letteratura Tendenza letteraria italiana, corrispondente al naturalismo (➔) francese. Il v. nasce nel secondo Ottocento, quando l’aspetto del romanticismo che tendeva alla parola-musica si era ridotto a generico sentimentalismo; contro di esso il romanticismo stesso reagì puntando sull’altro suo aspetto, che tendeva alla parola-cosa, cioè sul realismo (➔). Varie sono le vie di tale reazione: la poesia ‘maledetta’ degli scapigliati; quella familiare e borghese di V. Betteloni e di altri; quella stilisticamente sostenuta ma a suo modo anch’essa realistica di G. Carducci. In questo ambiente non poteva restare senza eco il naturalismo francese, che infatti fu accolto con grande favore, per es., dal massimo critico romantico, F. De Sanctis; anche L. Capuana se ne fece attivamente promotore, anche se talvolta in modo contraddittorio. Ma, a parte qualche pagina narrativa dello stesso Capuana, il naturalismo italiano, che preferì chiamarsi v., fu assai lontano da quello francese. Per es., il massimo scrittore verista d’Italia, G. Verga, che pure nella seconda e più importante fase della sua attività prese dichiaratamente l’avvio dai dettami naturalistici, se ne staccò, rifuggendo radicalmente dallo scientismo e dalla sperimentalità della narrativa di É. Zola e seguaci. Verga interpretò il naturalismo essenzialmente come regionalismo; e così fecero anche, oltre Capuana, F. De Roberto, S. Di Giacomo, M. Serao, R. Fucini, il primo D’Annunzio, G. Deledda e tanti altri. Tutti individuarono nel mondo popolare e borghese delle varie regioni (Sicilia, Napoli, Toscana, Abruzzi, Sardegna ecc.) una miniera di osservazioni non ancora sfruttate dalla narrativa italiana, e in ogni modo lontanissime dal sentimentalismo convenzionale della narrativa tardo-romantica.
Contemporaneamente, nel campo della poesia, O. Guerrini con i suoi Postuma (1877) diede l’avvio a una rumorosa polemica in difesa di una poesia che, di contro alle svenevolezze sentimentali, cantasse l’amore e in genere la vita senza ‘idealizzazioni’ né veli. In effetti tale poesia, dopo quella degli scapigliati, non era una novità, anche se parve tale per la vivacità polemica di Guerrini. musica Con il termine v. si indica in musica un filone dell’opera lirica italiana affermatosi nell’ultimo decennio dell’Ottocento con sue precise caratteristiche, in sintonia con la parallela tendenza verista nella letteratura e nel teatro. Segni distintivi di tale corrente musicale furono il ricorso a stilemi popolari e di estrazione quotidiana (stornelli, barcarole, danze, serenate, cerimonie collettive), la citazione o la reinvenzione in stile di ogni manifestazione musicale legata alla vita reale, l’utilizzo di un declamato lirico non immune da una serie di efficaci espressioni sonore (grida, richiami, lamenti, pianti, singhiozzi), una orchestrazione che sottolinea la forza drammatica del racconto scenico, esaltando i moti dell’animo. Opera spartiacque risultò nel 1890 la Cavalleria rusticana di P. Mascagni, desunta dall’omonima novella di G. Verga, mentre il manifesto più esplicito della nuova tendenza musicale è ravvisabile nel prologo de I Pagliacci (1892) di R. Leoncavallo, opera ispirata a un fatto di cronaca.