Propaganda
di Denis McQuail
Il termine propaganda ha una storia linguistica piuttosto particolare. Il vocabolo fece la sua prima comparsa come forma verbale nella denominazione latina Congregatio de propaganda fide (un'organizzazione istituita dalla Chiesa cattolica nel 1622 per la diffusione e la difesa della fede), per trasformarsi nel XVIII secolo in un sostantivo con il quale veniva indicata ogni organizzazione che svolgesse attività analoghe; attualmente viene impiegato, sempre come sostantivo, per designare i contenuti e i messaggi diffusi dalle organizzazioni di questo tipo (etimologicamente il termine significa appunto 'coltivare', 'seminare', 'diffondere').
Qualunque sia la sua storia, il concetto di propaganda ha assunto un ruolo centrale sia nella politica moderna che nella scienza della comunicazione. Il termine designa un fenomeno estremamente complesso e sfaccettato, e ha forti connotazioni valutative, per la maggior parte negative. Le origini di tali connotazioni peggiorative sembrano risalire all'ostilità dei paesi protestanti nei confronti delle attività della Chiesa Romana, piuttosto che a una critica dell'attività propagandistica in quanto tale.In epoca moderna l'immagine negativa della propaganda ha fondamentalmente due origini. In primo luogo, alcune delle forme di propaganda più efficaci, deliberate e riuscite del XX secolo sono state associate a regimi totalitari e a ideologie ampiamente aborrite. In secondo luogo, i metodi tipici della propaganda comportano una qualche forma di inganno - da notizie date in un modo selettivo e distorto a menzogne e pure invenzioni. Storicamente, la propaganda è stata spesso associata all'emotività violenta, alla falsità e all'abuso del potere politico. In generale l'attività propagandistica è imputata al 'nemico' o alla parte avversa, mentre la propria parte si limiterebbe a fornire informazioni, fatti e argomentazioni.
Date queste origini e associazioni, è praticamente impossibile nell'ambito delle scienze sociali analizzare il concetto di propaganda come se fosse neutrale e generale. Così ad esempio Ferdinand Tönnies in Kritik der öffentlicher Meinung (1922), uno dei primi lavori sociologici in cui si fa cenno dell'argomento, definisce la propaganda come il tentativo di diffondere idee senza alcuna considerazione per la verità o l'accuratezza (v. Kecskemeti, 1973). Il significato formale del termine non può essere disgiunto dai suoi usi attuali e dalle molteplici e diverse valenze che gli vengono attribuite. A volte 'propaganda' viene impiegato come un termine generale applicabile a una vasta gamma di attività di comunicazione nell'ambito della politica, della pubblicità e del governo, attività che non sono necessariamente considerate aberranti o indesiderabili.Si può perlomeno affermare che la propaganda non contiene necessariamente menzogne o falsificazioni, sebbene sia inevitabilmente partigiana e unilaterale.
Nell'uso comune viene spesso operata una distinzione tra propaganda 'bianca', 'grigia' o 'nera'. La prima fornisce un'immagine estremamente positiva di una personalità, un'istituzione, una causa o un oggetto, senza inganni o inesattezze. La propaganda 'grigia' comporta per contro un certo grado di occultamento circa le origini e gli scopi, è selettiva rispetto alla verità sino ad arrivare all'inganno - come accade in gran parte dell'informazione e delle pubbliche relazioni nell'epoca moderna. La propaganda 'nera', infine, è altamente ingannevole, totalmente priva di principî, e può far uso di materiale distorto e con un forte impatto emotivo. Un esempio potrebbero essere i filmati effettuati dai nazisti nei ghetti da loro creati per dimostrare che gli Ebrei erano esseri subumani. La propaganda nera, al pari di un gas tossico, è pericolosa per chi la usa e ha effetti imprevedibili, ma non sembra essere scomparsa, a giudicare dagli eventi della guerra nei Balcani dopo la disgregazione della Iugoslavia.
