Scrittore latino di Cartagine (inizio sec. 5º d. C.); autore di un'opera enciclopedica in nove libri, De nuptiis Mercurii et Philologiae, in forma di favola mitologica misticheggiante. Nei primi due libri la Filologia ottiene da Apollo di poter sposare Mercurio purché abbandoni il sapere terreno esposto poi nei 7 libri successivi dalle ancelle di Apollo, le sette arti liberali. Lo stile è spesso artificioso e ricco di parole rare e neologismi. Nelle parti poetiche sono usati, e con bravura, numerosi metri classici. Per la favola la fonte principale sono le Metamorfosi di Apuleio; per la parte enciclopedica dovette certo risalire all'opera di Varrone, oltre che a scritti speciali tardi. M. C. ebbe grandissima fortuna nel Medioevo; la sua opera fu molto usata per scopi scolastici come manuale e fu spesso commentata; larga la sua influenza anche nelle arti figurative per la descrizione delle sette arti liberali. Fra i suoi commentatori sono da ricordare Giovanni Scoto e Remigio di Auxerre, quest'ultimo per la parte musicale (libro 9º) del De nuptiis. Per la storia della musica hanno importanza anche i riferimenti da Aristide Quintiliano (e quindi dai teorici musicali greci) presenti nei primi due libri.