Esistenza dell’anima prima della nascita. Nella storia delle religioni, la questione acquista rilievo, insieme con quella della sorte dell’anima dopo la morte, per lo più in connessione con la credenza nella reincarnazione. Un’idea della p. può però presentarsi anche indipendentemente da quest’ultima. Gli indigeni dell’Australia centrale, per es., ritengono che perché nasca un bambino nel corpo della madre debba entrare uno degli ‘spiriti-bambini’ che, lasciati dagli antenati mitici dei singoli clan totemici, attendono l’occasione di incarnarsi nel corpo di una donna. Concetti simili di una p. individuale delle anime si riscontrano anche presso altri popoli (Melanesia, America Settentrionale). Nelle grandi religioni di tipo dualistico, o si presume che l’anima individuale sia indistruttibile per natura e la sua unione con la sostanza primordiale produca la nascita, o che essa sia parte, soltanto, di un’unica sostanza spirituale.
Nell’antica Grecia la religiosità orfica considera l’anima di natura divina ed eterna, caduta nella prigione del corpo, da cui può liberarsi solo attraverso una completa purificazione. Per Platone immortalità dell’anima significa infinita durata non solo nel tempo futuro, ma anche nel passato, e così anche la dottrina pitagorica della metempsicosi. Concezioni analoghe a quella orfica si ritrovano nel manicheismo e nella gnosi. La p. dell’anima, nel senso che l’anima, creata già prima, verrebbe poi unita al corpo al momento della concezione o dell’animazione, fu sostenuta da Origene, la cui autorità determinò la fortuna dell’ipotesi nella Chiesa. La si ritrova infatti in Nemesio, Didimo, Evagrio; s. Agostino non si decise fra questa ipotesi e la dottrina secondo cui l’anima viene all’esistenza al momento stesso in cui si forma il corpo umano. Condannata dal II Concilio di Costantinopoli (553), la teoria della p. non trovò più sostenitori.