Neuroscienze. Basi fisiologiche dei processi decisionali
Un processo decisionale è un processo attraverso il quale avviene una scelta. Le basi fisiologiche dei processi decisionali hanno recentemente attirato un crescente interesse scientifico, e molta ricerca in questo campo è in corso. è dunque probabile (e auspicabile) che un censimento dell'attuale letteratura risulterà datato già tra pochi anni. Oggi si possono recensire oltre 1700 pubblicazioni scientifiche che trattano della fisiologia dei processi decisionali. In parte a motivo del fatto che si tratta di un campo in rapida evoluzione, il termine decision-making si trova usato in contesti e in relazione a sistemi biologici anche molto diversi tra loro: dalla drosofila che sceglie tra varie possibili rotte di volo, alla sanguisuga che sceglie se nuotare o strisciare, all'umano che sceglie tra diversi possibili investimenti finanziari. In questa sede ci limitiamo a considerare alcune linee di ricerca sulle basi fisiologiche di comportamenti che riteniamo meglio corrispondere alla comune intuizione di che cosa siano una scelta o una decisione.
In particolare, sono stati condotti esperimenti sull'attività cerebrale dei Primati in relazione a tre processi cognitivi: la decisione percettiva, la selezione del movimento e la scelta economica. Va detto, tuttavia, che i confini tra questi diversi processi cognitivi non risultano ancora del tutto definiti. Per esempio, le aree del lobo parietale del cervello sono funzionalmente intermedie tra quelle sensoriali e quelle motorie e non è del tutto chiaro se l'attività di singoli neuroni che ne fanno parte vada più propriamente interpretata come sensoriale o come motoria. Di conseguenza, l'attività neuronale registrata nell'area intraparietale laterale (area LIP) negli esperimenti di decisione percettiva, che viene di solito interpretata come un segnale percettivo, potrebbe invece rappresentare la pianificazione di un movimento oculare, ed essere quindi qualitativamente simile all'attività neuronale registrata nella stessa area LIP negli esperimenti di selezione del movimento. Per quanto riguarda i processi di scelta economica, esistono almeno due possibili modelli cognitivi attualmente in discussione. Da un lato, alcuni autori sostengono che la scelta economica sia una scelta tra atti motori che ha luogo in particolare nel lobo parietale; se questo fosse vero, la scelta economica e la selezione del movimento sarebbero due espressioni di uno stesso processo fisiologico e cognitivo. Dall'altro, un certo numero di risultati sperimentali suggerisce che la scelta economica sia essenzialmente una scelta tra beni che ha luogo in particolare nel lobo frontale. Naturalmente la questione è di natura empirica, e si può sperare che un quadro più chiaro emerga nei prossimi anni. Infine, esiste l'ipotesi che, in vari processi di scelta, il soggetto assegni mentalmente un valore alle opzioni offerte, e poi decida sulla base di questo valore. Dal punto di vista fisiologico, sia gli esperimenti sulla scelta economica sia quelli sulla selezione del movimento mostrano neuroni la cui attività codifica il (o è modulata dal) valore. D'altra parte, si sa ancora molto poco a proposito del processo di decisione, ovvero di comparazione dei valori. Possiamo sperare che la ricerca dei prossimi anni faccia luce anche su questa fondamentale questione.
La percezione sensoriale, per esempio di uno stimolo visivo, avviene di solito in modo così immediato che è difficile intuire i complessi meccanismi neuronali e computazionali che la generano. Solo quando sfidiamo in qualche modo le nostre abilità percettive ci accorgiamo che esse sono limitate, e possiamo studiarne i meccanismi. Per esempio, la percezione di un oggetto in movimento e della direzione del suo moto non richiedono di solito alcuno sforzo. Si possono però creare situazioni nelle quali percepire la direzione del moto è difficile e richiede una decisione.
