GERMANIA (XVI, p. 667; App. I, p. 650; II, 1, p. 1031)
Dopo che, al termine della seconda guerra mondiale, la G. era stata divisa in quattro zone di occupazione (americana, britannica, francese e sovietica), nel settembre 1949, nel territorio corrispondente alle prime tre, fu costituita la Repubblica Federale di Germania (Bundesrepublik Deutschland; sigla BRD), detta comunemente anche G. occidentale o G. di Bonn, dal nome della capitale. Solo un mese più tardi seguì, nella zona sovietica, la proclamazione della Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, sigla DDR), detta comunemente anche G. orientale o altresì, nella pubblicistica dei paesi occidentali, G. di Pankow, dalla zona di Berlino-Est dove ha sede il governo. In tal modo il paese, già mutilato nel 1945 delle estese regioni situate ad est della linea Oder-Neisse (114.000 km2 del territorio compreso nei confini del 1937), incorporate de facto dalla Polonia ed in piccola parte dall'URSS, è stato diviso in due stati che non si riconoscono a vicenda e tra i quali i rapporti d'ogni genere sono difficili e scarsi.
La BRD ha un'estensione di 247.971 km2 e una popolaz. di 52.149.600 ab. (valutazione del 1958), che salgono rispettivamente a 248.452 km2 e 54.373.400 ab. se si includono anche i settori occidentali (americano, britannico e francese) di Berlino, la quale alla sua volta era stata divisa in quattro zone di occupazione e che si trova completamente inclusa nel territorio della DDR. Si noti comunque che Berlino, ivi compreso anche il settore sovietico, è de iure del tutto estranea ad entrambe le repubbliche.
La DDR misura 107.431 km2 e conta 16.221.450 ab. (valutazione del 1958), che salgono rispettivamente a 107.834 km2 e a 17.311.700 ab. se si include il settore orientale (sovietico) di Berlino. La repubblica federale, cui corrispondono il 70% del territorio dell'attuale G. e più del 75% della sua popol., è dunque molto più vasta e popolosa della repubblica democratica, che essa supera anche come densità di popolaz. (210 ab. per km2 di fronte a 151). L'intera G. si stende per 356.286 km2 e conta 71.685.100 ab. (valutaz. del 1958), pari a 201 ab. per km2.
Repubblica Federale di Germania (BRD). - Ha per capitale Bonn (141.600 ab. nel 1958), città della Renania. Consta (v. tabella) di 9 Länder (letteralm. "Paesi"), dotati di governi regionali, ai quali si è ricongiunto nel 1957 il territorio della Saar (v.), come pure vi si riunisce praticamente Berlino Ovest.
Il territorio della BRD si stende fra 55°3′ e 47°16′ di lat. N e fra 5°52′ e 13° di long. E. Esso confina, oltre che con la DDR, con altri otto paesi, cioè con la Danimarca, i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo, la Francia, la Svizzera, l'Austria, la Cecoslovacchia; si affaccia sul Mare del Nord e sul Baltico. La sua estensione corrisponde al 53% della G. prebellica (1937).
Secondo una stima del 1953, sui 48,7 milioni di ab. allora esistenti nella BRD, 22,9 milioni erano maschi e 25,8 femmine. Questo fatto dipende dalle maggiori perdite subite dalla popolaz. maschile durante la guerra. Nel 1952 il tasso di nuzialità era del 9,4‰; quello di natalità (nati vivi) del 15,7‰; quello di mortalità del 10,4‰. Nel 1952, dunque, l'incremento naturale della popolaz. è stato del 5,3‰. Ad esso va aggiunto il flusso dei profughi, che continuano ogni anno a passare dalla repubblica democratica nella repubblica federale (294.000 unità nel 1950). Esiste anche un analogo movimento in direzione opposta, ma esso è molto meno considerevole.
Al 1° ottobre 1951 si trovavano sul territorio federale circa 10 milioni di profughi. La loro distribuzione geografica è tutt'altro che uniforme, dato che essi costituiscono per es. il 31% della popolazione complessiva nello Schleswig-Holstein, il 27% nella Bassa Sassonia, il 27% nella Baviera, meno del 7% nella Renania-Palatinato. Successivamente si è manifestata la tendenza verso una distribuzione territorialmente più equilibrata. Comunque, sempre nel 1951, per l'intera repubblica federale la percentuale dei profughi sul totale delle persone fra i 20 ed i 65 anni oltrepassava il 16%. Per sistemare questa ingente massa di popolazione la repubblica federale ha dovuto superare notevoli problemi economici e sociali (posti di lavoro, edilizia, ecc.).
Città della BRD, oltre i capoluoghi di Länder, che hanno numero di ab. superiore a 100.000 (al giugno 1958):
Aquisgrana = Aachen (159.500); Augusta = Augsburg (203.000); Bielefeld (174.000); Bochum (356.900); Bottrop (108.900); Braunschweig (244.400); Bremerhaven (135.000); Colonia = Köln (749.500); Darmstadt (130.000); Dortmund (629.500); Duisburg (495.400); Essen (719.800); Francoforte s. M. (643.100); Friburgo in Brisgovia (134.700); Gelsenkirchen (387.900); Hagen (186.300); Heidelberg (125.850); Herne (116.100); Karlsruhe (229.900); Kassel (196.800); Krefeld (203.300); Lubecca = Lübeck (230.200); Ludwigshafen am Rhein (154.700); Mannheim (297.000); Mönchengladbach (150.000); Mülheim a. d. Ruhr (177.400); Münster in Westf. (168.100); Norimberga = Nürnberg (436.900); Oberhausen (253.900); Offenbach a. Main (108.400); Oldenburg (119.900); Osnabrück (132.300); Ratisbona = Regensburg (121.500); Recklinghausen (128.400); Remscheid (121.300); Salzgitter (104.500); Solingen (I65.000); Wanne-Eickel (106.900); Wuppertal (413.300); Würzburg (109.400).
Nel 1950 il 23% della popolazione attiva risultava addetto all'agricoltura e selvicoltura; il 41% all'industria; l'11% al commercio, ivi inclusi il credito e le assicurazioni; il 6% ai servizî (ospitalità, servizî domestici, professioni libere, ecc.); il 10% all'amministrazione pubblica; circa il 6% ai trasporti; mentre un po' più del 2% si trovava in posizioni imprecisate. Dal punto di vista della religione, il 51,2% degli abitanti apparteneva alle chiese evangeliche ed il 45,2% alla chiesa cattolica. Gli Ebrei erano 17.000.
L'agricoltura della BRD si trovava nel 1945 in condizioni critiche a causa della trascuratezza, di cui era stata oggetto nell'ultimo periodo della guerra. Inoltre il commercio dei prodotti agricoli veniva danneggiato dalle barriere esistenti fra le diverse zone di occupazione. Ma per l'economia della BRD l'inconveniente maggiore fu costituito dal distacco dei territorî orientali che rappresentavano tradizionalmente le regioni agricole, mentre quelli dell'ovest avevano e hanno una fisionomia prevalentemente industriale. L'agricoltura della repubblica federale si è rapidamente ripresa dalla crisi, ma nel complesso il paese ha bisogno di importare notevoli quantitativi di prodotti agricoli soprattutto per soddisfare i bisogni alimentari della sua popolazione, densa e dotata di un tenore di vita elevato.
Per dare un'idea di questa situazione si può ricordare che nella G. del 1937 esistevano oltre 21 milioni di ha di terreni arativi di fronte ad una popolazione di 60 milioni di ab., mentre nel 1953 la repubblica federale disponeva di otto milioni di ettari di arativo per nutrire 51 milioni di abitanti.
Attualmente il 35% della superficie territoriale della repubblica federale spetta agli arativi ed alle colture arboree; il 23% ai prati ed ai pascoli; il 29% ai boschi. Le aziende agricole della repubblica federale raggiungono il numero di circa due milioni, cioè il 64% di quelle esistenti nella G. del 1939, ma esse comprendono appena la metà della superficie agricola allora sfruttata. La loro ampiezza media è di appena 6,8 ha. Il frazionamento e la frammentazione della proprietà, con i conseguenti inconvenienti della sottoproduzione e dell'esodo rurale, hanno indotto il governo federale ad attuare un'attiva opera di commassazione fondiaria, cui è interessata circa la metà della superficie produttiva. Dall'altro lato la riforma fondiaria, per quanto limitata allo scorporo delle proprietà di ampiezza superiore ai 100 ha (pari all'8% della superficie agraria), ha fatto sentire essa pure i suoi frutti. Altrettanto dicasi di altre misure, come per es. la riduzione degli oneri fiscali degli agricoltori operata nel 1955 e l'assegnazione di larghi crediti in loro favore. In tal modo la produzione agraria e zootecnica ha superato in tutti i settori il livello dell'anteguerra e l'economia agraria della repubblica federale si segnala per intensità e razionalità, come dimostrano il suo alto consumo di fertilizzanti (terzo posto in Europa dopo il Belgio ed i Paesi Bassi) e la sua forte meccanizzazione (450.000 trattori nel 1955).
Nella produzione cerealicola primeggiano la segale ed il frumento, ciascuno con un raccolto di 38 milioni di q (1957). Quella prevale nelle regioni settentrionali, questo nel centro-sud. Seguono per importanza l'orzo (25 milioni di q) e l'avena (22). Ma in G. acquista, com'è noto, un'importanza particolare la patata, che nella repubblica federale ha dato nel 1957 una produzione di 263 milioni di q. Notevoli sono inoltre le coltivazioni della barbabietola da zucchero (14,4 milioni di q di zucchero nel 1958), del tabacco (217.000 q nel 1957), del lino e del luppolo. La viticoltura fornisce prodotti di qualità, ma è limitata, per motivi climatici, alla regione occidentale (valle del Reno).
Il patrimonio zootecnico della repubblica federale (1956) consta di 11,5 milioni di bovini, rappresentati per metà da mucche di elevato rendimento lattifero; di 1,2 milioni di ovini; di quasi altrettanti equini; di 14,6 milioni di suini.
Nel 1953 si calcolava che la produzione della repubblica federale soddisfacesse per 3/4 il fabbisogno di cereali da panificazione, per circa 5/7 quello dei cereali destinati all'alimentazione del bestiame, per 5/6 quello delle uova e interamente il fabbisogno di patate, zucchero, carne e latte.
La superficie forestale della repubblica federale copre 6,9 milioni di ha. Essa appartiene per il 40% ai privati e per il resto, in parti uguali, allo stato ed alle proprietà collettive. Due terzi dell'area forestale sono a conifere, un terzo a latifoglie. Nella repubblica federale si hanno in media 14 ha di bosco ogni 100 ab., mentre nella G. prebellica se ne contavano 19. L'energica opera di rimboschimento affrontata dal governo federale ha risarcito i gravi danni subiti dal manto forestale durante la guerra (riduzione del 30%), di modo che il consumo nazionale, che si aggira sui 35 milioni di m3, può essere coperto nella misura del 60% dalla produzione interna.
La flotta peschereccia, decimata dalla guerra, ha raggiunto nuovamente il livello del 1939 per quanto riguarda i battelli costieri, ma rimane ancora al di sotto di esso per i battelli d'alto mare. I pescherecci della repubblica federale sfruttano le acque del Mare del Nord, del Mare di Norvegia, del Baltico e del Mare di Barents. Il prodotto complessivo della pesca costiera e alturiera è stato di 700.000 t nel 1953. Ad esso si aggiungono circa 25.000 t annue di pesci d'acqua dolce. Bremerhaven, Cuxhaven, Amburgo e Kiel sono i principali porti di pesca. Il consumo del pesce ha raggiunto nel 1953 i 12 kg per ab. all'anno, riportandosi così al livello prebellico.
Il settore industriale assorbiva nel 1953 un complesso di 5.751.000 lavoratori, occupati in 50.000 aziende, di cui soltanto 2000 circa impiegavano più di 500 addetti ciascuna. Cionondimeno l'insieme di queste ultime aziende comprende presso a poco un terzo dei lavoratori della repubblica federale.
Le grandi aziende con più di 1000 addetti si trovano soprattutto nel settore carbo-siderurgico e nelle industrie meccaniche, chimiche, elettriche e tessili. L'abolizione dei "trust" e dei "cartelli", decretata dalle Potenze occupanti alla fine della guerra, da un lato, e lo sviluppo delle medie industrie insieme col trapianto delle imprese dei profughi provenienti dall'est, dall'altro lato, hanno attenuato il peso della grande industria nell'economia tedesca occidentale. Ma, a partire dal 1952, si è rinunciato alla decartellizzazione, dimodoché si sono ricostituiti grandi Konzern, ossia gruppi di stabilimenti appartenenti allo stesso ramo di produzione o a rami diversi, ma collegati, nonché cartelli, vale a dire intese di diverse aziende per la vendita di determinati prodotti. Fra i grandi Konzern basterà ricordare la "Rheinstahl Union" (Unione dell'acciaio renano), costituitasi nel 1955.
Fra tutte le attività economiche della repubblica federale l'industria è la prima per il numero degli addetti, per il volume degli affari e per il valore delle esportazioni, che essa alimenta. Basta pensare che nel 1954, su un complesso di 5,26 miliardi di dollari di esportazioni, i prodotti industriali, rappresentati essenzialmente, cioè per 4/5, da quelli finiti, valevano 5,14 miliardi. Se contemporaneamente la repubblica federale aveva importato prodotti industriali per 2,9 miliardi dollari, la metà di questo valore era rappresentata da materie prime ed appena una somma di 0,76 miliardi da prodotti finiti, di modo che la repubblica federale (caso unico sul continente europeo) esporta prodotti industriali finiti per un valore più di cinque volte superiore a quello degli analoghi prodotti che essa importa.
La produzione carbonifera, fondamento dell'economia industriale della BRD, si aggira sui 150 milioni di t (1958). Essa proviene soprattutto dal bacino della Ruhr, in parte minore da quello della Saar (16 milioni di t) e da quello di Aquisgrana. La lignite (95 milioni di t nel 1956) viene estratta per 9/10 dal distretto di Colonia, prevalentemente in coltivazioni a cielo scoperto, per il resto presso Helmstedt e in piccole miniere dell'Assia, della Baviera e della Renania-Palatinato.
Il petrolio (4.428.000 t nel 1958) vede la repubblica federale al primo posto fra i produttori dell'Europa occidentale. L'estrazione avviene soprattutto nel bacino dell'Ems, presso il confine olandese, e nella regione di Hannover. Sempre nell'Emsland e nella bassa Sassonia si estrae anche il metano, il cui campo più importante è quello di Rehden (181 milioni di m3 su un totale di circa 320 nel 1956).
L'energia elettrica prodotta nella BRD (97 miliardi di kWh nel 1958) è ottenuta per circa metà dal carbone, per un quarto dalla lignite e per un quarto dall'acqua. L'energia idroelettrica predomina naturalmente nel sud e nel sud-ovest, dove si possono sfruttare le acque delle Alpi e della Selva Nera.
L'industria del ferro e dell'acciaio, localizzata soprattutto nella Ruhr e nella bassa Renania, ha prodotto nel 1958 un totale di 26,2 milioni di t di acciaio e di 19,8 milioni di t di ghisa e ferroleghe, assicurando alla BRD il terzo posto nel mondo, per entrambe le voci, dopo gli SUA e l'URSS. Il fabbisogno di materia prima è coperto per la maggior parte dalle risorse interne; non tanto però dallo sfruttamento delle miniere tedesche (Siegerwald, Braunschweig, ecc.), che hanno fornito 3,8 milioni di t nel 1958, quanto dalla utilizzazione dei rottami.
Per numero di addetti e valore della produzione la meccanica rappresenta uno dei principali rami dell'industria della BRD, che vede riunito più del 70% della sua manodopera nella Renania sett.- Vestfalia, nel Baden-Württemberg e nella Baviera. Essa appartiene - con una quota di esportazione del 32% - al gruppo delle industrie più intensamente esportatrici della repubblica federale. Nel suo ambito si distingue l'industria automobilistica, che nel 1958 ha prodotto 1.494.653 autoveicoli, di cui 1.306.854 autovetture. Metà di queste viene dagli stabilimenti della Volkswagen, mentre 2/5 vengono dalle quattro grandi case Borgward, Opel, Daimler-Benz e Ford. Ad Augusta si fabbricano motociclette "Vespa"; a Heilbronn autovetture "Fiat-NSU".
