Scrittore iraniano (Ispahan 1892 - Ginevra 1997). Nato nel 1892, data di cui egli stesso venne a conoscenza solo in tarda età, da un predicatore sciita costretto all'esilio per la sua attività nel movimento costituzionalista del 1905, ricevette un'educazione di tipo occidentale, prima a Beirut e poi in Europa a Losanna, Digione e Berlino. Qui pubblicò la raccolta di racconti satirici Yakī būd yakī nabūd ("C'era una volta", 1921), con cui si inaugurò la narrativa persiana moderna. Tecniche e moduli europei trovarono applicazione nel genere classico del racconto; la riforma riguardò principalmente la lingua, che si avvicinò ai modi del parlato, e ai temi, che si tinsero di realismo, scadendo tuttavia, talvolta, nel bozzettismo. Trasferitosi a Ginevra, pubblicò altre opere che non raggiunsero l'efficacia narrativa della prima. Si ricordano fra queste Dār al-Magiānīn ("Il Manicomio", 1942); Ṣaḥrā-i maḥshar ("La Piana della Resurrezione", 1947); Rāh-i āb-nāme ("L'affare del canale", 1948); Sar u tah-i yak kirbās yā Isfahān-nāme ("Da un capo all'altro della tela o libro di Esfahan", 2 voll., 1956); āsmān u rismān ("Guazzabuglio", 1964); Qiṣṣa-i mā ba akhar rasīd ("Il mio racconto si è concluso", 1978); Haft kishwar shāmil-i haft dārtān ("Le sette regioni in sette storie", 1983). Si interessò, inoltre, di critica (Ṭarīqa-i nevisandegī wa dāstānsarā'ī "I metodi della composizione e della novellistica", 1966), e scrisse opere di carattere storico-sociale a testimonianza del suo interesse per il proprio paese: Khulqiyyāt-i mā Iranīān ("Il carattere di noi Persiani", 1966); Khāṭirāt-i siyāsi wa tārīkhī ("Pensieri politici e storici", 1983); Demokrāsī-i khudemānī ("La nostra democrazia", 1984).