Rifugiati
di Fiorella Rathaus
alcune considerazioni preliminari
In Europa l'immigrazione, l'asilo e le politiche a essi collegate sono stati a lungo trattati in modo separato, soprattutto in considerazione delle loro differenti motivazioni. Nel caso dell'immigrazione, l'abbandono del Paese di origine si fonda su ragioni principalmente economiche; nel caso dell'asilo è dovuto alle persecuzioni subite, o fondatamente temute, in base a quanto stabilisce la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei r., che rimane il riferimento principale in materia d'asilo, cui rinvia anche la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, del 7 dicembre 2000, per la definizione di rifugiato. Indubbiamente tanto la problematica dell'immigrazione quanto quella dell'asilo in Europa hanno fortemente subito le ripercussioni determinate dalla globalizzazione, dalla caduta del muro di Berlino, e dallo scatenarsi delle cosiddette nuove guerre. Fino al crollo dell'Unione Sovietica, la maggioranza dei richiedenti asilo fuggiva da regimi dittatoriali o dalla repressione politica; nel periodo successivo, invece, le motivazioni principali degli esodi sono risultate collegate a conflitti armati che hanno presentato caratteristiche inedite. In tali conflitti ha giocato un ruolo centrale l'identità etnica, religiosa e linguistica. Attori principali di questi conflitti, interni più che fra Stati, sono stati spesso gruppi di estremisti religiosi, mafie nazionali e internazionali e gruppi paramilitari. Tali conflitti, che hanno colpito l'Asia centrale, la ex Iugoslavia, il Caucaso e diversi Paesi africani, sono stati segnati da un forte accanimento contro i civili. Un numero sempre maggiore di persone si è trovato costretto ad abbandonare il proprio Paese, principalmente per mera sopravvivenza, anche in assenza di persecuzioni direttamente riferibili ai casi contemplati dalla Convenzione di Ginevra. Un'analisi dei recenti flussi di r. ha evidenziato il ruolo centrale giocato dalle nuove guerre. Nel 1994 oltre 2.300.000 persone fuggirono dal Ruanda; nel 1999 oltre 800.000 dal Kosovo; nel 2000 quasi 300.000 afghani furono costretti ad abbandonare il loro Paese. Nel corso del 2003 sono stati calcolati 1.000.000 ca. di r. in fuga dalle guerre civili che hanno investito la Liberia e il Sudan. La risposta dei Paesi industrializzati è stata caratterizzata dalla chiusura sempre più esasperata delle frontiere, con iniziative ad hoc attuate per realizzare vere e proprie 'politiche del non arrivo'. Alla fine del 2005 il numero globale di r. stimato dall'UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees) scendeva fino a toccare 8.400.000 unità, questa cifra segna il livello numericamente più basso dal 1980 a oggi. Pertanto nel quinquennio 2000-2005 la popolazione globale di rifugiati si è ridotta di un terzo.
il diritto di asilo nell'Unione Europea
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sancisce, all'art. 18, il diritto di asilo, ma la competenza dell'Unione in materia di immigrazione e asilo ha avuto inizio solo nel 1999, con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam del 1997. La base giuridica è definita dal titolo 4 del trattato che istituisce l'Unione; l'art. 63 specifica che le decisioni in tale materia devono essere adottate dal Consiglio con delibera unanime, previa consultazione del Parlamento europeo. Il vincolo dell'unanimità è stato modificato dal Trattato di Nizza del 2001, entrato in vigore il 1° febbraio 2003, che ha istituito la procedura di codecisione e il voto a maggioranza qualificata del Consiglio in materia di asilo e di rifugiati.
Nel Consiglio di Tampere del 1999 gli Stati membri si impegnarono a definire un regime comune in materia di asilo, basato sull'applicazione integrale della Convenzione di Ginevra e del relativo Protocollo, nonché degli altri strumenti pertinenti in materia di diritti umani. In particolare, si convenne di assicurare il principio di non refoulement all'interno dello spazio comune europeo. Ciò avrebbe dovuto comportare, a breve termine, una serie di conseguenze: l'adozione di una procedura chiara e operativa per la determinazione dello Stato competente per l'esame della richiesta d'asilo; l'adozione di norme comuni per una procedura d'asilo equa ed efficace; la garanzia di uno standard minimo di condizioni di accoglienza per i richiedenti asilo; l'introduzione di misure sussidiarie di protezione; l'armonizzazione delle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato. Questi obiettivi si sono solo in parte concretizzati con l'adozione di un regolamento e di alcune direttive.
