GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD, REGNO UNITO DI.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Politica economica e finanziaria. Storia. La questione irlandese. Bibliografia. Architettura. Letteratura. La letteratura scozzese. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Isabelle Dumont. – Stato insulare dell’Europa occidentale. Il Regno Unito contava 64.097.085 ab. nel 2013, quasi 400.000 in più rispetto all’anno precedente (+0,63%), con un saldo naturale leggermente superiore a quello migratorio: +212.000 unità per il primo e +183.400 per il secondo. Per il 2014, UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) stima una popolazione di 63.489.234 abitanti. Dal 2001 la popolazione è aumentata complessivamente di circa 5 milioni (secondo i dati forniti da Office for national statistics, 2014) ed è distribuita come segue: 53,9 milioni in Inghilterra, 5,3 milioni in Scozia, 3,1 milioni in Galles e 1,8 milioni in Irlanda del Nord. Le persone oltre i 65 anni rappresentano circa il 17,4% della popolazione totale (11,1 milioni) e sono aumentate del 17,3% dal 2003.
Condizioni economiche. – Sesta economia mondiale e terza in Europa dopo Germania e Francia, il Regno Unito ha registrato nel 2013 un significativo miglioramento della situazione economica (+1,7% di PIL), che fa seguito alla lenta ripresa del 2012 (+0,7% di PIL), mostrando maggiore reattività nei confronti della crisi rispetto alla gran parte dei Paesi dell’Unione Europea (dati FMI, Fondo Monetario Internazionale).
L’economia del Regno Unito aveva cumulato prima della crisi taluni squilibri e si trovava indebolita da un deficit importante nella bilancia dei pagamenti, da un elevato indebitamento nel settore privato e dalla bolla immobiliare (triplicazione dei prezzi delle abitazioni tra il 1997 e il 2007). Di fronte all’alto deficit e debito pubblico, il governo di coalizione arrivato al potere nel maggio del 2010 ha fatto del riequilibrio delle finanze pubbliche la sua priorità. I risultati sono arrivati e nel secondo semestre del 2014 il PIL è tornato a superare quello precedente alla crisi del 2008, lasciandosi alle spalle il crollo del 6% che si era avuto nel 2009 e le difficoltà degli anni successivi. La ripresa ha portato altresì a un sensibile calo del tasso di disoccupazione, sceso al 6,3% (2014), contro il 7,8% dell’anno precedente e il picco dell’8,4% nel 2011, con la creazione di un elevato numero di posti di lavoro nel settore privato (2,3 milioni in totale da giugno 2010 a fine 2014). L’incremento dello stipendio medio è rimasto tuttavia dal 2009 in poi costantemente al di sotto dei livelli di inflazione.
Il settore dei servizi rappresentava nel 2013 oltre il 79% del valore aggiunto (VA) dell’economia del Regno Unito e impiegava più del 90% della sua forza lavoro. Particolare importanza rivestono i servizi finanziari (9% del VA nel 2013) e Londra rimane uno dei centri finanziari più importanti al mondo. L’industria costituisce il 14% del VA dell’economia e i suoi principali settori sono l’aerospaziale, il chimico, il farmaceutico e l’automobilistico. Il settore dell’energia è dominato dallo sfruttamento di petrolio e gas naturale offshore nel Mare del Nord, ma significativa resta anche la politica nucleare: l’8 ottobre 2014 la Commissione europea ha approvato definitivamente il progetto di costruzione di una nuova unità di terza generazione nella centrale nucleare di Hinkley Point, in Somerset, sulla costa sudoccidentale dell’Inghilterra (composta da due reattori EPR, Evolutionary Power Reactor), il cui costo di realizzazione è stato stimato in 31,2 miliardi di euro e la cui messa in servizio è prevista per il 2023. L’impianto saràrealizzato dai gruppi Électricité de France (EDF), primo produttore e fornitore di elettricità in Francia e nel mondo, Areva NP, impresa francese dedicata all’industria nucleare e fondata nel 2001, e da due partner cinesi, la China general nuclear power corporation (CGN) e la China national nuclear corporation (CNNC).
Tenendo in considerazione, con largo anticipo, il futuro esaurimento dei giacimenti petroliferi nel Mare del Nord, il Regno Unito ha iniziato da anni a investire nelle energie rinnovabili e soprattutto nell’eolico: il Mare del Nord e il Mare d’Irlanda, poco profondi e con venti regolari, sono particolarmente adatti all’installazione di parchi eolici. L’eolico è arrivato a fornire nel 2012 il 5,4% della produzione totale di energia elettrica nel Regno Unito, dopo un decennio di continua espansione che ha visto un incremento medio annuale del 31,6% della potenza installata. Il Regno Unito è divenuto dunque nel 2013 il terzo produttore di energia eolica in Europa, dopo Germania e Spagna, con 25,6 TWh di energia generata. Gli sforzi nel settore delle rinnovabili sembrano dare buoni risultati: a titolo esemplificativo, nel mese di novembre 2014 la Scozia è riuscita a soddisfare il 100% del suo fabbisogno energetico con il solo eolico (dati da WWF Scozia).
Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – Tra il 2006 e il 2007, a seguito delle pressioni inflazionistiche che allontanavano il tasso di crescita dei prezzi dall’obiettivo del 2%, la Banca centrale è intervenuta a più riprese con l’inasprimento graduale della politica monetaria. In materia di politica fiscale, il governo ha adottato in questi anni regole e obiettivi chiari che hanno consentito il consolidamento della finanza pubblica. In particolare, le autorità hanno perseguito la cosiddetta golden rule, in base alla quale nel corso del ciclo economico l’indebitamento dello Stato finanzia esclusivamente gli investimenti e non la spesa corrente, e mantenuto l’impegno a contenere il debito pubblico netto al di sotto del tetto massimo del 40% del PIL. Con l’insorgere della crisi finanziaria l’economia britannica ha subito una forte flessione e l’inflazione è aumentata per le pressioni sui prezzi internazionali dei prodotti alimentari ed energetici. Il tasso ufficiale di sconto è incrementato repentinamente riducendo la liquidità interbancaria con gravi ripercussioni sul sistema bancario, che è stato soccorso dapprima con iniezioni di liquidità e successivamente con la ‘temporanea’ nazionalizzazione della Northern Rock bank, una banca di medie dimensioni specializzata nell’erogazione di mutui. In questo periodo la Banca centrale ha adottato interventi non convenzionali volti a sostenere un’adeguata offerta di base monetaria, mentre le autorità competenti si sono dotate di un nuovo fondo per la ricapitalizzazione delle banche in crisi e nel corso del 2009 hanno varato due campagne per stimolare il rafforzamento del capitale dei grandi istituti bancari, a fronte dei rischi connessi con la sottostima delle perdite sui crediti, e l’erogazione di prestiti alle banche e alle imprese di costruzione. Nello stesso anno è stata varata la legge bancaria che attribuisce all’istituto centrale maggiori competenze e poteri per garantire le necessarie condizioni di tutela e promozione della stabilità del sistema finanziario del Regno Unito. Inoltre, le autorità hanno temporaneamente adottato una politica fiscale di sostegno all’attività economica che ha contribuito a un deterioramento dei conti pubblici: in particolare, sono stati decretati la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto accompagnata dall’inasprimento fiscale per le fasce più agiate della popolazione, l’aumento della spesa pubblica soprattutto nei settori delle costruzioni, dell’istruzione e delle infrastrutture, e la previsione di varie forme di sussidi all’occupazione. Nel corso del 2010, con il cambio di governo sono state promosse nuove e ambiziose misure di consolidamento di medio termine dei conti pubblici, con la finalità di ridurre le pressioni sul rischio connesso al debito sovrano mediante la stabilizzazione dell’indebitamento dello Stato. La manovra fiscale ha pertanto disposto la contrazione della spesa corrente, anche se ha comunque previsto interventi di sostegno all’efficienza e alla crescita di lungo periodo, riformando il sistema di sicurezza sociale, mentre una politica monetaria accomodante ha sostenuto la crescita economica. Attive politiche del lavoro sono state altresì realizzate per assistere i disoccupati di lungo periodo. In un secondo momento, il governo ha avviato altre misure rilevanti, tra cui un piano di aiuto alla crescita degli investimenti e delle esportazioni; è inoltre intervenuto per rafforzare il quadro regolamentare per la tutela della concorrenza, ha sviluppato il sistema di agevolazioni fiscali per la ricerca e ha promosso la crescita economica sostenibile all’insegna del rispetto ambientale.
Nel corso del 2014, l’amministrazione britannica ha varato importanti misure per contenere le pressioni sui prezzi nel mercato immobiliare nazionale, in particolare agevolando l’espansione dell’offerta. Nello stesso anno, al fine di promuovere l’efficace controllo della spesa, è stato introdotto un piano programmatico pluriennale che stabilisce il tetto massimo annuo dei costi del sistema di sicurezza sociale e la previsione di una relazione periodica delle spese sostenute.
Storia di Ilenia Rossini. – Il lungo periodo di premiership di Tony Blair, che con le elezioni del 2005 aveva ottenuto il terzo mandato, terminò nel giugno 2007, quando egli, come annunciato da mesi, si dimise tanto dal suo incarico di governo quanto da quello di leader del Partito laburista (Labour party, LP). Gli ultimi mesi del suo incarico erano stati segnati dai contraccolpi di alcune indagini che – portando alla luce i prestiti segreti di alcuni imprenditori, poi proposti da Blair per il titolo di pari del Regno, al Partito laburista per la campagna elettorale del 2005 – lo avevano coinvolto in prima persona, facendo crollare il consenso per il LP e provocando le proteste anche di molti dei parlamentari del partito stesso.
Il suo successore, Gordon Brown – fino ad allora cancelliere dello Scacchiere – ereditò un partito profondamente rinnovato, ma non riuscì a frenare né il calo dei consensi per i laburisti – anche a causa dell’immagine di successo del giovane e carismatico nuovo leader del Partito conservatore (Conservative party, CP), David Cameron – né i dissidi all’interno del LP.
Nel maggio 2010 Brown si trovò ad affrontare le nuove elezioni generali indebolito tanto dalle difficoltà di far fronte alla crisi economica e finanziaria, quanto da una serie di scandali sull’abuso dei rimborsi spese che avevano costretto alle dimissioni diversi membri dell’esecutivo e parlamentari di ogni partito. I risultati elettorali registrarono un successo di misura dei conservatori, che conquistarono 306 dei 650 seggi della Camera dei Comuni contro i 258 dei laburisti e i 7 dei liberaldemocratici (Liberal democrats, LB). Dopo il fallimento delle trattative tra liberaldemocratici e laburisti per formare una coalizione di governo (che determinò le dimissioni di Brown), fu raggiunto un accordo tra il leader conservatore David Cameron e il leader liberaldemocratico Nick Clegg: il primo divenne primo ministro con il secondo come vice.
La coalizione si basava su una serie di compromessi sul programma: i conservatori accantonarono il progetto di ridurre le tasse di successione, mentre i liberaldemocratici dovettero accettare una stretta sull’immigrazione e tagli severi alle spese pubbliche, soprattutto a quelle per il sistema universitario.
Nel campo delle riforme istituzionali, nel maggio 2011 il referendum per cambiare il sistema elettorale per la Camera dei Comuni, passando dal sistema uninominale maggioritario secco al voto alternativo, fu bocciato dagli elettori (67,9% di no), mentre diventò legge la proposta di togliere al primo ministro il potere di scegliere quando convocare le elezioni generali e le fissò una volta ogni cinque anni (settembre 2011).
Il governo Cameron-Clegg dovette affrontare momenti molto tesi quanto alla conflittualità sociale: nell’agosto 2011, in seguito all’uccisione nel quartiere londinese di Tottenham di Mark Duggan – un uomo sospettato di progettare azioni criminose – da parte della polizia durante il suo arresto, in tutte le principali città britanniche si ebbero giorni di saccheggi di negozi e di scontri tra giovani dei suburbi e forze di polizia, che provocarono cinque morti e decine di feriti e sottolinearono l’esclusione cui erano soggetti i giovani delle zone periferiche.
