000 di Hannover il cui tema è stato Man, nature, technology) in G. costituiscono quell’orientamento preciso dove si sono affermati Behnisch Archi tekten (Ozeaneum, Stralsund, 2008), Sauerbruch Hutton (Oval Office, Colonia, 2010), Ingenhoven Architects (Oeconomicum Universität, Düsseldorf, 2010), Barkow Leibinger (Campus Restaurant, Ditzingen, 2008), Thomas Herzog+Partner (Training Centre for the Bavarian mountain res cue service, Bad Tölz, 2008). In questo settore si segnalano come significativi anche i progetti del Kolumba Museum dello svizzero Peter Zumthor (Colonia, 2007) e del BMW Welt degli austriaci Coop Himmelb(l)au (Monaco, 2007).
Per delineare uno scenario delle figure che attualmente operano nell’area tedesca si richiamano, fra gli altri, sia Staab Architekten (Extension of Nya Nordiska, Dannenberg, 2010), Augustin und Frank Architekten (Primary School, Westerbeck, 2011), Schneider+Schumacher (Städel Museum Extension, Francoforte, 2012), J. MAYER H. und Partner Architekten, sia gli studi con importanti riscontri anche, e in alcuni casi soprattutto, fuori dalla G. come gmp Architekten Gerkan, Marg und Partner, KSP Jürgen Engel Architekten, AS&P Albert Speer & Partner, RKW Rhode Kellermann Wawrowsky Architektur+Städtebau, HPP Architekten, Auer+Weber, Werner Sobek.
Bibliografia: Pläne, Projekte, Bauten. Architektur und Städtebau in Hamburg 2005 bis 2015, hrsg. J. Walter, Berlin 2006; «A+U», 2008, 459, nr. monografico: Sustainable architecture in Germany; Rekonstruktion in Deutschland. Positionen zu einem umstrittenen Thema, hrsg. M. Braum, U. Baus, Basel 2009; «ARCH+», 2011, 204, nr. monografico: Krise der Repräsentation; Deutschen Architekten, «Casabella», 2013, 827-828, pp. 118-47.
Letteratura di Micaela Latini. – In un quadro politico e culturale radicalmente trasformato dalla ricongiunzione di due comunità a lungo separate, si è imposta alla coscienza unita una crescente considerazione per il ‘dolore tedesco’, e quindi una maggiore attenzione alle vicende biografiche di familiari coinvolti come vittime o carnefici nei tragici eventi del nazionalsocialismo. Un secondo filone d’interesse riguarda le vicende di micro e macrostoria accadute all’ombra del Muro. In una terza direzione si muovono invece gli autori legati a vario titolo al multiculturalismo. Una quarta e più giovane tendenza è segnata dalle tematiche connesse ai cambiamenti sociali e di costume, ed è volta a trasmettere un’immagine della Germania ‘liberata’ dal Muro, dalla divisione, dalla Storia.
Il dolore tedesco. – Tra gli esponenti della vecchia generazione di scrittori un ruolo di spicco spetta a Günter Grass (1927-2015), che in una celebre intervista del 2006 rivelò a tutto il mondo la sua militanza nella decima divisione corazzata delle Waffen-SS. Una dolorosa e coraggiosa confessione, a poche settimane dall’uscita della sua autobiografia, Beim Häuten der Zwiebel (2007; trad. it. Sbucciando la cipolla, 2007), mentre nel 2002 era uscita la novella Im Krebsgang (trad. it. Il passo del gambero, 2002), sulla conflittualità tra tedeschi e polacchi. Negli ultimi anni ha pubblicato in Germania il testo semiautobiografico Agfa Box (2008), il diario dei mesi della svolta (Wende), Unterwegs von Deutschland nach Deutschland. Tagebuch 1990 (2009; trad. it. Da una Germania all’altra. Diario 1990, 2012) e Grimms Wörter (2010). Originario della Germania dell’Est era lo scrittore, anche lui recentemente scomparso, Siegfried Lenz (1926-2014). Tema costante della sua opera è stata una disamina critica dei problemi dell’attualità tedesca, ancora ipotecata dal recente passato nazista, fino a quel necessario ‘minuto di silenzio’ che ha dato il titolo al suo ultimo romanzo, Schweigeminute (2008; trad. it. Un minuto di silenzio, 2009).