Dalla Convenzione al Regolamento di Dublino
La Convenzione di Dublino del 1990, entrata in vigore in Italia nel 1997, è finalizzata alla determinazione dello Stato competente per l'esame di una richiesta d'asilo. Dopo l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, questa materia è diventata oggetto della legislazione comunitaria sotto forma di Regolamento Dublino ii, entrato in vigore nel marzo 2003, cui aderiscono anche, attraverso accordi specifici, Paesi non comunitari come la Norvegia e la Svizzera.
Il Regolamento Dublino ii, come la precedente Convenzione, ha dichiaratamente il doppio scopo di evitare richieste d'asilo multiple, presentate successivamente in diversi Stati dell'Unione, e di assicurare a ogni richiedente l'esame della propria richiesta da parte di uno Stato dichiarato competente in base a precise norme. È stato anche stabilito il 'principio di autorizzazione', ovvero la responsabilità di esaminare la domanda d'asilo da parte di quello Stato che, precedentemente alla formalizzazione della richiesta, ha concesso un visto d'ingresso, un permesso di soggiorno o autorizzazioni equivalenti. In assenza di tali autorizzazioni, o nei casi di ingresso irregolare, vige il principio del primo Paese d'arrivo, secondo il quale lo straniero viene restituito a tale Paese, indipendentemente dalla richiesta d'asilo. Tuttavia, la responsabilità per l'esame della richiesta può essere trasferita ad altro Stato membro, se si dimostra che un componente del nucleo familiare vi risiede in condizioni di r. o di richiedente asilo. Il Regolamento ha introdotto una clausola umanitaria che mira a restituire importanza all'unità familiare, con particolare riguardo alla situazione dei minori. Per affrontare il problema delle prove d'ingresso in un determinato Paese, dal 2003 è stato costituito il sistema Eurodac che obbliga gli Stati membri a rilevare le impronte digitali dei richiedenti asilo, nonché degli stranieri irregolari, e a trasmetterle a una banca dati centrale alla quale le autorità di tutti gli Stati aderenti hanno accesso. Tale sistema ha prodotto un forte aumento del numero dei trasferimenti dei richiedenti asilo da uno Stato all'altro. L'Italia è particolarmente interessata dal Regolamento Dublino ii essendo spesso il primo territorio di approdo e, per molti richiedenti asilo, un Paese di transito verso altri Stati dell'Unione Europea.
Le direttive europee in materia d'asilo
Dal 1999, data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, le materie dell'asilo e quelle dell'immigrazione sono divenute di competenza comunitaria. A partire da tale data, ed entro 5 anni, al Consiglio dell'Unione Europea è stata demandata l'adozione di norme comuni su entrambe le materie. I risultati dei lavori del Consiglio sono solo parzialmente soddisfacenti, soprattutto sotto il profilo qualitativo, sia per quanto riguarda gli standard di protezione previsti, sia per l'esercizio di alcuni importanti diritti. Il Consiglio ha comunque adottato diversi atti normativi volti alla creazione di una politica europea sul diritto d'asilo: dopo la direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001, contenente norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati, il 27 gennaio 2003 il Consiglio ha emesso la direttiva 2003/9/CE, recante norme minime per l'accoglienza dei richiedenti asilo. Le condizioni di accoglienza vengono definite dalla direttiva, con un insieme di misure che gli Stati devono assicurare ai richiedenti asilo, incluse specifiche previsioni circa la libertà di movimento, l'unità familiare, l'assistenza sanitaria, le condizioni materiali di accoglienza, la scolarizzazione e l'educazione dei minori, l'accesso alla formazione e al lavoro. Il 22 settembre dello stesso anno il Consiglio ha emanato la direttiva 2003/86/CE, che detta principi comuni in materia di ricongiungimento familiare e il 29 aprile 2004 la direttiva 2004/83/CE, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di r. o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, e norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. La definizione di r. adottata dalla direttiva è quella della Convenzione di Ginevra (art. 2c); rimangono intatti sia il requisito della soggettività, sia i cinque motivi di persecuzione che vi erano riconosciuti. L'Unione Europea, a differenza dell'Africa e dell'America Latina, invece di ampliare il concetto di r., ha istituito una forma complementare di protezione (art. 2e) per tutte le persone che non possono essere riconosciute r., ma per le quali si ritiene sussistano gravi rischi nel caso