Scrittore latino (sec. 1º d. C.) dell'età neroniana. Viene identificato con l'aristocratico romano che fu proconsole in Bitinia e morì suicida, coinvolto nella congiura pisoniana (66 d.C.), famoso per l'eleganza e la dissolutezza dei costumi. Scrisse, parte in prosa parte in versi, il Satyricon, considerato, con le Metamorfosi di Apuleio, l'unico «romanzo» della letteratura latina.
Autore di una satira menippea in molti libri, dal probabile titolo di Satyricon. Il prenome fu Gaio o Tito; il cognome Arbiter, che gli è attribuito, deriva forse dalla fama di arbiter elegantiarum che godette presso la corte di Nerone. P. viene generalmente identificato con l'aristocratico romano, del quale fa cenno Tacito, che fu proconsole in Bitinia e morì suicida, coinvolto nella congiura pisoniana (66 d. C.), lasciando ricordo di sé per la magnificenza, il gusto fastoso e la dissolutezza dei costumi, dopo aver a lungo goduto dei favori di Nerone. La sua opera ci è giunta solo in frammenti, e poiché sia il contenuto dei frammenti, sia le notizie sulla vita di P. sono non privi di oscurità, l'attribuzione e la datazione dell'opera e della vita stessa dell'autore sono oggetto di contestazione (secondo alcuni, il P. di Tacito e l'autore del Satyricon sarebbero due persone diverse, e il romanzo sarebbe del sec. 3º). Anche la patria di P. è discussa: secondo alcuni fu di origine gallica, secondo altri campano, secondo altri ancora romano. Di lui non parlano, come autore del Satyricon, gli autori posteriori, fino a Terenziano Mauro (fine 2º o 3º sec.).
Il Satyricon è una satira menippea, una composizione, cioè, mista di prosa e versi, di contenuto narrativo ma con digressioni d'ogni genere. È incerto il numero dei libri, ma dovette essere superiore a sedici; i frammenti ci sono giunti in tre gruppi: la Cena Trimalchionis (il frammento più ampio, scoperto nel 1650 circa), gli excerpta vulgaria, serie di brevi frammenti, e i frammenti lunghi, in un codice dello Scaligero. Tutta la tradizione sembra però risalire a un unico archetipo, del sec. 7º e 8º, epoca in cui la conoscenza integrale del Satyricon dovette aver fine. Il romanzo, del quale non è possibile ricostruire l'intera trama, è ambientato in località diverse, fra le quali si possono individuare, per gli episodi conservati, una città della Campania, non bene identificata, Crotone, perfino Marsiglia. Vi agisce una folla di personaggi (tra cui spiccano il giovane Encolpio, una complessa figura di avventuriero ed esteta, l'amasio di questo, Gitone, l'arrogante e corrotto Ascilto, dapprima amico di Encolpio, poi trasformatosi in rivale d'amore e accanito guastafeste, il vecchio e vizioso poetastro Eumolpo, l'ex schiavo arricchito Trimalchione, e una schiera di figure minori di stampo non dissimile), che variamente si mescolano in un susseguirsi rapido di episodi diversi (incontri in casa di arricchiti privi di scrupoli, intrecci di amicizie particolari, avventure in malfamate locande, scene di sevizie priapee, banchetti di una sontuosità sfrenata e volgare, fughe e inseguimenti, naufragi e salvataggi avventurosi, beffe ai danni d'intere città). Vero è che non si riesce a connettere fra di loro tutti questi episodi; è tuttavia possibile farsi un'idea non generica della personalità dell'artista. P. rappresenta un'eccezione nella cultura del suo tempo: l'aristocraticità del suo gusto non si esprime nella scelta di un contenuto elevato o elegante ma, al contrario, nella rappresentazione d'un mondo sordido e abietto. Egli è il primo scrittore del quale si possa parlare come d'un realista; anche se la parola va intesa senza dimenticare che la ricchezza dei particolari realistici è accumulata da P. in funzione di una fantasia ironica, capricciosa e intelligente, sì che il Satyricon è opera a doppia faccia, l'una d'immediata comprensione, il romanzo d'avventure, osceno e assurdo, l'altra comprensibile solo agli intenditori capaci di cogliere il valore dello stile e le riposte intenzioni ironiche e satiriche dei mille riferimenti sparsi nelle digressioni e nel parlare stesso dei personaggi. Lo stile di P. è un singolare impasto di volgare e di aristocratico, ricco di idiotismi e di barbarismi, col quale lo scrittore ottiene vivaci effetti nella rappresentazione degli ambienti in cui si svolge la sua storia, che vanno dalla scuola dei retori alle bettole, ai porti, alle navi: il verso compare, usato con raffinatezza o con voluta ampollosità, per parodiare Lucano o la Presa di Troia di Nerone. Per la fantasia, l'evidenza del racconto, la sapienza e l'intelligenza del caratterizzare, il Satyricon è una delle più singolari e belle opere della letteratura latina, fuori dei canoni d'ogni scuola ma frutto di una cultura vastissima e raffinata.