Nel 2012, il proseguire della crisi economica fece diminuire la popolarità dei conservatori, che riportarono risultati negativi nelle elezioni locali (maggio). Esse videro, invece, un ottimo risultato del Partito per l’indipendenza (UK independence party, UKIP) guidato da Nigel Farage: nazionalista ed euroscettico, si proponeva di contrastare i trasferimenti di sovranità del Regno Unito verso le istituzione europee e di frenare l’immigrazione.
Nel corso del 2012, una serie di tensioni attraversarono il governo tanto all’interno – la proposta di riforma della Camera dei Lord voluta da Cameron incontrò l’ostilità di decine di parlamentari conservatori e fu, quindi, abbandonata – quanto all’esterno: le pressioni per l’indipendenza della Scozia divennero tali che, in ottobre, Cameron e il primo ministro scozzese Alex Salmond si accordarono sullo svolgimento di un referendum su questa questione, in cui l’indipendenza fu bocciata con il 55,3% dei no (18 settembre 2014).
Nel luglio 2013 il Parlamento approvò la legge sul matrimonio civile e religioso tra persone dello stesso sesso, dopo che già nel 2005 erano state legalizzate le unioni civili. Nello stesso mese, il principe William e la duchessa di Cambridge Kate, sposatisi nell’aprile 2011, ebbero un figlio, George, terzo nella linea di successione al trono britannico dopo suo nonno Charles e suo padre. Nel maggio 2015, nacque la secondogenita della coppia reale, Charlotte.
I risultati delle elezioni europee del maggio 2014 provocarono una scossa nel panorama politico del Regno Unito: l’UKIP, infatti, si affermò come primo partito (26,6%). Nell’autunno successivo, le elezioni suppletive per la Camera dei Comuni gli permisero di ottenere per la prima volta due seggi in Parlamento: Cameron, per recuperare voti a destra, reagì annunciando che avrebbe richiesto una modifica dei trattati europei per limitare l’afflusso di immigrati nel Regno Unito (novembre 2014). Alle elezioni generali del 2015, nonostante il pessimismo dei sondaggi, i conservatori ottennero la maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni (331 seggi): Cameron fu confermato primo ministro, questa volta a capo di un governo monocolore. Molto negativo invece il risultato dei laburisti (232 seggi), il peggiore degli ultimi trent’anni, e soprattutto quello dei liberaldemocratici, cui furono assegnati solo 8 seggi. Sorprendente, nonostante la sconfitta referendaria del 2014, il risultato del Partito nazionale scozzese (Scottish national party, SNP), che conquistò 56 seggi, e quello dell’UKIP che – pur se in virtù del sistema maggioritario conquistò solo un seggio – fu scelto dal 12,6% dei votanti.
Sul piano delle relazioni con l’UE, con il procedere della crisi economica, il dibattito politico si fece sempre più euroscettico e anche i settori più colti del Paese cominciarono a considerare il progetto europeo come una rinuncia alla sovranità nazionale; di conseguenza, il governo conservatore mostrò un atteggiamento sempre più freddo verso le istituzioni europee. Nel marzo 2011 era entrato in vigore l’European Union act, il quale prescriveva che ogni ulteriore trattato che avesse trasferito poteri dal governo del Regno Unito alla UE avrebbe dovuto essere sottoposto al voto popolare. Dopo la vittoria nelle elezioni del 2015, Cameron confermò inoltre l’impegno di indire un referendum sul-l’uscita dall’UE per il 2017, cui si erano dichiarati contrari tanto i liberaldemocratici quanto i laburisti. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 il Regno Unito scelse di non aderire al Patto di bilancio europeo (Fiscal compact), che imponeva il pareggio di bilancio e una significativa riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL.
L’intesa con gli Stati Uniti continuò a essere forte tanto sul piano diplomatico, quanto su quelli politico e militare, come dimostrarono la duratura permanenza in Afghānistān nonostante la contrarietà dell’opinione pubblica e l’impegno per l’imposizione della no-fly zone e per l’intervento della NATO in Libia (marzo 2011), in cui si evidenziò anche un forte accordo con la Francia. Nel luglio 2009, il Regno Unito aveva completato il suo ritiro dall’Irāq, mentre quello dall’Afghānistān ebbe inizio nel 2012.La questione irlandese. – Dopo l’annuncio dell’IRA (Irish Republican Army) di rinuncia alla lotta armata (luglio 2005), il processo di pacificazione della regione procedette molto lentamente: ciò ebbe riflessi anche nelle trattative per la formazione di un nuovo governo, che si fermò in una situazione di stallo per alcuni anni. Nel maggio 2007, dopo quasi cinque anni di sospensione per l’incapacità dei due principali partiti – il Democratic unionist party (Partito unionista democratico, DUP) e il Sinn Fein, il partito cattolico tradizionalmente legato all’IRA – di raggiungere un accordo, fu riconvocato il Parlamento dell’Irlanda del Nord. Alle nuove elezioni per eleggere i 108 membri dell’assemblea (marzo 2007), il DUP ottenne 36 seggi, il Sinn Fein 28. I rispettivi leader dei due partiti – Ian Paisley e Gerry Adams – ponendo fine a una duratura inimicizia, decisero di formare un governo di coalizione: Paisley diventò primo ministro, con Martin McGuinness, del Sinn Fein, come vice. I risultati delle elezioni del 2011 riconfermarono il governo DUP-Sinn Fein con Peter Robinson, che nel 2008 aveva sostituito Paisley, primo ministro e McGuinness suo vice.
