Košice (ungh. Kassa; ted. Kaschau) Città della Slovacchia (233.659 ab. nel 2008), capoluogo dell’omonima provincia (6752 km2 con 775.509 ab. nel 2008), a 211 m s.l.m. ai piedi del versante orientale dei Monti Metalliferi Slovacchi, su una via commerciale che dalla pianura ungherese porta verso quella polacca. È sede di importanti industrie siderurgiche, chimiche, meccaniche, alimentari, della carta, del legno e delle porcellane.
Nel 14° sec. monopolizzò il commercio polacco e russo verso l’Ungheria e acquistò anche importanza militare, come centro della ribellione slovacca contro i re angioini. Jiskra di Brandys la trasformò in fortezza, facendone il centro militare e amministrativo del suo dominio in Slovacchia (15° sec.); divenuta il centro principale del protestantesimo nell’Ungheria Superiore, K. diresse la lotta antiasburgica nel 16° e 17° secolo. Aggiudicata per il trattato del Trianon allo Stato cecoslovacco (1920), tornò a farne parte, dopo 7 anni (1938-45) di dominazione ungherese, al termine della Seconda guerra mondiale.
Beati martiri di K. Sono i tre sacerdoti, Marco Stefano Crisino (n. Križevci 1588), Melchior Grodezio (n. Tešín 1584) e Stefano Pongrazio (n. 1582), uccisi a K. il 7 settembre 1619 da soldati calvinisti. Furono beatificati nel 1905.
Carta di K. Uno dei documenti più importanti della storia costituzionale della Polonia. La nobiltà polacca, il 17 settembre 1374, riconobbe a Luigi d’Angiò, re d’Ungheria e di Polonia, il diritto alla designazione di un successore dinastico anche in linea femminile. Il re concesse alla nobiltà la prima generale «carta di diritti», esentandoli dal pagamento di qualsiasi imposta e affidando loro in esclusiva l’amministrazione delle singole province; garantì inoltre che solo dei Polacchi sarebbero stati nominati starosta (governatori regi) dei 23 castelli più importanti, escludendo stranieri e persone della famiglia reale.
Programma di K. Fu firmato il 27 marzo 1945 da sei partiti cechi e slovacchi (populisti, socialisti nazionali, socialdemocratici, partito comunista ceco, democratici slovacchi e comunisti slovacchi) riuniti in un Fronte nazionale. Secondo il programma, la politica estera della Cecoslovacchia avrebbe dovuto fondarsi sull’alleanza con l’URSS e gli altri Stati slavi. Il programma si estendeva quindi alla riforma agraria, tributaria e fiscale, alla nazionalizzazione delle industrie chiave e degli istituti d’assicurazione.