SCID In immunologia clinica, sigla di severe combined immunodeficiency disease, usata per indicare una malattia congenita inquadrata nell’ambito dei difetti primitivi del sistema immunitario che, senza adeguate misure protettive, risulta fatale durante l’infanzia, a causa del prevalere di gravi infezioni. I pazienti possono essere raggruppati in due categorie: con difetto dei linfociti T e B, e con normale o accresciuto numero di linfociti B, senza linfociti T.
Il gruppo delle SCID con doppio difetto dei linfociti T e B include almeno tre condizioni patogenetiche, ereditate come malattie autosomiche recessive: variante con mutazione nei geni; difetto dell’enzima adenosindeamminasi; disgenesia reticolare. Per il difetto dell’enzima adenosindeamminasi (il gene è localizzato sulla parte terminale del braccio lungo del cromosoma 20) si verifica un accumulo intracellulare di metaboliti tossici che alterano gravemente la funzione dei linfociti B e T. La disgenesia reticolare comporta non soltanto il difetto di maturazione dei linfociti, ma anche la comparsa di granulocitopenia e trombocitopenia. Probabilmente nella disgenesia reticolare il difetto di base risulta localizzato a livello della cellula staminale pluripotente del midollo osseo.
La terapia proposta consiste nel trapianto di midollo. Di particolare interesse è l’attuazione, nel difetto dell’enzima adenosindeamminasi, di una terapia sostitutiva mediante impiego di enzima bovino coniugato con polietilenglicole. Un ulteriore progresso nella terapia del difetto dell’adenosindeamminasi si è avuto dopo la clonazione del gene relativo. In alcuni casi è stato possibile, mediante tecniche di ingegneria genetica, introdurre il gene nella cellula T deficitaria e consentire la sua espressione fenotipica.