Nel giugno 2012, la regina Elisabetta II visitò l’Irlanda del Nord e strinse la mano di McGuinness: si trattava di un gesto dall’importanza simbolica molto alta in quanto egli era un militante dell’IRA quando, nel 1979, l’organizzazione terrorista uccise Lord Mountbatten, zio del marito della sovrana. Importanza storica ebbero anche la stretta di mano e lo scambio di qualche parola tra il principe Charles e Gerry Adams, durante una visita dell’erede al trono in Irlanda del Nord nel maggio 2015: il leader di Sinn Fein, infatti, era da sempre sospettato di essere stato anch’egli un membro dell’IRA al momento dell’uccisione di Lord Mountbatten.
Bibliografia: After Blair: politics after the new labour decade, ed. G. Hassan, London 2007; Blair’s Britain: 1997-2007, ed. A. Sheldon, Cambridge-New York 2007; The conservatives under David Cameron: built to last?, ed. S. Lee, M. Beech, Basingstoke-New York 2009; «Limes», 2014, 10, nr. monografico: L’impero è Londra.
Architettura di Francesca Romana Moretti. – Tra i Paesi più importanti dal punto di vista della produzione architettonica, la Gran Bretagna ospita un’elevata percentuale dei principali studi internazionali di progettazione, oltre a circa 35 scuole di architettura, fra le quali alcune molto note. È anche fra le nazioni più urbanizzate del mondo (circa il 90% della popolazione risiede in città, moltissimi sono gli immigrati, circa un decimo della popolazione appartiene a etnie extraeuropee). Londra ne è la grande capitale metropolitana, il maggiore scalo portuale e aeroportuale, il più grande centro industria le, il principale centro degli affari e della finanza; con New York e Tōkyō, ma forse anche più di queste, è considerata città globale per eccellenza per l’influenza che essa esercita a livello internazionale.
Per Londra in particolare, più che per il resto del Paese, il governo britannico si è interrogato sul suo sviluppo futuro. Il sistema nazionale di pianificazione, già dal 1999, volle porre termine a un’epoca di urbanistica discutibile, soprattutto nelle zone periferiche, puntando sulla rigenerazione urbana sostenibile. Sebbene la crisi economica abbia imposto alla riforma urbanistica di anteporre gli aspetti economici a quelli sociali e ambientali, l’orientamento del Paese resta quello di lavorare sul rafforzamento di quartieri compatti e polifunzionali, parte di aree urbane consolidate, riqualificando le preesistenze nel rispetto dell’ambiente e della storia, rigenerando in tal modo il tessuto economico e sociale. A dare forte impulso allo sviluppo edilizio del Paese ha poi contribuito la XXX edizione dei Giochi olimpici del 2012 ospitati a Londra in trenta diverse sedi di gara oltre a quelle situate in altre città del Regno Unito. In tale occasione, la città è stata protagonista di un massiccio progetto di ristrutturazione all’insegna della sostenibilità e dell’adattabilità con l’obiettivo, grazie a edifici altamente riciclabili ed ecologicamente compatibili, di rendere possibili cambiamenti anche sostanziali dopo la conclusione dei Giochi. Ai molti, spettacolari progetti ha contribuito un gran numero di architetti internazionalmente noti: Zaha Hadid per l’Aquatics Centre; gli studi Sinclair Knight Merz, Wilkinson Eyre Architects e KSS per la Basketball Arena; Make Architects con Arup & Part ners per la Handball Arena; Hopkins Architects per il Velodrome; Stanton Williams Architects per l’Hockey Centre; Populous e Peter Cook per il London Olympic Stadium.
Londra ha comunque continuato ad avere un’intensa attività edilizia al di là della straordinarietà di alcuni eventi. Tra i progetti realizzati di recente si ricordano: la London Bridge Tower, nota anche come The Shard – La scheggia – di Renzo Piano, inaugurata nel 2013; il Saw Swee Hock student centre della London School of economics and political science (2013) dello studio O’Donnell+Tuomey Architects; lo Akerman Health Centre (2013) di Henley Halebrown Rorrison; The Crystal (2012), edificio che ospita il primo centro per lo sviluppo delle città sostenibili dell’azienda tedesca Siemens, un progetto di Wilkinson Eyre Architects e Arup. Di grande interesse architettonico sono ancora i padiglioni temporanei della Serpentine Gallery ai Kensigton Gardens, annualmente affidati ad architetti di fama internazionale che non hanno mai realizzato un edificio a Londra: Jean Nouvel nel 2010; Peter Zumthor nel 2011; Ai Weiwei con Herzog & de Meuron nel 2012; Sou Fujimoto nel 2013; Smiljan Radic nel 2014.
Tra gli architetti chiamati a intervenire sulla città per i grandi progetti dei prossimi anni si ricordano: Ove Arup e Thomas Heatherwick per il Garden Bridge, commissionato dall’azienda dei trasporti di Londra, di cui è prevista l’apertura per il 2018; Norman Foster con la cycling utopia, un sistema di 220 km di piste ciclabili alternative alla linea della metropolitana, cui lo studio sta lavorando dal 2012; Herzog & de Meuron con le nuova torre One Wood Wharf, nel-l’espansione di Canary Wharf, nella zona orientale della città, come prevista dal masterplan del 2013; Frank Gehry con Foster+Partners per la riqualificazione dell’area della Battersea Power Station iniziata a partire dal 2013. Il progetto prevede oltre 13.000 unità residenziali ed edifici multifunzionali a sud della struttura esistente disposti attorno a un viale pedonale dal profilo urbano articolato, denominato Electric boulevard, che collega il prolungamento della linea metropolitana Nord con la centrale elettrica.