Nelle generazioni più giovani il motivo drammatico del nazismo si è spesso intrecciato (e rinnovato) con temi di maggiore attualità. Oltre al romanzo Gerron (2011; trad. it. Un regalo del Führer, 2014) dello scrittore svizzero Charles Lewinsky (n. 1946), di rilievo è anche il best seller del giornalista e scrittore tedesco Timur Vermes (n. 1967), Er ist wieder da (2012; trad. it. Lui è tornato, 2013), che racconta l’inspiegabile risveglio del Führer nella Germania del 2011. Ancora sul tema del Terzo Reich, seppur da un’ottica totalmente diversa, s’incentra il controverso romanzo di Thor Kunkel (n. 1963), Endstufe (2004; trad. it. Pornonazi, 2006). Intorno alla convergenza tra eventi storici e coscienza tedesca del Novecento si è sempre mosso il lavoro dello scrittore tedesco (ma nato a Roma nel 1943) Christian Delius, al quale nel 2011 è stato riconosciuto il prestigiosissimo premio Büchner.
Intorno al Muro. – Della stessa generazione di Grass è la scrittrice Christa Wolf (1929-2011). La tematica del congedo impossibile, ma necessario dalla DDR ha costituito il leitmotiv della sua scrittura, fino a Stadt der Engel (2010; trad. it. La città degli angeli, 2011), sulla sua esperienza americana tra il 1992 e il 1993. Anche il drammaturgo e narratore freelance Cristoph Hein (n. 1944) è originario della Germania orientale e autore di romanzi di successo come Landnahme (2004; trad. it. Terra di conquista, 2005), In seiner frühen Kindheit ein Garten (2005; trad. it. Nella sua infanzia, un giardino, 2007) sulle vicende del terrorismo tedesco, e Frau Paula Trousseau (2007; trad. it. Una donna senza sogni, 2009). Tra gli scrittori della vecchia generazione impegnati nella questione della riunificazione, sono da ricordare Martin Walser (n. 1927) e Hans Magnus Enzensberger (n. 1929), autore il primo di Der Augenblick der Liebe (2004; trad. it. L’istante dell’amore, 2005) e di Ein liebender Mann (2008; trad. it. Un uomo che ama, 2009), dedicato a Goethe; il secondo, oltre che di raccolte poetiche, di Schauderhafte Wunderkinder (2006; trad. it. Storie raccapriccianti di bambini prodigio, 2007) e della sua autobiografia, Tumult (2014), collage di appunti di viaggi degli anni 1963-66.
