Tiranno di Atene (600 circa - 528/27 a. C.). Protagonista della guerra contro Megara, si inserì nelle lotte politiche in corso ad Atene e, ottenuta una guardia armata, assunse il potere (560). Intorno al periodo 556-546 fu allontanato dalla città, ma poi, rientrato, vi regnò fino alla morte. All'estero affermò il dominio di Atene su Egeo ed Ellesponto, in Grecia coltivò buone relazioni con Tessaglia, Corinto, Argo e Beozia. Il suo governo accrebbe le entrate statali, promosse la piccola proprietà e favorì i meno abbienti tramite un piano di opere pubbliche.
Figlio di Ippocrate, apparteneva a una gente nobile di cui non conosciamo il nome, stabilita nel territorio del demo di Filaide. La tradizione su di lui è spesso malsicura e intramezzata da racconti leggendari. Acquistò fama vincendo i Megaresi, con cui Atene era in guerra, ai quali tolse il porto di Nisea, e forse anche l'isola di Salamina; approfittò del credito acquistato per inserirsi nelle lotte politiche che allora travagliavano Atene e per ottenere, a difesa della propria persona, una guardia armata. Con questa occupò l'acropoli (560) e assunse in Atene il supremo potere: secondo la tradizione fu cacciato due volte (alcuni moderni pensano a un'unica espulsione nel 556-546), ma infine regnò indisturbato sino alla morte. Il giudizio degli antichi sulla sua tirannide non è molto severo: ciò perché P. fu principe di larghe vedute e di grande abilità. All'estero affermò il predominio di Atene sulle isole dell'Egeo e sull'Ellesponto, ove occupò Sigeo sulla riva asiatica, mentre sulla riva europea Milziade fondava un proprio principato, non senza essersi accordato, pare, con P. stesso. Nella penisola greca coltivò buone relazioni coi Tessali e Corinto, senza rompere con Argivi e Beoti. All'interno con una vigorosa politica fiscale accrebbe le entrate statali, promosse la piccola proprietà, favorì i meno abbienti con l'esecuzione di un vasto piano di opere pubbliche. Il suo principato segna perciò una tappa notevole nella storia edilizia della città e un momento importante nello sviluppo dell'arte greca. Cercò di cattivarsi il popolo anche con feste e divertimenti; diede maggior solennità alle Panatenee, organizzò le grandi Dionisie con i loro agoni drammatici, costruì il nuovo Telesterio di Eleusi. In sostanza può dirsi che, curando l'elevamento economico e culturale del popolo, lo avviò all'autogoverno. Benché fosse un tiranno, venne tuttavia considerato dagli storici antichi con molta liberalità per le larghe vedute che ebbe nell'esercizio del potere politico e per l'abilità che rivelò in varie difficili occasioni: quando consolidò il predominio di Atene sull'Ellesponto e sulle isole dell'Egeo, pervenendo a stringere buone alleanze con Corinto e coi Tessali, e quando riuscì a mettere in opera una saggia politica di difesa della piccola proprietà, unitamente a un'ampia iniziativa nel campo delle opere pubbliche, dei giuochi e degli agoni drammatici. La tradizione è in generale favorevole a Pisistrato. Il suo governo viene rappresentato come mite, ossequiente alle leggi di Solone e rispettoso delle forme costituzionali, tanto che le magistrature avrebbero continuato a eleggersi come prima e il tiranno avrebbe persino ottemperato a una citazione davanti all'Areopago. Egli tenne saldamente in mano il potere e diede allo stato quell'unità di governo, che gli era mancata dopo la caduta della monarchia. Governò soprattutto influendo sulle elezioni, sui magistrati in ufficio, sul consiglio dell'Areopago e sull'assemblea. Si circondò di una guardia di mercenari; ma, per quel che pare, non tolse le armi ai cittadini, ciò che mostra come egli seppe conciliarsi la maggioranza di quelli che erano in grado di fornirsi d'armi proprie (ὄπλα παρεχόμενοι). La pace interna e la sicurezza da aggressioni esteriori conferirono già per sé sole al naturale incremento delle industrie e del commercio. Dei numerosi figli i più noti sono Ippia, Ipparco e Tessalo.