L'industria delle costruzioni navali (1.458.700 t di stanza lorda varate nel 1958) ha i suoi principali impianti ad Amburgo, Brema, Kiel, Emden, Flensburg.
Accanto alla fabbricazione delle macchine, la lavorazione degli oggetti e strumenti metallici rappresenta un altro notevole ramo dell'industria meccanica. Fra le 3000 imprese di questo tipo, prevalentemente medie e piccole, sono tradizionali quelle di Solingen per la coltelleria e quelle delle valli del Siegerland per la lavorazione della latta. Queste produzioni sono esportate per circa un terzo.
L'industria elettrotecnica, che nella Germania prebellica era per metà concentrata a Berlíno, ricava ora da Berlino Ovest appena 1/10 della produzione complessiva della BRD. Importanti sono in questo settore le grandi imprese della Siemens di Berlino e della "AEG" ("Compagnia Generale di Elettricità").
La meccanica di precisione e l'ottica sono diffuse in tutta la repubblica federale, al pari della elettrotecnica, ma ciononostante esse presentano alcuni punti di concentrazione regionale. Questi sono rappresentati: per la meccanica di precisione, anzitutto dal Württemberg-Baden e dalla zona di Norimberga; per l'ottica, da Monaco, Stoccarda, Braunschweig e Wetzlar; per gli orologi da polso, da Pforzheim. Anche in questo settore l'esportazione è molto considerevole, superando un terzo della produzione.
Nel settore chimico si osserva che la BRD, pur avendo ereditato il 60% della capacità di produzione della G. prebellica, ha dovuto compiere uno sforzo di sviluppo per i prodotti di base, che per l'innanzi venivano soprattutto dalle regioni orientali. L'industria chimica pesante si è sviluppata nel nord e nel nord-ovest della Ruhr, in prossimità dei giacimenti carboniferi, nonché presso Mannheim, Hannover, Francoforte s. M. Oltre al carbone forniscono materia prima all'industria chimica anche i giacimenti di sali potassici (2 milioni di t nel 1957) e di cloruro di sodio (Württemberg, Baviera). La repubblica federale produce annualmente (1957) 2,7 milioni di t di acido solforico, 183.000 t di acido cloridrico, 648.000 t di soda caustica, un milione di t di fertilizzanti azotati. Notevole è anche la produzione delle materie plastiche e delle fibre artificiali.
L'industria del legno e della carta, dovendo utilizzare, anche a causa della perdita delle zone forestali orientali, materie prime d'importazione, ha puntato prevalentemente sulla qualità. Essa è localizzata soprattutto nella Renania sett.-Vestfalia, Sassonia inferiore, Baviera e G. sud-occidentale.
L'industria tessile, dell'abbigliamento e del cuoio rappresenta il più grosso raggruppamento industriale della repubblica sederale (600.000 addetti). I tradizionali centri della moda della G. occidentale, fra cui primeggia Düsseldorf, hanno visto crescere la loro importanza per l'inserimento di aziende di profughi provenienti da Berlino.
L'industria alimentare impiega complessivamente (1952) 222.000 lavoratori, dei quali 39.000 nel settore lattiero-caseario, 15.900 nel settore molitorio, 46.900 nel settore dolciario. La produzione del vino (1957) si aggira sui due milioni di hl, quella della birra sui 40 (pure nel 1957), di modo che per il birrificio la BRD contende alla Gran Bretagna il secondo posto nel mondo dopo gli Stati Uniti.
Sorvolando su altri rami particolari dell'indusiria federale, merita ancora ricordare che la G. occidentale viene al terzo posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti e l'URSS, per la produzione del cemento (19,4 milioni di t nel 1958), un prodotto che è un indice molto significativo dello sviluppo economico di un paese.
Il commercio estero della BRD ha registrato nel 1958 un valore di poco più di 31 miliardi dì marchi per le importazioni e di quasi 37 miliardi per le esportazioni. I principali paesi fornitori sono, nell'ordine, gli Stati Uniti, i Paesi Bassi, l'Italia, la Francia, il Belgio-Lussemburgo, la Svezia, la Gran Bretagna. I principali clienti sono, pure nell'ordine, i Paesi Bassi, gli Stati Uniti, il Belgio-Lussemburgo, la Svezia, la Francia, la Svizzera, l'Italia, l'Austria.
Le ferrovie federali (1987) misurano complessivamente 30.973 km. La rete stradale ne conta 132.898, di cui 2408 di autostrade e 24.423 di strade nazionali. Alla fine del 1958 circolavano quasi quattro milioni di autoveicoli, di cui 3,3 milioni di autovetture. La flotta mercantile comprende 2379 navi con una stazza complessiva di oltre quattro milioni di t (1958). Il principale porto marittimo è Amburgo (27,4 milioni di t nel 1956), seguito da Brema (13,7). Le aviolinee sono gestite dalla "Lufthansa", che nel 1957 serviva una rete di 58.000 km (km volati 16 milioni e passeggeri-km 488 milioni).
Repubblica Democratica Tedesca (DDR). - Ha per capitale il settore sovietico di Berlino (Berlin-Pankow). Corrisponde ai seguenti Länder tradizionali: Brandeburgo, Meclemburgo, Sassonia, Sassonia-Anhalt, Turingia. Questi Länder però sono stati aboliti ed in loro vece sono stati istituiti nel 1952 i seguenti 14 distretti (Bezirke), denominati dai rispettivi capoluoghi:
Il territorio della DDR confina, oltre che con la repubblica federale, con altri due paesi soltanto, cioè con la Cecoslovacchia e con la Polonia. Con quest'ultima la linea di frontiera corrisponde al corso dell'Oder e del suo affluente Neisse, ma questo confine non è riconosciuto dalla G. occidentale. Il territorio della repubblica democratica è bagnato dal Mar Baltico.
Il censimento del 1946 dette per la zona di occupazione sovietica una popolazione di 17,3 milioni di ab., cioè 2,1 milioni in più rispetto alla popolazione esistente nel 1939 nello stesso territorio. La popolazione crebbe ulteriormente per l'arrivo dei profughi e per il rimpatrio dei prigionieri di guerra, superando i 18 milioni all'inizio del 1949, ma in seguito, anche per il passaggio di molti cittadini nella repubblica federale, scese fino a 17 milioni (31 dicembre 1953). Negli anni successivi l'aumento è stato debole, tanto che, come si è già detto, secondo una valutazione del giugno 1958, la DDR, inclusavi Berlino Est, contava 17,3 milioni di ab. Comunque, posteriormente a questa data l'incremento tende ad accentuarsi. Il quoziente di mortalità, che è sceso appena nel 1950 sotto quello di natalità, è stato nel 1951 dell'11,5‰, mentre quello di natalità è stato nello stesso anno del 14,5‰. La popolazione femminile sta di fronte a quella maschile nel rapporto di 127 a 100 (1953). Il numero dei profughi, viventi nella DDR alla fine del 1954, era di 2.378.000 unità, provementi dai territorî situati ad oriente della linea Oder-Neisse. Dal punto di vista della relìgione, appena il 12,7% della popolazione era risultato cattolico al censimento del 1946, mentre la grande massa degli abitanti apparteneva alle chiese evangeliche. Gli Ebrei erano solamente 1150 (oltre ai 1800 residenti a Berlino Est).
Dal punto di vista economico-agrario, la superficie produttiva misura circa 6,3 milioni di ha, ossia il 61% della superficie territoriale della repubblica democratica. Si ha quindi un rapporto di 34 ha ogni 100 ab., vale a dire un quinto in più rispetto alla repubblica federale; ma ciò non toglie che - al pari di quest'ultima - anche la repubblica democratica debba importare generi alimentari.
La metà della superficie produttiva è data da arativi. L'agricoltura è intensa nella Sassonia, in alcune parti del Meclemburgo sett. e nella zona di Magdeburgo, ma nel resto della DDR il suolo è meno favorevole, per cui la coltura della segale ha maggiore importanza di quella del frumento, che è più esigente.
Con la riforma fondiaria iniziata nel 1954 l'economia agraria della DDR è andata incontro a grandi mutamenti. Le proprietà private superiori ai 100 ha sono state espropriate e dei terreni così ottenuti, insieme con quelli demaniali e comunali, 925.000 ha sono stati distribuiti fra contadini "privi di terra", 271.000 ha fra 80.000 contadini "poveri" e 755.000 ha fra 90.000 profughi provenienti dall'est. Inoltre 45.000 piccoli affittuarî e 170.000 operai ed artigiani dei villaggi hanno ricevuto piccoli appezzamenti di terra estesi fino ad un ettaro ciascuno. I beneficiarî devono riscattare il terreno entro vent'anni in ragione di 1,0-1,5 t di segale per ha o del corrispondente controvalore. Il terreno, però, anche in seguito non è vendibile. Il numero delle grandi aziende, superiori ai 100 ha, è sceso da 6300 (situazione del 1939) a 900 (1951). Mentre nel 1939 le aziende superiori a 100 ettari comprendevano il 28,3% della superficie produttiva, nel 1951 esse ne comprendevano il 4,4%. Contemporaneamente le aziende da 5 a 50 ha sono passate dal 54% all'80%.
Altri mutamenti sono avvenuti, di conseguenza, nella struttura della produzione agraria. La coltivazione del frumento e dell'orzo, infatti, ha regredito a favore di quella della segale e delle foraggere, mentre si sono straordinariamente estese le colture delle piante oleagìnose a causa del forte bisogno di materie grasse.
Per favorire la meccanizzazione agricola furono istituite le "Maschinen Ausleih Stationen" o MAS (letteralm. "stazioni per il prestito delle macchine"), chiamate poi MTS (T = "Traktoren"). Così pure si sono favorite le cooperative agricole o LPG ("Landwirtschaftliche Produktionsgenossenschaften"), che vanno da un tipo semplice, basato sulla comunione dei soli terreni e non delle attrezzature, fino ad un tipo vicino ai kolchoz sovietici, ma dotato di un sistema di remunerazione che tien conto, almeno parzialmente, dell'estensione del terreno corrispondente a ciascun membro.
La produzione della DDR è stata (1957) di 12,6 milioni di q di frumento, 9 milioni di q di orzo, 22,3 milioni di q di segale, 10 milioni di q di avena, 145,2 milioni di q di patate, 7,8 milioni di q di zucchero grezzo, 69.000 q di fibra di lino. Nel 1956 il patrimonio zootecnico comprendeva 3,7 milioni di bovini,, 1,9 milioni di ovini, 8,3 milioni di suini.
La superficie forestale, che abbraccia 2,9 milioni di ha, corrisponde al 27% del territorio statale. Anche nella DDR i danni provocati dalla guerra hanno reso necessaria un'attenta opera di ricostituzione.
La pesca marittima, data la scarsa produttività del Baltico, è stata particolarmente indirizzata verso i mari aperti. Le cooperative di pescatori sono state sostituite da organismi di stato, che hanno promosso un programma di nuove costruzioni presso i cantieri navali di Rostock, Sassnitz, Wolgast e Damgarten. Fra queste sono anche comprese speciali navi frigorifere che accompagnano la flotta d'alto mare. Sono anche stati costruiti carri ferroviarî frigoriferi per il trasporto dei prodotti dalle coste del Baltico fino alla regione industriale della Sassonia, che è fittamente popolata. Tutto ciò dimostra l'importanza attribuita alla pesca per l'alimentazione della popolazione.
Anche nel campo industriale la DDR ha introdotto riforme capitali. Basta ricordare che ogni impresa di una certa importanza è divenuta un "VEB", cioè un "Volkseigener Betrieb" (letteralm. "impresa di proprietà popolare"). La DDR si è trovata in condizioni svantaggiose per quanto riguarda la produzione carbonifera perché i grandi giacimenti della Ruhr appartengono alla G. occidentale e quelli della Slesia sono stati incorporati dalla Polonia (che esporta carbone nella DDR). In effetti la produzione carbonifera della repubblica democratica si aggira appena sui 2,9 milioni di t (1958), ricavati essenzialmente dalla regione di Zwickau. Vero è che esistono ricchi giacimenti di lignite, che hanno dato nel 1955 ben 200 milioni di t, ma si tratta di un combustibile che non è ancora utilizzabile per la produzione del coke, necessario per la siderurgia. L'energia elettrica (34,8 miliardi di kWh nel 1958) è ottenuta per 2/3 dalla combustione della lignite. Mancano risorse petrolifere e metanifere.
Nel campo minerario, accanto alla produzione della lignite, è notevole quella del rame (25.800 t nel 1957) e dei sali potassici (1,6 milioni di t nel 1957). Presso Aue, nell'Erzgebirge, esiste una miniera uranifera.
La produzione dell'acciaio è stata nel 1958 di 3 milioni di t, quella della ghisa e delle ferroleghe è stata di 1,7 milioni. Queste cifre sono ancora modeste, ma va notato che, all'atto della bipartizione della G., nella zona sovietica si veniva a trovare (in Turingia) una sola impresa siderurgica. La repubblica democratica ha dovuto pertanto provvedere a costruire parecchi nuovi impianti, uno dei quali, situato presso Fürstenberg sull'Oder, ha fatto nascere la nuova città operaia di Stalinstadt, che supera i 16.000 ab.
L'industria chimica è molto sviluppata, al contrario, e si avvantaggia dell'abbondanza della lignite e della potassa. Essa, che si concentra prevalentemente nella Sassonia, fornisce azoto sintetico (Leuna), gomma sintetica, benzina sintetica, vernici, fertilizzanti, ecc.
Notevoli sono pure i settori della metallurgia, dell'ottica (Jena), dei tessili (Chemnitz), della ceramica (Turingia). La produzione del cemento è di 3,5 milioni di t annue (1958). Il birrificio produce 12,9 milioni di hl (1957).
Il commercio estero della DDR vede le esportazioni superare in valore le importazioni (rispettivamente 7,5 miliardi di rubli e 6,7 miliardi di rubli nel 1958). Esso si svolge in prevalenza con l'URSS e con altri Paesi dell'Europa orientale, ma anche la DDR, al pari della BRD, cerca di esportare i suoi prodotti industriali sui mercati africani ed asiatici.
La rete ferroviaria della repubblica democratica si stende per 16.093 km. Essa era stata danneggiata nell'immediato dopoguerra dallo smontaggio del doppio binario di molte linee. Si può calcolare che le ferrovie assorbono l'80% del movimento delle merci complessivo. Importanti, come del resto nella repubblica federale, sono le vie di navigazione interna.
La rete stradale si sviluppa per 49.157 km di cui 1452 autostrade e 12.740 strade nazionali. Nel 1958 si contavano 264.000 autoveicoli, di cui 130.000 autovetture. La flotta mercantile, poco notevole, ha il suo principale porto in Rostock.
Organizzazione finanziaria. - Repubblica Federale di Germania. - Il decennio trascorso ha visto modifiche sostanziali delle strutture finanziarie tedesche. Subito dopo la riforma monetaria del 1948 (v. oltre: Storia) furono costituiti, con il consenso alleato, diversi organismi speciali (in parte già operanti sotto il terzo Reich) dei quali lo stato si è poi avvalso per dare assistenza finanziaria alle industrie siderurgiche e carbonifere, alle attività edilizie, alle costruzioni navali, all'agricoltura, ecc. Nel novembre 1948 fu creato il Kreditanstalt für Wiederaufbau, con capitali provenienti dagli aiuti americani e con fondi concessi dalla banca centrale, allo scopo di concedere prestiti a medio e lungo termine alle imprese economiche in generale. Agli inizî del 1949 fu creato un analogo istituto: la Industriekreditbank, con attività limitata alle sole imprese industriali. Nell'anno successivo cominciarono ad operare altri due istituti: la Landwirtschaftliche Rentenbank per il credito alle attività agricole e alle industrie a queste connesse; la Deutsche Genossenschaftskasse per il credito alla cooperazione. Nei primi mesi del 1952 il finanziamento delle esportazioni fu affidato ad un nuovo ente: la Ausfuhrkredit A. G., operante con fondi attinti in prevalenza alla banca centrale.