La questione della Wende è al centro dell’opera di due affermati scrittori tedesco-orientali: Thomas Brussig (n. 1964) e Ingo Schulze (n. 1962). Quest’ultimo, oltre al romanzo epistolare Neue Leben. Die Jugend Enrico Türmersin Briefen und Prosa (2005; trad. it. Vite nuove, 2007), ha pubblicato il testo minimalista Handy. Dreizehn Geschichtein alter Manier (2007; trad. it. Bolero berlinese, 2008) e quindi Adam und Evelyn (2008; trad. it. Adam e Evelyn, 2009), in cui torna il tema della crisi della Repubblica Democratica Tedesca. Oltre a Schulze, un possibile autore dell’opera della riunificazione è Uwe Timm (n. 1940), autore di una trilogia berlinese terminata nel 2008 con Halbschatten (trad. it. Penombra, 2011). Continua ad affermarsi in Italia anche l’opera di Volker Braun (n. 1939), scrittore e poeta tedesco del dissenso interno. Vicino alla poetica di Braun è lo scrittore della Germania orientale Jens Sparschuh (n. 1955), che ha pubblicato il romanzo Im Kasten (2012) e Putz- und Flickstunde. Zwei Kalte Krieger erinnern sich (2009), scritto a quattro mani con Sten Nadolny (n. 1942), ricordando le rispettive esperienze militari durante la guerra fredda. Un altro nome che rientra a pieno titolo nella rosa degli scrittori della riunificazione è Uwe Tellkamp (n. 1968), autore di Der Turm (2008; trad. it. La torre, 2010), romanzo in cui confluisce gran parte della letteratura moderna. A contendergli il ruolo di scrittore dell’opera della riunificazione è Eugen Ruge (n. 1954), autore di un romanzo di successo uscito nel 2011 con il titolo In Zeiten des abnehmenden Lichts. Roman einer Familie (trad. it. In tempi di luce declinante, 2013), in cui viene rinverdita la memoria della DDR. Anche l’ultimo romanzo dello scrittore e drammaturgo Botho Strauss (n. 1944) dal titolo Herkunft (2014; Origine, 2015) ricalca il modello familiare. Nel 2009 è stata pubblicata, per la cura di Renatus Deckert, un’opera candidata al ruolo di opera della riunificazione, ovvero l’antologia Die Nacht in der die Mauer fiel. Schriftsteller erzählen vom 9. November 1989 (trad. it. La notte in cui cadde il muro. Racconti sulla notte del 9 novembre 1989, 2009). A questo lavoro collettaneo e polifonico hanno preso parte sia Tellkamp sia Durs Grünbein (n. 1962). Quest’ultimo è considerato
– insieme al vincitore del premio Büchner 2014, Jürgen Becker – uno dei massimi poeti e saggisti della Germania postunificazione.
A confrontarsi direttamente con la Wende tra gli scrittori della nuova generazione è Jana Hensel (n. 1976) che nel 2009 ha dato alle stampe Achtung Zone. Warum wir Ostdeutschenanders bleiben sollten, dove Zone è il nome con cui i Wessis, quelli dell’Ovest, chiamavano la DDR. Anche il romanzo dello scrittore e già affermato poeta tedesco Lutz Seiler (n. 1953) Kruso (2014; trad. it. 2015) – vincitore del Buch preis 2014 – tratta la storia di un’amicizia negli anni della riunificazione. Lo stesso premio è stato ricevuto nel 2007 dalla berlinese Julia Franck (n. 1970), per il romanzo Die Mittagsfrau (trad. it. La strega di mezzogiorno, 2008), sulla tragica storia di una madre nel 1945. Lungo il solco metropolitano berlinese-orientale si muove Monika Maron (n. 1941), autrice di Ach Glück (2007) e di Zwei Brüder. Gedanken zur Einheit 1989-2009 (2010), in cui non risparmia commenti acuti e pungenti alla riunificazione tedesca.
Local e global. – I cambiamenti profondi delle topografie geopolitiche, culturali e mentali innescati dalla caduta del Muro hanno portato alla luce tutta la problematicità di una visione ‘occidentalistica’ della cultura. A testimoniare questo spostamento di asse è l’opera dello scrittore Martin Mosebach (n. 1951), vincitore del premio Büchner nel 2007. Attento osservatore della cultura orientale, a cui ha dedicato nel 2005 Das Beben e nel 2008 Stadt der wilden Hunde: Nachrichten aus dem alltäglichen Indien, nel 2014 ha pubblicato il romanzo Das Blutbuchenfest, che affronta il tema della guerra nei Balcani.
