Uomo politico dello Zimbabwe (Kutama, Mashonaland, 1924 - Singapore 2019). Insegnante, nel 1962 fu vicepresidente della ZAPU (Zimbabwe african popular union). Ripetutamente incarcerato nel 1962-63, si rifugiò in Tanzania dove nel luglio 1963 partecipò alla fondazione della ZANU (Zimbabwe african national union), di cui divenne segretario generale. Nuovamente detenuto dal 1964 al 1974, in questo periodo M. si avvicinò al marxismo; nel 1975 potè lasciare la Rhodesia e si rifugiò in Mozambico dove, con la costituzione della ZANLA (Zimbabwe african national liberation army), intensificò la lotta armata contro il regime di Salisbury, divenendo nel 1976 presidente della ZANU. Dal 1976 copresidente, insieme a J. Nkomo, del Patriotic Front, M. prese parte ai colloqui che condussero all'indipendenza del paese (1980). Primo ministro e ministro della Difesa (1980-87), condusse una politica di riconciliazione e, nonostante il perdurare di conflitti etnici e sociali, riuscì a stabilizzare il nuovo governo. Divenuto presidente della Repubblica nel 1987, ha conservato le funzioni di primo ministro; sul piano internazionale si è dichiarato per il non allineamento e ha condotto una politica di sostegno a Maputo nella guerra civile in Mozambico e di netta opposizione al regime di apartheid nella Repubblica Sudafricana. Rieletto alla presidenza nel 1990 e nel 1996 (in queste ultime consultazioni si registrò un'astensione del 68%), M. nel corso degli anni Novanta abbandonò l'ideologia marxista e intraprese la strada della liberalizzazione economica, accentuando però il carattere autoritario del suo governo. Nel corso del 2000, nonostante i tentativi di ostacolare con ogni mezzo l'opposizione, M. subì un'evidente perdita di popolarità: nel febbraio fu sconfitta, in un referendum popolare, la sua proposta di ampliare i poteri della presidenza e nel giugno il suo partito vinse solo di misura le elezioni legislative. Contemporaneamente si incrinò la sua credibilità internazionale per l'appoggio fornito a gruppi di veterani che, nel marzo-aprile del 2000, occuparono numerose fattorie di proprietà dei bianchi, innescando una spirale di violenza e gettando il paese in una profonda crisi. Nel marzo 2002, al termine di una campagna elettorale contrassegnata da violenze e intimidazioni nei confronti dell'opposizione, M. venne confermato alla presidenza con il 56,2% dei voti. Negli ultimi anni, la gestione autoritaria e talora violenta del potere da parte di M. è stata oggetto di dure critiche, tradottesi anche in sanzioni diplomatiche ed economiche nei confronti dello Zimbabwe, da parte del Regno Unito, degli USA e dell'Unione Europea. Nelle elezioni del 2008 M. non riconobbe la vittoria proclamata dall'avversario M. Tsvangirai; la commissione elettorale gli diede ragione e fissò un turno di ballottaggio, cui Tsvangirai decise di non presentarsi. Dopo lunghe trattative, nel 2009 si è giunti a un governo di unità nazionale, con M. presidente e Tsvangirai primo ministro. Attraverso un referendum, nel marzo 2013 sono state approvate alcune modifiche alla Costituzione per consentire lo svolgimento di nuove elezioni; tenutesi nel mese di agosto, le consultazioni presidenziali, legislative e amministrative hanno sancito la rielezione di M. per il settimo mandato consecutivo, conferendo inoltre un potere assoluto al suo partito, che ha ottenuto i due terzi dei seggi in Parlamento. Presidente di turno dell’Unione africana dal gennaio 2015 al gennaio 2016, l'uomo politico è stato arrestato nel novembre 2017 dopo un colpo di Stato organizzato dall'esercito e dall'ex vicepresidente E. Mnangagwa, che aveva destituito pochi giorni prima e che gli è subentrato ad interim nella carica a seguito delle sue dimissioni.