Mosè (ebr. Mōsheh) Nella Bibbia, liberatore del popolo d’Israele dall’Egitto e suo legislatore nel deserto. Secondo il racconto dell’Esodo, nacque dalla stirpe di Levi, mentre gli Ebrei in Egitto erano perseguitati. Sua madre, invece di farlo gettare nel fiume secondo i decreti della persecuzione, lo depose nella giuncaia del Nilo entro una cesta, e qui fu trovato da una figlia del faraone, che lo prese e lo allevò alla corte. Per aver ucciso un Egiziano che bastonava un Ebreo, dovette fuggire nel deserto di Madian, dove il Dio d’Israele gli si rivelò col suo nome Yahweh e gli affidò la liberazione del popolo ebraico. Tornato in Egitto, tentò vanamente di persuadere il faraone a lasciar liberi gli Ebrei; e allora richiamò sull’Egitto le «dieci piaghe», al termine delle quali fu concesso il permesso di partire. Gli Ebrei mossero così, sotto la guida di M., verso il Mar Rosso. Rincorsi dall’esercito del faraone, che voleva nuovamente trattenerli, riuscirono tuttavia ad attraversare il mare, che travolse invece gli inseguitori. M. procedette quindi verso il Monte Sinai, e qui ebbe molte rivelazioni da Yahweh, ricevendone le leggi morali e culturali per il popolo (il cosiddetto decalogo). Ripartì poi verso la terra di Canaan. Dopo una permanenza di circa 40 anni nel deserto, gli Ebrei conquistarono la Transgiordania meridionale, e qui, sul Monte Nebo, M. morì in vista della Terra Promessa.
Sull’epoca della vita di M. e dell’Esodo, prevale oggi la tesi che essa sia il 13° sec. a.C. Il faraone persecutore può essere Ramesse II (1279-12 ca.) e quello dell’Esodo Merenptah (1212-02).
Le storie di M., rappresentate in cicli narrativi o in singoli episodi, trovano già dal 3° sec. d.C. compiute raffigurazioni in pitture catacombali, sarcofagi e complessi monumentali.
Assunzione di M. Scritto apocrifo dell’Antico Testamento. Il testo latino, conservato in un palinsesto ambrosiano del 6° sec., riproduce, tradotto dal greco, un originale ebraico o aramaico perduto ma variamente datato tra il 2° sec. a.C. e il 2° sec. d.C.