Attraverso la Allied Banking Commission le autorità di occupazione hanno mantenuto qualche potere di controllo e di regolamentazione in confronto della Bank Deutscher Länder fino alla primavera del 1952, epoca in cui la Commissione fu sciolta. Con il 1° agosto 1957, il sistema delle banche centrali, che comprendeva la Bank Deutscher Länder e le banche centrali dei nove distretti federali (Länder) più quella di Berlino, è stato accentrato in un unico istituto: la Deutsche Bundesbank. Il capitale originale della Deutsche Bundesbank è stato fissato in 290 milioni di DM e trasferito in proprietà al governo federale. L'indipendenza della Bundesbank dalle direttive statali è espressamente stabilita all'art. 12 della legge istitutiva. Tuttavia essa è obbligata ad "appoggiare la politica economica generale del governo", ma nei limiti in cui questa è consistente con le sue funzioni.
Sul piano funzionale, le nuove disposizioni hanno sancito legalmente e precisato senza possibilità di ulteriori evasioni la prassi in precedenza seguita dalle autorità pubbliche dì depositare le loro riserve di cassa presso la banca centrale, lasciando, peraltro, a questa la facoltà di consentire che i fondi vengano altrimenti investiti anziché depositati. Inoltre i rapporti finanziarî con lo stato e le amministrazioni pubbliche sono stati regolati mediante la fissazione dell'ammontare complessivo dei crediti che la Bundesbank può loro consentire. Le possibilità operative del nuovo istituto centrale sono state, infine, allargate in corrispondenza di un ampliamento della manovra finanziaria che esso può svolgere: mediante la compravendita di ogni specie di titoli pubblici (a breve e a lunga scadenza, quotati e non quotati alle borse valori) e l'elevazione del limite delle riserve obbligatorie che la Bundesbank può imporre alle banche (dal 10 e dal 20% in precedenza stabiliti per i depositi a risparmio e i conti correnti al 20 e al 30% rispettivamente).
Con la centralizzazione dell'istituto di emissione, le banche centrali che in precedenza operavano nei vari Länder hanno cessato di avere una personalità giuridica distinta e sono ora sedi principali del nuovo organismo centrale. Tuttavia esse hanno conservato in parte la loro autonomia (per certe operazioni con gli enti pubblici e con le banche delle rispettive regioni) e hanno un proprio consiglio di amministrazione (Vorstände). Al centro, le direttive di politica monetaria e creditizia sono affidate al Zentralbankrat (composto dai varî direttori di sede e dai membri dell'amministrazione centrale), mentre al Direktorium ne è riservata l'esecuzione, salvo le competenze dei consigli regionali.
Attualmente il sistema bancario tedesco comprende oltre 13.000 unità di ogni tipo, ivi comprese le banche commerciali (351), le casse di risparmio (857), gli istituti per il credito edilizio (47), per il credito agrario (10.784), per il credito industriale (757). Nell'ambito creditizio occupano una posizione preminente le tre grosse banche commerciali (Deutsche Bank, Dresdner Bank e Commerzbank), le quali hanno insieme un volume di crediti in essere superiore alla metà di quello complessivo. Subito dopo la guerra, le banche sopra indicate furono suddivise in 30 istituzioni distinte. Nel 1952 queste furono ancora raggruppate in nove unità. Il processo d'integrazione fu compiuto nel 1958 attraverso la concentrazione nella Commerzbank degli istituti bancarî che originariamente facevano parte del gruppo, dopo che in precedenza erano già state ricostituite le due altre grandi banche.
In occasione della svalutazione generale delle monete, avvenuta nel settembre 1949 in seguito all'aggiustamento del cambio della sterlina, anche il marco tedesco fu svalutato, in misura peraltro inferiore a quella della maggioranza degli altri paesi (del 20,6%, contro il 30,5). Da allora in poi la parità ufficiale del marco è rimasta immutata a 4,20 DM per un dollaro USA. Dal dicembre 1958 il cambio è libero di fluttuare entro i limiti dello o,75% attorno al livello di parità. Dopo la dichiarazione di convertibilità da parte di varî paesi dell'OECE nel dicembre 1958, la Germania ha abolito quasi completamente le restrizioni valutarie in vigore. Il 12 gennaio 1959 il marco tedesco, al pari del dollaro USA, di quello canadese e del franco svizzero, è stato dichiarato pienamente convertibile. Ciò significa che la possibilità di trasferimenti valutarî è consentita non solo ai non residenti e con riferimento alle sole transazioni correnti, ma anche ai residenti e con l'inclusione delle transazioni finanziarie.
Repubblica Democratica Tedesca. - Nell'ottobre del 1951 la Deutsche Notenbank, creata nel luglio del 1948, è stata dichiarata Banca di stato della Repubblica Democratica Tedesca. I suoi poteri "al fine di sostenere attivamente con i mezzi della politica monetaria e creditizia la pianificazione economica" sono particolarmente ampî. La Deutsche Notenbank ha (dal gennaio 1952) le funzioni di organo generale di controllo dell'intero processo economico (della produzione, del movimento degli affari e dell'osservanza dei piani economici). Inoltre essa provvede all'incasso e al pagamento del fatturato di tutte le imprese nazionalizzate. Nell'ambito dei piani economici stabiliti dall'apposita Commissione per i piani essa rappresenta, accanto alla Deutsche Bauerbank e alle Casse di risparmio, il principale istituto per la concessione di crediti a breve termine.
Storia.
La formazione delle due repubbliche tedesche (1948-49). - La tensione in atto da tempo fra i due grandi blocchi mondiali, occidentale e orientale, porterà con sé nel corso del 1949, quale conseguenza del suo acutizzarsi, la scissione politica della G. in due parti (che un diffuso slogan pubblicistico chiamò i "tronconi" die deutsche Trümpfe), organizzate in entità statali distinte e contrapposte. Ma fin dall'anno precedente queste ultime si erano già andate prefigurando attraverso una serie di provvedimenti e di rinunce, sempre più vaste, alle proprie prerogative sovrane - nel parallelo aggravarsi della situazione internazionale - effettuate dalle potenze occupanti, dell'una e dell'altra parte, a favore dei territorî tedeschi occupati. Il Consiglio di controllo alleato di Berlino, che dopo il marzo 1946 non era stato più in grado di prendere decisioni (stante la remora, inevitabile, del diritto di veto), cessava la propria attività il 19 marzo 1948, allorché il rappresentante sovietico W. D. Šokolovski abbandonò le riunioni quadripartite. Il 4 giugno successivo venivano rese note le decisioni della conferenza che il 27 maggio aveva riunito a Londra, sotto il segno della "guerra fredda" con l'URSS, le cinque potenze della testé formatasi Unione Occidentale (Inghilterra, Francia, Benelux): i governatori militari delle tre zone occidentali erano incaricati di preparare, in collaborazione con le autorità tedesche, la convocazione di una assemblea costituente per tutta la Gemiania Occidentale. Quivi pochi giorni dopo (18 giugno) veniva decretata dalle autorità di occupazione una riforma monetaria, che costituiva la base indispensabile del risanamento economico venturo; e il 20 dello stesso mese nella Zona orientale era introdotta con finalità invece decisamente socialistiche una seconda riforma, da cui - avendola il successivo 23 l'URSS dichiarata valevole anche per la grande Berlino - trarranno origine, in una drammatica connessione di eventi, prima la crisi della Kommandatur alleata, quindi la nascita di una municipalità separata a Berlino-Est, e alla fine di giugno il durissimo blocco imposto dai Sovietici ai settori occidentali della città, blocco al quale doveva mettere termine soltanto l'accordo quadripartito del 5 maggio 1949 (v. berlino, in questa App.). In G. Occidentale il processo di formazione dello stato prendeva l'avvio nell'agosto 1948, su cenno e sotto il vigile controllo delle autorità alleate, con la elezione, ad opera dei parlamenti regionali, del Consiglio parlamentare (Parlamentarischer Rat) incaricato di preparare il progetto costituzionale; Berlino-Ovest inviò 5 rappresentanti, cui gli alleati concessero solo funzioni consultive. Riunitosi a Bonn il 1° settembre, il Consiglio elesse a proprio presidente l'uomo che della Germania occidentale sarà insieme il padrino e il tutore, per eminenti virtù politiche non meno che per effetto di circostanze: Konrad Adenauer. Dopo lunghe trattative con i governatori militari alleati, mostratisi soprattutto intransigenti nella richiesta di larghi poteri ai governi regionali, la Legge fondamentale (Grundgesetz) venne infine varata: con l'approvazione, l'8 maggio 1949, del Consiglio parlamentare e poi delle assemblee regionali - eccezione significativa, quella del Land fortemente autonomista della Baviera - essa entrò in vigore il 24 successivo.
Ma, contemporaneamente ai lavori dell'assemblea costituente, le potenze occìdentali provvedevano anche alla elaborazione di uno Statuto di occupazione. Ad esso, che il 10 aprile 1949 era presentato al Consiglio parlamentare per la formale quanto inevitabile approvazione, la nuova repubblica vedeva subordinata la propria sovranità, in contrasto con la lettera della Costituzione: "Nell'esercizio della suprema autorità, che è conservata dai governi della Francia, del Regno Unito e degli S. U. A.", si legge nel preambolo dello Statuto. E il documento di approvazione alleata della Legge fondamentale precisava il 12 maggio che il testo costituzionale adottato a Bonn era sottoposto allo Statuto, mentre veniva ribadito il veto nei confronti dell'inclusione di Berlino-Ovest nel territorio federale (circostanza importante per comprendere l'atteggiamento degli Alleati, che in tal modo intendevano riservarsi libertà di manovra in vista di trattative internazionali sul problema tedesco).
Ad Est nasceva intanto un secondo stato tedesco. Il relativo progetto di costituzione era stato presentato il 3 agosto 1948 al Consiglio tedesco del popolo, primo organo rappresentativo sorto nella G. di Pankow. Ai fini della preparazione psicologica della opinione pubblica sarà abilmente sfruttata l'accusa all'Occidente, cui conferivano verosimiglianza le decisioni politiche prese a Londra quella primavera, di avere deliberatamente causato la lacerazione dell'unità tedesca. Il 15 maggio 1949 ebbero luogo le elezioni al Congresso del popolo, che il 30 approvò la costituzione della Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR): anche quest'ultima, come la Bundesrepublik, non dovrà comprendere, per analoghe preoccupazioni politiche dell'URSS, la zona occupata di Berlino. In ottobre W. Pieck ne fu nominato primo presidente, mentre O. Grotewohl fu posto a capo del governo; il Governo militare sovietico venne sciolto e cedette il posto a una Commissione di controllo. Ma anche la costituzione della DDR, al pari di quella poc'anzi approvata a Bonn, ignora la nozione di delega dei poteri dall'autorità di occupazione: nel preambolo "il popolo tedesco" è esplicitamente citato quale fonte di diritto costituzionale. E l'art. 1, da cui emerge non meno chiara la pretesa ad una validità normativa nei confronti dell'intera nazione, tien fermo quanto la Legge fondamentale della BRD al principio della unità statale: "La Germania è una repubblica democratica indivisibile" (capov. 1) ed "Esiste soltanto una cittadinanza tedesca" (capov. 4). Contraddizioni giuridiche e opposte aspirazioni politiche, che traggono origine dal profondo della crisi in atto nel mondo e che domineranno la scena anche negli anni a venire.
La Germania di Bonn. - Sotto il controllo degli alti commissarî (J. Mc Cloy per gli S. U. A., B. Robertson per la Gran Bretagna e A. François-Poncet per la Francia) entrati in funzione nel giugno per effetto dello Statuto di occupazione, ebbero luogo nella Repubblica Federale il 14 agosto 1949 le elezioni legislative. Vi parteciparono l'Unione Cristiano Democratica (sigla CDU) con l'Unione Cristiano Sociale (CSU), il partito socialdemocratico (SPD), il partito dei liberi democratici (FDP), il partito tedesco (DP) e il partito comunista (KPD). Se ne dànno qui di seguito i risultati numerici fondamentali, nel confronto con le elezioni legislative che hanno avuto luogo nel 1953 e nel 1957:
Il primo parlamento (Bundestag) della repubblica si riunì il 7 settembre successivo a Bonn, la quieta cittadina della Renania, patria di Beethoven, che il 4 novembre sarà ufficialmente confermata capitale "provvisoria" (veniva con ciò sottolineata l'aspirazione a Berlino capitale di una Germania riunificata); la sua struttura, con l'assoluta prevalenza numerica dei partiti democristiano e socialdemocratico, rimarrà fondamentalmente confermata anche dai parlamenti del 1953 e 1957. La legge elettorale - rimasta pur essa nelle linee essenziali in vigore anche nelle successive consultazioni per il Bundestag - era fondata su di un originale compromesso (voto duplice, di persona e di lista) fra i sistemi proporzionalistico e maggioritario, inteso intenzionalmente ad assicurare, contro i pericoli della proporzionale pura che avevano insidiato la stabilità governativa nella repubblica di Weimar, la preponderanza delle maggiori formazioni politiche. In realtà essa sostenne l'ascesa al governo della cristiana (ma aconfessionale) CDU/CSU, il cui programma elettorale approvato nel congresso di Düsseldorf (15 luglio 1949), ispirato ai principî liberistici del prof. L. Erhard, ch'era entrato quell'anno a far parte della compagine democristiana, aveva assicurato al partito la conquista elettorale massiccia dei ceti medî, dopo l'abbandono definitivo delle istanze sociali e dirigistiche della sua corrente sindacalistica, già adottate nel precedente congresso di Ahlen (1947). E il prevalente orientamento liberistico e conservatore emerso dalle elezioni - cui non erano state peraltro estranee le preferenze alleate, in ispecie americane - trovò anche conferma nella scelta degli uomini che le rappresentanze parlamentari designarono nel settembre alle supreme cariche dello stato: il liberale Th. Heuss alla presidenza, il cattolico K. Adenauer al cancellierato. Orientamento palesatosi altrettanto determinante nella decisione allora presa da Adenauer (in opposizione ai sindacalisti del partito, favorevoli alla "grande coalizione" coi socialdemocratici) di ricorrere ai minori partiti del centro e della destra (liberali della FDP, Partito Bavarese, Partito Tedesco, ecc.) per la formazione della compagine ministeriale e della maggioranza parlamentare: una scelta rimasta anch'essa fino ad oggi confermata. In campo sociale il compito dell'opposizione politica al governo e ai suoi partiti rimarrà affidato ai comunisti e ai socialdemocratici: i primi, forti di una compatta base operaia e vivacemente presenti nel movimento sindacale, ma elettoralmente sempre più deficitarî, saranno eliminati dal giuoco dalla soppressione del partito sentenziata dal tribunale costituzionale di Karlsruhe nell'agosto 1957, decisione la cui opportunità politica e legittimità (per essere stata la KPD autorizzata nel 1947 dalle autorità occupanti) sollevò non poche riserve e forti contrasti anche nel campo liberale. Fortemente organizzata (con i suoi punti di forza nei Länder settentrionali di Amburgo, di Brema e dello Schleswig-Holstein; mentre la CDU/CSU domina tradizionalmente in Nordrhein-Westfalen e nel Baden-Württemberg), la socialdemocrazia si assunse pertanto il ruolo di protagonista di una lotta politica condotta entro i binarî di una rigorosa legalità costituzionale. Diretta con mano ferma da K. Schuhmacher fino al 1952, successivamente da E. Ollenhauer (cui il congresso dell'ottobre 1957 affiancherà il triunvirato, per un'azione rinnovatrice del partito, composto da K. Schmid, F. Erler e H. Wehner), essa imposterà per varî anni, fino al 1954, la propria propaganda sul terreno economico-sociale, attaccando apertamente e ostinatamente la politica liberistica del governo, in nome di premesse programmatiche desunte dall'esperienza del laburismo inglese (storicamente inattuale, per ora, in una Germania che aveva sofferto gli eccessi del dirigismo nazista): impegno diretto delle finanze statali per incoraggiare le forze produttive, per eliminare la disoccupazione, per la ridistribuzione del reddito e la sicurezza sociale. Impostazione che le clamorose fortune, a partire dal 1949, dell'esperimento della Soziale Marktwirtschaft - l'economia che per i suoi fautori avrebbe conseguito con la liberalizzazione del mercato anche il benessere sociale -, fu ragione determinante delle future sconfitte elettorali socialiste, mentre si consolidava nella vita pubblica il primato assoluto della Unione cristiana.
