Serbia e Montenegro, storia di
Dopo la dissoluzione della federazione iugoslava
Serbia e Montenegro, quello che resta della Iugoslavia, sono anche le due entità storico-politiche più antiche dell’ex Stato degli Slavi del Sud e dei Balcani. Inclusi per lungo tempo nell’Impero ottomano, i due paesi divennero indipendenti nel 19° secolo. Entrarono quindi a far parte del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni nel 1918 (dal 1929 Regno di Iugoslavia) e poi, nel 1945, della Repubblica federale socialista di Iugoslavia. Con la disintegrazione di questa negli anni Novanta del secolo scorso, Serbia e Montenegro rimasero gli unici due Stati membri della federazione iugoslava (Unione di Serbia e Montenegro).
Nel giugno 2006 il Montenegro si è proclamato indipendente
Serbia e Montenegro hanno avuto per lungo tempo due storie quasi parallele. I Serbi, di ceppo slavo, si stabilirono nei Balcani intorno al 6°- 7° secolo d.C. e furono cristianizzati secondo il rito ortodosso nel 9° secolo. Essi fondarono uno Stato che raggiunse l’apice della propria potenza nel 14° secolo. Nel 1389, in seguito alla terribile sconfitta di Kosovo Polje, furono tuttavia sottomessi al dominio turco, da cui continuarono a dipendere sino al 19° secolo. Nel 1829 la Serbia ottenne una relativa autonomia all’interno dell’Impero ottomano e divenne del tutto indipendente nel 1878, acquistando una crescente potenza nella regione tra Otto e Novecento. Dopo la Prima guerra mondiale (1914-18), il paese divenne il cuore di una nuova formazione politica: il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, che nel 1929 assunse il nome di Regno di Iugoslavia.
Il Montenegro riuscì a sottrarsi per qualche tempo alla dominazione turca dopo la sconfitta serba di Kosovo Polje del 1389. Circa un secolo più tardi, nel 1499, anch’esso cadde tuttavia in gran parte sotto il controllo dell’Impero ottomano, da cui si liberò soltanto nel corso del 19° secolo. Nel 1918, all’indomani della Prima guerra mondiale, il Montenegro fu unito alla Serbia ed entrò quindi a far parte del regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Da allora, e sino ai nostri giorni, i destini politici della Serbia e del Montenegro sono rimasti strettamente intrecciati.
Oltre alla Serbia e al Montenegro, il nuovo Stato sorto nel 1918 comprendeva anche la Slovenia, la Croazia e la Bosnia ed Erzegovina che avevano fatto parte dell’Impero austro-ungarico. In esso, tuttavia, fu la Serbia a esercitare un ruolo preminente.
Segnato da una sostanziale arretratezza, minacciato dalle rivendicazioni territoriali di diversi paesi tra i quali l’Italia, il nuovo Stato fu fortemente indebolito dalle profonde differenze che caratterizzavano le sue varie componenti: differenze non soltanto di sviluppo socio-economico e di tradizioni politiche, ma anche religiose e confessionali (Slovenia e Croazia erano infatti prevalentemente cattoliche; la Serbia era in maggioranza ortodossa; la Bosnia ed Erzegovina, che all’epoca era stata incorporata nella Serbia, era invece in ampia misura musulmana). In queste condizioni, la monarchia serba dei Karagjorgjević mise in atto una politica di rigido centralismo, imponendo anche, tra il 1929 e il 1931, una vera e propria dittatura. La conseguenza fu che si rafforzarono le tendenze autonomiste, in particolare della Croazia, dove si sviluppò il movimento filofascista degli ustascia («insorti»).
La Seconda guerra mondiale portò al punto di rottura queste tensioni. Il paese fu invaso dai nazisti nel 1941. Gli ustascia croati annetterono la Bosnia creando uno Stato fascista strettamente legato all’Italia. Un governo collaborazionista filotedesco sorse anche in Serbia. In questo quadro si svilupparono due movimenti di resistenza: il primo, legato alla monarchia in esilio e con forti tendenze anticomuniste, ebbe in Draza Mihajlović, il capo dei cetnici («partigiani»), il proprio leader; il secondo, sostenuto dai comunisti e da ampie masse popolari, fu guidato da Tito, che ottenne il sostegno non soltanto dei Sovietici, ma anche degli stessi Britannici. Dopo aver costretto i nazisti a lasciare il paese alla fine del 1944 e aver ottenuto un pieno successo nelle elezioni del novembre 1945, Tito e i comunisti andarono al potere.
