scisma
Separarsi da una Chiesa per costituirne un’altra
Nella storia del cristianesimo e di altre religioni si sono spesso verificati contrasti che hanno portato un gruppo a staccarsi dalla comunità dei credenti. Diversamente dall’eresia, che nasce da differenze di dottrina, lo scisma (dal greco «separazione») ha origine dal rifiuto di obbedire all’autorità religiosa ufficiale e da dissensi su questioni relative all’organizzazione della comunità. Nel mondo cristiano lo scisma più importante è quello d’Oriente, che ha determinato circa mille anni fa la nascita delle Chiese ortodosse
I fedeli delle religioni monoteistiche (ebrei, cristiani, musulmani) riconoscono l’autorità di determinati testi sacri e della tradizione, ossia di un insieme di dottrine e di regole stabilite, la cui interpretazione provoca talvolta vivaci discussioni. Quando la comunità e l’autorità che la guida stabiliscono che una certa norma deve essere rispettata da tutti, i fedeli sono tenuti a obbedire: il principio che regola la vita comunitaria è infatti quello della comunione, che presuppone l’accordo sulle questioni ritenute essenziali e l’accettazione delle decisioni assunte dagli organi della comunità, che vengono considerati interpreti legittimi della volontà divina.
Nella prima lettera ai Corinzi l’apostolo Paolo di Tarso ribadisce la necessità di superare le divisioni tra i vari gruppi cristiani (cristianesimo), che si richiamano a diverse guide spirituali. Il primo concilio, tenuto a Gerusalemme alla presenza degli apostoli, dopo una discussione stabilì alcune norme comuni con queste parole: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi alcun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie» (Atti degli apostoli 15, 28). I successivi concili, a partire da quello di Nicea (325), prevedevano la scomunica, ossia l’esclusione dalla comunione, per chi non accettava le decisioni assunte.
Chi non accetta le regole stabilite dalla comunità e decide di riunirsi con gli altri dissenzienti in contrapposizione all’autorità ufficiale provoca quindi un’eresia o uno scisma. Nel primo caso si tratta di un rifiuto di determinate dottrine, in nome di una diversa interpretazione dei testi sacri; nel secondo caso, invece, il contrasto sorge soprattutto per motivi di ordine pratico e organizzativo, anche se poi si aggiungono talvolta divergenze di tipo dottrinale.
Nel mondo ebraico il primo tentativo di scisma fu quello di Core, Datan e Abiram, che si ribellarono a Mosè e furono immediatamente puniti da Dio (Numeri 16).
Dopo la morte di re Salomone i membri di alcune tribù d’Israele non si recarono più al tempio di Gerusalemme per effettuare i sacrifici previsti dalla legge di Mosè, ma costruirono altri edifici di culto nei propri territori, provocando uno scisma che durò per secoli. All’epoca di Gesù i samaritani, che avevano costruito un tempio sul monte Garizim, erano considerati scismatici, e i farisei, fedeli al giudaismo ufficiale, evitavano ogni rapporto con loro: ne è prova l’episodio della samaritana (riportato nel capitolo 4 del Vangelo di Giovanni). La donna si stupisce della richiesta di Gesù, e gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». Gli esseni, che vivevano appartati in una zona desertica, costituivano una setta separata dal giudaismo ufficiale e rifiutavano il clero corrotto di Gerusalemme.
Anche i musulmani (Islam) si divisero, qualche anno dopo la morte di Maometto, in due comunità contrapposte: i sunniti, ossia la maggioranza dei credenti, riconoscevano l’autorità della tradizione; gli sciiti (diffusi in Iran, Iraq, Afghanistan, India e Siria) contestavano invece certe decisioni e sostenevano la necessità di una riforma religiosa fondata sull’autorità di personaggi carismatici chiamati imam.