Contribuirono al successo del "miracolo economico tedesco" (il deutsche Wirtschaftswunder), che ebbe a sapiente guida il ministro dell'Economia L. Erhard, una politica di estremo rigore finanziario (v. oltre), la decisa azione governativa a favore dell'esportazione, e, tra i fattori esterni, il cospicuo aiuto degli S. U. A. (ammontante, per il periodo 1948-52, a 3,9 miliardi di dollari); e ancora, l'apporto di lavoro a buon mercato dei cosiddetti "rifugiati" (circa 8 milioni di Heimatvertriebene, gli espulsi dalla patria tedesca all'Est della linea Oder-Neisse e dai paesi dell'Europa centro-orientale, e oltre 3 milioni di Zugewanderte, gli immigrati dalla zona sovietica, specialmente contadini ostili alla collettivizzazione). Ma è anche indubbio che il concorso decisivo alla ricostruzione del tessuto connettivo sociale derivò dalla volontà di vivere della popolazione - volontà disperata dapprima nella desolata realtà delle distruzioni belliche, poi fiduciosa e aggressiva nella consapevolezza dei risultati raggiunti - non meno che dal suo innato spirito di disciplina, il quale permise di attuare il presupposto fondamentale della limitazione dei consumi (in campo alimentare, componenti essenziali del vitto tedesco come carne, latte e burro nel 1956 non avevano ancora raggiunto gli indici del 1938, quando erano già in vigore sensibili restrizioni).
Sorprendente l'integrazione totale dei milioni di rifugiati dall'Est ed il pratico assorbimento della disoccupazione; e inoltre il rapido e imponente progresso della ricostruzione materiale che in ogni campo dell'industria, dell'edilizia e delle comunicazioni ha ricomposto, secondo una norma tecnico-organizzativa ed anche estetica ispirata al modello nord-americano, il volto poco innanzi spaventosamente sfigurato del paese.
Si tratta, per quel che riguarda l'"americanismo" tanto diffuso oggi nella struttura anche sociale-familiare e scolastica della BRD, per non parlare dei sottoprodotti più vistosamente appariscenti della moda e del costume ("fanatismi della generazione più giovane, dei cosiddetti "teenagers"), di influenze non derivanti soltanto daglì anni dell'occupazione. Se i Tedeschi della repubblica federale sono oggi di nuovo la più potente forza produttiva industriale del mondo, dopo gli S. U. A. e l'URSS (quest'ultima è però da essi largamente superata, stando agli indici ancora del 1957-58, in ogni settore della produzione meccanica), ciò è dovuto in effetti all'adozione integrale di un individualismo che, in nome del principio economico e morale dell'iniziativa privata, tra la fine dell'Ottocento e i primi decennî di questo secolo aveva dato impulso al sorgere, anche quella volta da quota iniziale zero, al "miracolo" economico degli Stati Uniti d'America. Il trionfo del sistema ha avuto come conseguenza politicamente importante la "denazificazione" delle masse; più assai che non dal successo - in linea di diritto e di fatto problematico - dei processi contro i delitti commessi da membri della NSDP, dalla "rieducazione" perseguita dagli Alleati in regime di occupazione (mostratasi suscettibile, in quanto imposta dal vincitore, di provocare le reazioni negative dell'amor proprio nazionale), il distacco sentimentale dal nazismo si è andato di fatto determinando negli animi per la constatazione - per sua natura certo interessante maggiormente la sfera dell'interesse individuale e familiare, che non quella della dedizione morale a fini sociali - degli innegabili vantaggi economici e del superiore benessere che la democrazia di Bonn, nel confronto quotidiano con i ricordi del tempo di Hitler, appare assicurare.
Ovviamente anche minore importanza e pericolosità assume nel positivo quadro generale, fintanto almeno che nuove circostanze non intervengano a mutare la curva ascendente dei suoi fattori produttivi, il certo rilevante costo sociale e forse anche etico-politico della grande operazione. Così l'egoistico disinteresse per il benessere comune, manifestato sovente da quanti dal sistema hanno tratto elevatissimi profitti, solo scarsamente colpiti dal gravame fiscale - pur essendo nella repubblica federale il peso complessivo delle imposte più forte che negli altri paesi -; la pressione sempre crescente nella vita economica e anche politica dei grandi gruppi industriali, alle cui manomissioni della libera concorrenza male si oppone la legge sui cartelli, entrata in vigore il 1° gennaio 1958; lo scarso interesse dello stato ai fini assistenziali, per le categorie al margine del processo produttivo (vedove, danneggiati di guerra); il preoccupante dilagare, nonostante le denunce dei partiti e della stampa, della corruzione amministrativa e le altissime percentuali della delinquenza giovanile; l'indebolito prestigio delle organizzazioni sindacali (Deutscher Gewerkschaftsbund e Industrie-Gewerkschaft-Metall), dopo la sconfitta da esse subìta al parlamento nel 1952 in merito alla cogestione delle aziende, e il conseguente paventato distacco, negli ambienti democratici del paese, delle masse operaie dalle istituzioni politiche liberali: tanto più che una sorta di paternalismo assistenziale lega ancor oggi in un rapporto di operante dipendenza il lavoratore alla sua impresa, la quale assolve in tutti i campi per antica tradizione i compiti di sicurezza sociale, che nelle moderne democrazie costituiscono un pubblico servizio dello stato.
In campo culturale, il bilancio di questo periodo offre sintomi positivi di ripresa, per quanto si riferisce agli aspetti organizzativi e sociali del problema: la ricostituzione delle università (dove per le facoltà tecniche ed economico-sociali l'alto livello scientifico raggiunto è testimoniato dal crescente afflusso di studenti stranieri, ammontanti complessivamente alla cospicua cifra di 13.834 nel 1958) e della scuola media affidata per intero, didatticamente e organizzativamente, alla amministrazione del Land (ma grave è ancora, in conseguenza della guerra, la deficienza di aule e di insegnanti); la fiorente attività teatrale, con sussidio statale, svolta oggi da ben 175 complessi stabili di grandi dimensioni; l'attivissima opera di diffusione culturale svolta tra le masse, anche nei minori centri, dalle università popolari (Volkshochschulen). Indici meno incoraggianti sono invece quelli del mercato librario, ma più per la quantità che per la qualità degli acquisti. Questi in massima parte nel settore letterario sono orientati verso la produzione straniera d'avanguardia; con una preferenza che per essere comune anche agli altri campi della cultura (se si eccettua quella accademica, specie storico-letteraria, in buona parte tuttora ancorata alle sterili posizioni metodologiche del positivismo tradizionale) appare aspetto significativo di costume, valutabile qui come volontà di rinnovamento dei rapporti anche morali, giacché è insieme ripudio di ogni chiusura nazionalistica. L'abbandono del tradizionale richiamo ai valori del "germanesimo" (Deutschtum), trova conferma nella stampa periodica (dal settimanale Der Spiegel, ai più diffusi quotidiani: i socialdemocratici Neue Rhein-Zeitung e Frankfurter Rundschau, i liberali Die Welt e Süddeutsche Zeitung, la filo-governativa Frankfurter Allgemeine), dove un corpo redazionale antifascista formatosi per volontà degli Alleati durante l'occupazione, è di norma favorevole alle prospettive della pace e della distensione internazionale, concorde nella condanna delle ricorrenti manifestazioni di neo-nazismo e antisemitismo, e palesemente tiepido sostenitore della politica governativa di riarmo. Ma soprattutto rimarchevole, anche se politicamente non suscettibile per sé stessa di qualificazioni positive, è la pressoché totale indifferenza dei più giovani verso le giustificazioni del militarismo, talora emergenti ancora da uno spettrale passato.
Di grande importanza sono stati, per la realizzazione dei programmi economici e politici del governo, i rapporti di diritto intercorrenti fra gli Alleati e la Repubblica Federale. Tali rapporti si andarono evolvendo attraverso alcune tappe fondamentali: eguaglianza della BRD in seno all'OECE e conseguente sua partecipazione agli aiuti previsti dal piano Marshall, con l'ottobre 1949; suo accoglimento nel Consiglio Europeo, il 31 marzo 1950; firma dell'atto costitutivo, insieme a Francia, Italia e Benelux, della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (18 aprile 1951). La tensione internazionale conseguente alla crisi coreana dell'estate 1950 aveva peraltro contribuito in maniera determinante a trasformare la nozione della Germania come paese vinto da controllare, in quella di partner politico liberamente consenziente. Cessò infine, per la Convenzione di Parigi del 23 ottobre 1954, il regime di occupazione; e di conseguenza vennero sciolte, il 5 maggio dell'anno successivo, le amministrazioni militari alleate, mentre - e ciò costituiva indubbiamente l'obiettivo finale dei trattati di Parigi - la Repubblica Federale entrava a far parte della NATO. Ma la sovranità della BRD subiva, nell'atto stesso della sua concessione, alcune contrastanti limitazioni. Così nel campo legislativo, dove gli Alleati imposero la non abrogabilità delle leggi e delle sentenze nel frattempo emanate dalle autorità di occupazione e riguardanti la punizione dei criminali di guerra nazisti; in quello militare, in cui furono stabilite condizioni per l'ulteriore stazionamento in territorio tedesco di contingenti alleati; e infine in relazione ai precedenti impegni internazionali, riservandosi le tre potenze occidentali l'ulteriore mantenimento dei proprî diritti e responsabilità concernenti Berlino e la Germania, fino alla riunificazione e alla conclusione di un trattato di pace. Si trattava, per gli Alleati occidentali, di non rinunciare al principio dell'alleanza quadripartita con l'URSS e, non meno, al controllo diretto della situazione tedesca: entrambi legati inscindibilmente fino ad oggi coi destini dell'equilibrio e della pace mondiale.
Sovranità statale e riunificazione tedesca hanno sempre costituito, accanto e prima dei problemi della politica interna, i temi fondamentali dell'attività governativa nella Germania di Bonn. Essi sono stati, fin dalla nascita della repubblica federale, anche il fine ultimo della politica di K. Adenauer, e nel successo derivante dagli accordi di Parigi del 1954, la ragione essenziale della quasi plebiscitaria sua conferma nelle elezioni del 1957, nonché del progressivo rafforzarsi di una democrazia a direzione paternalistica (che è denominata sovente, dal prestigioso protagonista, democrazia del Cancelliere: Kanzlerdemokratie). Il principio direttivo di questa politica si è sinora fondato sul concetto che la forza interna ed esterna della repubblica federale sarebbe la diretta conseguenza della sua fedeltà agli Alleati, nella lotta che li contrappone all'URSS. Di qui, anche, la vittoria riportata dal governo nella più grossa battaglia politica interna degli ultimi anni, quella svoltasi all'indomani e in conseguenza dell'adesione della BRD alla NATO per l'introduzione del servizio militare obbligatorio, e conclusasi, nonostante l'accanita difesa socialdemocratica del principio costituzionale che sanciva il diritto degli obiettori di coscienza, con l'approvazione della legge sulla coscrizione (7 luglio 1956). Ugualmente coronate da successo sono state le successive tappe della politica governativa di riarmo, con l'introduzione dell'armamento atomico e l'istituzione di basi alleate per missili in territorio federale, invano contrastate dalla clamorosa adesione, nella loro quasi totalità, degli scienziati della BRD all'appello internazionale contro gli esperimenti atomici (presentato alle N.U. nel gennaio 1958) e poi, dall'agitazione organizzata in tutto il paese dai socialisti per l'effettuazione di un referendum popolare sull'installazione delle basi missilìstiche, durante il 1958-59. Anche la crisi susseguente alla decisione governativa di immettere nei quadri del nuovo esercito federale gli ex-membri delle hitleriane Waffen-S.S. sino al grado di colonnello (11 settembre 1957) - decisione che aveva scatenato violente proteste dell'opposizione al parlamento e nel paese - veniva risolta ancora una volta dall'autorità del Cancelliere, intervenuto a mutare la persona del proprio ministro della Difesa (16 ottobre, sostituzione di Th. Blank con F.-J. Strauss) laddove dalle associazioni d'arma e dai gruppi di destra si era apertamente esaltata la riabilitazione collettiva.
Conseguenze tutte, d'altronde, di una politica estera ispirata dal 1954 alla adesione del paese ai compiti militari imposti dalla NATO. Altra fondamentale direttiva del governo federale nei rapporti internazionali (campo in cui l'influenza di Adenauer, anche dopo l'assunzione del dicastero degli Esteri da parte di H. von Brentano nel 1955, appare predominante) è la presenza attiva in seno agli organismi volti a realizzare sul piano economico e politico la integrazione dell'Europa occidentale, nell'ovvia presunzione che il maggiore potenziale industriale debba assicurare alla BDR, in seno a una siffatta comunità di stati, una funzione predominante. Pertanto le riunioni della Comunità economica europea hanno visto impegnata la rappresentanza tedesca, dal 1958 ad oggi, nella difesa dell'attuazione del Mercato Comune attraverso la riduzione al minimo livello delle tariffe doganali e, parallelamente, in una azione mediatrice volta a realizzare la zona di libero scambio fra gli 11 stati dell'OECE. I contrasti sorti al riguardo con la Francia, sostenitrice di dazî protettivi, non hanno impedito la collaborazione sempre più cordiale fra i due paesi: dopo la felice soluzione del problema della Saar (che con la sua restituzione alla repubblica federale, attuatasi politicamente col 1° gennaio 1957 ed economicamente perfezionata il 5 luglio 1959, ha rappresentato sinora l'unico successo concreto di una politica di riunificazione nazionale) tale collaborazione ha assunto, attraverso i successivi contatti personali fra De Gaulle e il cancelliere Adenauer, i caratteri economici e anche militari di una alleanza particolare. Sempre più ampio è divenuto negli ultimi anni il raggio d'azione della diplomazia di Bonn nei continenti extra-europei, con compiti prevalenti di espansione finanziaria e commerciale: in seguito alle missioni svolte parallelamente da rappresentanti dell'industria e del governo (fra gli altri, ì viaggi di A. Krupp e del vice-cancelliere F. Blücher a Nuova Delhi nel 1956, e quello di Adenauer in Estremo Oriente nella primavera 1960) è stata attuata una politica di massicci investimenti di capitali privati (ammontanti fra il 1952 e il 1959 a ben 2,2 miliardi di marchi), la quale si va estendendo specie nella America Meridionale e che intende ora inserirsi progressivamente nel piano occidentale di aiuti ai paesi sottosviluppati.
Difficile e discusso il giudizio generale sulla politica europeistica di Adenauer (ferma resta in ogni caso la consapevolezza che altro può essere stato il disegno politico di Adenauer, e altro l'interesse e le ragioni particolari di questo o quel gruppo cui egli ha dovuto il potere). Molti hanno creduto di poter effettivamente ravvisare in questa politica - e certamente nelle prime fasi di essa - un motivo profondo che supera i ristretti limiti dell'espediente ideologico. Si tratterebbe cioè d'una politica nella quale l'europeismo compare non come mezzo (quale è giudicato da più critiche interpretazioni), machiavellica copertura del problema dell'unificazione tedesca e dell'espansione economica della repubblica federale; bensì al contrario realmente come fine. Negli anni durissimi del primo dopoguerra, Adenauer avrebbe concepito l'Europa federata come l'unica possibilità di risolvere la situazione della Germania occid., terra di frontiera dell'Occidente, paese senza tradizioni politiche da continuare o riprendere (anzi, coll'esigenza impellente di distruggere definitivamente il vecchio nazionalismo), e con un posto di parità da riconquistare tra le nazioni europee, senza passare per la impossibile via segnata dallo spirito di rivincita nazionalista, e senza cedere alla altrimenti vietata e dannosa tentazione di cercare la soluzione dei proprî problemi fuori e contro l'Europa. Così si spiegherebbe la tenacia dell'europeismo di Adenauer: come tentativo di fare della crisi della Germania un momento solidale con l'intera crisi d'Europa, da risolvere con questa nel superamento generale delle diffidenze nazionalistiche.