La fig. 2 illustra un paradigma sperimentale che viene usato per studiare tale decisione percettiva. Un soggetto-scimmia è seduto di fronte a uno schermo e mantiene lo sguardo fisso su un punto posto al centro dello stesso, dove appare uno stimolo visivo detto cinetogramma a puntini (o random dot kinetogram). In ogni dato istante è presente sullo schermo un certo numero di puntini bianchi, e ogni decina di millisecondi ciascun puntino viene spostato in una specifica direzione (moto coerente) oppure sostituito da un altro puntino che compare in una posizione scelta a caso. La percentuale di puntini spostati coerentemente varia. In una situazione estrema, tutti i puntini vengono sostituiti a caso con puntini che appaiono in altre posizioni (0% di coerenza): in questo caso, alcuni puntini possono apparire localmente in moto in diverse direzioni, ma la direzione netta del moto è nulla. In un'altra situazione estrema, tutti i puntini vengono spostati in un'unica direzione (100% di coerenza), per esempio verso sinistra. Infine, ci sono molte possibilità intermedie, nelle quali solo una certa percentuale (per es., la metà) di puntini viene spostata in una certa direzione (in questo caso, 50% di coerenza). Il moto coerente può essere verso sinistra oppure verso destra, e il compito della scimmia è quello di riportare con un movimento oculare la direzione netta del moto. L'accuratezza e la velocità con le quali il soggetto riesce a percepire la direzione netta del moto dipende dal livello di coerenza (fig. 2A). Per coerenza >25%, l'accuratezza è vicina al 100% e i tempi di reazione sono brevi (〈450 msec); per coerenza vicina allo 0%, l'accuratezza è pari circa al 50% (ovvero la scimmia 'tira a indovinare') e i tempi di reazione sono lunghi (>800 msec). In altre parole, variando con continuità il livello di coerenza si può rendere il compito arbitrariamente difficile. Il processo mentale sottostante può essere interpretato come un processo decisionale, nel senso che la scimmia deve 'decidere' in che direzione percepire il moto netto. In particolare, quando questo ha bassa coerenza, la decisione (cioè la percezione) è più difficile e il soggetto deve integrare (accumulare) l'informazione visiva per un periodo più lungo. Quali meccanismi neuronali danno luogo alla percezione visiva del moto del cinetogramma?
A partire dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento sono state scoperte molte cose sul funzionamento del sistema visivo. Oggi sappiamo che i fotoni che arrivano nella retina generano degli spikes (o potenziali d'azione) nelle cellule gangliari, le quali proiettano nel talamo, e da lì nella corteccia visiva primaria (V1). Ciascun neurone di V1 ha un piccolo campo recettivo, ovvero una porzione limitata del campo visivo (di diametro variabile da una frazione di grado a qualche grado) tale che il neurone si attiva ('risponde') solo se un particolare stimolo è posto al suo interno. I neuroni di V1 processano aspetti molto semplici degli stimoli visivi, per esempio i bordi delle superfici. Poiché tutta l'informazione visiva passa da V1, si può dire che il resto del nostro sistema visivo, che globalmente forma circa un terzo della nostra corteccia, elabora informazioni processate da V1. Da V1 originano due distinte cascate (o flussi) di aree visive, che elaborano aspetti progressivamente più complessi degli stimoli visivi. Le aree del flusso ventrale, che terminano nel lobo temporale, processano l'identità dello stimolo visivo, lo riconoscono. Le aree del flusso dorsale, che terminano nel lobo parietale, processano gli aspetti spaziali e temporali dello stimolo visivo, lo localizzano. Queste ultime sono anche le aree del sistema visivo più direttamente legate all'iniziazione del movimento, in particolare del movimento oculare.
Per quanto riguarda specificamente la percezione del movimento, è di fondamentale importanza l'area detta MT (Middle temporal). Così come i neuroni di V1, anche quelli di MT hanno un campo recettivo (il cui diametro, più grande, varia da qualche grado a qualche decina di gradi). La loro caratteristica principale è quella di avere anche una direzione di movimento preferita: ciascun neurone si attiva solo se è presente uno stimolo visivo nel suo campo recettivo e se tale stimolo si muove nella sua direzione preferita. I neuroni di MT non hanno memoria, nel senso che la loro attività in ogni dato istante dipende solo dalla posizione e dalla direzione del moto dello stimolo in quell'istante. Globalmente, i campi recettivi e le direzioni preferite della popolazione neuronale di MT ricoprono l'intero campo visivo e 360° di direzioni del moto, cosicché, se si potesse registrare simultaneamente l'attività di tutti i neuroni di quest'area, si otterrebbe un'informazione accurata e istantanea degli stimoli visivi in moto davanti al soggetto. Tutto ciò indica che l'attività neuronale di MT è necessaria ma non sufficiente perché venga percepita la direzione del moto del cinetogramma. Infatti, a bassi livelli di coerenza, l'informazione a disposizione sullo schermo in ogni dato istante è insufficiente; per eseguire il compito, la scimmia deve accumulare informazione nel tempo. È quindi necessario che un'altra popolazione neuronale, diversa da MT, processi l'accumulazione, o l'integrale, dell'attività neuronale registrata in MT.
