Regista e critico cinematografico italiano (Roma 1924 - ivi 2007). Proveniente da una delle più importanti famiglie della cultura italiana del Novecento, nipote dello storico del teatro italiano Silvio d’Amico, intraprese giovanissimo la carriera di critico con lo pseudonimo di Filippo Mercati, nome che impiegò anche per le prime collaborazioni come sceneggiatore e aiuto regista. Il suo esordio come regista rimonta al 1955 con Bravissimo, pellicola in cui è già evidente la sua abilità a imprimere alla narrazione un ritmo serrato, cui fecero seguito: alla narrazione: le scene si susseguono rapide, i fatti sono ben concatenati e lo spettatore rimane attratto dalla storia, incuriosito dal suo sviluppo e dal suo esito Noi siamo le colonne (1956), Mariti a congresso e Akiko, entrambi datati al 1961. Il primo utilizza il pretesto della partecipazione ad un congresso per imbastire storie incrociate di avventure e tradimenti, tentati e/o riusciti. Solito cast importante con W. Chiari, A. Lionello, S. Pampanini, J. Sassard, M. Merlini, E. Calindri e altri. Più interessante Akiko: l’idea base è l’inserimento di un elemento esotico, quale può essere una ragazza giapponese, nel contesto della vita popolare di una quartiere romano. presente tutto il mondo dei personaggi tipici, dal bullo al ladruncolo, e la storia si sviluppa con i toni della commedia tra equivoci e colpi di scena. Tra i protagonisti A. Checchi, V. Fabrizi, P. Panelli, M. Merlini, G. Furia.
L’anno successivo d’A. abbandona i toni della commedia e si cimenta in un film di guerra, Quattro notti con Alba, che vede tra i suoi interpreti C. Alonso, P. Baldwin, E. Manni, F. Fabrizi e C. Gora. Per tre anni il regista non realizza film e nel 1965 firma l’episodio Guglielmo il dentone nel film I complessi (gli altri episodi sono diretti da D. Risi e F. Rossi). Guglielmo il dentone rappresenta senza dubbio il momento più alto del film: "[...] Nel suo genere e a modo suo, è un piccolo capolavoro di fantasia, di grazia e di comicità, che consente tra l'altro all'attore di prodursi in un irresistibile pezzo di bravura. [...] D'Amico regista dirige con eleganza" (O. Orsini, «La Notte», 18 settembre 1965). La satira prende di mira la televisione e il suo sistema per il reclutamento dei lettori di telegiornali, Alberto Sordi offre una interpretazione straordinaria nella parte del concorrente impresentabile (a causa degli enormi denti) ma ineleminabile per la sua mostruosa bravura. Di rilievo la presenza di molti personaggi televisivi che interpretano se stessi: N. Loy, E. Campagnoli, L. Luttazzi, A. Cutolo, A. Trovaioli, V. Talarico, L. J. Wollemborg, G. Germani, le gemelle Kessler.
Altro film collettivo l’anno seguente: si tratta de I nostri mariti, nel quale d'A. gira il primo dei tre episodi dal titolo Il marito di Roberta (gli altri registi sono D. Risi e L. Zampa). Anche in questo caso d’A. si affida ad Sordi, ma il risultato non è positivo come nel film precedente. A questo punto il regista prende una pausa dal mondo del cinema e nel 1968 gira una serie di 5 telefilm per la televisione (allora c’era solo la Rai) dal titolo complessivo Il mondo di Pirandello. D’A. gioca in casa e lavora su un autore che conosce a fondo, essendone addirittura diventato parente.
Il ritorno al cinema segna un momento importante, di nuovo con Sordi, nel 1970 dirige Il presidente del Borgorosso Football Club. Anche in questo film Sordi è protagonista indiscusso, oltreché coautore del soggetto e della sceneggiatura. Buon successo di pubblico grazie alla popolarità del tema e dell’attore, la critica non lo accoglie positivamente forse con un eccesso di severità. In realtà il film è godibile, disseminato di piccole trovate che lo rendono interessante fino alle ultime inquadrature. Il mondo del calcio viene descritto nei suoi eccessi, anche in maniera paradossale ma credibile, il divertimento è genuino.