Con l’ascesa di Tito al potere il regno di Iugoslavia fu trasformato in una repubblica federale socialista, composta da Serbia, Montenegro, Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia. Essa fu posta sotto la dittatura dei comunisti i quali, secondo il modello sovietico, procedettero alla socializzazione dei mezzi di produzione, all’affermazione del partito unico e alla neutralizzazione di ogni opposizione.
All’inizio strettamente legato all’Unione Sovietica, nel 1948 il regime di Tito ruppe ogni rapporto con l’urss. Nello stesso tempo, si aprì agli aiuti occidentali, dando anche un forte impulso al movimento dei cosiddetti paesi non allineati, ossia non schierati né con gli Stati Uniti né nel blocco sovietico. Lo strappo con l’URSS fu in parte ricucito intorno alla metà degli anni Cinquanta. Ma rimase irreversibile nella sua sostanza. Un’altra peculiarità della Iugoslavia di Tito fu il tentativo di introdurre nelle fabbriche forme di autogestione operaia ispirate a principi di «democrazia socialista». Costretto a scontrarsi negli anni Cinquanta e Sessanta con diverse opposizioni interne allo stesso gruppo dirigente e con gli intellettuali, negli anni Settanta Tito dovette affrontare il riemergere di forti tensioni tra le diverse repubbliche della federazione. In questo quadro si riaccesero, soprattutto nelle regioni più sviluppate (Croazia e Slovenia), forti tendenze autonomiste. Il varo di una nuova costituzione nel 1974 non sciolse il problema della tenuta della federazione, che si acuì ulteriormente dopo la morte di Tito nel 1980 ed esplose definitivamente all’inizio degli anni Novanta.
La crisi della federazione iugoslava va collocata nel contesto più generale del crollo dei regimi comunisti nell’Europa centro-orientale e della stessa Unione Sovietica (1989-91). È su questo sfondo che le mire egemoniche della Serbia di Slobodan Milošević entrarono in collisione con le spinte indipendentiste delle altre regioni della Iugoslavia.
La guerra ebbe inizio nel 1991, dopo che la Slovenia e la Croazia (in cui si erano affermati governi non comunisti) proclamarono l’indipendenza, quasi subito riconosciuta dalla comunità internazionale, riuscendo a vanificare i tentativi dei Serbi di mantenere il controllo su di esse. Dopo che anche la Macedonia si dichiarò indipendente, l’epicentro del conflitto si spostò nella Bosnia ed Erzegovina, che proclamò l’indipendenza nel 1991. In questa regione, in cui convivevano una maggioranza musulmana e due forti minoranze, la serba (oltre il 30%) e la croata (circa il 20%), si accese una guerra civile segnata da terribili violenze, soprattutto ai danni della popolazione musulmana, dirette a smembrare la neonata repubblica e ad annetterne i territori in parte alla Serbia e in parte alla Croazia, che sostennero in ogni modo il conflitto. Durata circa tre anni, la guerra in Bosnia si concluse nel 1995, grazie alla mediazione degli Stati Uniti, con gli accordi di Dayton, in base ai quali la Bosnia ed Erzegovina fu divisa in due parti: una federazione musulmano-croata e una repubblica serba, a cui furono attribuite rispettivamente il 49% e il 51% del territorio.
Pochi anni più tardi, nel 1998-99, si aprì una nuova crisi nel Kosovo, una regione autonoma della Serbia popolata in maggioranza da Albanesi e percorsa da forti spinte separatistiche. Di fatto privato di ogni autonomia fin dal principio degli anni Novanta, il Kosovo divenne oggetto di una politica di sistematica repressione da parte di Milošević. Questo provocò infine l’intervento militare della NATO e una serie di pesanti bombardamenti aerei tra il marzo e il giugno del 1999, che si conclusero con l’umiliazione della Serbia e il riconoscimento dell’autonomia della regione del Kosovo, che fu posta sotto l’amministrazione dell’ONU. La sconfitta militare favorì la caduta di Milošević e la vittoria delle opposizioni democratiche alle elezioni del 2000.
Nel 2003 la Repubblica federale iugoslava, che dal 1992 comprendeva solo la Serbia e il Montenegro, il nome di Unione di Serbia e Montenegro. Nel 2006 il Montenegro, dopo un referendum popolare, ha proclamato la sua indipendenza.