Una serie di esperimenti di Bill Newsome, Michael Shadlen e collaboratori mostra che l'attività dei neuroni dell'area intraparietale laterale (area LIP) riflette proprio questo integrale. Tale regione cerebrale può essere considerata l'interfaccia tra il sistema visivo e quello oculomotorio. Così come i neuroni di V1 e di MT, anche i neuroni di LIP rispondono a stimoli presentati in una zona limitata del campo visivo. In aggiunta, i neuroni di LIP sono attivi se la scimmia esegue o pianifica un movimento oculare (o saccade) diretto verso quella stessa zona del campo visivo. Tale zona viene quindi chiamata il 'campo di risposta' (response field) del neurone. Negli esperimenti di Newsome, la direzione netta del moto può essere verso destra oppure verso sinistra, e la scimmia riporta la direzione percepita con una saccade. Per esempio, se la direzione netta del moto è verso destra, la scimmia fa una saccade verso un punto sulla destra dello schermo; se la direzione netta del moto è verso sinistra, la scimmia fa una saccade verso un punto sulla sinistra dello schermo. I neuroni studiati da Newsome hanno il campo di risposta localizzato intorno a uno dei due punti verso il quale la scimmia fa la saccade (per es., il punto a destra). La loro attività durante il compito è illustrata nella fig. 3B, dove l'ascissa rappresenta il tempo di esposizione al cinetogramma e l'ordinata l'attività neuronale. I diversi colori delle curve si riferiscono a differenti livelli di coerenza (da 0% a ∼50%). Le curve a sinistra della figura sono allineate con l'istante in cui il cinetogramma ha inizio, e sono interrotte in corrispondenza della saccade della scimmia. Le curve a destra sono allineate con l'istante in cui la scimmia muove gli occhi. Le curve continue si riferiscono a saccades dirette verso il campo di risposta, quelle tratteggiate a saccades dirette fuori dal campo di risposta. Guardando in particolare le curve continue a sinistra, si può osservare che l'attività neuronale cresce durante l'esposizione al cinetogramma. Soprattutto si nota che la velocità con la quale essa aumenta dipende dal livello di coerenza del cinetogramma: per alti livelli di coerenza l'attività neuronale cresce rapidamente, mentre per bassi livelli lo fa lentamente. In ogni caso, la curva si interrompe ‒ cioè la scimmia indica la direzione percepita ‒ quando l'attività neuronale di LIP supera una certa soglia (ca. 55 spikes/sec).
Se intendiamo il processo percettivo che ha luogo quando la scimmia osserva il cinetogramma come un processo decisionale nel quale l'animale deve decidere in che direzione percepisce il moto, la risposta neuronale di LIP può essere intepretata come legata allo stato decisionale della scimmia. In ogni istante, l'attività neuronale in LIP riflette l'evidenza accumulata in favore di una certa percezione, e quando quest'evidenza supera una certa soglia la scimmia indica la propria percezione. In questo senso, Shadlen e Newsome concludono che l'attività di LIP rappresenta la base fisiologica di un processo di decisione percettiva. Risultati analoghi sono stati ottenuti più recentemente per altre modalità sensoriali, in particolare per il tatto.
La selezione del movimento è storicamente considerata il processo decisionale per eccellenza, in buona parte perché nello studio del comportamento animale l'atto motorio è in definitiva l'unica risposta misurabile. Per studiare le basi fisiologiche della selezione del movimento, si usano paradigmi sperimentali nei quali un animale deve scegliere tra un numero limitato di atti motori permessi. Per esempio, in una famosa serie di esperimenti di Paul Glimcher e colleghi, soggetti-scimmia scelgono tra due possibili movimenti oculari. Questi esperimenti, che hanno dato luogo a un importante tentativo di sintesi teorica, sono per molti versi simili a quelli di Newsome e Shadlen, salvo che in questo caso lo stimolo visivo non è ambiguo. Durante le registrazioni, la scimmia fissa inizialmente un punto al centro di uno schermo. Successivamente, un pallino rosso e uno verde appaiono a destra e a sinistra del punto di fissazione e, dopo un certo intervallo, la scimmia indica la sua scelta con una saccade verso uno dei due (fig. 4A). In un primo esperimento, ai due pallini sono associate diverse quantità di succo di frutta. Per esempio, in una condizione, la scimmia riceve 0,26 ml di succo di frutta per la scelta del rosso e 0,09 ml di succo di frutta per la scelta del verde. Questa condizione dura per circa cento prove, dopo di che le quantità associate ai due pallini cambiano. Nella condizione successiva, la scimmia riceve, per esempio, 0,09 ml di succo di frutta per la scelta del rosso e 0,26 ml di succo di frutta per la scelta del verde. Anche questa condizione dura per circa cento prove, dopo di che le quantità associate ai due pallini cambiano di nuovo. In ogni sessione sperimentale, la scimmia viene testata in sei o sette condizioni diverse. Dal punto di vista comportamentale, si osserva che le sue scelte seguono la variabilità delle condizioni, nel senso che, in ogni condizione, l'animale sceglie di solito il pallino al quale è associata una maggiore quantità di succo di frutta.