Interessante anche ciò che è avvenuto fuori da Londra, partendo dall’Everyman Theatre di Liverpool (2013), opera di Haworth Tompkins, cui è stato assegnato lo Stirl ing Prize nel 2014. Si segnalano ancora: la Manchester School of art (2013) di Feilden Clegg Bradley Studios; la Library (2013) del gruppo olandese Mecanoo a Birming ham; la biblioteca della University of Aberdeen (2012) di Schmidt Hammer Lassen Architects. Ancora da ricordare sono: il Softbridge Building (2014), disegnato da Zaha Hadid Architects come espansione della University of Oxford; l’One Angel Square (2012), edificio per uffici considerato il più sostenibile del mondo – secondo il sistema di certificazione inglese BREEAM (Building Research Estab lishment Environmental Assessment Methodology) –, opera di 3D Reid a Manchester; il ponte girevole (2013) che attraversa il River Hull opera di McDowell+Benedetti a Kingston Upon Hull; la cappella dedicata a St. Albert the Great (2013) di Simpson and Brown a Edimburgo; il recupero del complesso di edilizia sociale di Park Hill (2013) di Hawkins/Brown e Studio Egret West a Sheffield; la Kingswood Academy di Allford Hall Monaghan Morris (2012) a Kingston upon Hull; lo Giant’s Causeway Visitor Centre (2012) di Heneghan Peng Architects nell’Irlanda del Nord; il MAC (Metropolitan Arts Centre, 2011) di Hackett Hall McKnight a Belfast.
Letteratura di Valerio Massimo De Angelis. – La letteratura della Gran Bretagna del primo scorcio del 21° sec. presenta un panorama estremamente variegato, che riflette la profonda riarticolazione multietnica e multiculturale della società britannica. Esemplare, in questo senso, è il successo ottenuto da Zadie Smith (n. 1975), il cui fortunatissimo romanzo d’esordio, White teeth (2000; trad. it. Denti bianchi, 2000) ha segnato l’inizio del nuovo millennio: in NW (2012; trad. it. 2013) Smith riesce a catturare l’universo polifonico della Londra contemporanea, ricorrendo a un linguaggio ‘istericamente realistico’ che fonde audaci sperimentazioni formali con un acuto senso di rappresentazione immediata della realtà.
A contenderle il ruolo di figura di riferimento per la narrativa abbiamo ancora in primo luogo i tre scrittori che forse più compiutamente sembrano incarnare la versione ‘bianca’ della Britishness degli inizi del nuovo millennio, come avevano fatto per la fine del precedente: Ian McEwan (n. 1948), che sa spaziare dall’intenso sentimentalismo di On Chesil beach (2007; trad. it. Chesil beach, 2007) all’ecosatira di Solar (2010; trad. it. 2010), e dall’autobiografica metaletterarietà politica di Sweet tooth (2012; trad. it. Miele, 2012) all’anatomia dell’attuale contraddittorio statuto dell’istituzione famigliare di The children act (2014; trad. it. La ballata di Adam Henry, 2014); Martin Amis (n. 1949), che in The pregnant widow (2010; trad. it. La vedova incinta, 2011), ambientato in Italia, riscrive criticamente la storia del femminismo, in Lionel Asbo. State of England (2012; trad. it. Lionel Asbo. Stato dell’Inghilterra, 2013) si diverte con una satira postdickensiana dell’Inghilterra contemporanea, e in The zone of interest (2014) riesce ad applicare la sua vena ferocemente comica al più impervio degli argomenti, l’Olocausto; e infine Julian Barnes (n. 1946), che in The sense of an ending (2011; trad. it. Il senso di una fine, 2012) disegna una meditata riflessione sulla memoria e sul rimpianto. Su linee analoghe si muovono il Graham Swift (n. 1949) di Tomorrow (2007) e il Will Self (n. 1961) dei romanzi ‘psicoanalitici’ venati di grottesco come Umbrella (2012; trad. it. Ombrello, 2013) e Shark (2014), mentre la prospettiva esplicitamente politica di Jonathan Coe (n. 1961) ha assunto toni più pacati in The rain before it falls (2007; trad. it. La pioggia prima che cada, 2007) e The terrible privacy of Maxwell Sim (2010; trad. it. I terribili segreti di Maxwell Sim, 2010), e il fascino di Nick Hornby (n. 1957) per la cultura popolare si conferma in Funny girl (2014; trad. it. 2014). Per avere una più mobile fotografia del panorama multiculturale dell’Inghilterra contemporanea, oltre che a Zadie Smith occorre rivolgersi al Salman Rushdie (n. 1947) del fantastico The enchantress of Florence (2008; trad. it. L’incantatrice di Firenze, 2009), all’Hanif Kureishi (n. 1954) di Something to tell you (2008; trad. it. Ho qualcosa da dirti, 2008) e The last word (2014; trad. it. L’ultima parola, 2014), o al Caryl Phillips (n. 1958) di The lost child (2015) – tutti comunque debitori verso uno dei ‘padri fondatori’ della letteratura postcoloniale, il premio Nobel V.S. Naipaul (n. 1932), che dopo l’ultimo romanzo, Magic seeds (2004; trad. it. Semi magici, 2007), ha pubblicato il libro di viaggi The masque of Africa (2010; trad. it. La maschera dell’Africa, 2010). I nomi più interessanti tra le nuove leve della letteratura migrante sono quelli dell’anglo-giamaicano Alex Alphonso Wheatle (n. 1963), con l’affresco della Londra blairiana Brenton Brown (2011); di Monique Roffey (n. 1965), nata a Trinidad, che in House of ashes (2014) narra del tentativo di colpo di Stato del 1990 nell’isola caraibica; dell’anglo-afghano Tahir Shah (n. 1966), specialista nella letteratura di viaggio; di Monica Ali (n. 1967), che trascrive l’esperienza della comunità bengalese di Londra in Brick lane (2003; trad. it. Sette mari tredici fiumi, 2004) e In the kitchen (2009; trad. it. 2010); dell’indiano-britannica Anjali Joseph (n. 1978), autrice di Saraswati Park (2010; trad. it. Lo scrivano di Bombay, 2012), ambientato in India, e del cosmopolita Another country (2012); di Nadifa Mohamed (n. 1981), nata in Somalia, e che della guerra civile in Somalia tratta in The orchard of lost souls (2013).