La meta dell'integrazione dell'Europa occidentale e del progressivo aumento della sua potenza sotto l'impulso-guida del "Wirtschaftswunder" tedesco, spiega anche la politica di Adenauer nei confronti del problema della riunificazione, e dei rapporti con l'URSS, la DDR e le altre democrazie popolari. Posta la riunificazione nei termini di una "liberazione" della G. Orientale considerata non stato di diritto sovrano, ma ancora zona di occupazione - e Sowjetische Besatzungszone viene di norma denominata la Repubblica Democratica nella propaganda che con gran dispendio di mezzi viene effettuata dal Ministero per le questioni generali tedesche - la soluzione finale del problema è affidata ad una pressione politico-militare che convinca l'URSS a sciogliere il governo "Quisling" di Pankow e, possibilmente, a ritirarsi e a far ritirare la democrazia popolare polacca dai territorî ad est della linea di confine Oder-Neisse. Correlativamente, i piani proposti dalla diplomazia di Bonn sulla procedura da seguire per la riunificazione si sono costantemente opposti, con la condizione pregiudiziale di libere elezioni pantedesche, alle varie soluzioni avanzate in sede di conferenze interalleate (Ginevra, settembre 1955 e maggio-settembre 1959) dall'URSS, tutte fondate invece sulla condizione del preventivo riconoscimento della sovranità della DDR. A siffatta politica si è sempre dichiarata contraria la SPD, che la considera suscettibile di approfondire il fossato esistente tra le due Germanie rendendo per conseguenza impossibile la riunificazione, se non a prezzo di una guerra; e nel piano pubblicato nel marzo 1959 quel partito accetta, in cambio della concessione di libere elezioni, il principio sovietico della confederazione di due stati ugualmente sovrani. La diplomazia della repubblica federale tiene rigorosamente fede al principio del non-riconoscimento de iure della DDR, sebbene si verifichino in campo occidentale o neutralista deprecati cedimenti a questo riguardo; mentre il reciproco riconoscimento fra il governo di Bonn e quello di Mosca, avutosi ad iniziativa del secondo il 20 dicembre 1955 per effetto delle conversazioni tedesco-sovietiche dell'8-10 settembre di quell'anno, venne giustificato da parte tedesca con la connessa stipulazione dell'accordo per il rimpatrio dei prigionieri di guerra dalla Russia. Tuttavia, la ripresa dei rapporti diplomatici con l'URSS ha significato anche l'inizio di sempre più fitti scambi economici fra i due paesi (e per l'accordo concluso il 25 marzo 1959, anche di regolari rapporti culturali e tecnico-scientifici), e notevole è anche il volume degli affari intercorrenti fra le antitetiche economie delle due Germanie, specie in occasione della presenza ogni anno più ampia dell'industria federale alla fiera di Lipsia. Con le altre democrazie del blocco orientale non esistono relazioni diplomatiche; col governo polacco di Gomulka i rapporti migliorarono in seguito agli eventi anti-sovietici del 1956, senza però portare a un riconoscimento di diritto. Se, con la mutata atmosfera dei rapporti fra Occidente ed Oriente, successiva alla visita di Chruščëv negli S. U. A. (ottobre 1959), le posizioni di rottura del ministero degli Esteri di Bonn sul problema della riunificazione e quello ad esso connesso di Berlino, potevano sembrare di difficile accettazione integrale da parte delle potenze occidentali, il fallimento della conferenza al vertice (Parigi, maggio 1960) induce alle maggiori incertezze.
Politica finanziaria. - Due elementi testimoniano più degli altri l'eccezionale sviluppo economico della G. nel decennio trascorso: la proporzione elevata degli investimenti netti rispetto al reddito nazionale e l'ammontare cospicuo delle riserve valutarie accumulate.
Sul piano finanziario, le premesse di una così rapida ripresa economica stanno nella riforma monetaria del 1948, che ha polverizzato il potere d'acquisto in precedenza esistente e ha limitato quello corrente; ha consolidato i debiti dello stato e ha posto il governo nella condizione di esercitare con maggiore efficacia, ab initio, un rigido controllo sull'andamento economico-finanziario, assicurando nel tempo stesso una grande elasticità di manovra, sia per interventi all'interno sia nei confronti delle transazioni commerciali con l'estero. L'azione statale non si è arrestata a regolare semplicemente il ritmo dello sviluppo economico, ma vi ha contribuito direttamente e in misura rilevante mediante un'accorta politica fiscale che, lasciando un ampio margine attivo nei bilanci della pubblica amministrazione, ha convogliato verso il settore pubblico la parte maggiore dei risparmî in via di formazione. Ciò ha consentito, fra l'altro, di incanalare le risorse finanziarie verso gli impieghi più produttivi, secondo una scala di priorità che ha posto in primo piano la produzione di beni strumentali e, quindi, il rafforzamento della posizione valutaria del paese, tradizionalmente connessa all'esportazione di quei beni. Tali risultati e indirizzi sono chiaramente percepibili se si esaminano i dati relativi alle fonti di finanziamento degli investimenti (v. tab.) e se si tengono a mente le condizioni e i provvedimenti attuati per promuovere e favorire un'alta capitalizzazione del reddito nazionale. Questa ha potuto essere raggiunta e mantenuta, prima mediante una compressione dei consumi interni (con bassi salarî e forte pressione fiscale, solo in prosieguo di tempo attenuati), poi con incentivi fiscali e con una generosa politica del credito (applicata selettivamente per favorire i settori di base, l'edilizia pubblica e privata, i beni capitali e le industrie esportatrici).
Il basso livello dei consumi interni e la necessità di assicurare un flusso adeguato di materie prime per lo svolgimento delle attività di trasformazione industriale ha condotto ad adottare subito una politica di liberalizzazione delle importazioni, che non ha tardato a trovare riflesso nella situazione dei pagamenti con l'estero, dapprima in senso sfavorevole, a causa dell'aumento iniziale delle importazioni, quindi in senso favorevole, per il conseguente incremento delle esportazioni. Il sopraggiungere della crisi coreana nel giugno 1950 determinò una ripresa sensibile delle importazioni connessa con la rapida ricostituzione delle scorte che nel periodo precedente erano state mantenute a un livello relativamente basso. Lo accaparramento delle materie prime avvenne peraltro in una fase di crescente aumento dei prezzi, sicché il duplice effetto dei prezzi e delle quantità sulla bilancia dei pagamenti fu specialmente ampio. Il deterioramento della bilancia dei pagamenti impose, fra l'altro, una sospensione delle misure di liberalizzazione in precedenza attuate; e ciò in particolare nei confronti dei paesi UEP (Unione Europea Pagamenti), in confronto dei quali si accumulò un congruo deficit nel giro di pochi mesi. Oltre a beneficiare del credito UEP per 120 milioni di dollari, le licenze di importazione già concesse furono bloccate e annullate per oltre la metà, mentre fu irrigidita la procedura per la concessione di nuovi permessi. Questi furono comunque subordinati alla costituzione in deposito da parte degli importatori della metà dell'ammontare della valuta estera richiesta. La crisi di bilancia ebbe però breve durata e i provvedimenti restrittivi alle importazioni furono ben presto rimossi. Alla fine del 1951 l'obbligo del deposito fu abolito e nei primi giorni del 1952 non solo fu ristabilita la lista delle importazioni libere, ma questa fu estesa dal 57 al 90% delle importazioni annuali. Superate alla fine del 1951 le ripercussioni della crisi coreana, negli ultimi mesi del 1952 la bilancia dei pagamenti con l'area dell'UEP si chiuse in avanzo e a partire dal secondo trimestre dello stesso anno anche quella con l'area del dollaro. Dalla fine del 1952 la bilancia complessiva dei pagamenti con l'estero ha presentato una costante eccedenza attiva a causa dello sviluppo relativamente più ampio delle esportazioni rispetto alla domanda interna di prodotti esteri, all'evoluzione favorevole delle ragioni di scambio (in dipendenza di una domanda crescente di beni capitali sui mercati mondiali e degli sviluppi più accentuatamente inflazionistici in altri paesi) e all'afflusso di capitali esteri (sia per motivi speculativi, sia per motivi d'investimento diretto e di reddito). In conseguenza il volume delle riserve valutarie ha registrato un accumulo continuo.
La creazione dei mezzi di pagamento connessa con l'avanzo della bilancia con l'estero ha richiesto un'attiva politica fiscale e creditizia intesa a sterilizzare l'eccesso di potere d'acquisto e a ridurre le capacità di credito delle banche. Il bilancio statale ha presentato un avanzo cospicuo per quasi tutto il periodo, il che ha praticamente annullato il ricorso all'indebitamento pubblico. Analogo andamento ha contrassegnato i bilanci delle autorità locali; ma ai risultati della gestione corrente lla corrisposto una spesa cospicua di investimento, sicché questa ha dovuto essere finanziata anche mediante l'emissione di titoli sul mercato finanziario. In questi ultimi anni la posizione del settore pubblico si è rovesciata da attiva a passiva per contrastare la fase di rallentamento intervenuta nello sviluppo economico. Le larghe riserve di liquidità accumulate in precedenza da questo settore hanno consentito peraltro di far fronte alle maggiori spese senza variazioni sensibili del debito pubblico.
Nel campo del governo monetario, l'azione della banca centrale, dopo la crisi dei pagamenti con l'estero nel 1950, è stata improntata ad una condizione di relativa facilità creditizia.
Fino al 1954 l'assistenza delle banche al finanziamento delle attività produttive ha rappresentato l'unica risorsa di una certa consistenza, dati gli scarsi mezzi finanziarî con cui le imprese e i privati erano usciti dalla riforma monetaria e la mole ingente del fabbisogno finanziario per la ricostruzione economica. Con il 1954 l'economia tedesca, cessato l'afflusso rilevante di rifugiati dalle province orientali che negli anni precedenti aveva alimentato in misura notevole l'offerta di lavoro qualificato a condizioni minime, era già entrata in una nuova fase, caratterizzata dal pieno impiego di tutte le risorse produttive e dalla scarsità di mano d'opera.
I primi effetti di tensione si manifestarono sui prezzi, i quali fino allora avevano avuto una tendenza calante e che dal 1954 cominciarono invece a salire, seppure moderatamente. Sin dalla primavera del 1955 la banca centrale adottò diverse misure restrittive che furono intensificate nell'anno seguente, quando il saggio ufficiale di sconto fu elevato fino al 5,50% (nel maggio del 1956), e ancora nell'aprile-maggio del 1957, quando le percentuali delle riserve obbligatorie furono ancora elevate e i plafonds di riscontro da parte delle banche furono diminuiti del 15%. La manovra monetaria fu rafforzata dal prelievo di disponibilità mediante vendita sul mercato aperto di titoli ceduti dal Tesoro alla banca centrale in conversione dei crediti provenienti dalla riforma monetaria. La fase di assestamento produttivo che, al pari di altri paesi, ha interessato l'economia tedesca durante il 1958-59, ha portato alla rimozione delle restrizioni creditizie, all'abbassamento del saggio di sconto (fino a 2,75 nel gennaio del 1959) e alla riduzione delle riserve (nell'agosto dello stesso anno). Successivamente il surriscaldamento della congiuntura, dovuto all'aumento dei salarî, all'eccessiva spesa pubblica e all'afflusso di capitali dall'estero, anche in previsione di una rivalutazione del marco, ha costretto le autorità monetarie tedesche ad intervenire decisamente per arrestare l'incipiente inflazione e isolare il mercato monetario tedesco dall'influenza dei capitali esteri a breve termine (hot money). Il saggio di sconto è stato portato in più riprese al 5 per cento nel giugno 1960 ed è stata abolita ogni remunerazione sui depositi dell'estero presso le banche tedesche. Le riserve obbligatorie delle banche sono state aumentate più volte, talché ogni ulteriore aumento dei depositi è tassato nella misura massima consentita dalla legge (che è del 30 per cento per i depositi a vista, del 20 per cento per i depositi vincolati e del 10 per cento per i depositi a risparmio).
La larga partecipazione del settore pubblico al processo di formazione dei capitali e la notevole dipendenza delle imprese dai crediti bancarî hanno impedito uno sviluppo adeguato del mercato finanziario. In senso negativo hanno pure agito le preferenze che i risparmiatori hanno manifestato per altri tipi di impieghi (almeno inizialmente orientate verso forme diverse di tesoreggiamento: in oro e in biglietti). Benché i primi provvedimenti per incoraggiare l'istituzione del mercato dei capitali risalgano al dicembre del 1952, solo di recente si sono potuti raggiungere risultati concreti. L'occasione propizia, più che le misure fiscali in precedenza attuate, si è verificata in concomitanza con la formazione di una cospicua riserva di liquidità interna (in seguito al rallentamento produttivo del 1958-59) e con l'afflusso dall'estero di capitali richiamati dal livello relativamente più alto dei saggi d'interesse prevalenti sui mercati tedeschi. Tali circostanze, unitamente a una modificazione delle preferenze dei risparmiatori a vantaggio degli impieghi mobiliari, hanno determinato un rialzo eccezionale dei titoli quotati dalle borse e, quindi, un ribasso notevole dei saggi di rendimento. Di questo hanno tratto vantaggio le imprese e le autorità pubbliche per attingere dal mercato una massa di capitali azionarî e obbligazionarî che nel 1959 ha superato di gran lunga i massimi degli anni precedenti.
La sistemazione definitiva dei debiti tedeschi è avvenuta nel 1953 con la firma degli accordi fra le parti interessate. Per i debiti prebellici l'accordo con i 18 paesi creditori ha stabilito l'ammontare dei debiti pubblici in 4 miliardi di DM e quello dei debiti privati in 3,5 miliardi. Il rimborso degli aiuti economici e dei crediti consentiti dalle potenze occupanti alla Germania in quest'ultimo dopoguerra è stato concordato in misura ridotta (562,8 milioni di dollari invece di 1.420 per il Regno Unito, 11,84 invece di 15,7 per la Francia, 1.200 invece di 3.200 per gli Stati Uniti). La restituzione della somma dovuta alla Francia e al Regno Unito è stata prevista nel giro di 20 anni, senza pagamento d'interessi. Sui debiti con gli S. U. A. il carico degli interessi passivi è calcolato al 2,5% all'anno e il periodo di rimborso dei capitali è fissato in 35 anni. Nel complesso, ai sensi degli accordi sopra indicati, il rimborso dei debiti contratti prima e dopo l'ultimo conflitto comporta un carico annuale di DM 585 milioni per i primi 5 anni e DM 737 milioni per gli anni successivi. Nello stesso anno 1953 (luglio) furono ratificati gli accordi con Israele, firmati a Lussemburgo il 10 settembre 1952. Ai termini della convenzione stipulata, l'indennizzo dovuto dalla Germania a favore di Israele è stato stabilito in 3,45 miliardi di DM (di cui 0,45 a titolo di compensazione per i beni tedeschi di proprietà israelita).
La Germania orientale. - La Repubblica Democratica Tedesca aveva tratto origine, politicamente, dal blocco dei partiti antifascisti e democratici (l'Antifa-Block, sorto nel 1945 per volontà degli occupanti sovietici) nel quale a fianco della predominante Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (SED), comunista, ebbero posto a rappresentare la classe borghese i minori partiti democratico-cristiano (CDU), liberale-democratico (LDPD) e le formazioni da poco permesse dal governo militare, il Partito nazional-democratico (NDPD) e il Partito contadino (DBD). La norma procedurale delle decisioni prese all'unanimità e quella concomitante - che escludeva il libero gioco politico delle democrazie parlamentari - del divieto di interne coalizioni fra i singoli partiti, aveva assicurato la convalida, da parte del Consiglio tedesco del popolo (Deutscher Volksrat), del progetto costituzionale presentato dalla SED e ispirato al principio sovietico della democrazia popolare. Come tale, la DDR respingeva la separazione dei poteri, faceva dipendere i diritti di eguaglianza e di libertà dall'adempimento dei doveri sociali, e proclamava la classe lavoratrice unica depositaria del potere statale, il cui organo supremo diveniva la Camera del popolo (Volkskammer). Questa verrà quindi innanzi eletta sulla base di una lista unitaria di candidati in cui il partito numericamente predominante sarà stabilmente la SED, che in tal modo si è garantita lo stabile esercizio della funzione di guida politica del paese, assegnatagli dalla sua qualità di "unico" rappresentante dei lavoratori, ed ha assicurato insieme l'URSS che verranno adempiute le sue fondamentali direttive politiche. Né limiti e impedimenti all'"unità d'azione della classe lavoratrice" potrebbero derivare da parte delle regioni, giacché la Länderkammer che la Costituzione prevede come seconda assemblea legislativa non dispone di effettivi poteri. A differenza infatti della Germania di Bonn, la repubblica democratica non è sorta quale stato federale, ma rigorosamente unitario e centralizzato, che per la successiva Legge di democratizzazione (25 luglio 1952) ha visto definitivamente aboliti i Länder, sostituiti da 14 distretti con funzioni soltanto amministrative.