In parte sulla scia dei lavori di Newsome e Shadlen, Glimcher e colleghi hanno concentrato le loro registrazioni fisiologiche sui neuroni dell'area LIP, ponendo sempre uno dei due pallini al centro del campo di risposta del neurone la cui attività veniva registrata. La fig. 4B illustra il principale risultato di questi esperimenti. Il pannello di destra mostra l'attività di un particolare neurone registrata in due differenti condizioni, nelle quali la saccade verso il campo di risposta 'vale' 0,26 ml (linea nera) oppure 0,09 ml (linea grigia). Si può chiaramente notare che il neurone si attiva in entrambe le condizioni, ma che la risposta è molto più pronunciata quando la quantità di succo di frutta è maggiore. Variando sistematicamente le condizioni sperimentali, si osserva una relazione lineare tra l'attività di ciascun neurone di LIP e la quantità di succo di frutta associata alla saccade corrispondente (fig. 4C). In questo senso, si può dire che la risposta dei neuroni di LIP è modulata dal valore associato al corrispondente movimento oculare.
Questo risultato viene confermato ed esteso da altri esperimenti, nei quali ai due pallini è associata la stessa quantità di succo di frutta, che viene però rilasciata con probabilità diverse. In un esperimento, le probabilità associate a diversi colori variano da una condizione all'altra, analogamente a come variavano le quantità nell'esperimento iniziale. Per esempio, in una certa condizione ai pallini rosso e verde sono rispettivamente associate probabilità pari a 0,8 e 0,2, in un'altra condizione le probabilità sono 0,3 e 0,7, ecc. Dal punto di vista comportamentale, si osserva che la scimmia sceglie generalmente il pallino associato alla probabilità più elevata. Coerentemente, la risposta dei neuroni di LIP varia linearmente con la probabilità, essendo più pronunciata quando la probabilità di ricevere il succo di frutta è più alta. Si può quindi affermare che l'attività dei neuroni di LIP è modulata dal valore atteso che è associato al corrispondente movimento oculare. Ulteriori esperimenti, nei quali le probabilità associate variano da prova a prova, mostrano che tale attività è modulata anche dal valore relativo. In altre parole, date una determinata quantità di succo di frutta e una determinata probabilità di ottenerlo con una certa saccade, la risposta del neurone corrispondente è più pronunciata se altre potenziali saccades valgono poco o nulla (ovvero se non c'è competizione), ed è invece meno pronunciata se altre potenziali saccades hanno valore confrontabile o maggiore.
Sulla base di questi risultati, Glimcher propone un modello per i meccanismi fisiologici della selezione del movimento. Ogni neurone di LIP ha un particolare campo di risposta e diversi neuroni hanno differenti campi di risposta, cosicché la popolazione di LIP nel suo insieme ricopre l'intero campo visivo. Tale popolazione può dunque essere considerata una sorta di mappa di tutti i possibili movimenti oculari. Le sue connessioni anatomiche indicano che essa contribuisce ai movimenti dell'occhio non direttamente, bensì attraverso proiezioni verso altre aree, in particolare FEF (Frontal eye fields) e SC (Superior collicoli), che a loro volta controllano i muscoli dell'occhio (fig. 5A). I risultati sperimentali descritti indicano che, almeno nelle particolari condizioni degli esperimenti, la risposta di ciascun neurone di LIP è proporzionale al valore atteso relativo che è associato al corrispondente movimento oculare. Secondo Glimcher, l'attività dei neuroni di LIP rappresenta quindi una forma di utilità fisiologica, che viene letta da aree successive (FEF e SC) e che in sostanza determina la selezione del movimento oculare (fig. 5B). Questo modello, sostiene Glimcher, potrebbe applicarsi anche in natura, dove le scimmie, così come gli umani, muovono gli occhi frequentemente (in media, circa tre volte al secondo) e spesso in modo inconscio. Infatti, ogni volta che compie un movimento oculare, l'animale deve in un certo senso scegliere dove guardare. Si può immaginare che la scelta avvenga sulla base di un valore assegnato a ogni possibile saccade, la quale potrebbe essere determinata attraverso la rappresentazione di un'utilità fisiologica in LIP. Inoltre, un meccanismo simile potrebbe prendere parte alla selezione di qualsiasi atto motorio. Infatti, così come l'area LIP rappresenta i movimenti oculari, altre regioni del lobo parietale rappresentano altri movimenti, per esempio quelli del braccio. Analogamente a quanto osservato in LIP, si può immaginare che l'attività dei neuroni di queste altre aree sia proporzionale al valore relativo associato al corrispondente movimento, e che ogni volta che viene eseguito un dato movimento esso sia determinato attraverso la rappresentazione di un'utilità fisiologica. In questo senso, quello proposto è un modello generale per i meccanismi fisiologici della selezione del movimento.