Una caratteristica da sempre tipica della letteratura inglese è il protagonismo delle donne che hanno posto al centro del loro interesse la condizione femminile, come nei romanzi di Fay Weldon (n. 1931) o di Jeanette Winterson (n. 1959), la quale però con The stone gods (2007) ha scelto la cifra della fantascienza postapocalittica, per poi tornare ad affrontare i temi a lei più cari nel romanzo ‘elisabettiano’ The daylight gate (2012; trad. it. Il cancello del crepuscolo, 2014).
Nel 2008 è scomparso uno dei maggiori scrittori della fantascienza mondiale, Arthur C. Clarke (n. 1917), e un anno dopo si è spento J.G. Ballard (n. 1930), forse il più visionario tra gli autori britannici che hanno usato le forme della narrativa fantastica per proporre letture tutt’altro che superficiali del rapporto tra realtà e immaginazione, talvolta contaminando la scrittura con l’espressione grafica – si pensi a Philip Pullman (n. 1946; Once upon a time in the North, 2008), a Clive Barker (n. 1952; Abarat. Absolute midnight, 2011, trad. it. Abarat. Assoluta mezzanotte, 2013), a Neil Gaiman (n. 1960; The ocean at the end of the lane, 2013, trad. it. L’oceano in fondo al sentiero, 2013), a Michael Moorcock (n. 1939), a Christopher Priest (n. 1943) e a Glen Duncan (n. 1965); a questi professionisti del genere si è aggiunto Kazuo Ishiguro (n. 1954) con il distopico Never let me go (2005; trad. it. Non lasciarmi, 2006) e il fantasy medievale The buried giant (2015).
Sul fronte della letteratura di consumo, il sottogenere del thriller si conferma forma espressiva capace di indagare le contraddizioni della società inglese, con autori come il maestro della spy story John Le Carré (n. 1931; A delicate truth, 2013, trad. it. Una verità delicata, 2013) o la prolifica Ruth Rendell (n. 1930); in questa categoria può rientrare anche la narrativa ‘traumatica’ di Patrick McGrath (n. 1950; Trauma, 2008, trad. it. 2008). Nel 2014 è scomparsa inoltre la maggiore erede di Agatha Christie, P.D. James (n. 1920).
La patria del romanzo storico moderno continua a proporre autori di vaglia come Barry Unsworth (1930-2012), Pat Barker (n. 1943), Hilary Mantel (n. 1952), Alan Holling hurst (n. 1954), il David Mitchell (n. 1969) di The thousand autumns of Jacob de Zoet (2010; trad. it. I mille autunni di Jacob de Zoet, 2010) e il Simon Van Booy (n. 1975) di The illusion of separateness (2012; trad. it. L’illusione della separatezza, 2014). Si sono cimentate nel genere anche Antonia S. Byatt (n. 1936) con il romanzo sulla Prima guerra mondiale vissuta dai bambini, The children’s book (2009; trad. it. Il libro dei bambini, 2010), e la sua detestata sorella (che ne ricambia l’avversione), Margaret Drabble (n. 1939), con The pure gold baby (2013), ambientato negli anni Sessanta del secolo scorso, oltre a Doris Lessing nell’autobiografico Alfred and Emily (2008; trad. it. Alfred e Emily, 2008).
Il genere tutto inglese del romanzo ‘accademico’ vede ancora David Lodge (n. 1935) quale suo massimo esponente, com’è confermato da Deaf sentence (2008; trad. it. Il prof è sordo, 2009), mentre un altro genere tipicamente britannico, quello della letteratura ‘calcistica’, ha trovato nuova linfa nel David Peace (n. 1967) di The damned Utd (2006; trad. it. Il maledetto United, 2009) e Red or dead (2013; trad. it. 2014).
La letteratura per l’infanzia e l’adolescenza è attualmente il settore che garantisce i più spettacolari dati di vendita, grazie a saghe di straordinaria popolarità come quella di Harry Potter, creata da J.K. Rowling e conclusa nel 2007 con Harry Potter and the deathly hallows (trad. it. Harry Potter e i doni della morte, 2008). Altri autori che si sono affermati in questo campo sono Melvin Burgess (n. 1954), Alan Snow (n. 1959) e Malorie Blackman (n. 1962). Ma il maggiore successo commerciale degli ultimi anni è stato senz’altro conseguito dal patinato erotismo delle Fifty shades (Cinquanta sfumature, tre romanzi pubblicati tra il 2011 e il 2012) di E.L. James (n. 1963).
La poesia inglese contemporanea trova i suoi migliori rappresentanti in autori attivi già da decenni, ma capaci di interpretare con forme espressive consolidate le tensioni del nuovo millennio, dalla lirica contemplazione della natura di Charles Tomlison (n. 1927) e dalla revisione della poetica confessionale condotta da Al Alvarez (n. 1929) alla complessa allusività di Geoffrey Hill (n. 1932) e alla nobilitazione del linguaggio proletario perseguita da Tony Harrison (n. 1937), dall’antisentimentale sepolcralità elegiaca di Michael Longley (n. 1939) alla perseveranza nell’impiego della versificazione più tradizionale del nordirlandese Derek Mahon (n. 1941) sino all’uso creativo del gaelico nella produzione della gallese Menna Elfyn (n. 1952). Nella generazione nata dopo il 1960 si è imposta per la sua capacità di ottenere un grande successo di pubblico, senza rinunciare a un uso raffinatissimo della lingua inglese, Simon Armitage (n. 1963), che nel 2014 ha pubblicato una sorta di summa della sua fortunata carriera, Paper aeroplane, mentre Paul Farley (n. 1965) piega alle proprie esigenze poetiche lo slang della parlata quotidiana (The dark film, 2012) e Frieda Hughes (n. 1960), figlia di due grandi poeti come Ted Hughes e Sylvia Plath, cerca di seguirne le tracce con l’intensa intimità di Stonepicker and the nook of mirrors(2009). Altre giovani voci interessanti sono quelle di Alice Oswald (n. 1966), del gallese Jonathan Edwards (n. 1979) e della performer Kate Tempest (n. 1985). Dal 1999 al 2009, anno in cui ha pubblicato la raccolta The cinder path (seguita nel 2012 da The customs house), il poeta laureato della Gran Bretagna è stato il sofisticato Andrew Motion (n. 1952).
