Branca della medicina che studia lo sviluppo fisiologico e la cura delle malattie dei soggetti in età evolutiva.
La moderna p. è stata preceduta da un lungo periodo storico contraddistinto da vicende del tutto analoghe a quelle che hanno caratterizzato l’evolversi della puericultura con la quale, fino a pochi secoli fa, la p. si identificava. Solo nel 16° sec. ritroviamo menzione, nel De morbis puerorum di Girolamo Mercuriale, di alcune malattie tipiche ed esclusive dell’infanzia oppure di malformazioni congenite incompatibili con la vita (atresia congenita dell’ano e del meato urinario ecc.). Fino al 18° sec. la situazione sanitaria riguardante l’infanzia si mantenne in una posizione di estrema arretratezza, rispetto al progresso generale della medicina. In Inghilterra, per es., la mortalità infantile raggiungeva nel 18° sec. il 26% nel primo anno di vita e si elevava fino al 44% entro l’ottavo anno, soprattutto a causa delle malattie nutrizionali e infettive.
L’avvio a una più completa conoscenza delle peculiarità fisiologiche del bambino, i tentativi di una corretta interpretazione delle sue manifestazioni patologiche e una più esatta impostazione terapeutica rappresentano, in realtà, conquiste a cui dettero, tra i primi, un contributo scientificamente valido i pediatri del 19° sec.: in primo luogo quelli della scuola tedesca e francese (H. Finkelstein, A. Czerny, J.-B.-A. Marfan, M.-J. Parrot e altri), a cui si unirono, specie nella seconda metà del secolo, quelli della scuola italiana (F. Fede, G. Mya, G. Di Cristina ecc.). Nel 1894 O. Chrisman introdusse il termine pedologia per indicare la «scienza del bambino», a cui assegnava come oggetto o compito di «raccogliere sistematicamente tutto ciò che concerne la natura e lo sviluppo del fanciullo».
Una più matura evoluzione delle conoscenze sui problemi connessi alla patologia del bambino, tale da conferire alla p. dignità di vera specializzazione, costituisce tuttavia una conquista del 20° secolo. A tal fine è sufficiente ricordare i progressi conseguiti nel campo della patologia neonatale e delle malattie della nutrizione; la scoperta di nuove entità nosografiche, particolarmente nel campo della patologia infettiva e in quello delle malattie metaboliche congenite; i successi ottenuti dalla chirurgia infantile nella cura di quelle malattie, quali per es. le cardiopatie congenite, che un tempo portavano inesorabilmente a morte i piccoli malati.
Le malattie infantili vanno distinte in malattie tipiche ed esclusive dell’infanzia (malattie congenite, traumi da parto, disturbi della nutrizione del lattante ecc.) e in malattie che possono colpire il bambino ma non sono esclusive dell’età infantile (come certe malattie infettive, parassitosi intestinali ecc.). Se per lo studio e la terapia delle prime appare del tutto ovvia la competenza della p., per le altre potrebbe ritenersi ingiustificata l’attribuzione a quest’ultima di una competenza specifica. In realtà, anche per le malattie che non sono esclusive dell’età infantile, le modalità di insorgenza, la sintomatologia, il decorso, la prognosi e la terapia costituiscono elementi di conoscenza e pongono problemi non sovrapponibili in parallelo a quelli che riguardano la patologia dell’adulto. Le particolarità biologiche dell’organismo infantile e il loro mutevole comportamento in rapporto alla crescita implicano peculiari problemi di ordine clinico e terapeutico. Basti ricordare le condizioni anatomo-fisiologiche dell’apparato digerente, il quale acquisisce gradualmente le sue funzioni digestive e di assorbimento; la parziale mielinizzazione delle fibre nervose, che si completa verso il terzo anno; la spiccata labilità dell’equilibrio idro-salino e di quello acido-basico, che predispongono, rispettivamente, a manifestazioni di essiccosi e di acidosi; l’esistenza e la ben definita successione cronologica di alcune caratteristiche anatomo-fisiologiche (quali la presenza dei diversi nuclei di ossificazione) che consentono e suggeriscono particolari indagini diagnostiche e deduzioni di ordine nutrizionale e clinico.
Secondo gli orientamenti più moderni, tuttavia, i compiti peculiari e le competenze specifiche della p. non si esauriscono con la conoscenza della fisiopatologia e della terapia infantile. Già colui che viene considerato il fondatore della scuola pediatrica americana, A. Jacobi, e dopo di lui insigni maestri italiani quali G. Frontali e G. De Toni, avevano rilevato che la p. non è una branca della medicina con caratteristiche simili a quelle di altre specialità che si occupano dello studio di un particolare organo o sistema, ma l’avevano definita come una specialità dominata da un elemento fondamentale che la distingue dalle altre: quello di occuparsi di un organismo che rappresenta in primo luogo un carattere di continua mutabilità e variabilità.