Uomo politico francese (n. Meudon 1937). Socialista, è stato primo ministro (1997-2002) di un governo comprendente tutte le componenti della sinistra. Difensore della tradizione socialista francese, prese le distanze dal manifesto social-liberale di T. Blair e G. Schröder. Candidato alle presidenziali nel 2002, fu sconfitto inaspettatamente al primo turno dal candidato dell'estrema destra, J.-M. Le Pen. Dimessosi dalla carica di primo ministro, nel maggio 2005 è tornato sulla scena politica per la campagna referendaria sulla Costituzione europea; non si è candidato alle presidenziali del 2007, per le quali il Partito socialista ha designato Ségolène Royal, uscita sconfitta dal confronto con Nicolas Sarkozy.
Iscritto al Partito socialista dal 1971, ne divenne segretario dal 1981 al 1987. Ministro dell'Educazione nazionale (1988-92), fu sconfitto da J.-R. Chirac alle presidenziali del maggio 1995, dove ottenne comunque un clamoroso successo al secondo turno elettorale (47,4% dei voti). Guidò la campagna socialista per le elezioni legislative del 1997, presentando un programma incentrato, in politica interna, sui problemi dell'occupazione e della riduzione dell'orario di lavoro e, in politica internazionale, sulla necessità di superare una visione esclusivamente monetarista dell'Unione Europea. Dopo la vittoria elettorale del giugno 1997 (il centrosinistra ottenne 319 seggi, di cui 241 andarono ai socialisti), formò un governo nel quale entrarono tutte le componenti della sinistra francese: socialisti, comunisti, verdi, radicali. Nei primi anni il nuovo esecutivo si distinse per alcune importanti iniziative: nell'aprile 1998 varò una nuova legge per regolarizzare la posizione degli immigrati clandestini (detti sans papiers, che costituivano un problema al centro della vita politica francese dal 1996), mentre il mese successivo veniva approvata la legge sulla durata legale della settimana lavorativa di 35 ore. Tra il 1998 e il 1999 la posizione di J. si rafforzò notevolmente: nonostante i contrasti sorti all'interno dell'alleanza di governo, e nella stessa opinione pubblica, di fronte all'intervento nella guerra contro la Repubblica Federale di Iugoslavia (marzo-giugno 1999), la coalizione governativa ottenne infatti una netta affermazione nelle elezioni europee (giugno 1999), unico caso tra i governi di centrosinistra dei paesi europei appartenenti alla NATO. Durante la campagna elettorale J. aveva sostenuto l'"originalità" e la "tradizione" del socialismo francese, prendendo le distanze dal manifesto social-liberale di T. Blair e G. Schröder in nome di una linea più cauta nei confronti sia del liberismo sia dell'atlantismo. Presentatosi tuttavia alle elezioni presidenziali con un programma meno incisivo sul piano progettuale e incentrato prevalentemente sulla questione dell'ordine pubblico, J. veniva inaspettatamente sconfitto al primo turno (aprile 2002). In una consultazione che vide un astensionismo del 27% e una frammentazione delle forze della sinistra, J. ottenne il 16,2% dei voti contro il 19,9 di J.-R. Chirac e il 16,8 del leader dell'estrema destra J.-M. Le Pen. In seguito a questo risultato, J. rassegnava le proprie dimissioni dalla carica di primo ministro (maggio). È ritornato sulla scena politica realizzando una energica campagna a favore del 'sì' al referendum sulla Costituzione europea il 29 maggio 2005. Nel 2006 ha rinunciato a candidarsi alle presidenziali dell’anno successivo, per le quali il Partito socialista ha designato Ségolène Royal, poi uscita sconfitta dal confronto con Nicolas Sarkozy; all’ex candidata non ha risparmiato severe critiche nel libro L’impasse (2007), amara e polemica disamina sulle ragioni del fallimento della sinistra.