Nobile liegese (n. presso Liegi 890 - m. Namur 974 circa). R. è una delle più significative figure del secolo X. Austero, rigido, fu dominato, forse fino all'esaltazione, dall'idea di ricondurre il suo clero all'osservanza dei canoni, alla pietà, all'obbedienza. I difetti del suo temperamento, intransigente, impetuoso, aspro e violento, oltreché l'implacabile odio dei nemici colpiti dal suo rigore, impedirono ogni successo all'opera sua, che, con tutto ciò, precorre, nel sec. X, il grande movimento della riforma dell'XI. Di lui restano cinquantasei fra trattati, lettere, prediche, notevoli per vigoria di espressione, non disgiunta da qualche ricerca di classiche eleganze.
Percorse i suoi studi nel monastero benedettino di Lobbes, nel Belgio meridionale, il cui abate, Ilduino, che era anche vescovo di Liegi, lo volle presso di sé e lo condusse con sé anche quando da Ugo di Provenza, suo congiunto, fu fatto vescovo di Verona (926). Passato poi Ilduino alla sede metropolitana di Milano, R. da papa Giovanni XI fu nominato suo successore nella cattedra veronese. Succedutogli nel 931, restò vescovo di Verona fino al 934, manifestando propositi di riforma ecclesiastica. Accusato da Ugo di Provenza re d'Italia di aver sostenuto Arnolfo duca di Baviera nel tentativo di togliergli il regno, fu tenuto prigioniero a Pavia dal 934 al 936, e costretto poi all'esilio a Como, fino al 939. Riparò successivamente in Provenza, dove insegnò grammatica, e a Lobbes. Tornato in Italia (946 o 945), fu ancora imprigionato per alcuni mesi dal nuovo re d'Italia Berengario II, finché poté riavere la sua diocesi, che resse fino al 948 (o 947). Ma l'opposizione del clero e del popolo ai suoi programmi riformatori lo fece fuggire in Germania, alla corte del re Ottone I; fu quindi vescovo a Liegi fra il 953 e il 955 (o 956), ma dovette lasciare anche questa città e riparare a Magonza. Con l'aiuto di Ottone I poté tornare a Verona (961), dove resse la diocesi fino al 968. Anche qui lo zelo e l'intransigenza della sua opera riformatrice suscitarono l'ostilità del clero, frenata a stento dall'intervento dell'imperatore Ottone I (967). R. tentò una ridistribuzione dei benefici a vantaggio del clero povero, colpendo insieme il concubinato, con il decreto Iudicatum. Ma, sconfessato dallo stesso papa Giovanni XII, e costretto a difendersi in processo davanti al conte di Verona, finì per ritirarsi in Lorena. Dei suoi scritti restano 56 fra trattati, lettere e prediche, tra cui si ricordano i sei libri dei Praeloquia, importanti per la conoscenza della società del suo tempo.