Il film seguente, nel 1973, è Amore e ginnastica, sul quale ci si deve soffermare in quanto rappresenta il più importante risultato della carriera del regista. Il soggetto è tratto dall’omonimo racconto di E. De Amicis, la sceneggiatura è scritta dallo stesso regista insieme alla cugina Suso Cecchi D’Amico e a T. Pinelli. La storia è ambientata a Torino alla fine dell’Ottocento. Racconta l’infatuazione di Simone Celzani (L. Capolicchio), per Maria Pedani (S. Berger). Entrambi vivono nello stesso palazzo, uno stabile signorile nel centro della città, amministrato da Simone che è nipote del proprietario, il commendator Celzani (un esilarante A. Faà di Bruno). Il giovane ha trascorso alcuni anni in seminario ed è rimasto timido e impacciato, lei è una maestra bella e dinamica, dedita alla divulgazione della ginnastica nella scuola: la materia era appena stata introdotta nei programmi ministeriali e provocava accesi dibattiti tra i favorevoli e i contrari. La storia d’amore appare impossibile perché i due caratteri sono agli antipodi, ma quando tutto sembra finire negativamente ecco che un lungo bacio sui titoli di coda suggella l’amore tra i due protagonisti. Il film è condotto su un tono di lieve ed elegante umorismo. Gli autori rispettano il racconto (definito da Italo Calvino “probabilmente il più bello, certo il più ricco di humour [...] che mai scrisse Edmondo De Amicis”) ed introducono solo alcune modifiche che ne mantengono intatta la freschezza. Senta Berger è una Maria Pedani perfetta, voluta fortemente da d’A. per questo ruolo; Capolicchio, conosciuto per le sue interpretazioni drammatiche, sorprende per la capacità di caratterizzare fino all’eccesso l’aspetto comico del suo personaggio.
L’ambientazione storica è ben curata, di rilievo l’apporto di Pinelli nella sceneggiatura. Pinelli era cresciuto a Torino in una importante famiglia della città, conosceva le inflessioni della parlata piemontese, a lui si devono i termini dialettali anche desueti che spesso vengono utilizzati dai protagonisti e contribuiscono al divertimento dello spettatore. Amore e ginnastica è sicuramente buon cinema, un prodotto di alto livello realizzato da un insieme di grandi professionisti tra i quali è giusto ricordare M. Gatti alla fotografia (lavorò tra gli altri in tutti i film di G. Pontecorvo) e A. Trovaioli per le musiche.
Gli ultimi tre film di d’A. come regista sono L’arbitro (1974), Il domestico (1974) e San Pasquale Baylonne protettore delle donne (1976). Caratteristica comune è quella di avere come protagonista L. Buzzanca, ma bisogna subito dire che il sodalizio con l’attore siciliano non porta d’A. agli stessi risultati raggiunti con Sordi. La critica non è tenera con questi film, parla di comicità facile e scollacciata, commediacce all’italiana nelle quali il regista è ben lontano dalla finezza di Amore e ginnastica. A parziale scusante di d'A. considerare il fatto che di questi lavori non scrisse la sceneggiatura limitandosi alla regia, ma indubbiamente le sue qualità, soprattutto culturali, non furono certo valorizzate negli ultimi film.
Per concludere al meglio la storia artistica di questo protagonista della cultura italiana ricordiamo i due testi, editi da Sellerio, Il cappellino e L’uomo delle contraddizioni, ed infine le dieci puntate su Radio Raitre, durante le quali nel 2006 d’A. parlò dettagliatamente di Pirandello in occasione del settantesimo anniversario della morte. A dimostrazione del valore artistico riconosciuto, il film Amore e ginnastica è stato restaurato dal Centro sperimentale di cinematografia - Cineteca nazionale, l’anteprima fu presentata al Museo del cinema di Torino. La proiezione avvenne nel mese di gennaio e il regista fu presente in quella che può essere considerata la sua ultima apparizione pubblica.