La globalizzazione e il passaggio temporale al nuovo millennio hanno infine accentuato nel campo letterario tedesco quei tratti di multiculturalismo, già profilatisi con la fine della guerra fredda. Tra geografia e letteratura si colloca uno dei romanzi più apprezzati degli ultimi dieci anni: Die Vermessung der Welt (2005; trad. it. La misura del mondo, 2006), dello scrittore austro-tedesco Daniel Kehlmann (n. 1975), opera ambientata nella Berlino di Carl Friedrich Gauss e dell’esploratore Alexander von Humboldt. E proprio Berlino è diventata la città di adozione della scrittrice proveniente dal Banato rumeno, Herta Müller, premio Nobel per la letteratura nel 2009. Autrice di saggi e lezioni di poetica, di editoriali, di testi autobiografici e di romanzi politici, Müller ha riportato all’attenzione quella dimensione quotidiana e privata che proprio in quanto tale è anche politica.
Berlino è anche la città in cui si colloca Russendisko (2000; trad. it. 2004), opera del russo Wladimir Kaminer (n. 1967) che ha aperto la strada al fenomeno degli scrittori di altra lingua madre, formatisi in una cultura diversa e che sono divenuti parte integrante della letteratura di lingua tedesca. Tra questi la scrittrice turca naturalizzata tedesca Emine Sevgi Özdamar (n. 1946), che si è imposta all’attenzione della critica soprattutto con la sua trilogia su Berlino, in cui al tema dell’emigrazione si sovrappone il motivo della questione di genere. A indugiare sul potenziale estetico della differenza culturale e sul suo straniamento è l’autrice giapponese naturalizzata tedesca Tawada Yōko (n. 1960), affermatasi con il libro Sprachpolizei und Spielpolyglotte (2007). Dalla Bulgaria proviene la scrittrice Sibylle Lewitscharoff (n. 1954), che si è aggiudicata il Georg Büchner-Preis nel 2013 con il romanzo Blumenberg (2011; trad. it. 2013), ma che era già nota per Apostoloff (2009; trad. it. 2012). In questo nuovo scenario in pieno fermento culturale nomi di spicco – oltre a quello dell’iracheno Scherko Fatah (n. 1964) – sono quelli di Navid Kermani, Terézia Mora, Feridun Zaimoglu e Rafik Schami. Quest’ultimo, nato a Damasco nel 1946 e dal 1971 in esilio in Germania, ha scritto romanzi pluripremiati e tradotti in ventuno lingue, come Die dunkle Seite der Liebe (2004; trad. it. Il lato oscuro dell’amore, 2006). Navid Kermani (n. 1967), scrittore, drammaturgo e orientalista iraniano naturalizzato tedesco – autore di Dein Name (2011) e Grosse Liebe (2014) – nelle sue opere guarda all’integrazione della comunità musulmana sul suolo tedesco, come nel romanzo Kurzmitteilung (2007). E così anche Feridun Zaimoglu (n. 1964), nato in Anatolia e principale esponente della letteratura turco-tedesca. Dopo l’esordio con Kanak Sprak (1995), ha scritto negli ultimi dieci anni moltissimi romanzi, tra i quali spicca il racconto Leyla (2006; trad. it. 2007), in cui viene narrata l’odissea di una giovane turca in viaggio dall’Anatolia verso l’Occidente. Di questa stessa realtà fanno parte anche la serba Marica Bodrožić (n. 1973), il bosniaco Saša Stanišić (n. 1978) e, soprattutto, l’ungherese Terézia Mora (n. 1971), trapiantata a Berlino nel 1990, affermatasi nel 2004 con l’opera Alle Tage (trad. it.Tutti i giorni, 2009) e vincitrice nel 2013 del Deutscher Buchpreis per il romanzo Das Ungeheuer.