Il primo Consiglio dei ministri della DDR ha confermato nello esecutivo il predominio assoluto del partito comunista: questo il 7 ottobre 1949 nominò presidente dei ministri Otto Grotewohl, membro della segreteria centrale e della direzione (Politbüro), che designò a sua volta i proprî collaboratori nel governo (11 rappresentanti della SED, 4 della CDU e 3 liberali). L'influsso determinante del partito in ogni istanza dell'apparato statale verrà d'altronde assicurato mediante la formazione tecnico-politica di tutti i suoi quadri dirigenti (Kaderpolitik), e nella mobilitazione permanente della "base" attraverso le organizzazioni di massa e l'azione "pedagogica" svolta dalla pubblicistica di stato. Pertanto, a differenza di altre democrazie popolari, nella DDR non si è resa necessaria la liquidazione violenta degli altri partiti, così come non si è proceduto alla eliminazione fisica di capi della opposizione: questa è di fatto scomparsa, mentre le minori formazioni politiche di struttura borghese si sono mantenute costantemente fedeli alla disciplina unitaria del "blocco", imposta loro dalla appartenenza a quel Fronte Nazionale (NF) che dall'ottobre 1949 ha sostituito nella direzione politica dello stato il disciolto Antifa-Block. Tale prassi politica ha reso attuabili i programmi socialisti con una incruenta "rivoluzione dall'alto". Il Fronte (dove trovano posto, numerosi, anche i non iscritti ai partiti) prestabilirà quindi innanzi con le liste unitarie dei proprî candidati il risultato delle elezioni, e formulerà con il suo programma le linee direttive fondamentali della politica governativa; come massimo organismo di massa, eserciterà inoltre una capillare azione di controllo e di stimolo mediante i comitati di lavoro (Arbeitskommissionen) e gruppi attivi (i cosiddetti Aktive: affiancati dal 1956 ai primi, utilizzeranno largamente anche i quadri tecnici e gli intellettuali), allo scopo di risolvere direttamente sul posto singoli problemi derivanti dalla attuazione dell'economia statale, la Wirtschaftsplanung.
La pianificazione economica ha rappresentato, nella G. Orientale, l'antitesi ideologica della liberistica Soziale Marktwirtschaft di Bonn, l'una e l'altra proponendosi la risoluzione di compiti che la situazione di partenza - la diseducazione delle coscienze operate dal nazismo, le distruzioni materiali conseguenti alla guerra - aveva reso fondamentalmente eguali per entrambe: la ricostituzione della vita sociale, nelle sue componenti economiche ed etico-politiche. Ai fini costituzionali di "assicurare le basi fondamentali dell'esistenza e di sviluppare il benessere dei cittadini" e insieme anche la loro formazione culturale e sociale, il terzo congresso della SED (1950) decise che dovesse essere attuato il piano quinquennale per la realizzazione di una economia popolare (Volkswirtschaft). Quale organo direttivo del piano, e più alta istanza legislativa di esso, fu istituita la Commissione statale per il piano, al cui presidente spetterà il rango di rappresentante della pianificazione nel "Präsidium" del Consiglio dei ministri, massimo organo dell'esecutivo (dal 1952 la carica è ricoperta ininterrottamente da Bruno Leuschner). Ma tanto il piano quinquennale del 1950, quanto quello attualmente in corso di realizzazione - mutato nel 1959 in piano settennale - saranno ugualmente sottoposti alla approvazione preliminare del G.O.S.-Plan, il supremo consiglio sovietico per la pianificazione, per la loro coordinazione con i piani quinquennali delle altre democrazie popolari, nell'ambito della più generale economia del blocco orientale: è in questa sede, e precisamente nel "Consiglio per il reciproco aiuto economico", che verranno stabilmente confrontati, con la norma della politica sovietica, sia il contenuto ideologico socialista dell'economia di Pankow, sia la sua fedeltà all'interesse del sistema URSS-repubbliche popolari. Sotto il primo aspetto, la pianificazione economica tedesca è stata contrassegnata dal costante sviluppo del settore socialista, tanto nella forma della gestione statale diretta (100% per l'industria pesante, oltre 89% nel 1958 per la rimanente produzione industriale), quanto in quella della gestione cooperativistica, dove nonostante la forte resistenza della classe contadina sempre maggiore estensione dalla loro istituzione (1952) hanno assunto le cooperative di produzione agricola (in rapido aumento dal 1960), che in gran maggioranza si modellano sul sovietico Kolchoz; mentre l'obbiettivo politico del rafforzamento della potenza dello stato socialista nella comunità orientale è stato perseguito mediante il rafforzamento progressivo dell'industria pesante. Dal 1957, l'introduzione del principio della suddivisione dei compiti di lavoro fra le economie delle democrazie popolari ha creato nell'ambito del blocco sovietico una strutturale interdipendenza, e con la riconosciuta prevalenza produttiva della industria metalmeccanica e chimica tedesca, ha posto insieme le premesse per uno sviluppo del potenziale produttivo ed economico della DDR, tale da attribuire (come già confermano le cifre, eccezionalmente alte, delle esportazioni) ai Tedeschi dell'Est una posizione di predominio, nella sfera d'influenza russa, paragonabile a quella assunta dal Wirtschaftswunder di Bonn nel mondo occidentale.
All'interno, il massiccio impiego del capitale finanziario dello stato nella produzione di beni strumentali ha tuttavia significato, ovviamente, una ristretta attività delle industrie produttrici dei beni di consumo; e anche il più recente sforzo finanziario richiesto dalla sovvenzione alle industrie d'esportazione, per assicurar loro la possibilità di affermarsi internazionalmente nel campo della "concorrenza competitiva" fra Oriente e Occidente, ha contribuito a rendere difficile la soluzione di un problema, cui in massima parte è legato, con il tenore di vita della popolazione, il successo della Wirtschaftsplanung nel paese. Di conseguenza, l'impulso crescente dato dal governo alle cooperative di consumo, al fine di esercitare un'azione calmieratrice sul mercato ancora in prevalenza affidato al piccolo commercio privato, l'intervento statale nella determinazione di salarî e di prezzi politici, non sono sinora riusciti ad assicurare - pur nell'apprezzabile incremento recente del reddito medio pro capite - condizioni di vita paragonabili a quelle della repubblica federale. Cosi la rivolta antigovernativa a Berlino (v.) e in varie città della DDR del giugno 1953 trovò alimento soprattutto dal malcontento popolare per i sacrifici imposti dal piano quinquennale. Di qui anche l'importanza di una intensa azione pubblicistica, volta ad affermare di contro agli interessi individuali e di gruppo, la superiorità morale del sistema fondato sul principio collettivo; ma soprattutto efficace alla accettazione dei sacrifici economici si è mostrata, dopo la scomparsa di Stalin (1955) e il 20° Congresso del Partito comunista dell'URSS, l'introduzione anche nella DDR di metodi politici che, se non sono liberali, appaiono tuttavia ispirati alla volontà democratica di decentralizzare, rendendole maggiormente sensibili all'esigenza dell'autogoverno, le funzioni dello stato. La parola d'ordine della "mobilitazione delle rappresentanze popolari" è stata seguita alla fine del 1956 dalla attuazione di una serie di misure, che hanno trasferito sul piano dei distretti e dei comuni l'amministrazione, il controllo e la distribuzione della produzione agricola, dei beni di consumo e delle abitazioni; dal 1957 è stato introdotto un sistema elettorale che garantisce la diretta rappresentanza degli interessi locali (in totale, oltre 200.000 delegati popolari).
Invece, le campagne ideologiche organizzate dalla SED sotto la guida di W. Ulbricht (dal luglio 1953 primo segretario del Comitato centrale del partito; alla morte di Grotewohl, nel 1958, capo del governo) e dirette a mobilitare, dalla fine del 1957, tutte le istanze della scuola e della cultura nella difesa della politica governativa, hanno incontrato l'opposizione di parte degli intellettuali (specialmente nelle università, dove si è verificata la defezione di numerosi docenti, che si sono rifugiati in Germania Occidentale). Nel 1958 è stata assegnata alla scuola - nella quale, per l'intervento diretto dello stato, è stata raggiunta, a differenza della Repubblica Federale, una sufficiente disponibilità di aule e di attrezzature scientifiche, oltreché di insegnanti - il compito di formare "attivi costruttori del socialismo": il recente sviluppo dell'insegnamento tecnico, la partecipazione in massa degli studenti (per oltre il 50% oggi appartenenti ai ceti operai e contadini) alle organizzazioni culturali e ricreative - Junge Pioniere, Freie Deutsche Jugend -, la prassi sempre più seguita dei premî di emulazione, hanno in effetti permesso al governo di conseguire presso la nuova generazione importanti affermazioni. Considerevoli stanziamenti di bilancio vengono inoltre impegnati per il "lavoro culturale di massa", assegnato obbligatoriamente alle istituzioni scolastiche e accademiche ed effettuato attraverso una fitta rete di "Kulturclubs", "Kulturhäusern" e "Kulturräume".
Strettamente legata al perseguimento degli obbiettivi politici dello stato, è nella DDR anche la produzione scientifica, letteraria ed artistica - sottoposte queste ultime, dall'inizio del nuovo corso "dialettico" della politica culturale (1957), alla norma sovente sterilizzante del "realismo socialista" -; in campo editoriale sono stati considerevolmente accresciuti mediante le imprese di stato (nonostante il pressoché totale annientamento della tradizionale industria libraria di Lipsia), e sono notevolmente superiori a quelli della repubblica federale, gli indici relativi alla produzione pro capite, in cui largo posto trovano sempre più le traduzioni di recenti opere letterarie straniere. La stampa, per intero controllata dallo stato e dal Fronte Nazionale, ha conseguentemente aumentato la tiratura dei periodici ma anche diminuito il numero delle pubblicazioni (409 durante il 1956, di fronte alle 5630 stampate nello stesso periodo nella Germania Occidentale.
Formalmente indipendente sin dalla costituzione, nell'ottobre 1949, della repubblica (la G. di Bonn verrà autorizzata a istituire il suo primo dicastero degli Esteri solo nel marzo 1951), la politica estera della DDR si è distinta, nell'ambito delle democrazie popolari, per una accentuata fedeltà alle direttive e agli impegni internazionali dell'URSS. Fra gli atti più importanti della diplomazia di Pankow, vanno annoverati in ordine di tempo: l'accordo per i confini con la Polonia, implicante il definitivo riconoscimento della linea OderNeisse (6 giugno-6 luglio 1950) e quello concluso con la Cecoslovacchia, il quale ha accettato l'espulsione in massa dei Tedeschi dalla regione dei Sudeti (23 giugno 1950); dopo il riconoscimento da parte del governo di Mosca della DDR come stato sovrano, avvenuto il 25 marzo 1954, la firma del Patto di Varsavia (14 aprile 1955), per il quale si è avuto l'inserimento ufficiale della Germania Orientale, come 8° membro di eguale diritto, nel blocco politico-militare sovietico; la conclusione, il 17 luglio 1956, dell'accordo con l'URSS che ha ridotto al 50% le spese risultanti dall'occupazione e ha assicurato inoltre alla DDR considerevoli crediti finanziarî per l'accelerazione dei programmi produttivi del piano settennale; la partecipazione, col rango subordinato di rappresentanza solo consultiva ma a parità di diritti con la repubblica di Bonn, alle conferenze ginevrine sul problema tedesco del 1955 e 1959. Sul problema della riunificazione la DDR si mantiene aderente alle impostazioni sovietiche, fino alle recenti proposte dirette alla repubblica federale, di nominare a tal fine commissioni paritetiche dei due stati tedeschi (1° ottobre 1959). La posizione internazionale della repubblica democratica si è ultimamente rafforzata con l'istituzione di rappresentanze commerciali anche in stati estranei al blocco orientale (Egitto, India, Birmania, Siria, e altri) e specialmente con l'avviamento di rapporti diplomatici (1957) con la Iugoslavia (con conseguente rottura tra Bonn e Belgrado): dove questi ultimi si inquadrano fino ad oggi in una serie di iniziative diplomatiche, assegnate alla DDR dalla sua appartenenza al Patto di Varsavia, per l'attuazione di una zona demilitarizzata nell'Europa centrale.
Bibl.: 1. Sulla Repubblica Federale di Germania: N. Tönnies, Der Staat aus dem Nichts-Zehn Jahre deutscher Geschichte, Stoccarda 1954; K. Zentner, Aufstieg aus dem Nichts - Deutschland von 1945 bis 1953, Colonia-Berlino 1954; O. K. Flechtheim, Die deutschen Parteien seit 1945. Quellen und Auszüge, 1955; Documents on Germany under occupation 1945-54 (scelti e pubbl. da B. Ruhm von Oppen), Londra 1955; G. Ritter, Das Problem des Militarismus in Deutschland (Schriftenreihe d. Bundeszentrale für Heimatdienst, 3), Bonn 1955; E. Ollenhauer, An der Wende der deutschen Politik, Bonn 1956; W. Vogel, Westdeutschland 1945-50. Der Aufbau von Verfassungs- und Verwaltungseinrichtungen über den Ländern der 3 Westl. Besa zungszonen, Coblenza 1956 segg.; W. Cornides, Die Weltmächte u. Deutschland. Geschichte der jugen Vergangenheit 1945-55, Tubinga-Stoccarda 1957; F. Kopp, Chronik der Wiederbewaffnung in Deutschland. Daten über Polizei u. Bewaffnung 1945-58, Colonia 1958; R. d'Harcourt, L'Allemagne d'Adenauer, Parigi 1958; A. Grosser, La démocratie de Bonn 1949-57, Parigi 1958 (ed. tedesca, aggiornata, Die Bonner Demokratie, Düsseldorf 1960); O. Model, Staatsbürgertaschenbuch, 2ª ed., Monaco e Berlino 1958; L. A. Benymenskij, K zapadu ot El'by, Mosca 1958; O. Stolz, Die Gewerkschaften in der Sackgasse, Monaco 1959; W. Schlamm, Die Grenzen des Wunders. Ein Bericht über Deutschland, Zurigo 1959; la situazione economica e finanziaria della G. è ampiamente illustrata e documentata nel bollettino mensile della Bundesbank (in versione trilingue) e nella relazione annuale della banca stessa. Oltre a questi documenti, v.: Autori varî, Wirtschaft ohne Wunder, Zurigo 1953; L. Erhard, L'expansion économique allemande, Parigi 1953; H. Mendershansen, Two postwar recoveries of the German economy, Amsterdam 1955; Boas Inter. Co., Germany, 1945-1954, New York 1955; H. C. Wallich, Mainsprings of the German revival, New Haven 1955; A. Grosser, Western Germany, from defeat to rearmement, Londra 1955; L. Erhard, Wohlstand für alle, Düsseldorf 1957 (tr. it. "Benessere per tutti", Milano 1957); H. Arutz, La Germania così com'è, Bonn 1957; H. Heidermann, Le imprese di economia collettiva in Germania, CIRIEC, 1958; H. I. Abs, Zeitfragen der Geld- und Wirtschaftspolitik, Francoforte sul Meno 1959; F. Höfermann, Geldmarkt und Geldmarktgeschäfte, Francoforte 1959. Per una completa documentazione statistica si potranno ancora vedere: Statistiches Bundesamt, Statistiches Jahrbuch; Bank Deutscher Länder, Statistisches Handbuch: 1948-1954; K. Pritzkoleit, Wem gehört Deutschland. Eine Chronik von Besitz und Macht, Monaco 1960.