Nell'ambito delle scienze sociali vi sono stati numerosi tentativi di definire la propaganda. Tra le definizioni più recenti figura quella proposta da Garth Jowett e da Victoria O'Donnell, secondo la quale la "propaganda è il tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti del propagandista" (v. Jowett e O'Donnell, 1986, p. 16). Si tratta di una definizione sufficientemente ampia da includere pressoché ogni forma di comunicazione, dalla più 'bianca' alla più 'nera', sebbene l'unica nota negativa sia l'uso del termine 'manipolazione', che implica un certo grado di distorsione e di pressione psicologica. Nella definizione fornita in anni precedenti da Thomas Qualter (v., 1962) compariva anche il riferimento all'attore della propaganda, che di solito è un'organizzazione formale più che un individuo. Kecskemeti (v., 1973) dal canto suo ha messo in evidenza il fatto che la propaganda ha luogo in un contesto partigiano di competizione o di conflitto. Spesso le definizioni proposte includono specificamente una connotazione negativa. Ad esempio William Albig (v., 1956, p. 302) definisce la propaganda come "diffusione di conclusioni da fonti occulte o per motivi occulti".
Esiste una vasta letteratura nell'ambito della sociologia e della psicologia sociale dedicata alla comunicazione e all'influenza sociale (v. McQuail, 1984²). La teoria più significativa, ossia quella di Parsons (v., 1967), considera la persuasione una forma di influenza in cui i vincoli normativi e i valori collettivi (la famiglia, il patriottismo, la religione o la classe) sono manipolati attraverso mezzi simbolici per acquistare o esercitare il potere su altri. La propaganda può essere considerata una forma estrema di persuasione, con aspetti potenzialmente coercitivi.
Un aspetto della propaganda che non viene preso in considerazione nelle definizioni fin qui considerate è quello della tecnica utilizzata. Nel suo significato attuale la propaganda è spesso associata a una competenza specializzata. Questo elemento è stato colto con particolare acume da Jacques Ellul (v., 1962), il quale ha messo l'accento sulla connessione tra la propaganda e scienze sociali quali la psicologia e la sociologia, nonché sull'uso di sofisticate tecnologie della comunicazione, che hanno notevolmente accresciuto il potenziale raggio d'azione e l'efficacia del messaggio propagandistico. La definizione di Ellul inizia nel modo seguente: "La propaganda è un insieme di metodi impiegati da un gruppo organizzato" e prosegue affermando che la propaganda è indirizzata alle "masse" e si serve di "manipolazioni psicologiche" (ibid.).
Il ruolo rilevante assunto dalla tecnica suggerisce l'idea che la propaganda moderna sia basata su principî scientifici e che possa essere pianificata in modo razionale ed efficace. Si tratta infatti di un'attività affidata a professionisti, che possono vendere i propri servizi specializzati a un determinato propagandista pur senza aderire personalmente alla causa promossa (è questa una differenza rilevante rispetto al contesto originario della conversione religiosa). Questa definizione generale risponde all'autoimmagine dell'industria pubblicitaria e a quella delle pubbliche relazioni, i cui addetti tendono peraltro a rifiutare il termine propaganda per designare la propria attività.
Partendo da questi elementi, e aggiungendo ulteriori specificazioni, possiamo ricavare una definizione della propaganda come forma di comunicazione dotata delle seguenti caratteristiche: a) l'attore della propaganda è un gruppo o un'organizzazione che mira a realizzare o promuovere un proprio scopo o una propria causa e che dispone sovente di risorse economiche rilevanti e di un significativo sostegno sociale; b) il termine si riferisce a una gamma assai vasta di attività e di scopi comunicazionali, sia socialmente positivi che moralmente condannabili; tutti rientrano nella categoria generale della 'persuasione'; c) la persuasione mira a cambiare (o rafforzare) opinioni, atteggiamenti e comportamenti nella direzione voluta dall'attore, nonché a strutturare la 'conoscenza' (cognizioni); d) la propaganda è sempre indirizzata a gruppi specifici, sebbene i destinatari siano in genere gruppi assai ampi, a volte addirittura illimitati (intere popolazioni); sottogruppi specifici possono essere oggetto di approcci differenziali; e) le pratiche comunicative della propaganda richiedono competenze e tecniche professionali e l'accesso a mezzi di comunicazione di vario tipo, ma in particolare ai mass media; f) la propaganda si svolge in un contesto competitivo e conflittuale, sicché esiste sempre un'opposizione potenziale che occorre anticipare e neutralizzare con una contro-propaganda; g) le tecniche comunicative impiegate vanno da quelle 'bianche' (in cui la 'verità' è il miglior argomento) a quelle 'nere', ma tutte implicano un grado variabile di occultamento, manipolazione, selettività ed 'economia' rispetto alla verità; h) i messaggi possono implicare diversi gradi di coercizione o di minaccia, possono far leva sulla paura o appellarsi ad aspirazioni positive; i) il processo comunicativo di solito si svolge in modo sistematico, coerente e cumulativo al fine di massimizzare l'effetto; l) nella propaganda tipicamente il fine giustifica i mezzi, e per questa ragione si tratta di una forma di comunicazione sospetta.
