Nella teologia cattolica, sistema morale secondo il quale in presenza di un dubbio sulla validità di una legge si è autorizzati a non seguirla. Si oppone al tuziorismo rigido, che esige l’osservanza della legge finché non ne sia accertata con sicurezza l’inesistenza, e si differenzia pure dal probabiliorismo (per cui non si è tenuti a osservare la legge se la sua inesistenza è più probabile della sua esistenza), come dal probabilismo (per cui non si è obbligati anche se per l’inesistenza della legge morale vi siano motivi solamente probabili).
Storicamente si ritrova soprattutto in alcuni moralisti cattolici del 17° sec. come tendenza a risolvere in maniera eccessivamente ‘lassa’ alcuni problemi di morale. Ciò soprattutto si verificò come sviluppo di indirizzi probabilistici e casistici che, dissolvendo la legge morale in un complesso di norme legalistiche o «casi», finirono per giungere a negare l’obbligazione, in base al principio che «quando si agisce affidandosi a una probabilità sia intrinseca sia estrinseca, per debole che sia, purché resti nei limiti della probabilità, si agisce sempre prudentemente». Il primo attacco al l. mosse da Roma, con la condanna (1640) di alcuni scritti del p. É. Bauny, incorsi pure nella censura della facoltà teologica di Parigi (1641). La polemica contro il l. si congiunse poi a quella contro la casistica e i gesuiti che ne erano i teorizzatori, e su di essa si inserì quella dei giansenisti, difensori del più intransigente rigorismo morale. Roma intervenne nelle polemiche, con le condanne dei giansenisti da un lato e di tesi e scritti lassisti dall’altro; soprattutto molto deciso nella repressione della casistica e del l. fu Innocenzo XI (1679).