2. Sulla Repubblica Democratica Tedesca: Kontrolle der Durchführung. Eine Hauptmethode der Leitung unseres Staates der Arbeiter und Bauern (Lehrmaterial f. die staatspolitische Schulung, N. 224-25), Berlino 1954; G. Albrecht, Zum Staatsaufbau in der D.D.R., Berlino 1954; F. Selbmann, Die Übergangsperiode vom Kapitalismus zum Sozialismus in der D.D.R. (Schriften des Inst. für Wirtschaftswiss. d. Deutschen Akad. f. Wissensch., 4); Statistiches Jahrbuch der D.D.R. 1955 (edito dalla Staatliche Zentralverwaltung für Statistik), Berlino 1956; H. Klenner, Der Marxismus-Leninismus über das Wesen des Rechtes (Grosse Schriftenreihe des Deutschen Instituts für Rechtswissenschaft, VI), Berlino 1954; Dokumente der Sozialistischen Einheitspartei Deutschlands. Beschlüsse und Erklärungen des Zentralkomitees sowie seines Politbüros und seines Sekretariats, Berlino 1956 e segg.; L. Haupt, Die ständigen Kommissionen der östlichen Organe der Staatsgewalt (Schriftenreihe Staats- und Verwaltungsrecht, quaderno 5), Berlino 1956; Jahrbuch der Deutschen Demokratischen Republik (edito dal Deutsch. Institut für Zeitgeschichte), Berlino 1956; K. C. Thalheim, Die Entwikclung d. Wirtschaftsintegration im Ostblock (in Osteuropa - Wirtschaft, anno I, quaderno 1); S. B. Z. von A bis Z. - Ein Taschen- und Nachschlagebuch über die Sowjetische Besatzungszone Deutschlands (edito dal Bundesministerium für gesamt deutsche Fragen, 3) Bonn 1960; H. Weber, L. Pertinax, Schein u. Wirklichkeit in der D.D.R. - 65 Fragen an die S.E.D., Stoccarda 1958; H. Smotkine, Aspects géographiques du plan septennal de la république démocratique allemande, in Annales de géographie, 1960, pp. 419-24 (con cartina).
3. Sul problema della riunificazione: W. Münchheimer, Die Neugliederung Mitteldeutschlands bei der Wiedervereinigung, Gottinga 1954; W. W. Schnetz, Die Stunde Deutschlands. Möglichkeit einer Politik der Wiedervereinigung, Stoccarda 1954; H. Rauschning, Die deutsche Einheit und der Weltfriede, Amburgo 1955; W. Erfurt (Pseud.), Die sowjet-russische Deutschlandspolitik 1945-55, Esslingen 1956; H. von Sigler, Wiedervereinigung und Sicherheit Deutschlands, Bonn, Vienna, Zurigo 1957; Probleme der Wiedervereinigung - Eine Diskussion. (Verl. f. Politik u. Wirtschaft), Colonia 1957; J. F. Barnick, Die deutschen Trümpfe, Stoccarda 1958.
Letteratura.
Gli anni dal 1949 al 1960 costituiscono senza dubbio un momento importante nello svolgimento della letteratura tedesca contemporanea, perché in essi è stata collaudata l'effettiva consistenza di tendenze, indirizzi e singole personalità venuti alla ribalta dopo l'"anno zero". Il panorama, confuso e contraddittorio, è andato schiarendosi, le prospettive si sono precisate, si è meglio determinato il senso di talune ricerche ed esperimenti; mentre è stata ridimensionata qualche fama usurpata. Conviene dire, a questo punto, che il quadro più limpido che ne risulta appare in larga misura dominato da figure che non appartengono certo alle giovani generazioni: e non tanto dall'assiduo lavoro di quegli esponenti ormai "classici" della letteratura tedesca contemporanea (da Heinrich Mann ad Alfred Döblin, da Gottfried Benn ad Arnold Zweig, da Hans Carossa a Thomas Mann, ecc.) che hanno continuato a darci anche in questi ultimi anni opere significative, in cui la varietà di modi e atteggiamenti è soltanto la variazione di uno "stile" ormai cristallizzato; quanto piuttosto da Bertolt Brecht, la cui personalità sempre più si rivela chiave di volta della situazione poetica odierna (forse neppure solo tedesca), e poi dal recupero di alcuni nomi che, attivi già da diversi decennî, soltanto adesso sono stati strappati all'oblio cui il disconoscimento della loro reale grandezza li aveva condannati: intendiamo alludere, soprattutto, a Robert Musil e a Hermann Broch.
Thomas Mann (m. nel 1955) ha continuato a svolgere i molteplici e complessi fili del suo discorso anche negli anni estremi della sua esistenza: riprendendo i temi preferiti del precedente saggismo (con la doppia Ansprache im Goethejahr tenuta nel 1949 a Francoforte sul Meno e a Weimar, e con la duplice rievocazione schilleriana del 1955) in chiave di un umanesimo ancora più esplicito e battagliero, ma accogliendo anche qualche nuovo nome nella "galleria" di quella ideale "nobiltà dello spirito" che è il sigillo più pieno della posizione culturale manniana (Versuch über Tschechow, 1954); e fornendo, entro l'ambito della narrativa, alcune prove mirabili del suo magistero formale nel "romanzetto gotico" Der Erwählte (1951) e nel compimento della prima parte dei Bekenntnisse des Hochstaplers Felix Krull (1954), anche se - indubbiamente - il suo superbo stilismo tende qui a irrigidirsi in una cifra manieristica. Non diversamente hanno ribadito le ragioni del proprio esercizio letterario, e le forme ad esso più congeniali, il fratello Heinrich Mann (morto nel 1950), i cui romanzi Der Atem (1949) ed Empfang bei der Welt (1950) riprendono, nell'aspro e mordente linguaggio, i consueti temi di satira sociale; e poi ancora Arnold Zweig, che in Die Feuerpause (1954) ha portato avanti, con felice ampiezza epica e corale, il grande affresco sulla prima guerra mondiale; Anna Seghers, rivolta a proiettare nell'ambiente della Repubblica Democratica Tedesca e del mondo socialista il suo ormai classico engagement (si vedano i racconti di Brot und Salz, 1958, e il romanzo Die Entscheidung, 1959); Gottfried Benn (morto nel 1956), cui la tragica condizione dell'uomo contemporaneo ha fornito ulteriore incentivo al suo amaro nichilismo nei versi di Destillationen (1953) e Aprèslude (1955), nella novella Der Ptolemäer (1949) e nel radiodramma Die Stimme hinter dem Vorhang (1952). Nell'ambito di questo filone nichilistico andrebbe collocato anche il nome di Ernst Jünger, che nei libri più recenti, a metà strada fra la narrazione e il saggismo - Die gläsernen Bienen, 1957; An der Zeitmauer, 1959; ma vedi anche Der Waldgang, 1951 - applica la sua analisi negativa al mondo meccanizzato e tecnicizzato, cioè interamente disumanizzato, di oggi. Inoltre Hans Carossa (morto nel 1956), in Ungleiche Welten (1951) e Reise zu den elf Scharfrichtern (1953) ribadisce la sua fedeltà alla poesia della memoria; Alfred Döblin (morto nel 1957), torna a variare in Hamlet oder Die lange Nacht nimmt kein Ende (1956) la tematica del precedente periodo, attraverso un romanzo che è - in un complesso linguaggio e in una struttura che non disdegna i modi del simbolismo - una radioscopia della moderna condizione umana. Anche Lion Feuchtwanger (morto nel 1958) ha confermato, nei romanzi Goya oder der arge Weg der Erkenntnis (1951), Narrenweisheit oder Tod und Verklärung des Jean Jacques Rousseau (1952), Spanische Ballade (1955) e Jefta und seine Tochter (1957), da un lato la sua vocazione per il romanzo storico, dall'altro le indiscutibili doti di narratore consumato e piacevole che già gli conoscevamo; non diversamente Hans Henny Jahnn (morto nel 1959) ha continuato a variare la sua insistita e ossessiva tematica sessuale nella tragedia Thomas Chatterton (1955), mentre è tornato al problema dell'innocenza dell'uomo e della sua solitudine nell'oscuro mondo contemporaneo con la trilogia romanzesca Fluss ohne Ufer (1949 segg.) e con il racconto lungo Die Nacht aus Blei (1956). Alquanto deludente risulta invece la produzione più recente di Fritz von Unruh, rappresentata dai drammi Wilhelmus (1953) e Duell an der Havel (1954), nonché dai romanzi Die Heilige (1952), Fürchtet nichts (1952) e Der Sohn des Generals (1957).
Assai più nuovi e moderni appaiono, al confronto, i due austriaci Musil e Broch, analizzatori lucidi e spietati, nei romanzi e nei saggi critici, della moderna crisi dei valori. Si vedano di Musil soprattutto Der Mann ohne Eigenschaften, di Broch i 2 voll. degli Essays (1955) e il romanzo Die Schuldlosen (1950). Essi sono esponenti insigni di quel "dubbio metodico" che li fa diffiddenti di fronte a ogni soluzione integrale dei problemi oggi sul tappeto, e in fondo teorizzatori di questo atteggiamento rigorosamente e virilmente scettico come l'unico che garantisca una nozione scientifica della realtà contemporanea; ma in ultima analisi sono prigionieri di questa loro paralizzante saggezza, che pure ci è necessaria quale strumento di controllo davanti a scelte morali e gnoseologiche definitive e perentorie. Assai meno interessante, nonostante il suo "lancio" europeo, è il "continuatore" Heimito von Doderer, del quale vanno qui ricordati i romanzi Die Strudlhofstiege, 1951; Die erleuchteten Fenster, 1951; Die Dämonen, 1956, sul tramonto della civiltà viennese. Il Musil e il Broch, in definitiva, tendono a portare nell'àmbito della letteratura - come abito particolare e tecnica creativa - i risultati più nuovi della ricerca scientifica: chi però è andato più avanti su questa strada, tentando di fondare un nuovo umanesimo in cui non si riconosca alla scienza la possibilità di rifugiarsi in una tecnica neutra e di eludere ogni responsabilità morale, è Bertolt Brecht (morto nel 1956). Vero punto archimedico della letteratura tedesca contemporanea: dove la problematica sempre puntuale e tuttavia legata a un'ampia prospettiva, la ricerca linguistica aperta sempre alle più diverse esperienze ma non dimentica mai del proprio nesso con la tradizione (con una certa tradizione), la capacità critica perentoria in ogni sua direzione lo collocano in una posizione feconda, egualmente lontana da talune più disparate e chiuse avventure intellettuali della neo-avanguardia e dal facile, vuoto ottimismo della letteratura di propaganda (nella quale non si possono non allineare anche i nomi di Hans Marchwitza, Willy Bredel, Bodo Uhse e dello stesso Johannes R. Becher, in cui il decoro formale non corrisponde a un'autentica ispirazione). La stagione più alta della produzione brechtiana è racchiusa negli anni dal 1938 al 1948; ma anche nell'ultimo periodo della sua esistenza egli ha tenuto fede a questo impegno nel frammento di romanzo Die Geschäfte des Herrn Julius Caesar (1957) e specialmente nell'ambito della lirica gnomica e politica (cfr. Hundert Gedichte, 1951, e Kriegsfibel, 1955), che tocca accenti di vera altezza morale e formale; per tacere della sua attività teatrale, che non esula certo da una valutazione obbiettiva della specifica poeticità brechtiana, anche se - naturalmente - esorbita dalle categorie della letteratura pura. Non a caso, d'altra parte, il Brecht mirava proprio alla letterarizzazione del teatro; e si vedano i suoi rifacimenti ultimi Der Hofmeister da Lenz (1951) e Coriolanus da Shakespeare (1959), per citare due tipici casi. Meno invece hanno mantenuto le ambiziose promesse dalle quali erano partiti scrittori come Carl Zuckmayer (i drammi Barbara Blomberg, 1949; Der Gesang im Feuerofen, 1950; Das kalte Licht, 1955; i racconti Engele von Loewen, 1952 e Die Fastnachtsbeichte, 1959); Ferdinand Bruckner (morto nel 1958) con i suoi abili lavori teatrali Fährten, 1949; Früchte des Nichts, 1952; Pyrrhus und Andromache, 1952; Der Tod einer Puppe, 1956; Der Kampf mit dem Engel, 1957; Das irdene Wägelchen, 1957); Arnolt Bronnen, il quale, oltre a un paio di interessanti volumi autobiografici (Arnolt Bronnen gibt zu Protokoll, 1954, e Tage mit Bertolt Brecht, 1960), ha pubblicato anche il diario di un viaggio attraverso la Germania, Deutschland kein Wintermärchen (1956) e Aisopos (1956), a metà strada fra l'invenzione e la ricostruzione documentaria; oppure Theodor Csokor, del quale ricordiamo il volume autobiografico Auf fremden Strassen (1956), il romanzo Der Schlüssel zum Abgrund (1955) e il dramma Caesars Witwe (1955).
Di fronte a questa "continuità" della più consapevole tradizione classica" - sia pure di un "classicismo" maturatosi nel clima avventuroso degli anni tra il 1920 e il 1930 - le clamorose innovazioni e le entusiastiche scoperte del secondo dopoguerra finiscono con l'acquistare una più normale e ragionevole dimensione. Consumatosi, nel dramma della personale tragedia, l'esperimento solitario di Wolfgang Borchert, fenomeno di "espressionismo di ritorno" destinato, nonostante la schiettezza degli intenti e in parte, anche, dei risultati poetici, a rimanere voce senza eco; sgombrato ormai il campo dagli equivoci alla Forestier o alla Hagelstange, che non ha più saputo ripetere - nella Meersburger Elegie (1950) o nella Ballade vom verschütteten Leben (1952) - il felice exploit del Venezianisches Credo (1945); ridimensionata infine entro i suoi giusti limiti la numerosa schiera dei decorosi artigiani della parola dotati molto spesso di una tecnica scaltrita e rotta alle moderne esperienze avanguardistiche ma di un patrimonio ideale sovente povero, sono venuti fuori alla distanza alcuni scrittori e poeti di più robusti polmoni e di formato decisamente europeo. Heinrich Böll è forse la scoperta più sicura della narrativa tedesca di questi ultimi anni: nei romanzi Der zug war pünktlich (1949), Wo warst du Adam? (1951), Und sagte kein einziges Wort (1953), Haus ohne Hüter (1954), Billard um halbzehn (1959), e nei racconti Wanderer, kommst du nach Spa... (1950), So ward Abend und Morgen (1956), Im Tal der donnernden Hufe (1957), ecc. si riflette una visione dolente, ma non pessimistica e rassegnata, dell'odierna condizione umana sullo sfondo della guerra e della Germania postbellica. Nel lungo racconto Das Brot der frühen Jahre (1955) l'ambiente non è più quello del conflitto e dello sbandamento materiale e morale che l'ha seguito, bensì una Germania risorta dalle rovine e avviata a nuova prosperità; e proprio il "miracolo economico" tedesco come simbolo di un mondo interamente dominato dalla tecnica, in cui l'alienazione umana ha raggiunto ormai punte pericolose, è il tema più o meno segreto di alcuni significativi romanzi recenti: Spätestens in November (1955) di Hans Erich Nossack, la cui tecnica surrealista ha modo di spiegarsi anche in Interview mit dem Tode (1948), Spirale. Roman einer schlaflosen Nacht (1956), Der jüngere Bruder (1958); e Schlussball (1958) di Gerd Gaiser, che si serve di analoghi mezzi espressivi, anzi con una più marcata accentuazione sperimentale (e qui cadrebbe acconcio il rimando a due scrittrici austriache: Ilse Aichinger, con il lucido surrealismo di Die grössere Hoffnung [1948] e Der Gefesselte [1953], e Ingeborg Bachmann, cui dobbiamo le notevoli raccolte liriche Die gestundete Zeit [1953] e Anrufung des grossen Bären [1956], oltre al fantasmagorico e ballatesco radiodramma Der gute Gott von Manhattan [1958]). Il surrealismo, in genere, è una delle costanti stilistiche più vistose nella letteratura tedesca del dopoguerra, a cominciare dai due romanzi di Hermann Kasack Die Stadt hinter dem Strom (1947) e Das grosse Netz (1952), e fa da pendant al documentarismo di un'altra zona di questa letteratura, visibile ad esempio nei romanzi di Hans Werner Richter Die Geschlagenen (1949), Sie fielen aus Gottes Hand (1951) e Du sollst nicht töten (1951). Più lucida e brillante la tecnica di Alfred Andersch, che sembra utilizzare soprattutto in Sansibar oder Der letzte Grund (1957), Die Nacht der giraffe (1958) e Die Rote (1959) il tipico taglio del racconto cinematografico: con effetti di poetica intensità nel primo libro, che per altro nelle prove successive paiono inclinare alla maniera. Meno appariscente, al confronto, risulta la particolare tonalità di Heinz Piontek, che è anche poeta di limpida vena (Die Furt, 1952; Die Rauchfahne, 195i; Wassermarken, 1957): ma nei brevi racconti e apologhi di Vor Augen (1955), che ricordano - seppure in un clima poetico diversissimo - il Cassola del Taglio del bosco, la sua scrittura rivela una grana schietta e intensa, anche se legata a una visione apparentemente "minore" della realtà.