Questioni di genere e critica della società. – La letteratura di lingua tedesca degli ultimi dieci anni è anche caratterizzata da una presenza sempre più fitta di voci femminili. Tra i nomi più rilevanti si segnala Birgit Vanderbecke (n. 1956) – nata nella Repubblica Democratica e cresciuta in quella Federale – da tempo tradotta e letta anche in Italia, e autrice, tra i tanti volumi, di Sweet sixteen (2005; trad. it. 2008), del giallo Die sonderbare Karriere der Frau Choi (2007; trad. it. La straordinaria carriera della signora Choi, 2011) e di Das lässt sich ändern (2011; trad. it. Si può fare, 2013). Recentemente si è affermata la scrittrice Felicitas Hoppe (n. 1960), che nel 2012 ha ottenuto il Büchner-Preis anche per le sue ultime opere: Johanna (2006; trad. it. 2014) e Hoppe (2012), che rientra nel genere delle autobiografie fittizie. Già nota per il romanzo Sommerhaus, später (1998; trad. it. Casa estiva, più tardi, 2001), Judith Hermann (n. 1970) è invece autrice della raccolta di racconti minimalisti Alice (2009; trad. it. 2011), un girotondo di storie incentrate sul mistero della vita e della morte. Berlinese, ma newyorkese di adozione è invece la scrittrice, poetessa e traduttrice Uljana Wolf (n. 1979), che ha pubblicato (tra molte opere) Falsche Freunde (2009). Dalla Germania dell’Est proviene infine Angelika Klüssendorf (n. 1958) – scrittrice dalla prosa cruda e dallo stile asciutto – autrice del romanzo Das Mädchen (2011; trad. it. La ragazza, 2013) e del suo ideale proseguimento April (2014).
Bibliografia: Atlante della letteratura tedesca, a cura di F. Fiorentino, G. Sampaolo, Macerata 2009 (in partic. S. Beretta, Deutschland glob@l, pp. 581-85; L. Perrone Capano, Russendisko. La Berlino dei migranti, pp. 586-91); Berlino e i linguaggi della riunificazione, a cura di A. Chiarloni, Milano 2009; M. Braun, Die deutsche Gegenswartsliteratur, Köln-Weimar-Wien 2010; Deutsche Familienromane. Literarische Genealogien und internationaler Kontext, hrsg. S. Costagli, M. Galli, München 2010; C’era una volta il Muro: a vent’anni dalla “svolta” tedesca, a cura di E. Fiandra, Roma 2011. Si veda inoltre: R. Calzoni, All’ombra del Muro. La narrativa tedesca dopo la riunificazione, http://www.griseldaonline.it/letterature-del-mondo/germania/ (21 giugno 2015).
Cinema di Bruno Roberti. – Il periodo che aveva preceduto la caduta del Muro di Berlino aveva registrato l’esaurirsi della spinta impressa al cinema tedesco, dagli anni Sessanta in poi, dovuta al gruppo di cineasti della Junger Deutscher Film. L’unificazione della G. ha procurato un certo disorientamento creativo e produttivo sia della cinematografia dell’Est sia di quella dell’Ovest. All’inizio del terzo millennio l’industria cinematografica in G. ha tuttavia messo in moto investimenti ingenti, sia pubblici sia privati, oltre che una sinergia tra professionalità televisive e cinematografiche, e le sale hanno visto un rifiorire del pubblico. A poco a poco si è formata una nuova generazione di autori che hanno rivitalizzato l’immaginario e si sono imposti anche internazionalmente.