L'aspetto più ambizioso della proposta di Glimcher si basa sulla semplice osservazione che ogni scelta che compiamo, da cosa mangiare a pranzo ad acquistare una casa, si estrinseca in definitiva attraverso un atto motorio. Nella scelta di cosa mangiare a pranzo, potrebbe trattarsi per esempio del gesto con cui la mano indica un certo piatto sul menu del ristorante; nell'acquisto di una casa, dell'apposizione della firma sul contratto d'acquisto. In questo senso, i meccanismi neuronali che sottendono alla selezione del movimento, ovvero l'attività dei neuroni di LIP e di altre aree del lobo parietale, potrebbero rappresentare un percorso comune attraverso il quale vengono effettuate tutte le scelte, incluse, per l'appunto, quella del cibo e della casa. Naturalmente, molti passaggi di tale percorso comune rimangono oscuri: per esempio, dove e come venga determinato il valore associato a ciascun movimento. Ciò nonostante, se il modello nel suo insieme fosse accurato, esso rappresenterebbe uno schema generale per tutti i processi di scelta, che sarebbero in buona sostanza tutti processi di selezione del movimento. Come quando di un puzzle si è ormai capito il senso della figura, rimarrebbero solo da incastrare alcuni pezzi.
Quest'ultima affermazione è per molti versi provocatoria. Infatti, molti fanno fatica a credere che decisioni come che cosa mangiare, che prendiamo consciamente e in media due o tre volte al giorno, vengano determinate attraverso gli stessi processi fisiologici e cognitivi che determinano la scelta di dove posare gli occhi, che facciamo inconsciamente e circa tre volte al secondo (cioè ca. 200.000 volte al giorno). Inoltre, dal punto di vista introspettivo, si ha la sensazione che molte decisioni possano essere prese indipendentemente dal particolare atto motorio usato per rivelarle. Per esempio, quando si sceglie un piatto dal menu di un ristorante, ci sembra che la nostra decisione non dipenda dal particolare gesto con il quale comunichiamo con il cameriere, sia esso un movimento della mano o la pronuncia di una particolare sequenza di parole. Usando un concetto proprio delle scienze cognitive e dell'intelligenza artificiale, sembra intuitivo pensare a un'organizzazione modulare, nella quale 'scegliere' e 'muovere' costituiscono processi mentali distinti. Al contrario, nel modello psicologico proposto da Glimcher, ogni decisione avviene attraverso una competizione tra diversi potenziali atti motori, cosicché la scelta e il controllo motorio sono inestricabili, ed esiste un unico processo mentale 'scegliere/muovere'.
A parte l'intuizione introspettiva, il modello di Glimcher inteso come modello generale per i meccanismi di scelta ha due punti deboli. Il primo, più teorico, è che da un punto di vista computazionale un'organizzazione modulare è certamente più efficiente. Il secondo, più empirico, è il fatto che lesioni del lobo parietale, cioè delle aree che secondo Glimcher sono preposte a tutti i tipi di scelta, portano tipicamente a deficit visuo-motori e non a deficit nei comportamenti di scelta (per es., pazienti affetti dalla sindrome di Balint ignorano un intero lato del campo visivo). Al contrario, deficit nei comportamenti di scelta si osservano tipicamente in pazienti con lesioni del lobo frontale. In conclusione, anche se l'ipotesi che la selezione del movimento avviene secondo i meccanismi proposti da Glimcher rimane valida, queste osservazioni mettono in discussione l'idea che tutti i processi di scelta siano processi di selezione del movimento. Questi argomenti suggeriscono invece che esistono diversi tipi di scelta, alcuni dei quali hanno meccanismi diversi da quelli preposti alla selezione e preparazione degli atti motori.
