SERBIA.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Architettura. Letteratura. Webgrafia. Cinema
Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato dell’Europa meridionale, confina a Nord con l’Ungheria, a Nord-Est con la Romania, a Est con la Bulgaria, a Sud con la Macedonia e il Kosovo, a Ovest con il Montenegro e la Bosnia ed Erzegovina e a Nord-Ovest con la Croazia. La popolazione al censimento del 2011 risultava essere di 7.186.862 ab. (a esclusione della popolazione del Kosovo), con un tasso di crescita annua pari a zero e un incremento naturale negativo del 4,8%; nel 2014 è stata di 9.468.378 ab., secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economic and Social Affairs. L’etnia serba rappresenta ormai l’83,3% del totale, seguita da quella magiara (3,5%), rom (2,1%) e bosniaca (2%). Il quadro religioso rispecchia all’incirca la composizione etnica, con la prevalenza determinante di ortodossi, seguiti da una netta minoranza di cattolici e musulmani. La popolazione serba è urbanizzata solo per poco più della metà e la capitale, Belgrado, registra 1.166.763 abitanti.
Condizioni economiche. – Le condizioni socioeconomiche della popolazione presentano diverse criticità: la disoccupazione raggiunge il 21,6% (2014), con più della metà della forza lavoro giovanile senza occupazione, mentre, di contro, è al 4% la quota di lavoro minorile; un quarto della popolazione è al di sotto della soglia di povertà, sebbene sia buono l’accesso ai servizi idrici e sanitari. Il PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto (PPA) si attesta a 12.605 $ (2014). Le maggiori criticità dell’economia riguardano la scarsa competitività delle imprese serbe sui mercati, un’inflazione elevata (7,6% nel 2013) e un debito pubblico che ha raggiunto, secondo stime relative al 2013, il 61% del PIL, più che raddoppiato dal 2008, per via di una politica fiscale poco accorta. Dopo l’accelerazione del periodo 2003-07 (+6% in media) e la contrazione seguita alla crisi internazionale del 2009, il PIL ha continuato a crescere a ritmi più lenti (2,5% nel 2013). Il settore industriale mantiene un peso rilevante (28% del PIL e 27% della forza lavoro); si segnalano il comparto meccanico e le attività legate alla lavorazione del legname. Significative sono anche le attività estrattive, specialmente del carbone (che copre il 55% del mix energetico nazionale). Ancora in sviluppo, invece, il settore dei servizi (61% del PIL e 54% della forza lavoro). L’economia serba è ormai orientata fortemente verso il mercato internazionale e, particolarmente, verso i Paesi dell’Unione Europea (UE), soprattutto dopo aver ottenuto, nel 2012, lo status di Paese candidato per l’ingresso nell’UE, per il quale nel 2014 sono ufficialmente iniziate le trattative. In negoziazione è un sostegno finanziario da parte del Fondo monetario internazionale (FMI), volto alla stabilizzazione macroeconomica del Paese; investimenti diretti sono partiti anche dall’UE nel 2012. Tra i partner commerciali, ai primi posti sono l’Italia, la Germania e la Russia, dalla quale la S. importa gas e petrolio a prezzi agevolati, determinati anche dai buoni rapporti che i due Paesi hanno mantenuto dopo la dissoluzione dell’URSS. Più tesi sono, invece, i rapporti con gli Stati Uniti, imputati d’aver partecipato alla secessione del Kosovo (v.), tutt’ora non riconosciuta dalla S., ancor più dopo il riconoscimento formale dell’indipendenza e sovranità del Paese avvenuto nel 2008. Forze militari NATO, sotto la direzione dell’ONU, permangono nel territorio kosovaro.