La propaganda è inoltre un chiaro esempio di quella che Jürgen Habermas ha definito 'comunicazione distorta' in contrapposizione al 'discorso ideale' o 'razionale' (v. Gouldner, 1976, pp. 138-146); m) tra mittente e destinatario sussiste in genere una diseguaglianza in termini di potere; la propaganda può essere considerata un tentativo di utilizzare una forma di potere sociale nell'interesse del mittente piuttosto che in quello del destinatario.
Nella storia europea a partire dal Rinascimento abbondano gli esempi di tentativi organizzati e sistematici mirati a sostenere l'uno o l'altro schieramento nelle guerre di religione o nei conflitti tra gli Stati nazionali. Queste battaglie verbali erano condotte in larga misura attraverso pamphlets e manifesti, ma non mancava il ricorso a canzoni, libri popolari, rappresentazioni teatrali e manifestazioni. Solo all'epoca della prima guerra mondiale la propaganda così com'è stata definita nel capitolo precedente è diventata un'attività autocosciente, pianificata e su larga scala, oltreché oggetto di discussione pubblica e di analisi scientifica. Questa collocazione temporale non è una coincidenza, ma è strettamente legata alla nascita di nuovi mezzi di comunicazione di massa (cinema e stampa popolare), alla comparsa e allo sviluppo delle democrazie di massa e al sorgere di scienze sociali dedicate allo studio dell'opinione pubblica, della società, dei movimenti e dei comportamenti di massa. La prima guerra mondiale rappresentò una novità in quanto comportava la partecipazione totale della popolazione civile, il cui sostegno era indispensabile per massimizzare lo sforzo bellico.
Il ruolo della propaganda nel primo conflitto mondiale fu alquanto articolato; il suo principale obiettivo comunque era quello di inculcare un odio profondamente radicato nei confronti del nemico straniero, di tener alto il morale della popolazione civile e delle forze armate, chiamate a sopportare sacrifici senza precedenti. Essa mirava inoltre a indebolire la determinazione del nemico e a minarne il sostegno internazionale. Per raggiungere tali obiettivi si rendeva necessario esercitare uno stretto controllo sull'informazione relativa all'azione militare per i suoi possibili effetti sulla popolazione o sulle forze nemiche, e influenzare l'opinione pubblica in favore della guerra attraverso film e spettacoli popolari. Una caratteristica della grande guerra, che si ripresenterà vent'anni più tardi, fu il tentativo delle potenze alleate di mobilitare l'opinione pubblica statunitense contro la causa tedesca (v. Jowett e O'Donnel, 1986).
Nel periodo tra le due guerre in Europa e in America videro la luce numerosi e influenti studi sul ruolo svolto nella guerra da questa nuova arma rappresentata dalla propaganda (v. Lasswell, 1927; v. Lippman, 1922; v. Bernays, 1928; v. Lumley, 1933). Queste analisi e molti altri scritti popolari raccontavano il fenomeno, mettendo in luce il potere pressoché invincibile sull'opinione pubblica, e quindi sugli eventi politici, messo a disposizione dalle nuove tecniche propagandistiche.
Oltre all'invenzione e alla diffusione della radio, altri importanti eventi influenzarono l'immagine della propaganda: lo sfruttamento dei media, prima in Unione Sovietica e nell'Italia mussoliniana e poi nella Germania hitleriana, per promuovere rispettivamente la causa del comunismo, del fascismo e del nazionalsocialismo. Ciò che rendeva eccezionali questi casi non era solo la portata dell'azione propagandistica, messa al servizio di una radicale rivoluzione sociale e culturale, ma anche il carattere aperto della propaganda e il suo ruolo centrale nella pratica di governo.
Sebbene le origini della propaganda moderna siano spesso fatte risalire alla prima guerra mondiale, vi furono importanti precursori nei movimenti nazionalisti e socialisti dell'Ottocento e dei primi del Novecento. In vari paesi i partiti socialdemocratici e il movimento laburista svilupparono metodi diversi e assai efficaci per propagandare le loro idee e mobilitare il sostegno popolare. È probabile che la propaganda nazionalsocialista in Germania, perfezionata da Josef Goebbels, sia stata influenzata in misura notevole sia dai precedenti movimenti sociali rivoluzionari, sia dall'esempio del fascismo italiano negli anni venti. Da vecchio socialista, Mussolini usò entrambi i temi del nazionalismo e del lavoro nel suo modello di propaganda orientata a destra.