Per 'scelta economica' si intende il processo mentale che ha luogo quando un individuo sceglie tra diverse opzioni, offerte in modo non ambiguo e che non prevedono una risposta esatta: la decisione dipende dalle preferenze soggettive. Il motivo per cui tale scelta è detta economica è che la disciplina che se ne è tradizionalmente occupata è l'economia. Moltissimi comportamenti si possono descrivere come scelta economica, dalla scelta tra diversi cibi a quella tra possibili investimenti finanziari, oppure tra lavorare e guadagnare di più o godere di più tempo libero. Da un punto di vista cognitivo, secondo l'ipotesi più accreditata, la scelta economica richiede due processi mentali, nei quali il soggetto assegna mentalmente un valore alle opzioni offerte e poi decide di conseguenza.
Per quanto riguarda le basi fisiologiche della scelta economica, una letteratura piuttosto vasta indica che le aree più direttamente coinvolte sono quelle del lobo frontale, e in particolare la corteccia orbitofrontale (area OFC). Infatti, sia studi clinici su pazienti umani sia esperimenti sulle scimmie mostrano che lesioni corticali concentrate in OFC provocano deficit in vari comportamenti di scelta. Per esempio, i soggetti spesso presentano disturbi dell'alimentazione e/o iperoralità, eccessiva propensione al rischio, comportamenti impulsivi di vario genere, disturbi sociali e della personalità. Più recentemente, in studi che usano la risonanza magnetica funzionale (fMRI), è stato osservato che OFC si attiva specificamente quando le persone scommettono e quando guadagnano del denaro. Inoltre, esperimenti condotti da Edmund Rolls e colleghi sulle scimmie mostrano neuroni in OFC che rispondono al gusto di particolari cibi o bevande, ma che possono anche essere modulati dallo stato di sazietà. Per esempio, un neurone che risponde specificamente quando l'animale beve un certo succo di frutta può presentare un'attività molto ridotta dopo che di quel particolare succo di frutta è stata consumata una grande quantità (sazietà selettiva). Infine, uno studio di Leon Tremblay e Wolfram Schultz mostra che alcuni neuroni di quest'area rispondono quando le scimmie ricevono, tra due bevande, quella che è la loro preferita. Per l'esperimento vengono usati tre succhi di frutta: A, B e C, con ordine di preferenza A>B>C. In una particolare condizione, l'animale può ricevere A oppure B, e un neurone risponde quando riceve A ma non quando riceve B; in un'altra condizione, l'animale può ricevere B oppure C, e lo stesso neurone risponde quando riceve B ma non quando riceve C.
Esperimenti condotti più recentemente da Camillo Padoa-Schioppa e John Assad mostrano che l'area OFC è specificamente coinvolta nei processi di valutazione che hanno luogo durante la scelta economica. La fig. I.A illustra il paradigma sperimentale usato. Una scimmia fissa inizialmente un punto al centro dello schermo, e due serie di quadratini colorati appaiono a destra e a sinistra del punto di fissazione. Il colore dei quadratini indica il tipo di succo di frutta, e il loro numero indica la quantità. Per esempio, se vengono presentati tre quadratini verdi e un quadratino blu, la scimmia si trova a scegliere tra tre gocce di tè alla menta e una goccia di succo d'uva: dopo un intervallo, essa indica la propria scelta con un movimento oculare, e poco dopo riceve il succo corrispondente. Da una prova all'altra variano sia le quantità dei due succhi sia la configurazione spaziale. Per esempio, in alcune prove la scimmia sceglie tra sei gocce di tè alla menta e una goccia di succo d'uva, in altre tra una goccia di tè alla menta e due gocce di succo d'uva, ecc. Queste combinazioni rappresentano diversi tipi di offerta. Ogni tipo di offerta viene presentato in molte prove, nelle quali varia la configurazione spaziale dei due succhi. Per esempio, in prove nelle quali l'animale sceglie tra tre gocce di tè alla menta e una goccia di succo d'uva, quest'ultimo viene offerto metà delle volte a destra e metà delle volte a sinistra.
