Romanzo di formazione (1901) dello scrittore inglese R. Kipling (1865-1936), in cui sono narrate le avventure di un orfano, Kim, figlio d'un sergente irlandese, che vive vagabondando nelle strade dell'India della fine del 19° secolo.
Approfondimento di Riccardo Capoferro da Kipling, Rudyard (Enciclopedia dei ragazzi)
§ «Egli sedeva, a dispetto degli ordini municipali, a cavalcioni del cannone Zam-Zammah, situato sulla sua piattaforma di mattoni, di fronte al vecchio Ajaib-Gher, la Casa delle Meraviglie, come gli indigeni chiamano il museo di Lahore».
Così inizia Kim, il romanzo in cui il credo imperialista di Kipling, la sua maestria di narratore e la sua capacità di catturare in vivaci affreschi i colori dell’India si combinano con esiti straordinari. Anche in questo caso il protagonista è un bambino, del quale seguiamo la maturazione e l’ingresso nella vita adulta.
Orfano di un soldato irlandese, il piccolo Kim vive di espedienti nelle strade di Lahore e negli spazi sconfinati dell’India, mirabilmente descritti nella loro varietà di dialetti, usanze e paesaggi. Come compagno di strada e maestro di vita Kim non ha un branco di lupi, ma un santone che è sceso dalle montagne del Tibet alla ricerca di un mitico fiume purificatore. Il giorno in cui s’imbatte nel reggimento inglese al quale apparteneva suo padre, però, il piccolo indostano Kim diventa Kimball O’Hara ed è costretto a rinunciare alla propria libertà. «Un prete mi ha dato dei vestiti e un nome nuovo. Un altro prete però era un pazzo. I vestiti sono molto pesanti, ma io sono un sahib e anche il mio cuore è pesante. Essi mi mandano a scuola e mi battono. Non mi piace qui né l’aria né l’acqua. Vieni e aiutami, o Mahbub Alì», scrive disperato al suo amico nero, un commerciante di cavalli.
Poi Kim si adatta alla sua nuova condizione e in lui le due identità, quella inglese e quella indiana si riconciliano. Data la sua conoscenza dell’India e la sua abilità nel travestimento, le autorità a cui deve ubbidienza gli hanno concesso un ruolo speciale: diventa agente segreto. Kim torna dunque a vagabondare, a travestirsi, a sgattaiolare in zone proibite, a mescolarsi a contadini, viandanti e soldati, ma ciò avviene in funzione delle necessità politiche britanniche, che giustificano ogni sconfinamento, sfida e atto di simulazione.
Il piccolo agente acquista la consapevolezza del proprio ruolo nel «grande gioco» della politica imperiale senza che questo distrugga la sua anima indiana. Lui non potrà mai essere come quello straniero, che vedendo il santone dispiegare una carta misteriosa esclama con rabbia: «Perché la vista di lui ci fa sentire che siamo un popolo così giovane? Noi non abbiamo lasciato in nessun luogo la nostra orma. In nessun luogo! Questo è quello che mi tormenta. Capisci?». Kim appartiene col cuore a quel mondo antico, anche se con la ragione è già un bravo suddito britannico. Quando durante una missione incontra il suo primo maestro, il vecchio santone che ha trovato il suo fiume ed è sulla via del ritorno, Kim dimentica di essere un sahib e diventa il suo chela, un servitore fedele che lo scorterà fino agli amati monti.