La propaganda ufficiale venne istituzionalizzata e divenne un elemento permanente della vita quotidiana nelle società totalitarie completamente chiuse e isolate. L'educazione, la politica, i mezzi di comunicazione, gli spettacoli e lo sport erano organizzati in modo tale da promuovere il messaggio ideologico e fornire sostegno al potere del partito dominante. L'attività propagandistica, tuttavia, era condotta in modo razionale e si basava sui principî scientifici e su una solida informazione. Essa si serviva inoltre del contributo di artisti e grafici di eccezionale levatura - si pensi all'arte grafica sovietica e ai film di Leni Riefenstahl, Eisenstein, Dovženko e Pudovkin.
Nella propaganda di Hitler e di Stalin il concetto di 'verità' perse in larga misura ogni significato, se non quello 'oggettivamente' definito dal partito. Il libro 1984 di George Orwell descrive efficacemente lo scenario da incubo di una società in balia di una macchina propagandistica azionata dall'intera forza dello Stato.I governi democratici avevano possibilità d'azione più limitate, ma anche qui nel corso della seconda guerra mondiale l'informazione venne controllata e manipolata compatibilmente con il rispetto di un minimum di principî democratici. Ci si assicurò la cooperazione volontaria della stampa e delle emittenti radiofoniche, e la pubblicità fu ampiamente usata per promuovere la causa della guerra, per raccogliere fondi a sostegno dello sforzo bellico e per tenere alto il morale della popolazione civile (v. Knightly, 1975).
La propaganda internazionale. - La propaganda governativa diretta alle nazioni straniere non è mai stata limitata dalle stesse norme che disciplinano il rapporto con i cittadini di un regime democratico, verso i quali si è in qualche modo responsabili delle dichiarazioni e delle promesse fatte. Una caratteristica importante della propaganda del XX secolo è stata l'affermarsi della radio come mezzo di comunicazione sia nazionale che internazionale. A partire dall'Olanda nel 1927, molti paesi introdussero stazioni radio a onde corte per trasmissioni internazionali destinate a presentare il punto di vista della nazione al resto del mondo nella lingua dei paesi destinatari. Nel 1939 venticinque paesi avevano seguito l'esempio olandese (v. Jowett e O'Donnell, 1986). La radiodiffusione a onde corte continuò e si sviluppò nel dopoguerra, ed ebbe un ruolo non trascurabile nelle attività propagandistiche all'epoca della guerra fredda, sino alla caduta del comunismo. Mentre l'Unione Sovietica cercava di esportare la dottrina comunista, gli Stati Uniti cercarono, con maggior successo e in modo più sottile, di esportare l'ideologia liberale e liberista (v. Blanchard, 1986), diffondendo altresì un'immagine positiva del sistema di vita nella società capitalistica.
Nel corso della guerra fredda l'uso di radiocomunicazioni transnazionali dapprima radiofoniche e poi televisive via satellite, con una capacità di diffusione diretta, aggiunse una nuova dimensione al dibattito sulla propaganda internazionale. I paesi in via di sviluppo fecero eco all'Unione Sovietica nel deplorare lo squilibrio del flusso di comunicazioni mondiali e la propria vulnerabilità all"invasione' del loro etere da parte di emittenti straniere indesiderate, accusate di violare la sovranità nazionale e interferire con l'autonomia culturale degli altri paesi. Venne coniata l'espressione 'imperialismo culturale' per indicare la propaganda occulta dei mezzi dell'informazione e dello spettacolo americani e il dominio occidentale sulla comunicazione mondiale (v. Schiller, 1969; v. Tomlinson, 1991; v. Hamelink, 1994).
Il ruolo dei mass media. - Se è evidente che la propaganda non è appannaggio esclusivo dei mass media (e che raggiunge la sua massima efficacia quando è supportata da altri strumenti), è altrettanto evidente che gran parte del potere attribuito alla propaganda nell'epoca moderna deriva dal presunto potere dei mass media. Insieme o separatamente, questi nuovi mezzi di comunicazione consentono a uno stesso messaggio di raggiungere milioni di persone in modo rapido e prevedibile. Oltre ad avere un enorme potere, i mass media esercitano una forte attrattiva e appaiono familiari e affidabili.