Di solito, alle scimmie il succo d'uva (succo A) piace più del tè alla menta (succo B). In altre parole, se gli viene offerta una goccia di succo d'uva o una goccia di tè alla menta (offerta 1A:1B), esse scelgono quasi sempre il succo d'uva. D'altra parte, se il tè alla menta è in quantità sufficiente, le cose cambiano. Per esempio, se l'offerta è di una goccia di succo d'uva o di dieci gocce di tè alla menta (offerta 1A:10B) le scimmie scelgono quasi sempre il tè alla menta. Un tipico profilo di scelta è illustrato nella fig. I.B, dove l'ascissa indica il tipo di offerta e l'ordinata la percentuale delle volte in cui l'animale sceglie il succo B. Si osserva che, nella sessione, la scimmia sceglie una goccia di succo d'uva quando sono disponibili una o due gocce di tè alla menta, sceglie il succo d'uva circa la metà delle volte quando sono disponibili tre gocce di tè alla menta, e sceglie quasi sempre il tè alla menta se gliene vengono offerte quattro o più gocce. Questo profilo di scelta viene intepretato in termini di valore dei due succhi: nel caso specifico, il valore del succo d'uva è pari a tre volte quello del tè alla menta. Per una stima più accurata del rapporto di valore, si usa un fit sigmoidale e si assume una funzione di valore lineare, da cui si ottiene 1A=3B. Tale equazione permette di mettere diverse quantità dei due succhi sulla stessa scala di valore: per esempio, se misuriamo i valori in unità di B, il valore di 1A è uguale a 3, il valore di 2A è uguale a 6, il valore di 1B è uguale a 1, il valore di 2B è uguale a 2, il valore di 3B è uguale a 3, ecc. Questo paradigma sperimentale permette quindi di studiare la rappresentazione neuronale del valore economico (naturalmente, il rapporto di valore tra i due succhi varia in sessioni diverse o se si usano succhi diversi).
Se la scelta tra differenti succhi di frutta avviene effettivamente attraverso un processo mentale nel quale la scimmia assegna in ogni prova un valore alle due quantità di succo offerte, ci aspettiamo che esistano dei neuroni che codificano il valore dei due succhi. Supponiamo, per esempio, che un certo neurone codifichi il valore scelto, indipendentemente dal tipo di succo. In questo caso, l'attività del neurone dovrebbe essere bassa quando l'animale sceglie 1A oppure 3B (valore scelto=3), un po' più alta quando esso sceglie 2A oppure 6B (valore scelto=6), e ancora più alta quando sceglie 3A oppure 10B (valore scelto=10). Gli esperimenti di Padoa-Schioppa e Assad mostrano che molti neuroni in OFC presentano precisamente questo tipo di risposta. Per esempio, la fig.I.C mostra l'attività di un neurone registrata nella stessa sessione in cui è stato osservato il profilo di scelta della fig. I.B. Con queste coordinate, l'attività del neurone segue una caratteristica curva a U. La stessa risposta neuronale si può anche studiare separatamente per prove nelle quali la scimmia sceglie il succo A o il succo B (fig. I.D): in questo caso, si può notare che il rapporto tra le due pendenze (aA/aB=−2,8±0,7) è statisticamente uguale al rapporto di valore tra i due succhi (n=3,0), come da attese se in effetti il neurone codifica il valore del succo scelto. Analizzando l'attività del neurone direttamente in funzione del valore scelto si osserva una chiara relazione lineare (fig. I.E).
Da un punto di vista logico, si può osservare che l'attività neuronale che codifica il valore scelto rappresenta il risultato del processo decisionale. D'altra parte, se l'attribuzione del valore è un'operazione funzionale al processo di scelta, è necessario che la scimmia assegni un valore separatamente a ciascuno dei due succhi di frutta offerti. In questo senso, è particolarmente importante il fatto che nella stessa area OFC si trovino anche neuroni che codificano il valore di uno dei due succhi offerti indipendentemente dal valore dell'altro (e indipendentemente dalla scelta). Per esempio, l'attività del neurone della fig. 6A riflette il valore del succo B offerto indipendentemente dal valore del succo A; analogamente, altri neuroni riflettono il valore del succo A offerto indipendentemente dal valore del succo B. Si può dunque affermare che i neuroni di questo tipo rappresentano il valore offerto. Se contribuissero effettivamente alla scelta, essi dovrebbero essere attivi soprattutto mentre l'animale la compie: in effetti, dalle registrazioni fisiologiche risulta che i neuroni che codificano il valore offerto sono massimamente attivi subito dopo l'apparizione dell'offerta sullo schermo. In aggiunta ai neuroni che codificano il valore offerto e il valore scelto, un terzo tipo di neuroni studiati in OFC codifica il gusto del succo di frutta scelto (fig. 6B). Dalle registrazioni fisiologiche si evince che essi sono massimamente attivi subito prima e subito dopo il rilascio del succo. In conclusione, i tre tipi di neuroni osservati in OFC, che codificano rispettivamente il valore offerto, il valore scelto e il gusto, rappresentano tre aspetti del processo decisionale che è sotteso alla scelta tra diversi succhi e, più in generale, ai comportamenti di scelta economica.