Due linee sono emerse: da un lato una rivisitazione critica della storia tedesca, sia nei suoi esiti recenti sia nelle radici culturali, dall’altro un’esplorazione del quotidiano, ossessiva e intrisa di crudo realismo o spostata su toni di commedia. A quest’ultima tendenza appartengono film come Halbe Treppe (2002; Catastrofi d’amore) di Andreas Dresen, che fotografa le dinamiche di una crisi di coppia; Sehnsucht (2006; Desiderio) di Valeska Grisebach, elegia intimista su un amore innocente e irregolare; Eden (2006) di Michael Hofmann, ritratto bislacco di uno chef; mentre sul versante delle inquietudini di una ‘anatomia’ del quotidiano troviamo film come Die grosse stille (2005; Il grande silenzio) e Die frau des polizisten (2013; La moglie del poliziotto) entrambi di Philip Gröning, rispettivamente sulla vita dei certosini nelle Alpi francesi, e sulla ordinaria violenza sotterranea nel quotidiano di una famiglia piccolo borghese; Totem (2011) di Jessica Krummacher, interno familiare con ospite inquietante nella Ruhr; Kreuzweg (2014) di Dietrich Brüggemann, sul dilemma familiare di un’adolescente oppressa dall’integralismo cattolico; Requiem (2006) e Was bleibt (2012) di Hans-Christian Schmid, ritratti rispettivamente di una giovane epilettica in preda ad allucinazioni a sfondo religioso, e di una famiglia con mamma affetta da sindrome bipolare; Vier Minuten (2006; Quattro minuti) di Chris Kraus, sul rapporto tra due donne: un’insegnante di piano e un’omicida, già bambina prodigio come pianista, ambientata in un carcere femminile; Drei (2010) di Tom Tykwer, su un triangolo amoroso tra una coppia e l’uomo del quale entrambi sono innamorati nella Berlino di oggi; Elementarteilchen (2006; Le particelle elementari) di Oskar Roehler, dal romanzo di Michel Houellebecq, sulla sessualità anomala di due fratellastri. Alla linea della rivisitazione del passato tedesco appartengono film come Sophie Scholl (2005; La rosa bianca - Sophie Scholl) di Marc Rothemund, sul processo farsa contro una giovane antinazista; Die geliebten Schwestern (2014) di Dominik Graf, sull’amore fatale di Schiller con le sorelle Caroline e Charlotte; Wir sind jung, wir sind stark (2014) di Burhan Qurbani, sull’incendio di matrice xenofoba di Rostock; Der Untergang (2004; La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler) di Oliver Hirschbiegel, che racconta gli ultimi giorni della vita di Adolf Hitler attraverso gli occhi della segretaria che gli fu accanto nel bunker della ‘caduta’ di Berlino; Die Fälscher (2007; Il falsario - Operazione Bernhard) di Stefan Ruzowitzky, storia di un artista-falsario ebreo deportato in un lager; North Face (2008; North Face - Una storia vera) di Philipp Stöltz, sulla scalata dell’Eiger di militari che diventano loro malgrado eroi nazisti; Die Welle (2008;L’onda) di Dennis Gansel, in cui un esperimento pedagogico diventa metafora della nascita del totalitarismo; Séraphine (2008) di Martin Provost, sulla vita di una pittrice francese; Die Päpstin (2009; La papessa) di Sönke Wortmann, sull’immaginaria figura medioevale della papessa Giovanna; Hannah Arendt (2012) di Margarethe von Trotta, sulla vita di una delle maggiori filosofe della politica del 20° sec.; e il vincitore di un Oscar per il miglior film straniero, Das Le-ben der anderen (2006; Le vite degli altri) di Florian Henckel von Donnersmarck, che rende emblematica in una società dominata dalla ‘sorveglianza’ mediatica la storia di una coppia di intellettuali comunisti spiati dai servizi segreti della Stasi negli anni immediatamente precedenti alla caduta del Muro. Agli stessi anni si è riferito un maestro come Edgar Reitz con Heimat 3 - Chronik einer Zeitenwende (2004), per poi realizzare un prequel della saga con Die Andere Heimat. Chronik einer Sehnsucht (2013; L’altra Heimat - Cronaca di un sogno), che torna ai prodromi ottocenteschi dello ‘spirito’ tedesco.