Nel mondo cristiano i primi movimenti scismatici (quello di Novaziano e quello dei donatisti) sorsero quando, di fronte alle persecuzioni, si discusse sull’atteggiamento da tenere nei confronti dei responsabili di colpe gravi (come l’omicidio o l’adulterio) e di quei cristiani che per debolezza avevano rinnegato la propria fede al fine di evitare la morte (e che in seguito si erano pentiti). La Chiesa ufficiale decise di accogliere nuovamente questi cristiani nella comunità, mentre un gruppo di intransigenti rifiutò questa decisione, ritenendo di non poter vivere in comunione con chi si era macchiato di una colpa così grave (l’apostasia, ossia l’atto di rinnegare la fede). Nel 5° secolo altre comunità dissidenti (quelle dei nestoriani e dei monofisiti, tra cui la Chiesa copta d’Egitto e d’Etiopia) sorsero in seguito al rifiuto delle decisioni dei concili ecumenici di Efeso (431) e di Calcedonia (451).
Secondo un’interpretazione leggendaria ripresa da Dante (Inferno, canto XXVIII, 22-31), la religione musulmana sarebbe sorta in seguito a uno scisma scoppiato all’interno della Chiesa cristiana per le ambizioni di Maometto: perciò questi viene descritto da Dante con il corpo squarciato dal mento in giù, come ‘Ali (il fondatore del movimento sciita), ossia vittima delle lacerazioni a sua volta provocate nel corpo della Chiesa.
Lo scisma più noto è certamente quello che determinò la separazione delle Chiese d’Oriente, dette ortodosse (ortodossia), dalla Chiesa romana, che nel corso del Medioevo assunse sempre più un ruolo di guida nei confronti delle altre comunità cristiane. Già nel 9° secolo, all’epoca del patriarca di Costantinopoli Fozio, ci fu un distacco temporaneo tra le due Chiese; nel 1054 il patriarca Michele Cerulario e il rappresentante del papa, il cardinale Umberto, si scomunicarono reciprocamente, e durante le celebrazioni liturgiche delle due Chiese non vennero più ricordati i nomi dei capi dell’altra Chiesa. Fu tuttavia nei decenni successivi, quando le crociate crearono un clima di grave ostilità, che tale separazione divenne totale e definitiva, nonostante vari tentativi di superarla. All’epoca dello zar Pietro il Grande un gruppo di fedeli si staccò dalla Chiesa ortodossa russa per divergenze in campo liturgico e organizzativo, creando la comunità dei vecchi credenti.
Tra la fine del 14° secolo e l’inizio del 15°, soprattutto per motivi politici, vennero eletti contemporaneamente due o addirittura tre papi, ciascuno dei quali dichiarava di essere il legittimo successore di Pietro, con il sostegno di alcuni Stati e gruppi di fedeli che gli obbedivano. Si tratta del cosiddetto scisma d’Occidente, superato soltanto dopo alcuni decenni: la tradizione cattolica successiva ha definito antipapi i pontefici considerati non legittimi.
Anche la Chiesa anglicana è nata da uno scisma, verificatosi nel 1534 in seguito alla decisione di Enrico VIII, re d’Inghilterra, di presentarsi come il capo della Chiesa d’Inghilterra, in contrapposizione al papa, che non gli aveva riconosciuto il diritto di risposarsi dopo il divorzio dalla prima moglie.
Nell’Ottocento le decisioni del Concilio vaticano I (1869-1870), che definì il dogma dell’infallibilità papale, furono rifiutate da un gruppo di cattolici tedeschi, che fondò la Chiesa dei vecchi cattolici; mentre ai nostri tempi un nuovo scisma è stato provocato da monsignor Lefebvre e da altri gruppi tradizionalisti che non hanno accettato il Concilio vaticano II (1962-65), e in particolare la riforma liturgica da esso promossa. Altri gruppi cristiani, che giudicavano la Chiesa ufficiale troppo legata alle tradizioni del passato, hanno invece creato alcune comunità del dissenso, per lo più senza arrivare a una rottura totale.
Nel mondo protestante scismi sono stati provocati recentemente da chi non ha condiviso la decisione di ammettere al sacerdozio le donne. Oggi però le principali Chiese preferiscono considerare gli esponenti delle altre comunità come ‘fratelli separati’ piuttosto che come scismatici; in particolare la Chiesa cattolica considera quella ortodossa come una ‘Chiesa sorella’, rispetto alla quale ciò che unisce è più importante di ciò che divide, in nome di una visione ispirata all’ecumenismo.