La caratteristica fondamentale che distingue OFC da altre aree corticali è che i suoi neuroni non hanno un campo di risposta. In altre parole, la loro attività non dipende dalle contingenze sensoriali e motorie della scelta. Questo vuol dire che l'attività dei neuroni di OFC, che codificano per esempio il valore scelto, non varia se un certo succo di frutta è offerto a destra e l'altro a sinistra anziché viceversa. Analogamente, essa non varia se la scimmia ottiene un certo succo con un movimento oculare verso destra anziché verso sinistra. È particolarmente importante notare la differenza tra l'attività neuronale di OFC e quella di LIP. Infatti, così come le risposte neuronali di OFC, anche le risposte neuronali di LIP possono essere descritte in termini di valore del succo di frutta, ma in LIP il valore modula risposte che sono per loro natura sensoriali o motorie. Al contrario, l'attività dei neuroni di OFC codifica il valore economico in modo astratto, indipendentemente dal particolare atto motorio con il quale la scimmia rivela la sua scelta. Considerato in relazione al modello di Glimcher, ciò sembra indicare che, essenzialmente, la scelta economica sia una scelta tra beni e non una scelta tra atti motori. In questo quadro, i risultati sperimentali indicano che l'area OFC costituisce un substrato fisiologico del processo di assegnazione del valore attraverso il quale avviene la scelta economica.
Damasio 1994: Damasio, Antonio, Descartes' error: emotion, reason, and the human brain, New York, Putnam, 1994.
Fodor 1983: Fodor, Jerry A., The modularity of mind: an essay on faculty psychology, Cambridge (Mass.), MIT Press, 1983.
Glimcher 2005: Glimcher, Paul W. - Dorris, Michael C. - Bayer, Hannah M., Physiological utility theory and the neuroeconomics of choice, "Games and economic behavior", 52, 2005, pp. 213-256.
Mazurek 2003: Mazurek, Mark E. e altri, A role for neural integrators in perceptual decision making, "Cerebral cortex", 13, 2003, pp. 1257-1269.
Newsome 1997: Newsome, William T., The King Salomon lectures in neuroethology. Deciding about motion: linking perception to action, "Journal of comparative physiology [A]", 181, 1997, pp. 5-12.
O'Doherty 2004: O'Doherty, John P., Reward representations and reward-related learning in the human brain: insights from neuroimaging, "Current opinion in neurobiology", 14, 2004, pp. 769-776.
Padoa-Schioppa 2006: Padoa-Schioppa, Camillo - Jandolo, Lucia - Visalberghi, Elisabetta, Multi-stage mental process for economic choice in capuchins, "Cognition", 99, 2006, pp. B1-B13.
Padoa-Schioppa, Assad 2006: Padoa-Schioppa, Camillo - Assad, John A., Neurons in orbitofrontal cortex encode economic value, "Nature", 441, 2006, pp. 223-226.
Pinker 1997: Pinker, Steven, How the mind works, New York-London, Norton, 1997.
Platt, Glimcher 1999: Platt, Michael - Glimcher, Paul W., Neural correlates of decision variables in parietal cortex, "Nature", 400, 1999, pp. 233-238.
Rolls 1996: Rolls, Edmund T., The orbitofrontal cortex, "Philosophical transactions of the Royal Society of London. Series B", 351, 1996, pp. 1433-1443 (discussion: pp. 1443-1444).
Romo, Salinas 2003: Romo, Ranulfo - Salinas, Emilio, Flutter discrimination: neural codes, perception, memory and decision making, "Nature reviews. Neuroscience", 4, 2003, pp. 203-218.
Simon 1996: Simon, Herbert A., The sciences of the artificial, 3. ed., Cambridge (Mass.), MIT Press, 1996.
Sugrue 2005: Sugrue, Leo P. - Corrado, Greg S. - Newsome, William T., Choosing the greater of two goods: neural currencies for valutation and decision making, "Nature reviews. Neuroscience", 6, 2005, pp. 363-375.
Tremblay, Schultz 1999: Tremblay, Leon - Schultz, Wolfram, Relative reward preference in primate orbitofrontal cortex, "Nature", 398, 1999, pp. 704-708.
Zigmond 1999: Fundamental neuroscience, edited by Michael J. Zigmond e altri, San Diego, Academic Press, 1999.