Neurologo e psichiatra (Providence Green, Yorkshire, 1835 - Londra 1911). Attraverso una sistematica osservazione clinica pervenne a una interpretazione patogenetica dei disturbi neurologici e dell'alienazione mentale, che, variamente elaborata, ha informato molte concezioni psichiatriche moderne. Si dedicò particolarmente all'oculistica e alla neurologia; propugnò l'uso dell'oftalmoscopio nella diagnosi delle affezioni cerebrali e per primo descrisse l'epilessia corticale (che fu da lui detta epilessia jacksoniana) e una sindrome emiplegica conosciuta sotto il nome di sindrome di Jackson.
Studiò medicina a York (1852-59) con Th. Laycock; nel 1859 si trasferì a Londra, dove lavorò al National Hospital, sotto la guida di Ch. Brown-Séquard. Collega di J. Hutchison, influenzato dall'associazionismo di Bain e dall'evoluzionismo di Spencer, con una sistematica osservazione clinica studiò e classificò le varie forme di emiplegia, epilessia e afasia, al fine di giungere a una teoria generale delle malattie nervose e mentali. Ispirandosi al pensiero evoluzionista, concepì l'attività nervosa e psichica come la risultante dell'integrazione dinamica di livelli funzionali gerarchicamente subordinati gli uni agli altri: nei livelli inferiori collocò le funzioni di acquisizione più remota (arcaiche), più organizzate, cioè di tipo automatico; ai livelli superiori attribuì quelle di acquisizione più recente, soggette alla volontà. Nella malattia nervosa e mentale, genericamente considerata, ravvisò la dissoluzione di determinate funzioni superiori, la liberazione di attività arcaiche e il conseguente sviluppo di nuovi rapporti funzionali. Descrisse un particolare tipo di epilessia (epilessia jacksoniana) e una particolare sindrome emiplegica; indicò l'importanza dell'esame oftalmoscopico nello studio delle affezioni neurologiche.