Tiranno di Samo (m. 522 a. C.); governò dal 540 circa, mantenendo una flotta e una guardia del corpo coi mezzi che si procurava soprattutto con l'esercizio della pirateria. Ebbe alleati i tiranni Ligdami di Nasso e Pisistrato di Atene, e il faraone Amasi. Governò con energia, diede impulso alle arti (alla sua corte si radunarono i grandi poeti del tempo, come Ibico e Anacreonte), e alle opere pubbliche (porto militare e acquedotto); operò mutamenti nell'ordinamento gentilizio, mirando, come altri tiranni e legislatori del sec. 6º, a trasformare le basi dell'organizzazione sociale e politica dello stato. Mirò a creare, e temporaneamente vi riuscì, un impero marittimo samio nelle Cicladi; ma non godé la simpatia dei suoi sudditi, accostandosi nel modo di vivere e di governare all'uso dei monarchi orientali. La storia, narrata da Erodoto, del prezioso anello di cui P. tentò invano di disfarsi per evitare l'"invidia degli dèi", attesta la profonda impressione destata nei contemporanei dalla rapida ascesa di P. e dal tragico crollo della sua potenza. Quando la flotta, mandata da P. in aiuto di Cambise che invadeva l'Egitto, defezionò da lui, egli fu stretto a Samo da Lacedemoni e Corinzî (524). P. riuscì a respingerli, ma poi indotto dal satrapo persiano Orete a un colloquio a Magnesia, fu catturato e fatto crocifiggere.