di ritorno nel Paese di origine. Rimane chiaro che la protezione sussidiaria è una forma di protezione residuale e complementare, riconosciuta solamente a quelle persone bisognose di protezione internazionale che non rientrano nella definizione di rifugiato. Il 1° dicembre 2005 il Consiglio 'Giustizia e Affari Interni' dell'Unione Europea ha adottato la direttiva 2005/85/CE, riguardante le procedure per l'attribuzione e la revoca dello status di r., che stabilisce delle norme minime sulle modalità con cui dovrebbero essere prese le decisioni in merito alle richieste d'asilo presentate negli Stati membri dell'Unione. L'emanazione è stata preceduta da un lungo processo di negoziazione, segno delle difficoltà incontrate nell'armonizzare le procedure esistenti. Il Parlamento europeo, il 27 settembre 2005, ha emanato un rapporto critico nei confronti della direttiva, ma nessuno degli emendamenti proposti è stato preso in considerazione. Il testo finale presenta in effetti gravi lacune, tanto da avere indotto l'UNHCR e le altre Organizzazioni non governative del settore a esprimere la preoccupazione che tale controversa direttiva provochi un serio abbassamento degli standard d'asilo all'interno dell'Unione Europea e anche al di fuori. Secondo l'UNHCR sussiste il rischio concreto che l'attuazione della direttiva, qualora non vengano introdotte ulteriori forme di tutela, possa condurre a violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. In particolare, destano allarme alcune norme che consentono agli Stati di designare 'Paesi terzi sicuri' fuori dall'Unione Europea, nei quali i richiedenti asilo possono eventualmente essere rinviati senza che la loro domanda sia stata esaminata da un Paese membro. La direttiva, inoltre, non specifica in maniera esplicita che i richiedenti asilo non possono essere rinviati nel proprio Paese d'origine mentre sono ancora in attesa dell'esito di un eventuale appello; in tal modo viene eliminato di fatto il diritto e l'effettiva possibilità di vedere sanata un'eventuale valutazione errata. Molti altri punti della direttiva sono stati criticati; in particolare, destano perplessità le norme che prevedono procedure accelerate, spesso prive di un esame accurato del caso. Tali procedure non offrono la tutela di alcuni diritti fondamentali, quali il diritto di essere intervistati personalmente, il diritto di ricevere una consulenza legale, il diritto di usufruire di un interprete qualificato e imparziale.
Il diritto di asilo in Italia: la legge 6 marzo 1998 nr. 40
Attualmente l'Italia risulta essere l'unico Paese dell'Unione Europea privo di una legge organica in materia di asilo. L'art. 1 della l. 28 febbr. 1990 nr. 39, nota come legge Martelli, continua a essere applicato tra difficoltà e vuoti normativi. Nel 1998 tale legge veniva sostituita, tranne per l'art. 1, da una nuova normativa sull'immigrazione, consolidata dopo l'approvazione della l. 6 marzo 1998 nr. 40 nel Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (TUI, d. legisl. 25 luglio 1998 nr. 286). Tale testo non trattava intenzionalmente di r. e di richiedenti asilo, materia affidata a un'iniziativa legislativa parallela non ancora concretizzata. Nonostante ciò, una serie di norme contenute nella legge hanno un importante impatto sul sistema di protezione. L'art. 5, 6° co., prevede la concessione di un permesso di soggiorno per motivi di carattere umanitario, nel caso in cui l'allontanamento dello straniero possa costituire una violazione degli obblighi internazionali assunti dall'Italia. Questa norma intende superare la necessità di interventi ad hoc in favore di gruppi specifici di stranieri. Negli ultimi anni la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di r. ha utilizzato spesso la facoltà di raccomandare la concessione di un permesso umanitario, specie in situazioni di conflitti interni o di instabilità generale nei Paesi di origine. Tale forma di protezione sussidiaria ha colmato il vuoto legislativo che riguardava persone che, pur non rientrando nella definizione di r., necessitavano di protezione internazionale.
L'art. 19 del TUI precisa che in nessun caso un richiedente asilo può essere oggetto di un provvedimento di respingimento o di espulsione. Tale protezione si riferisce soltanto al periodo della procedura in prima istanza, vale a dire fino al pronunciamento della Commissione di eleggibilità. Il richiedente asilo che propone ricorso giurisdizionale contro una decisione negativa nei suoi confronti è protetto contro l'espulsione soltanto se viene emessa una decisione del giudice in tal senso.