I vari mezzi di comunicazione di massa offrono diversi vantaggi a chi intende sfruttarli per usi propagandistici. I principali media dell'informazione giornalistici e televisivi sono considerati in genere autorevoli e attendibili, sicché diventa vantaggioso affidare messaggi propagandistici a fonti di informazione che godono della fiducia del pubblico. I media dello spettacolo esercitano un forte richiamo e raggiungono un pubblico assai vasto; si prestano inoltre a forme indirette di influenza - si pensi ad esempio ai messaggi ideologici diffusi dai film popolari e dalla televisione (v. Newcomb, 1994⁵).
Il valore dei mass media per i potenziali propagandisti nondimeno è spesso sopravvalutato, e il loro presunto potere di propaganda è in larga misura un mito. In primo luogo, gli studiosi di scienza delle comunicazioni concordano ampiamente sul fatto che il potere di informazione e di persuasione dei media è alquanto limitato (v. ad esempio McGuire, 1986; v. McLeod e altri, 1991). In secondo luogo, l'accesso ai canali dei media per fini propagandistici non è facile da ottenere. In terzo luogo, i tentativi di sfruttare i mezzi di comunicazione possono avere effetti imprevisti e indesiderati. Infine, nelle società libere in cui esistono diversi media è il pubblico a decidere in ultimo se prestare o meno attenzione ai messaggi propagandati e in che modo intepretarli. I mass media sono armi smussate in assenza di un efficace controllo sull'ambiente in cui vengono recepiti.
Come abbiamo accennato in precedenza, la ricerca sociologica sugli effetti della propaganda ebbe inizio fondamentalmente in connessione con conflitti internazionali. La fondazione nel 1937 della rivista internazionale "Public opinion quarterly" rispecchia l'emergere di un campo di indagine scientifica interamente nuovo, stimolato dalla consapevolezza del ruolo della pubblica opinione e dalla nascita di potenti mezzi di influenza sulle masse. Nel periodo tra le due guerre negli Stati Uniti sorsero nuove scuole di analisi della propaganda, destinate fondamentalmente a contrastare la 'propaganda nemica' rivelandone le tecniche, o ad analizzarla per ricavarne informazioni sulle intenzioni dell'avversario (v. Lasswell e altri, 1980). Un terzo obiettivo della ricerca in questo periodo fu quello di sviluppare gli strumenti della propaganda.Per la sua stessa natura, gran parte della ricerca collegata alla guerra è rimasta segreta o privata. Tuttavia Carl Hovland e altri (v., 1949) portarono a conoscenza l'esistenza di un esteso programma di ricerca sperimentale per verificare l'efficacia di una serie di film prodotti allo scopo di rafforzare la motivazione a combattere dei soldati americani. Altre scuole di ricerca hanno concentrato l'attenzione sull'analisi del linguaggio e del simbolismo usati nei vari tipi di propaganda, in special modo nel campo della politica (v. Edelman, 1967; v. Graber, 1976). La linguistica politica si è aggiunta all'analisi del contenuto e alla psicologia sociale quale strumento di ricerca.
Negli anni sessanta e settanta, in connessione con il pensiero della 'nuova sinistra', si sviluppò un orientamento di ricerca critico che propose di ampliare la definizione di propaganda per includervi non solo le campagne di influenza intenzionali, ma anche processi ideologici più o meno occulti o addirittura non intenzionali. Numerosi studi hanno cercato di rivelare le distorsioni nascoste nell'informazione (v. ad esempio Hall e altri, 1978; v. Glasgow University Media Group, 1980; v. Gitlin, 1980). In anni più recenti vi è stata una crescente attenzione critica per la propaganda usata dai governi democratici per fini militari o strategici. Un esempio è costituito dagli studi sul modo in cui i governi inglese e americano hanno controllato e influenzato i media durante la guerra delle Falkland (v. Morrison e Tumber, 1988) e la guerra del Golfo (v. Kellner, 1992). In generale, questo tipo di ricerca critica si propone di mostrare in che modo gli enti governativi si assicurino il sostegno dei media per monopolizzare e limitare il flusso di informazioni che arrivano ai cittadini. I governi si servono inoltre del potere che hanno come fonti di gran parte dell'informazione corrente per fornire ai media notizie 'convenienti' e molto selettive, a volte attuando una vera e propria 'disinformazione'.