Storia di Lorena Pullumbi. – A partire dal 2006 e negli anni successivi, la traiettoria dello sviluppo politico ed economico della S. fu segnata da alcuni cambiamenti cruciali, quali la dissoluzione dell’Unione con il Montenegro, l’adozione di una nuova Costituzione, la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo e il conseguimento dello status di Paese candidato all’adesione alla UE. Dopo il referendum (giugno 2006) che sancì l’indipendenza del Montenegro (v.), la S. riconobbe il nuovo Stato; il 28 e 29 ottobre gli elettori serbi si espressero inoltre a favore dell’adozione di una nuova Costituzione. Nel mese di maggio, invece, il percorso di integrazione della S. nell’Unione Europea aveva subito una battuta d’arresto già nella prima fase dell’iter: la UE sospese infatti i negoziati sull’Accordo di stabilizzazione e associazione, criticando il governo serbo per la sua scarsa cooperazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia in relazione alla cattura ed estradizione di sei imputati accusati di crimini di guerra, tra i quali anche l’ex generale serbo-bosniaco coinvolto nella guerra in Bosnia ed Erzegovina (v.), Ratko Mladić.
Nelle elezioni parlamentari del gennaio 2007, i nazionalisti del Partito radicale serbo (SRS) conquistarono la maggioranza relativa dei seggi (81); ma il voto vide anche un rafforzamento degli europeisti del Partito democratico (DS), che conquistarono 64 seggi ed entrarono a far parte di un governo di coalizione – presieduto da Vojislav Kostunica – assieme al Partito democratico di Serbia-Nuova Serbia (DSS-NS) e ai riformisti di G17 plus. La dichiarazione d’indipendenza del Kosovo nel febbraio 2008 scatenò un dibattito tra i partiti della coalizione e portò a elezioni parlamentari anticipate nel maggio 2008. La coalizione Per una Serbia europea guidata dal Partito democratico – il cui leader Boris Tadić era stato rieletto alla presidenza della Repubblica nel febbraio precedente – si aggiudicò 102 seggi e fu il perno del nuovo governo, costituito con il sostegno del Partito socialista di Serbia (SPS), del Partito dei pensionati uniti di Serbia (PUPS), di Serbia unitaria (US) e delle forze rappresentative delle minoranze etniche. Il nuovo esecutivo, guidato dal tecnocrate Mirko Cvetković, proseguì nell’attuazione delle riforme strutturali e nell’armonizzazione della legislazione con quella della UE – con cui nell’aprile 2008 era stato siglato l’Accordo di stabilizzazione e associazione –, ma l’effettiva implementazione delle nuove norme risultò spesso difficile anche per le debolezze strutturali della pubblica amministrazione, pervasa dalla corruzione.
Dal 2011, la S. adottò un atteggiamento più collaborativo con il Tribunale per la ex Iugoslavia, arrestando i due latitanti Mladić e Goran Hadžić; inoltre la sua politica verso il Kosovo fu improntata a un maggiore pragmatismo, come testimoniava l’apertura nel maggio 2011 di un dialogo tecnico fra le parti, avviato e fortemente sostenuto dall’UE e posto come condizione necessaria per l’adesione del Paese all’Unione. La S. continuò comunque a non riconoscere il Kosovo come Stato indipendente.
Le elezioni di maggio 2012 cambiarono radicalmente lo scenario politico serbo: nel le presidenziali, il capo dello Stato uscente Tadić fu sconfitto dal nazionalista Tomislav Nikolić del Partito progressista serbo (SNS), forza politica che conquistò anche la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento (73) e formò un nuovo governo di coalizione, guidato dal leader del SPS Ivica Dačić. La prosecuzione del dialogo con il Kosovo ebbe un impatto positivo nel percorso di integrazione europea della S., cui nel 2012 fu riconosciuto lo status di Paese candidato all’ammissione nella UE. Un passaggio importante in tale processo fu il primo accordo raggiunto tra Belgrado e Priština nel 2013, che l’Unione Europea non esitò a definire storico perché stabiliva per la prima volta un quadro generale per regolare l’autonomia delle comunità serbe in Kosovo.