Il dibattito sulla legge organica in materia di asilo
Dalla metà degli anni Ottanta non sono mancate iniziative parlamentari per proporre una legge organica sul diritto d'asilo in attuazione della Costituzione, ma soltanto nel 1997 il governo guidato da R. Prodi presentò in Parlamento un vero e proprio disegno di legge. Per gran parte della durata della 13a legislatura i rami del Parlamento parteciparono al dibattito su questo disegno di legge. All'inizio del 2001 il testo già approvato dalla Camera tornò al Senato per l'approvazione definitiva, ma la legislatura si concluse senza vederlo trasformato in legge. Già all'inizio della 14a legislatura furono presentate alla Camera cinque diverse proposte parlamentari da entrambi gli schieramenti politici. I testi furono poi unificati alla fine del 2003 e, dopo numerosi emendamenti, questa versione veniva approvata dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera nel marzo 2004. La Camera dei deputati iniziò nel giugno 2004 il dibattito generale sulla legge, successivamente interrotto e non ripreso. All'inizio del 2005 la maggioranza avanzò alcune nuove proposte di emendamento in senso restrittivo: in seguito a ciò A. Soda, relatore del disegno di legge si dimise dall'incarico. Pertanto anche la 14a legislatura si è chiusa senza l'approvazione di una legge organica sull'asilo. Attualmente alla Camera e al Senato sono stati depositati quattro diversi disegni di legge presentati dagli onorevoli N. Iovene, T. de Zulueta, R. Piscitello e M. Boato.
La legge 30 luglio 2002 nr. 189
La l. 30 luglio 2002 nr. 189, nota come legge Bossi-Fini, modifica in modo sostanziale sia il TUI sia l'art. 1 sul diritto d'asilo contenuto nella legge Martelli. Lo spirito dichiarato della riforma è quello di contrastare l'abuso e la strumentalizzazione del diritto di asilo da parte di stranieri irregolari che non necessitano di protezione internazionale. Gli artt. 31 e 32, i quali contengono disposizioni in materia d'asilo, avrebbero dovuto essere efficacemente in vigore solo dopo l'emanazione del regolamento di attuazione, vale a dire, come stabilito dal legislatore, entro sei mesi dall'approvazione della legge. In realtà il regolamento, pubblicato solo il 22 dicembre 2004, è entrato in vigore il 6 gennaio 2005 ed è in funzionamento dal 21 aprile 2005. Soltanto le norme sull'accoglienza e l'assistenza ai richiedenti asilo e ai r. sono entrate in vigore nel 2003 in base a un decreto riferito allo 'stato di emergenza immigrazione'. La riforma riguarda innanzitutto la procedura d'asilo e introduce per la prima volta in Italia una distinzione tra procedura ordinaria e procedura semplificata. Il richiedente asilo che ha eluso o tentato di eludere i controlli alla frontiera, o che si trovi comunque in condizione di irregolarità di soggiorno, è sottoposto alla procedura semplificata, che prevede il trattenimento obbligatorio in centri di identificazione. La durata della procedura in prima istanza non può superare i 20 giorni; in caso di diniego il richiedente può chiedere il riesame dell'istanza entro 5 giorni. In attesa della decisione definitiva il richiedente rimane nel centro di identificazione, superando così il periodo di 20 giorni. Il regolamento non stabilisce i tempi entro i quali la decisione in merito al riesame debba essere presa, e quindi non chiarisce il periodo massimo di trattenimento consentito; stabilisce nel dettaglio, invece, il funzionamento dei centri di identificazione, che possono essere gestiti da enti locali o da enti, pubblici o privati, che operano nel settore, in convenzione con la prefettura competente. La gestione dei centri prevede anche la fornitura di servizi di informazione legale e di interpretariato; nei centri che ospitano oltre 100 richiedenti asilo è inclusa anche una prima assistenza medica generica. Il richiedente, trattenuto in forma obbligatoria, non può allontanarsi dal centro senza l'autorizzazione della prefettura, pena la revoca dello status di richiedente asilo. Il trattenimento può anche essere disposto discrezionalmente dal questore per verificare la nazionalità, l'identità o gli elementi su cui si basa la domanda d'asilo. Anche la procedura ordinaria deve svolgersi in tempi estremamente brevi, che non superino i 35 giorni in prima istanza, e non prevede la possibilità di chiedere il riesame. L'altro elemento innovativo della legge è il decentramento dell'istanza decisionale attraverso la creazione di sette commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di r., ognuna competente per un determinato territorio, dimora del richiedente asilo. Tali commissioni sono state istituite presso le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo a Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone e Trapani. Ogni commissione è composta da un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente; un funzionario di pubblica sicurezza; un rappresentante dell'ente territoriale designato dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni, Città e Autonomie Locali; ancora un rappresentante dell'UNHCR, con potere di voto e non, come in passato, con ruolo esclusivamente consultivo. L'operato delle commissioni territoriali viene coordinato dalla Commissione nazionale per il diritto d'asilo secondo alcune linee-guida per la valutazione delle domande d'asilo. La Commissione ha compiti di indirizzo e di coordinamento anche delle attività di formazione, di raccolta di dati statistici e poteri decisionali in materia di revoca e cessazione dello status. La legge istituisce, infine, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e r., e un Servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano servizi di accoglienza e tutela ai richiedenti asilo e rifugiati. Il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo ha il compito di finanziare tali attività.
bibliografia
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