Gli studi sugli effetti della comunicazione illustrano il modus operandi della propaganda e indicano le condizioni necessarie al suo successo (v. ad esempio McGuire, 1973; v. Windahl e altri, 1991). In generale, sappiamo che molto dipende dai seguenti fattori: la natura della causa o dello scopo da promuovere; lo status dell'organizzazione che attua la propaganda e la forza d'attrazione del messaggio proposto; la scelta di canali adeguati; l'identificazione di un destinatario appropriato e la capacità di raggiungerlo; l'uso di simboli e di un linguaggio appropriati; la possibilità di integrare l'azione dei media con contatti personali e con un significativo sostegno sociale.
Alcune indicazioni utili sulle modalità d'azione della propaganda sono offerte da diverse teorie del potere sociale che collocano l''influenza' (ossia la capacità di un attore di ottenere lo scopo desiderato vincendo le resistenze) tra le forme di esercizio del potere (v. McQuail, 1984²). Le forme di comunicazione possono essere usate per esercitare potere promettendo ricompense (psicologiche), ricorrendo alla minaccia, offrendo l'identificazione con una persona o un gruppo di riferimento oggetto di ammirazione, facendo affidamento sull'autorità legittima, dimostrando una competenza professionale e un livello di informazione superiori. La propaganda può cercare di impiegare una qualunque di queste risorse oppure tutte, ma non è facile riprodurle artificialmente qualora manchino legami ben consolidati tra mittenti e destinatari. Sembra inoltre che il successo dell'influenza dipenda dai bisogni e dalle attitudini di questi ultimi.
Il contesto in cui viene attuata la propaganda è assai importante. Particolarmente utile si rivela una situazione di monopolio dei mezzi di comunicazione che garantisca sia la coerenza tra i messaggi che la reiterazione di uno stesso messaggio (v. Noelle-Neumann, 1980). Le probabilità di successo della propaganda saranno tanto maggiori quanto più essa agirà sui sentimenti esistenti e con l'appoggio di altre fonti di influenza (come accade in genere in tempo di guerra), e quanto più verrà percepita non già come propaganda, bensì semplicemente come parte di un flusso normale di informazioni e di idee attendibili.Queste osservazioni mettono altresì in luce i limiti della propaganda in molte circostanze normali. Il successo dell'azione propagandistica dipende in larga misura dall'ampiezza del controllo esercitato sull'informazione. Anche in società totalitarie come quella sovietica sotto Stalin, la propaganda ufficiale veniva accolta con diffidenza quando concerneva fatti di cui i cittadini avevano una qualche esperienza personale, o quando esistevano altre fonti di informazione. Se la propaganda perde credibilità, perde il suo valore di mezzo di controllo alternativo alla minaccia o all'uso della forza. Nelle società liberali relativamente aperte, in cui vi sono mass media concorrenti e indipendenti, la portata della propaganda è assai più limitata. Tuttavia, come abbiamo osservato in precedenza, esistono situazioni (ad esempio la guerra) in cui i mezzi di comunicazione e i cittadini sono disposti a cooperare con i propagandisti, nel breve termine, per l'interesse nazionale.
La propaganda può avere invece un raggio d'azione assai più ampio in relazione a questioni sulle quali la maggioranza dei cittadini non ha altre fonti di informazione oltre i principali mass media, in particolare in relazione ad avvenimenti esteri, rispetto ai quali i media sono meno motivati a cercare punti di vista diversi e alternativi, e hanno altresì pochi strumenti a disposizione per farlo. Edward Herman e Noam Chomsky (v., 1988) hanno affermato che i media dell'informazione americani sono una macchina propagandistica assai efficace per le strutture di potere ufficiale. Esisterebbe a loro avviso un modello di informazione basato sulla propaganda in cui le notizie sarebbero sempre 'filtrate' dagli altri interessi finanziari dei media, dalla pubblicità, dall'ideologia dominante (in questo caso l'anticomunismo) e dalle strategie di gestione dell'informazione proprie delle fonti ufficiali, che controllano gran parte della diffusione delle notizie. In precendenza la teoria critica della società aveva postulato un processo assai efficace di controllo 'egemonico' mediante l'informazione, basato su un occultamento sistematico e selettivo, su un consenso nazionale dato per scontato e sul tentativo di minare o di frammentare ogni posizione radicale (v. Hall, 1977). Tuttavia, anche se le tesi della teoria critica si dimostrassero fondate, non è facile stabilire un'intenzione deliberata dietro queste forme di presunta propaganda, né identificarne chiaramente gli agenti.
