Scrittore latino di origine africana (Madaura 125 d. C. circa - Cartagine 180 d. C. circa). Narratore abilissimo, è una delle figure più singolari della letteratura latina; il suo stile, ricco di accorgimenti retorici ma personalissimo, esercitò notevole influsso sulla letteratura successiva. Capolavoro di A. è il romanzo Metamorfosi, conosciuto anche come L'asino d'oro, che per i toni realistici si avvicina al suo precedente latino, il Satyricon di Petronio.
Madaura è fra la Numidia e la Getulia, per cui egli si diceva mezzo numida e mezzo getulo. Studiò a Cartagine, poi ad Atene, le più svariate discipline e arti, ma soprattutto filosofia platonica. Viaggiò per l'Asia greca e fu anche a Roma. Tornato in Africa fu ospite, all'età di circa 30 anni, in Oea (od. Tripoli), d'un suo compagno di studi, Ponziano, e anche per suggestione di lui ne sposò la ricca madre Emilia Pudentilla, vedova da circa 15 anni. Ma morto di lì a poco Ponziano, il giovanissimo fratello minore, Sicinio Pudente, istigato anche dal suocero di Ponziano (che per cupidigia dell'eredità di Pudentilla voleva fargli sposare, quando fosse giunto a maggiore età, la propria figlia ormai vedova di Ponziano), accusò A. di magia e di avere adescato con sortilegi la matura Pudentilla per avidità di denaro. A. si difese con abilità ed energia e fu prosciolto, non si sa però se con formula piena. Si stabilì poi a Cartagine, dove ebbe cariche sacerdotali.
Le opere superstiti di A. sono scritti di retorica (Apologia e Florida), un romanzo (Metamorfosi), tre trattati filosofici. L'Apologia (o Pro se de magia liber) è l'orazione tenuta da A. per discolparsi dall'accusa di magia, rimaneggiata in seguito dall'autore; il tono è scherzoso e beffardo, abbondano episodi, digressioni; è un raro documento dell'eloquenza giudiziaria sotto l'Impero e ci dà notizie preziose sugli usi giudiziari e sulle pratiche magiche. I Florida sono una specie di antologia della lussureggiante eloquenza apuleiana, fatta forse da un discepolo o ammiratore di A., dei 4 libri di declamazioni (sono 23 estratti) tenute da A. a Cartagine nel tempo in cui regnarono insieme M. Aurelio e L. Vero (161-169 d. C.).
Le Metamorfosi (Metamorphoseon libri XI), o Asino d'oro (Asinus aureus), sono l'opera principale: dovette essere scritta dopo l'Apologia, altrimenti gli accusatori d'A. ne avrebbero tratto profitto per rinforzare le loro accuse, dato che l'opera è licenziosa in gran parte e piena di portenti magici. È un romanzo, contenente il racconto delle avventure che capitano a un giovane Lucio, trasformato in asino, prima che egli possa tornare a forma umana mangiando un cespo di rose. Tra le novelle di vario genere che s'intramezzano al racconto principale, la più lunga e più nota è la favola di Amore e Psiche, dalla fine del quarto libro al principio del sesto, che ha la freschezza e la grazia della fiaba popolare; in essa è adombrato allegoricamente il cammino dell'anima umana che, attraverso prove faticose, aiutata dal favore divino e redenta dall'amore, acquista l'immortale felicità; come nella favola dell'uomo-asino si può vedere un'allegoria, culminante nell'epilogo della redenzione, e consacrazione mistica del protagonista, che avviene durante una processione in onore di Iside. Tranne quest'ultima parte, nella quale più scoperte e sicure appaiono le allusioni autobiografiche e che sembra aggiunta originale di A., il resto dell'opera presenta evidenti somiglianze con L'asino (῎Ονος) attribuito a Luciano; e si ritiene ora che fonte comune alle due opere fossero i primi due libri dei Λόγοι διάϕοροι di Lucio di Patre, di cui parla Fozio nella sua Bioliotheca, pur variando sensibilmente le opinioni dei critici sull'essenza delle tre opere e sui rapporti fra esse. Degli scritti filosofici, il De deo Socratis è un trattatello di demonologia; il De Platone et eius dogmate, in due libri, è un'introduzione alla filosofia di Platone. Il De mundo è un libero rifacimento dello scritto pseudo-aristotelico dello stesso titolo. Fra le opere apocrife si ricordi l'Asclepius, dialogo fra Ermete Trismegisto e Asclepio.
A. è una delle figure più singolari della letteratura provinciale latina, già sottratta al potere accentratore di Roma. Scrittore latino, ma espertissimo anche della lingua greca, svolse la sua attività lontano dalla capitale avvicinandosi al movimento culturale ellenistico che va sotto il nome di "seconda sofistica": con essa ha comune l'abito del conferenziere pronto a ostentare in ogni occasione la sua abilità e la sua cultura e anche, in fondo, l'inclinazione alla novellistica, sebbene il suo romanzo si differenzi notevolmente da quello greco e si avvicini piuttosto, per i toni realistici, al suo precedente latino, il Satyricon di Petronio. A. si professa filosofo e platonico: ma, precorrendo in ciò alcuni caratteri del neoplatonismo, egli tende a isolare e valorizzare nella dottrina del maestro tutto quanto inclini al misterico; e spesso nelle sue opere egli appare vibrante di una religiosità torbida, aperta a esperienze magiche e iniziatiche, quella religiosità che riconosceva il suo profeta in Apollonio di Tiana. Nel contrasto tra il verismo beffardo e spesso scurrile di alcuni episodi, l'assurdità delle scene magiche, il calore dell'aspirazione mistica, è forse il fascino maggiore del romanzo di A., anche se il trapasso da un atteggiamento all'altro ci appare spesso realizzato in maniera elementare. A. è comunque un narratore felicissimo, specialmente nei toni scanzonati della novella salace o in quelli ingenui della fiaba (meno in quelli truci di alcune narrazioni che vorrebbero essere tragiche). Lo stile smagliante, rotto a tutti gli accorgimenti retorici, saturo di esperienze culturali e tuttavia personalissimo, esercitò notevole influsso sulla successiva letteratura, anche sulla prosa latina del Petrarca. Il Boccaccio trasse dall'Asino d'oro ispirazione per alcune novelle, Agnolo Firenzuola lo tradusse rielaborandolo in italiano.