Aspirando a un mandato pieno per perseguire il suo programma di governo, il SNS chiese l’indizione di elezioni anticipate: guidato da Aleksandar Vučić, nel voto di marzo 2014 il partito conquistò la maggioranza assoluta dei seggi del Parlamento – 158 su 250 –, un risultato che consentì a Vučić di assumere l’incarico di premier. Il nuovo governo intraprese politiche economiche di sviluppo, si concentrò sulla privatizzazione delle imprese statali, annunciò un taglio dei salari pubblici e s’impegnò nella riforma della legislazione sul lavoro; in politica estera, pur restando fermo l’obiettivo dell’integrazione nella UE, furono rafforzati i rapporti con la Russia, soprattutto nel campo degli investimenti.
Architettura di Livio Sacchi. – Dal 2002 Belgrado è stata al centro di una sensibile rinascita dell’architettura serba. La partecipazione alla XIV edizione della Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia del 2014 ha offerto una buona testimonianza delle nuove tendenze in atto in un Paese che vanta una tradizione progettuale di avanguardia. Tra i principali progetti portati a termine nella capitale, si segnalano: lo Zora Palace (2005) di Spasoje Krunić, edificio per uffici dai volumi interamente rivestiti in alluminio; il villaggio universitario di Belville (2009), che include 14 blocchi residenziali e due commerciali, del gruppo Block 67 Associates; la ricostruzione della torre delle telecomunicazioni distrutta dal bombardamento del 1999 e ufficialmente riaperta nel 2010; il ponte di Ada che collega Čukarica con la nuova Belgrado, progettato da Viktor Markelj e Peter Gabrijelčič, inaugurato nel 2013; il ponte di Pupinov che collega la città con i sobborghi di Zemun e Borča, inaugurato nel 2014.
Fra i tanti progetti ancora in via di realizzazione si ricordano la nuova ferrovia metropolitana, il cui completamente è previsto per il 2021, e il ridisegno del lungofiume i cui lavori, suddivisi in quattro fasi, dovrebbero concludersi nel 2018. Quest’ultimo, ambizioso progetto portato avanti grazie a ingenti investimenti degli Emirati Arabi Uniti, include uffici, appartamenti di lusso, alberghi e centri commerciali; al suo interno, la torre Kula Belgrade (2015-17), progettata dallo studio statunitense SOM, costituirà l’edificio di maggiore valenza iconica. Discusso è infine il Beko Masterplan redatto dallo studio Zaha Hadid Architects che, sull’area occupata da un’industria tessile abbandonata, in prossimità delle mura dello storico castello di Kalemegdan, ha proposto la realizzazione di una nuova area residenziale e amministrativa.
Letteratura di Maria Mitrovic. – Le guerre degli anni Novanta e la transizione politica e sociale nel nuovo millennio hanno portato alla marginalizzazione della letteratura e della cultura in generale. Sulla poesia, che nei due secoli precedenti ha avuto un ruolo portante nei cambiamenti culturali, vige ora il silenzio dei media ufficiali. Eppure sono state pubblicate sillogi valorose di vari autori: Milutin Petrović (n. 1941), Dragan Jovanović Danilov (n. 1960), Saša Jelenković (n. 1964). Alcune delle ben tredici raccolte poetiche di Radmila Lazić (n. 1949), una delle fondatrici della rivista «Pro-Femina» e della rispettiva collana di autrici, sono state insignite dei premi nazionali più prestigiosi. Lungo è l’elenco dei poeti giovani, nati dopo il 1970 e affermatisi nel corso dell’ultimo decennio, presentati con le note biobibliografiche nelle due antologie Prostori i figure (2012, Gli spazi e le figure), a cura di Vladimir Stojnić, e Restart (2014), a cura di Goran Lazičić.
