Architetto e designer italiano (Milano 1891 - ivi 1979). Assertore di una riforma architettonica e decorativa che si riflette nelle diverse manifestazioni della sua opera versatile di architetto e di decoratore e trova i fondamenti teorici nei suoi scritti e nella direzione della rivista di architettura e di arte decorativa Domus. Particolarmente rispecchiano lo stile personale e la tendenza architettonica di P. la cappella Borletti al Cimitero monumentale di Milano e l'Istituto di matematica nella città universitaria a Roma. In collaborazione con Tommaso Buzzi vinse il concorso del Popolo d'Italia per l'arredamento di un'ambasciata e con Giovanni Muzio lavorò al monumento ai caduti di Milano. Cooperò successivamente all'organizzazione delle mostre triennali di arte decorativa di Milano. Riunì parecchi dei suoi scritti dedicati all'architettura, all'arredamento, all'urbanesimo nel volume La casa italiana. Partecipò a molte esposizioni di architettura italiane e straniere e quale consulente artistico delle manifatture ceramiche Richard-Ginori inaugurò un nuovo stile e favorì il miglioramento tecnico e artistico di quell'arte.
Laureatosi al Politecnico di Milano (1921), dove poi insegnò (1936-61), esordì nel clima del gruppo «neoclassico» milanese sviluppando, verso la fine degli anni Venti (studio Ponti-Lancia, 1927-33), un'originale ricerca ed elaborazione di temi sul concetto moderno di abitazione esteso all'arredo interno e all'oggetto domestico (produzione ceramica, frutto della collaborazione con la società Richard-Ginori avviata già dal 1923). Divulgatore di un nuovo gusto e del design, intrecciato alle forme della produzione seriale, attraverso le Biennali di Monza e le Triennali di Milano (dei cui comitati direttivi è stato più volte membro) o dalle pagine delle riviste Domus (fondata e diretta, 1928-40 e 1948-79) e Stile (1941-47).
Tra le sue prime realizzazioni: casa in via Randaccio a Milano (1924-26) e villa Bouilhet a Garches (1927). Al 1931-36 risalgono le «case tipiche» (Domus Julia, Fausta, Carola, in via dei Togni a Milano). Del 1934 è la realizzazione dell'Istituto di matematica dell'università di Roma e del 1934-37 la facoltà di lettere e il rettorato dell'università di Padova, opere in cui si allontana dai convenzionalismi neoclassici per una personale sperimentazione delle tematiche dell'architettura razionale, presente, esemplarmente, nel complesso Montecatini a Milano (primo palazzo per uffici, 1936, a cui ne seguirà un secondo nel 1951). Nel 1952 si associa nello studio Ponti-Fornaroli-Rosselli (1952-76), estendendo la sua attività in campo architettonico, nel settore industriale, nell'arredamento e nell'oggetto di serie. La sua ricerca formale, in questi anni, si orienta verso il «dissolvimento» del volume architettonico (superfici traforate e uso della maiolica), misurandosi, inoltre, con le tematiche promosse dall'international style. Numerosi sono gli edifici in ogni parte del mondo, tra cui si segnalano: l'Istituto italiano di cultura a Stoccolma e il progetto per il Centro italo-brasiliano a San Paolo, Brasile (1953); l'Auditorium all'ottavo piano del Time and life building a New York (1959); il Pakistan house hotel a Islamabād (1962); la facciata dei grandi magazzini Shui-Hing a Hongkong (1961-63) e la decorazione della stessa (1974-78); le facciate dei grandi magazzini Bijenkorf a Eindhoven (1966-69); il Museo d'arte di Denver in Colorado (1972). A questi vanno aggiunte opere italiane di rilievo quali il grattacielo Pirelli a Milano (1956-60, un edificio alto 127 m, realizzato in cemento armato con finiture esterne in ferro e vetro) o gli uffici per la Philips a Roma (1960). Tra le sue ultime realizzazioni italiane si segnala la cattedrale di Taranto (1964-71). P., oltre a numerosi articoli, ha pubblicato La casa italiana (1933); Amate l'architettura (1957); Nuvole sono immagini (1968). Come designer ha creato posate per Christofle (1955) e piastrelle di ceramica Joo (1956). Nel 2018 il Musée des arts décoratifs di Parigi ha celebrato l'architetto con la mostra Gio Ponti archi-designer, che ne attraversa l'intera carriera, mentre è del 2020 la grande retrospettiva Gio Ponti. Amare l'architettura allestita al MAXXI di Roma.