Mutilazione genitale femminile praticata da alcuni popoli africani e asiatici allo scopo di impedire alle ragazze rapporti sessuali. Consiste nella escissione parziale o totale dei genitali esterni, dopo la quale i due lati della vulva vengono cuciti con una sutura o con spine in modo che vi sia una restrizione del diametro dell’ostio vulvare; viene lasciato solo un piccolo orifizio che permette la fuoriuscita del flusso dell’urina e del sangue mestruale. Al momento del matrimonio, la sutura viene riaperta chirurgicamente. Per combattere la pratica dell’i., che si è diffusa anche nel mondo occidentale a seguito dei movimenti di migrazione, l’Organizzazione mondiale della sanità ha promosso diverse campagne; nel dicembre 2012 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione per la messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. In Italia la l./9 gennaio 2006/7 rende reato la mutilazione dei genitali femminili e prevede da 4 a 12 anni di reclusione per chi la pratica.