Il teatro inglese, sempre vivacissimo, schiera ancora numerosi autori divenuti famosi nell’ultimo terzo del 20° sec.: il cecoviano Michael Frayn (n. 1933), che in Democracy (2003) porta in scena le tensioni della guerra fredda; Alan Bennett (n. 1934), forse l’autore teatrale di maggior successo dell’ultimo decennio grazie al pluripremiato dramma sull’istituzione scolastica e sull’omosessualità The history boys (2004; trad. it. Gli studenti di storia, 2012); Edward Bond (n. 1934), sempre intento a una radicale critica della società contemporanea (The angry roads, 2014); Tom Stoppard (n. 1938), con la sua assidua ricerca filosofica e linguistica (The hard problem, 2015); Alan Ayckbourn (n. 1939), che nonostante l’età non cessa di sperimentare nuove soluzioni, come le decine di possibili combinazioni casuali nella strutturazione di Roundelay (2014); e la femminista postbrechtiana Caryl Churchill (n. 1938), il politicamente impegnato David Hare (n. 1947), il ‘catastrofista’ Howard E. Barker (n. 1948), John Godber (n. 1956), maestro della messa in scena naturalista, e Nigel Williams (n. 1948), che ha raggiunto il successo planetario grazie al dramma seriale per la TV Elizabeth I (2005).
Tra i drammaturghi più recenti vanno segnalati l’anglogiamaicana Winsome Pinnock (n. 1961), il gallese Gary Owen (n. 1972), David Eldridge (n. 1973) e Michael Bartlett (n. 1980). Nel 2008 è scomparso il premio Nobel Harold Pinter (n. 1930).
La letteratura scozzese. – A testimonianza della diffusione capillare del fenomeno della globalizzazione, anche una letteratura proverbialmente ‘locale’ come quella scozzese propone ormai figure dalle origini e dalle prospettive variegate e composite, quali la nigeriano-scozzese Jackie Kay (n. 1961), che riflette nella sua poesia sulle identità di classe, razza e genere, e Aminatta Forna (n. 1964), africana da parte di padre e autrice di The hired man (2013), intenso romanzo sul conflitto nella ex Iugoslavia. Ma anche un autore tradizionalmente ‘scozzese’ come James Kelman (n. 1946) affronta il tema delle relazioni interetniche in Mo said she was quirky (2012). Più ‘domestica’ e interiore è invece la vena che percorre i racconti raccolti in The atmospheric railway (2008) di Shena Mackay (n. 1948), mentre Alasdair Gray (n. 1934) preferisce la dimensione metaletteraria nel divertito Old men in love (2007) e il più celebre dei romanzieri scozzesi contemporanei, Irvine Welsh (n. 1958), continua a scavare nell’undergound della marginalità e della microcriminalità in Crime (2008) e Skagboys (2012) – anche se con The sex lives of Siamese twins (2014; trad. it. La vita sessuale delle gemelle siamesi, 2014) l’ambientazione si sposta nell’ugualmente degradato universo di una Miami benestante ossessionata dal salutismo. L’altro best-selling author scozzese, Michel Faber (n. 1960), ha dapprima parodiato con successo la moda del thriller ‘accademico’ alla Dan Brown con The fire gospel (2008; trad. it. Il vangelo del fuoco, 2008) e ha poi adattato gli stilemi della fantascienza nel monumentale The book of strange new things (2014). Gilbert Adair (1944-2011) si è congedato completando la trilogia di mysteries composta da The act of Roger Murgatroyd (2006), A mysterious affair of style(2007) e And then there was no one (2009). Nel 2013 l’universo tecnoutopico di Culture si è chiuso con la morte del suo autore, Iain M. Banks (n. 1954), che l’anno prima aveva pubblicato l’ultimo romanzo della serie, The Hydrogen Sonata.
Nel campo poetico, oltre a Carol Ann Duffy (n. 1955), poet laureate della Gran Bretagna dal 2009, che dopo l’ultima raccolta di nuovi componimenti The bees (2011; trad. it. Le api, 2014) si è dedicata soprattutto alla poesia illustrata per dare ancor maggiore ‘leggibilità’ al suo impegno politico (come in The Christmas truce, 2011), si distinguono Tom Leonard (n. 1944), che spesso nei suoi componimenti impiega il dialetto di Glasgow, Sean O’ Brien (n. 1952) e John Burnside (n. 1955). Nel 2011 il titolo di poeta laureato della Scozia, istituito nel 2004 e conferito per la prima volta al veterano della sperimentazione Edwin Morgan (1920-2010), è stato attribuito a Liz Lochhead (n. 1947), attivamente impegnata nel movimento per l’indipendenza scozzese. Anche il Galles ha dal 2005 il suo poeta nazionale, onore che è spettato prima a Gwyneth Lewis (n. 1959) poi a Gwyn Thomas (n. 1936). Nel 2013 è morto il premio Nobel Seamus Heaney (n. 1939), che ancora nel 2010 aveva ottenuto la stima della critica con Human chain (trad. it. Catena umana, 2011). L’attuale scena teatrale scozzese ha come maggiori rappresentanti Jo Clifford (n. 1955), Rona Munro (n. 1959) e David Greig (n. 1969).
Bibliografia: F. Giommi, Narrare la black Britain. Migrazioni, riscritture e ibridazioni nella letteratura inglese contemporanea, Firenze 2010; D. Lane, Contemporary British drama, Edinburgh 2010; Letteratura scozzese, a cura di S. Cappellari, G. Colombo, Verona 2010; A. Cattaneo, A short history of English literature, 2° vol., From the Victorians to the present, Milano 2011; F. McCulloch, Cosmopolitanism in contemporary British fiction. Imagined identities, Basingstoke 2012; S. Carney, The politics and poetics of contemporary English tragedy, Toronto 2013; The Oxford handbook of contemporary British and Irish poetry, ed. P. Robinson, Oxford 2013; K. Duff, Contemporary British literature and urban space. After Thatcher, London 2014; S. Guerra, Figli della diaspora. Romanzo e multiculturalità nella Gran Bretagna contemporanea (1950-2014), Fano 2014; E. Horton, Contemporary crisis fictions. Affect and ethics in the modern British novel, Basing stoke 2014; M. Perfect, Contemporary fictions of multiculturalism. Diversity and the millennial London novel, London 2014; D. Wheatley, Contemporary British poetry, London 2014; A. Beaumont, Contemporary British fiction and the cultural politics of disenfranchisement. Freedom and the city, London 2015.