Se al termine propaganda sono sempre associate le connotazioni negative illustrate in precedenza, le pratiche di informazione strumentale e di persuasione di cui essa fa uso sono onnipresenti nelle società moderne, comunque si scelga di valutare il fenomeno. Illustreremo ora brevemente alcune delle forme più comuni di comunicazione pubblica istituzionalizzata che vengono definite talvolta come 'propaganda', per quanto si discostino per certi versi dal concetto così come l'abbiamo definito in precedenza, e anche se gli attori preferirebbero evitare l'uso del termine in questione.
Controllo dell'informazione e pubbliche relazioni. - Senza dubbio gli organi governativi, le grandi imprese e altre istituzioni cercano costantemente di proiettare la propria immagine e di controllare il contesto informativo in cui operano attraverso le loro relazioni di routine con i media dell'informazione.
Resta dubbio se ciò renda legittimo parlare di un modello di informazione basato sulla propaganda, e tuttavia le attività in questione possono presentare molti punti di contatto con la propaganda. I dubbi riguardano principalmente l'esistenza di una direzione coerente e l'effetto cumulativo delle attività di questo tipo.
Pubblicità. - Jowett e O'Donnell (v., 1986, p. 148) definiscono la pubblicità come "propaganda onnipresente", e sostengono che essa presenta in generale i principali requisiti indicati dalla maggior parte delle definizioni della propaganda, soprattutto quello di essere un'attività diretta a persuadere le persone a fare qualcosa che è nell'interesse del mittente anziché in quello del destinatario del messaggio. Una conferma a questa visione della pubblicità viene dal fatto che essa si configura essenzialmente come un processo ideologico, in quanto vende non solo beni e servizi, ma un intero sistema (quello capitalistico) e un modello di vita improntato al consumismo (v. Schudson, 1984).
Campagne politiche. - Un importante elemento nella storia del giornalismo moderno è stato il suo ruolo di propagandista (dichiarato) di determinate parti e cause politiche. I partiti moderni possiedono oggi una gamma assai più vasta di strumenti per raggiungere sostanzialmente gli stessi obiettivi di autopromozione: l'industria pubblicitaria, i servizi di propri consulenti nonché dei cosiddetti 'curatori d'immagine', che gestiscono appunto l'immagine del partito e la presentazione del suo programma politico. Le campagne elettorali in molti paesi sono ormai associate all'uso estensivo dei mass media, alla pubblicità, ai sondaggi d'opinione e a una scienza interamente nuova, il 'marketing politico'. Questa forma istituzionalizzata di vita politica sembra ormai divenuta inevitabile e si è diffusa in tutto il mondo (v. Swanson e Mancini, 1996). Alcuni hanno visto in ciò anche il sintomo di un declino dell'interesse e della fiducia da parte degli elettori, che si sentirebbero manipolati e alienati.
Campagne di pubblica informazione. - Gran parte dei governi moderni e importanti istituzioni pubbliche si servono di campagne su larga scala sui media per raggiungere alcuni dei loro scopi essenziali, in particolare nei campi della sanità e della sicurezza, dell'istruzione, dello sviluppo e della politica sociale (v. Rice e Atkin, 1989). Il fenomeno acquista una particolare rilevanza nei paesi in via di sviluppo. I metodi e i principî di influenza sono in gran parte gli stessi già illustrati, ma resta in dubbio la legittimità di definire 'propaganda' tali attività, principalmente per il fatto che esse sono palesemente effettuate nell'interesse dei destinatari e sono legittimate di fronte all'intera cittadinanza attraverso processi politici democratici.In conclusione, è chiaro che la propaganda accompagnerà la nostra vita ancora per lungo tempo, anche se sotto nomi diversi. Essa assumerà forme sempre più sottili e differenziate mano a mano che si diversificano le possibilità dei media, tanto che la forma archetipica di 'propaganda di massa' dell'inizio del Novecento sembra destinata a scomparire. Tuttavia essa non sarà dimenticata, e la memoria potrà servire da efficace ammonimento contro futuri 'persuasori occulti', che saranno sempre all'opera.
(V. anche Comunicazioni di massa; Consenso; Elezioni; Opinione pubblica; Politica e mito; Pubblicità; Simboli politici; Società di massa).
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