Romolo
Il mitico fondatore di Roma
La figura di Romolo è assolutamente leggendaria: non è mai esistito un personaggio con questo nome, autore delle imprese che la tradizione gli assegna. I racconti e le leggende sulla figura del fondatore di Roma, città padrona del mondo, sono quanto mai antichi, complessi e contraddittori
Le ambiguità nel racconto della fondazione di Roma antica – tra le quali il ruolo avuto dal gemello Remo – sono dovute da un lato all’antichità della vicenda, dall’altro alla volontà da parte di molte famiglie nobili romane di appropriarsi delle più antiche origini della città per aumentare il prestigio della propria stirpe. La leggenda, nella versione che è arrivata fino a noi, si è andata consolidando alla fine dell’età repubblicana e in età augustea.
Secondo la leggenda il tiranno Amulio, cacciato il fratello Numitore, re della città di Alba Longa, ne uccise il figlio Egesto e costrinse la figlia del re, Rea Silvia, a diventare sacerdotessa (vestale) per evitare che un domani la sua discendenza potesse vendicarsi. Rea Silvia, però, venne messa incinta dal dio Marte, che la rese madre di due gemelli. Amulio, allora, ordinò che la nipote e i due bimbi venissero affogati nel Tevere. Tuttavia il dio Tiberino sposò Rea Silvia, rendendola così immortale, mentre la cesta contenente i due gemelli, andando alla deriva sul fiume, si arenò presso un albero di fico, il Ficus Ruminalis, nel luogo dove poi sarebbe sorta Roma. Una lupa, giunta ad abbeverarsi, notando la cesta salvò i bimbi mettendoli al sicuro in una vicina caverna, dove vennero in seguito scovati da un pastore, Faustolo, che li crebbe sani e forti grazie anche alle sapienti cure di sua moglie, Acca Larenzia.
Fu allora che i due gemelli vennero chiamati Romolo e Remo. Cresciuti presso il pastore, i due giovani si dedicarono a imprese guerresche e di rapina; nel corso di una di queste si imbatterono in Numitore, che li riconobbe come propri nipoti. In seguito a questo avvenimento, Romolo e Remo si recarono ad Alba Longa, uccisero il tiranno Amulio e misero nuovamente sul trono Numitore. Il 21 aprile del 753 a.C. fondarono Roma, dopo aver stabilito con l’aiuto dell’osservazione degli uccelli che Romolo avrebbe dovuto considerarsi il fondatore. Subito dopo sorse una lite tra i due fratelli, che portò all’uccisione di Remo.
A questo punto Romolo popolò la nuova città dando asilo, sul colle Capitolino, a tutti i profughi dei villaggi vicini, liberi e schiavi, senza distinzione. In breve si venne a formare una comunità composta in buona parte da briganti, e, soprattutto, esclusivamente da uomini. Romolo allora diede a questi uomini delle mogli, avendo rapito con l’inganno le donne dei vicini Sabini durante una festa religiosa. Questo atto, noto con il nome di ratto delle sabine, generò l’ira del re sabino Tito Tazio, che scese in guerra contro Romolo e che poi, successivamente, si riappacificò grazie all’intervento delle donne sabine rapite che fecero da intermediarie tra i due eserciti.
Numerose furono le imprese belliche che la tradizione assegna a Romolo: la conquista di Crustumerio, Antemne e Cenina, l’inizio delle guerre contro Veio e Fidene. A queste comunità riuscì a strappare importanti territori oppure a imporre l’invio di coloni romani. Romolo non fu solamente grande in guerra, ma a lui sono attribuite quasi tutte le più importanti istituzioni dello Stato romano più arcaico: egli avrebbe diviso la popolazione in patrizi e plebei e in tre tribù suddivise in trenta curie e in trecento genti; la creazione di un senato di trecento membri e di un esercito di tremila uomini e tre centurie di cavalieri (si noti il ricorrere del numero magico tre).
Sempre secondo questa fantastica tradizione Romolo, giunto al massimo del suo potere, improvvisamente sparì: durante una rassegna militare presso la palude Caprea, nel Campo Marzio, scoppiò improvvisamente un temporale. Romolo sparì avvolto da una nube.
Si sparse allora la voce che egli fosse stato in realtà ucciso dai senatori, ma Romolo stesso sarebbe apparso in sogno a uno di essi comunicandogli di essere stato assunto tra gli dei e ordinando che i Romani lo venerassero col nome di Quirino.