Nella prosa del nuovo millennio sono prevalenti le storie incentrate sulla realtà quotidiana e contemporanea, al centro degli interessi dei lettori, quella stessa realtà che qualche decennio prima i (post)modernisti cercavano di deridere, mettere in dubbio o ironizzare. Tra gli scrittori più interessanti: Svetislav Basara (n. 1953), Dragan Velikić (n. 1953), Goran Petrović (n. 1961) sono molto stimati e tradotti in varie lingue, mentre meno conosciuto all’estero è Vladan Matijević (n. 1962), anche lui raffinato narratore e romanziere. Il maestro assoluto del racconto breve e del romanzo è David Albahari (n. 1949; sette suoi romanzi sono stati tradotti in italiano). Numerosi sono gli autori che vivono oggi all’estero: lo stesso Albahari tra il Canada e Belgrado; Bora Ćosić (n. 1932) a Berlino; negli Stati Uniti vive Vladimir Pištalo (n. 1960), mentre Vladimir Tasić (n. 1965) insegna matematica in Canada, pubblica contributi specialistici in inglese e in serbo scrive racconti brevi e romanzi sul tema dell’esilio e sui problemi sociali ed etici della S. odierna.
Un fenomeno nuovo è l’affermazione dei giovani autori di origine serba che vivono all’estero e scrivono in lingue straniere (tra cui Nataša Radojčić- Kane, n. 1966, e Téa Obreht, nata Bajraktarević nel 1985). Molte le scrittrici di valore: Gordana Ćirjanić (n. 1957), Mirjana Novaković (n. 1966), Jelena Lengold (n. 1959), quest’ultima vincitrice dell’European Union prize per una raccolta di racconti. L’autrice più produttiva e di maggior successo è la drammaturga Biljana Srbljanović (n. 1975), severissima critica della società serba. Anche Milena Marković (n. 1974) è molto stimata come autrice teatrale; numerose sono però anche le autrici che seguono i modelli della letteratura di consumo.
Webgrafia: G. Božović, Nova srpska poezija: između tišine i ruba (Nuova poesia serba: tra il silenzio e il margine), «Sarajevske sveske» (Quaderni sarajevesi), 2007, 15-16, http://www.sveske.ba/en/content/nova-srpska-poezijaizmedu-tisine-i-ruba; D. Đurić, Marginalizacija poezije i uspon pesnikinja u Srbiji na prelazu iz 20. u 21. vek (La marginalizzazione della poesia e l’ascesa delle poetesse alla fine del 20° e l’inizio del 21° secolo), «Sarajevske sveske», 2008, 21-22, http://sveske.ba/en/content/marginalizacija-poezije-i-uspon-pesnikinja-u-srbiji-na-prelazu-iz-20-u21-vek; T. Rosić, Slepa mrlja realnog (Macchia cieca del reale), «Sarajevske sveske», 2011, 27-28, http://sveske.ba/en/content/ slepa-mrlja-realnog.
Tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il 12 settembre 2015.
Cinema di Nicola Falcinella. – Il cambio generazionale, con l’affermarsi di nuovi cineasti ha segnato i primi lustri del nuovo secolo in Serbia. La vena creativa di Emir Kusturica, dopo Život ječudo (2004; La vita è un miracolo), non è stata al livello del passato e a Zavet! (2007; Promettilo!) e Maradona (2008) è seguita una pausa, interrotta dal cortometraggio per il film collettivo Words with Gods (2014). L’altro grande, Goran Paskaljević, ha realizzato opere significative sul travaglio del Paese. Al metaforico San zimske noci (2004, Sogno di una notte d’inverno) è seguito il grottesco e pessimista Optimisti (2006, Ottimisti), mentre il più rilevante è Medeni mesec (2009, Lune di miele), due storie di coppie che cercano la fuga da S. e Albania. Il figlio di Paskaljević, Vladimir, ha esordito con la black comedy Đavolja varoš(2009, La città del diavolo). Importante esponente della generazione intermedia è Srdjan Dragojević, che ha girato Mi nismo andjeli 2 (2005, Non siamo angeli 2) e il tragicomico Parada (2011; The parade - La sfilata): un criminale deve suo malgrado proteggere il Gay pride a Belgrado. La personalità più notevole emersa in questo periodo è quella di Srdan Golubović, figlio del regista Predrag. In Klopka (2007, La trappola) un padre stringe un patto scellerato per salvare il figlio malato; Krugovi (2013, Cerchi), complessa storia sulle conseguenze della guerra e i ricordi che non si cancellano, è invece la prova della maturità. Golubović collabora con lo sceneggiatore Srdjan Koljević, a sua volta regista del road-movie Sivi camion cervene boje (2004, Camion grigio colorato di rosso) e del film storico Branio sam Mladu Bosnu (2014, Ho difeso la Giovane Bosnia).