Cinema di Simone Emiliani. – In questo decennio ancora forte è stata la connessione tra il cinema britannico e Hollywood. Alcuni cineasti come Christopher Nolan e Sam Mendes sono stati pienamente inseriti nell’industria statunitense dove hanno alternato un cinema più personale a blockbuster di successo. E se Ridley Scott lavora ormai da tempo negli Stati Uniti, altri registi hanno continuato a fare la spola tra i due Paesi, come Danny Boyle (Slumdog millionaire, 2008, The millionaire, vincitore di sei premi Oscar tra cui miglior film e migliore regia), Michael Winterbottom (The road to Guantanamo, 2006) e Kevin Macdonald (My enemy’s enemy, 2007, Il nemico del mio nemico - CIA, nazisti e guerra fredda; State of play, 2009). Kenneth Branagh ha a sua volta riattraversato le atmosfere shakespeariane (As you like it, 2006, Come vi piace), musicali (The magic flute, 2006, Il flauto magico, dall’opera di Wolfgang Amadeus Mozart), teatrali (Sleuth, 2007, Sleuth - Gli insospettabili, dal testo omonimo di Anthony Shaffer), ma ha dato paradossalmente il meglio nei film in apparenza su commissione, come nell’avventuroso fantasy della Marvel (Thor, 2011) o nel live-action di provenienza Disney (Cinderella, 2015, Cenerentola).
Altri registi hanno lavorato tra Gran Bretagna e Stati Uniti come Steve McQueen che, dopo l’esordio con Hunger (2008), biopic su Bobby Sands con il quale ha iniziato il suo sodalizio artistico con l’attore Michael Fassbender, ha poi diretto Shame (2011) e 12 years a slave (2013; 12 anni schiavo), dall’autobiografia di Solomon Northup, premio Oscar nel 2014 come miglior film. Di questo gruppo hanno fatto parte anche Stephen Daldry (The reader, 2008, The reader - A voce alta) e John Madden (Marigold Hotel, 2011), mentre Stephen Frears ha confermato la sua estrema versabilità visiva passando dal biopic sulla regina Elisabetta II (The queen, 2006, The queen - La regina), al film in costume (Chéri, 2009), con opere in continuo dialogo tra letteratura e cinema, come Philomena (2013), che attraversa epoche diverse ed è centrato su figure femminili.
Tra i maggiori esponenti del cinema britannico hanno continuato a imporsi Ken Loach e Mike Leigh. Il primo ha proseguito nella sua scelta di un cinema politicamente attivo, erede della tradizione del Free cinema, spesso dalla parte degli oppressi, con uno stile diretto, come nella descrizione della lotta dell’Irlanda per l’indipendenza e contro l’esercito inglese negli anni Venti in The wind that shakes the barley (2006; Il vento che accarezza l’erba), che ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes. L’urgenza dei temi trattati, il rapporto tra il singolo e la collettività, hanno trovato una nuova vitalità nelle commedia Looking for Eric (2009; Il mio amico Eric) e The Angels’ share (2012; La parte degli angeli). Il secondo ha continuato a privilegiare la sua poetica del quotidiano (Another year, 2010) i cui protagonisti appartengono spesso alle classi popolari. Dietro un’attenzione maniacale all’uso dello spazio cinematografico e agli elementi pittorici dell’immagine (evidente nel suo ultimo Mr. Turner, 2014, Turner), ha spesso lasciato esplodere i conflitti tra i suoi personaggi attraverso una scrittura in accumulo, evidente anche nella commedia anarchica Happy-go-lucky (2008; La felicità porta fortuna).
Tra gli altri nomi da tempo punto di riferimento di questa cinematografia, James Ivory ha proseguito sulla linea di un formalismo di derivazione letteraria (The white countess, 2005, La contessa bianca), mentre per Peter Greenaway il cinema continua a essere una delle tante strade artistiche che continua a percorrere con opere come Eisenstein in Guanajuato (2015; Eisenstein in Messico), dedicata alla figura di un artista totale come Sergej M. Ejzenštein. A sua volta l’universo fantasy di Terry Gilliam è approdato nuovamente nelle zone della fiaba nera (Tideland, 2005, Tideland
- Il mondo capovolto), in un immaginario volutamente sovraccarico di simboli dove il tempo ha perso le sue coordinate (The imaginarium of Doctor Parnassus, 2009, Parnassus -L’uomo che voleva ingannare il diavolo). Tra i giovani il nome più interessante è apparso quello di Shane Meadows (This is England, 2006), vicino al realismo di Loach e Leigh.
Nella produzione di questi anni diversi sono stati i generi affrontati: dalla commedia nera (Sightseers, 2012, Killer in viaggio, di Ben Wheatley) alla fantascienza (Attack the block, 2011, Attack the block - Invasione aliena, di Joe Cornish). Ma hanno continuato ad avere un forte impatto sul pubblico la commedia politica, sulla scia del successo di The full monty (1998; Full monty - Squattrinati organizzati) di Peter Cattaneo, come Made in Dagenham (2010; We want sex, 2010) di Nigel Cole e Pride (2014) di Matthew Warchus, e la saga di Harry Potter, lanciata dai romanzi per ragazzi di J.K. Row ling, conclusasi nel 2011 dopo otto film.
Bibliografia: British cinema, ed. R. Murphy, London 2013; This is England. Prospettive sul cinema inglese dal Free cinema a oggi, a cura di G. Spagnoletti, Roma 2014.