Fenomeno importante è stato lo svilupparsi di un cinema nato dal sostrato urbano dell’immigrazione turca in G., rappresentato soprattutto da Fatih Akin, autore di film che hanno mietuto riconoscimenti ai festival internazionali: Im Juli (2000), che adotta la formula di un viaggio da Amburgo, lungo l’Europa e verso İstanbul di un insegnante innamorato di una ragazza turca, Gegen die Wand (2004; La sposa turca), su un matrimonio che salva le solitudini di due immigrati, un alcolizzato e una ragazza scampata al suicidio,Auf der anderen Seite (2007; Ai confini del paradiso), film corale tra Turchia e Germania, incrocio di esistenze drammatiche e di destini luttuosi che racconta il difficile rapporto tra generazioni all’interno della comunità turca, Soul Kitchen (2009), Premio speciale della giuria a Venezia, su un ristorante gestito tra mille difficoltà nell’ambiente degli immigrati, fino alla coproduzione internazionale di The cut (2014; Il padre), odissea di un uomo alla ricerca delle sue due figlie in Mesopotamia sullo sfondo del genocidio armeno.
Tra gli autori più rappresentativi del Neu er Deutscher Film, Werner Herzog ha proseguito, in giro per il mondo e negli Stati Uniti, un’intensa attività in cui la finzione e il documentario si mescolano o si alternano secondo la sua poetica di indagatore di luoghi e di umanità ‘estreme’ e singolari, come in Cave of forgotten dreams (2010), sulla grotta preistorica Chauvet in Francia, o in Queen of the desert (2015) con Nicole Kidman, sull’esploratrice e archeologa Gertrude Bell. Anche Wim Wenders ha alternato il documentario alla finzione, riprendendo i temi del viaggio e del senso delle immagini in Palermo Shooting (2008), dopo aver girato negli Stati Uniti The Million Dollar Hotel (2000), Land of plenty (2004; La terra dell’abbondanza), Don’t come knocking (2005; Non bussare alla mia porta), altrettante variazioni sulla sua ossessione del mito americano, fino a Every thing will be fine (2015), sulla morte accidentale di un bambino che diventa senso di colpa per un’intera famiglia, non senza sperimentare anche lui il 3D con Il volo (2009), girato in Calabria su una comunità di profughi curdi, e con Pina (2011), dedicato alla memoria della grande coreografa Pina Bausch, nonché omaggiando il grande fotografo Sebastião Salgado con The salt of the earth (2014; Il sale della terra). Hans Jurgen Sybeberg e Alexander Kluge si sono invece dedicati a una radicale sperimentazione video e televisiva, mentre lontano dalla Germania hanno girato i loro film Volker Schlondorff (La mer à l’aube, 2011, su un eccidio nazista nella Francia occupata, e Ulzhan, 2007, viaggio in Kazakhistan in compagnia di uno sciamano e di una donna misteriosa) e Werner Schroeter che ha ambientato in Portogallo il suo film d’addio Nuit de chien (2008), storia di amour fou dai toni surreali e disperati.
In questi primi anni del nuovo millennio vi è stata inoltre una notevole ripresa del cinema d’autore che ha ritrovato una vena di ricerca linguistica che sembrava in parte smarrita: così Romuald Karmakar ha costruito una forma di documentario politico radicale con Angriff auf die Demokratie - Eine Intervention (2012) e Die Herde des Hern (2011), e ha prodotto Deutschland 09 (2009), raccolta di cortometraggi di giovani registi tedeschi per raccontare le contraddizioni della Germania contemporanea; mentre Fred Kelemen ha realizzato film misteriosamente sospesi nello spazio e nel tempo (analoghi a quelli dell’ungherese Bela Tarr, di cui è stato operatore), come Abendland (1999) e Krisana (2005); e infine Christian Petzold ha offerto notevoli ritratti femminili in Phoenix (2014; Il segreto del suo volto), su una donna dalla doppia identità nella Germania del dopoguerra, Barbara (2012; La scelta di Barbara), su una donna in fuga dalla Germania Est, oppure si è ispirato al melodramma americano classico degli anni Quaranta-Cinquanta in Jerichow (2008).