Srdjan Karanović, in concorso alla Mostra di Venezia con la favola postbellica Sjaj u ocima (2003, Sguardi d’amore), ha realizzato Besa (2009, La promessa) in cui un bidello albanese, Miki Manojlović, si prende cura della bella moglie del preside partito in guerra. Dopo i documentari sulle proteste contro Slobodan Milošević, Goran Marković ha realizzato Turneja (2008, Tournée), su una scalcinata compagnia teatrale immersa nell’assurdità del conflitto, e Falsifikator (2013, Il falsificatore). Esponente dell’Onda nera, Želimir Žilnik si è dedicato invece al documentario politico-sociale: Evropa preko plota (2005, L’Europa della porta accanto) e Kenedi se zeni (2007, Kenedi si sposa). Specialista in drammi storici popolari è Zdravko Šotra: suoi Ivkova slava (2005, La festa di Ivko) e Šešir profesora Koste Vujića (2012, Il cappello del professor Kosta Vujić).
Alla vecchia guardia appartiene Miloš Miša Radivojević, autore di Budjenje iz mrtvih (2005, Risveglio dai morti), in cui uno scrittore torna dalla tomba per recuperare il tempo perduto e fare tutto ciò che non era riuscito a fare in vita, e Kako su me ukrali nemci (2011, Come mi hanno derubato i tedeschi). Di Mladen Matičević da ricordare il documentario Kako postati heroj (2007, Come diventare un eroe) e il thriller Zajedno (2011, Insieme), di Oleg Novković la solida tragedia greca Beli, beli svet (2010, Bianco, bianco mondo) e di Darko Lungulov la commedia amara Spomenik Majklu Džeksonu (2014, Monumento a Michael Jackson). Lo sceneggiatore Dusan Milić ha firmato la tragicommedia Jagoda u supermarketu (2003; Jagoda – Fragole al supermarket) e Guća! (2006, noto con il titolo Gucha: distant trumpet), due giovani rom in una storia alla Romeo e Giulietta durante il celebre festival delle trombe di Guća. Si è dedicato all’horror con sfondo politico Dejan Zecević:Cetvrti čovek (2007, Il quarto uomo), Neprijatelj (2011, Il nemico) e Vojna Akademija (2013, Accademia di guerra). Documentario molto importante è Cinema Komunisto (2010) di Mila Turajlic, la storia della Iugoslavia vista attraverso la passione di Tito per il cinema. Stefan Arsenijević ha debuttato con il corale Ljubav i drugi zloini (2008; Amore e altri crimini). Obični ljudi (2009, noto con il titolo Ordinary people) ha invece rivelato il talento di Vladimir Perišić: una recluta si confronta con la ferocia ma rimane la speranza di una catarsi. Tra i migliori esordi Klip (2012; Clip) di Maja Miloš, melodramma adolescenziale, e gli skater di provincia di Tilva Roš (2010) di Nikola Ležaić. In Nicije dete (2014; Figlio di nessuno) di Vuk Ršu mović un ragazzo cresciuto tra i lupi torna alla civiltà, ma la guerra lo riporta indietro. Adolescenti tra piccola criminalità, assenza dei genitori e nazionalismo in Varvari (2014, Barbari) di Ivan Ikić.