È impossibile, ovviamente, operare tagli e distinzioni nette: ma è certo che il teatro offre uno dei campi più ricchi e interessanti di osservazione. Sulla scia di Brecht si è posto il tedesco Peter Hacks, autore di alcuni drammi (Eröffnung des indischen Zeitalters, 1955; Das Volksbuch vom Herzog Ernst, 1957; Die Schlacht bei Lobositz, 1957; Der Müller von Sanssouci, 1958) in chiave epico-sociologica e con un intelligente, fantasioso dominio della tecnica scenica; e a Brecht per qualche verso si riconnette anche lo svizzero Friedrich Dürrenmatt, quantunque le sue commedie (Es steht geschrieben, 1947; Der Blinde, 1947; Romulus der Grosse, 1949; Die Ehe des Herrn Mississippi, 1952; Ein Engel kommt nach Babylon, 1953; Der Besuch der alten Dame, 1956), non diversamente dai suoi romanzi (Der Richter und sein Henker, 1952; Der Verdacht, 1953; Grieche sucht Griechin, 1955; Das Versprechen, 1958; Es geschah am hellichten Tag, 1958), siano informate ad una visione sostanzialmente nichilistica e pessimistica della realtà, che, nel quadro di una "teologia negativa", vede l'uomo moderno abbandonato al caos e sollevato, in virtù d'una "predestinazione alla rovescia", da ogni responsabilità morale. Di notevole statura anche lo svizzero Max Frisch, per il quale è stato fatto il nome di Brecht a proposito del dramma Biedermann und die Brandstifter (1953): dopo Nun singen sie wieder (1945) egli ha scritto per il teatro Die chinesische Mauer (1946), Als der Krieg zu Ende war (1949), Graf Oederland (1951), Don Juan oder Die Liebe zur Geometrie (1953), ma si è anche affermato come robusto romanziere con Stliler (1954) e Homo Faber (1954). Accanto ad essi, poi, si collocano gli austriaci Max Mell (i racconti Verheissungen, 1954, il dramma Kriemhilds Rache, 1951, seconda parte del ciclo Der Nibelunge Not) e Fritz Hochwälder, che dopo il successo mondiale di Das heilige Experiment (1941) ha recato, con una serie di lavori di qualità diversa (Esther, 1941; Hotel du Commerce, 1945; Der Flüchtling, 1945; Der öffentliche Ankläger, 1948; Virginia, 1951; Donadieu, 1953; Die Herberge, 1957), una nota del tutto personale nel quadro della letteretura drammatica contemporanea.
Nell'àmbito della poesia, mentre Wilhelm Lehmann ha confermato in Überlebender Tag (1954) il significato e il valore di una "Naturlyrik" ormai "classica" (e lo stesso può dirsi del Britting di Unter hohen Bäumen, 1951); mentre d'altro canto Peter Huchel ha avuto modo di inserirsi con i suoi Gedichte (1948) nel novero delle voci più autentiche del lirismo tedesco contemporaneo; Karl Krolow e Paul Celan costituiscono le vere rivelazioni di questi ultimi anni (anche se non andrebbero trascurati nomi come Walter Höllerer, Günter Eich, ecc.). Krolow, del quale occorre ricordare Hochgelobtes, gutes Leben (1943), Gedichte (1948), Auf Erden (1949) Die Zeichen der Welt (1952), Wind und Zeit (1954), Tage und Nächte (1956), Fremde Körper (1959), si colloca sulla linea delle più complesse esperienze poetiche europee, da Rilke a Lorca, da Auden ai surrealisti; la ricerca espressiva di Celan, invece, documentata dalla raccolta Der Sand aus den Urnen (1948), Mohn und Gedächtnis (1952), Von Schwelle zu Schwelle (1955), Sprachgitter (1959), è isolata nel panorama della giovane lirica germanica, e si muove parallelamente ai più arditi tentativi di certa musica e pittura d'oggi, informali ed astratte, nel quadro di quella "poesia discontinua" (W. Höllerer) che rappresenta un supremo sforzo onde adeguare i modi linguistici alla polidimensionalità della visione odierna del reale.
Bibl.: K. A. Horst, Die deutsche Literatur der Gegenwart, Monaco 1957; B. Tecchi, Scrittori tedeschi moderni, Roma 1959; F. Lennartz, Deutsche Dichter und Schriftsteller unserer Zeit, 8ª ed., Stoccarda 1959; A. Rendi, Giovani scrittori tedeschi, in Tempo Presente, IV (1959), n. 4, pp. 290-292; L. Mittner, La letteratura tedesca del Novecento e altri saggi, Torino 1960; G. Musa, Giovane poesia tedesca, in L'approdo letterario, IV (1960), n. 9, pp. 76-84.
Arte.
L'arte tedesca dovette, dopo il 1945, riallacciarsi al periodo precedente il 1933 poiché il regime nazista aveva sistematicamente soffocato ogni attività artistica veramente creativa. Già intorno al 1933 gran parte degli artisti erano fuggiti all'estero e non tornarono in Germania neppure dopo la guerra. Gli effetti di questa emigrazione si fecero sentire particolarmente nel campo dell'architettura, giacché la ricostruzione delle città tedesche non si poté giovare di personalità quali Walter Gropius, Ludwig Mies van der Rohe, Bruno Taut, Erich Mendelsohn, Ludwig Hilberseimer e Marcel Breuer. Ma la perdita fu gravissima anche nel campo della pittura (W. Kandinskij, P. Klee, M. Beckmann, O. Kokoschka, L. Moholy-Nagy, L. Feininger, J. Itten, K. Schwitters, G. Grosz, R. Nesch) e della scultura (N. Gabo, O. Freundlich). La ripresa dopo il 1945 incontrò quindi considerevoli difficoltà, che costrinsero gli artisti tedeschi a trarre, più del consueto, suggerimenti dall'arte straniera e ad assimilare talune concezioni stilistiche. Le difficoltà continuano anche se l'atteggiamento antiartistico del nazionalsocialismo appare superato. Nella Repubblica Democratica Tedesca poi è tuttora messa al bando l'arte astratta.
L'eredità di quell'atteggiamento antiartistico, alla cui persistenza contribuisce in notevole misura la divisione della Germania, è particolarmente sensibile nell'urbanistica. In questo campo, nel quale si sarebbero dovute e potute prendere misure radicali, tanto gli organi legislativi quanto le autorità comunali vennero meno al loro compito, sebbene esistessero progetti di urbanisti eminenti (Hans Scharoun, Erich Kühn, Hubert Hoffmann, Max Taut, Walter Schwagenscheidt). Solo in singole città si sono realizzate soluzioni pianificate, come per es. a Hannover, dove i problemi del traffico sono stati largamente risolti grazie all'iniziativa di Hillebrecht. Altre città cercarono di ovviare alla crisi degli alloggi mediante la costruzione di città satelliti, promosse soprattutto da Ernst May, tornato in Germania dopo l'emigrazione in Africa. Furono realizzati da May i centri di Altona presso Amburgo e della Neue Vahr presso Brema, quest'ultimo in collaborazione con gli architetti Säume, Hafemann e H. B. Reichow. Agli architetti Hermkes, H. Jäger, R. Lodders, Sander, Streb, Trautwein e Zess si deve un quartiere di grandi unità d'abitazione ad Amburgo. Altri centri residenziali, per lo più a edilizia differenziata, sono sorti a Bremerhaven, Hannover, Bad Godesberg, Leverkusen e Amburgo. Il complesso della Stalin-Allee nel settore orientale di Berlino, eseguito da Erich Henselmann, è ispirato al neobarocco sovietico. Quartieri sperimentali sorsero a Hannover nel 1951 (Construkta) e a Berlino nel 1957 (Interbau), i quali, nonostante la notevole validità di singoli risultati, rimasero inadeguati dal punto di vista urbanistico. Negli anni recenti, va ricordato particolarmente il concorso Haupstadt Berlin ("Berlino capitale") comprendente il settore orientale e occidentale, che per il suo carattere internazionale ha dato risultati importanti.
L'architettura tedesca postbellica è tornata solo parecchi anni dopo la fine della guerra a un livello internazionale. Un forte impulso ricevette da quegli architetti più anziani, come Hans Scharoun, Wassili e Hans Luckhardt, Max Taut, Wilhelm Riphahn, Heinz Rasch, Otto Bartning e Rudolf Schwarz, che non erano emigrati e che seppero assicurarle una certa continuità. Oggetto precipuo dell'attività edile erano naturalmente le case di abitazione e gli edifici pubblici. Mentre le varie forme degli edifici destinati ad abitazioni, dai caseggiati a molti piani (Sobotka, O. Apel, Scharoun) alle case a schiera (Hebebrand, Schlempp, Marschall, Hübotter e Romero, P. Seitz), sino alla casa unifamiliare (Luckhardt, H. Deilmann, Eychmüller, G. Wilhelm, H. Mäckler, P. Schneider-Esleben), si riallacciano alle concezioni elaborate tra il 1920 e il 1930, gli edifici pubblici, nelle rare eccezioni positive, derivano essenzialmente dall'opera tarda di Mies van der Rohe (P. Schneider-Esleben; F. W. Kraemer, O. Apel; E. Eiermann, Wunderlich).
Ottimi edifici scolastici si debbono a P. Seitz, G. Wilhelm, F. W. Kraemer e O. Apel. Tra gli edifici di pubblico interesse vanno ricordati anzitutto i teatri di Münster (H. Deilmann, M. von Hausen, P. Rave, e W. Ruhnau), di Mannheim (G. Weber) e di Gelsenkirchen (W. Ruhnau, M. von Hausen e P. Rave); in quest'ultimo si è avuta una integrazione tra architettura e arti figurative, grazie alla collaborazione di Yves Klein, Norbert Kricke, Jean Tinguély, Robert Adams e Paul Dierkes. Altri risultati considerevoli nell'ambito dei grandi edifici sono la casa di cura in Bad Salzuflen, opera di H. Deilmann, la fabbrica di fazzoletti a Blumberg, di E. Eiermann, l'Istituto di previdenza a Monaco, di W. Luckhardt, e l'autorimessa verticale a Düsseldorf, di P. Schneider-Esleben.
La continuità stilistica si è mantenuta particolarmente nell'architettura industriale e nell'edilizia delle comunicazioni, che poterono svilupparsi relativamente indisturbate anche durante il periodo della dittatura; si spiegano così i risultati raggiunti, fra altri, da E. Eiermann, H. Rasch, F. Schupp, E. Lindner e E. Neufert.
Un'influenza determinante ha avuto in Germania anche l'attività costruttiva di architetti stranieri (Le Corbusier, W. Gropius, A. Aalto, O. Niemeyer, A. Jacobsen, M. Bill, H. Stubbins). La giovane generazione di architetti affermatasi in questi ultimi anni è riuscita a riallacciarsi all'evoluzione architettonica internazionale, ma purtroppo ha trovato poche possibilità di realizzazione pratica. I nomi più importanti sono: F. Otto, G. Günschel, L. Götz, H. Deilmann, E. von Rudloff, E. Schultze-Fielitz, W. Ruhnau, M. von Hausen e P. Rave.
Anche la scultura e in generale la plastica tedesca del dopoguerra è caratterizzata in primo luogo dal persistere di forme tradizionali. La vecchia generazione subisce tuttora l'influsso di Rodin e Maillol. I maestri principali di questo espressionismo sviluppatosi dallo Jugendstil sono Gerhard Marcks, Ewald Mataré, Ludwig Giess e Edwin Scharff. Anche la generazione seguente, degli artisti nati tra il 1900 e il 1910, ossia la generazione di mezzo, continua questa tradizione; Kirchner, Kasper, Mettel, Fiedler, Stadler e Hiller, che si sono dedicati principalmente ai bronzi, giungono ad arcaismi densi di significato simbolico. Karl Hartung, Bernhard Heiliger, Paul Dierkes e Kurt Ehlers, pur appartenendo alla stessa generazione, vanno cercando nuove forme espressive dell'immaginazione, ma sono per lo più condizionati dall'influenza delle correnti internazionali. Il solo Hans Uhlmann ha sviluppato, già tra il 1930 e il 1940, dalla lavorazione dell'acciaio un proprio stile, molto suggestivo. Hermann Blumenthal, una delle maggiori speranze di questa generazione, cadde in guerra. In parte indipendentemente dai proprî maestri, la giovane generazione degli scultori tedeschi si orienta verso l'avanguardia internazionale e si è ormai messa al livello di questa (Cimiotti, Hajek, Meier-Denninghoff, Kricke).
La pittura tedesca postbellica è stata inizialmente dominata dalle grandi personalità che, sotto il nazionalsocialismo, poterono continuare a lavorare clandestinamente e che, immediatamente dopo il 1945, esercitarono un'azione educativa esemplare. Innanzitutto furono l'opera e l'attività didattica di Willi Baumeister a formare una parte importante dei giovani pittori tedeschi; Baumeister è quasi coetaneo dei grandi espressionisti, i quali, come E. Heckel, K. Schmidt-Rottluff e O. Kokoschka, sono stati essi pure attivi dopo il 1945, pur senza raggiungere nuovi risultati creativi. Altri pittori della nuova concezione, coetanei del Baumeister, sono Theodor Werner, Anton Ackermann e Otto Ritschl. Si riallaccia all'insegnamento di questi vecchi maestri la generazione intermedia, che deve in gran parte al "Bauhaus" i fondamenti della propria arte. Ad essa appartengono Fritz Winter, Ernst Wilhelm Nay e Georg Meistermann, che riportarono un primo rapido successo. I pittori H. Jaenisch, H. Berke, J. Fassbender, H.A.P. Grieshaber, A Camaro, W. Gilles e E. Bargheer si attengono ai modelli cubisti e espressionisti. Nella Repubblica Democratica Tedesca, in mancanza di altre possibilità di evoluzione, pittori e illustratori trattano temi figurativi e alcuni, come Hegenbarth, Nerlinger e Schwimmer, sono giunti a risultati senz'altro degni di nota. Un impulso essenziale al sorgere di una nuova e diversa concezione pittorica è stato dato dalla pittura tachiste, che ha ricevuto una impronta particolare da E. Schumacher, K. R. H. Sonderborg, K. O. Götz, K. F. Dahmen, G. Hoehme, F. Thieler, O. Greis, H. Kreutz, B. Schultze e W. Gaul. Da alcuni anni un gruppo di pittori, in evidente opposizione a questo dinamismo dei tachistes, va elaborando nuove forme di un dinamismo strutturale, espresso per lo più in quadri monocromi, caratterizzati da una qualità spaziale di sensibilità sinora sconosciuta. I più importanti artisti tedeschi di questo gruppo, che appartiene all'avanguardia internazionale, sono: Rupprecht Geiger, Otto Piene, Heinz Mack, Almir Mavignier, Oskar Holweck. Vedi tav. f. t.
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