serpente Nome generico dei Rettili Squamati appartenenti al sottordine Serpenti, sinonimo di Ofidi.
I s. hanno corpo allungato, cilindrico, a sezione subcircolare o ellittica, lunghezza variabile da pochi cm a quasi 10 m.
La superficie del corpo è ricoperta di varie placche e squame, in genere ellittiche o lanceolate, embricate e ordinate in serie distinte nelle parti superiori e laterali, quelle del ventre più grandi, slargate trasversalmente, anch’esse embricate (fig. 1). Periodicamente la vecchia epidermide, corneificata, viene eliminata con le mute. La colorazione è variabile, in genere i s. sono più scuri sul dorso e sui fianchi che nelle parti ventrali. I colori più vistosi, a macchie, strisce, fasce, di solito sono propri delle specie arboricole di foreste umide, mentre le specie desertiche e dei climi temperati hanno in genere colorazioni mimetiche. Generalmente i due sessi hanno la stessa livrea.
Il cranio è privo di fosse temporali, senza forame parietale; i rami della mandibola sono riuniti da un legamento molto elastico; l’osso quadrato è lungo e mobile, come pure i palatini e gli pterigoidei (condizione che permette un’ampia dilatabilità della bocca, o cinesi cranica). Nei Viperidi, quando l’animale apre la bocca abbassando la mandibola, il quadrato e, con esso, tutto l’arco pterigoideo-palatino sono spinti innanzi e l’osso traverso, premendo sul mascellare, fa ruotare quest’ultimo da dietro in avanti così che i denti del mascellare si sollevano formando con la volta palatina un angolo retto o ottuso. Quando la bocca si chiude, il mascellare ruota in senso inverso e i denti tornano nella posizione di riposo adagiandosi sul palato con la punta rivolta all’indietro (fig. 2). La colonna vertebrale è forte e flessibile, con vertebre proceli e costole numerose (fino a 550) e mobili, unite a mezzo di muscoli con le squame o scudi ventrali allargati (gastrostegi); questi, inclinandosi e facendo leva sul substrato, coadiuvano la locomozione dell’animale che avviene mediante ondulazioni del corpo in senso orizzontale (movimento serpentino). Il tronco è privo di arti anteriori, di cinto scapolare e, per lo più, anche degli arti posteriori e del cinto pelvico, talvolta presenti come rudimenti.
I denti, oltre che dal mascellare, possono essere portati da altre ossa (premascellare, palatino, pterigoideo, mandibola) e il loro numero è variabile. Diritti o ricurvi all’indietro, possono essere pieni, a forma di uncino, o scanalati, dalla base all’estremità (Colubridi opistoglifi) o a doccia con i margini più o meno ravvicinati e permanentemente eretti (Colubridi proteroglifi) o canalicolati e lunghi come nei Viperidi (fig. 3). I denti in genere sono seminascosti entro pieghe della mucosa orale, talora parzialmente racchiusi in una guaina elastica entro cui sbocca il canale della ghiandola del veleno. Le ghiandole del veleno sono di 3 tipi: temporali anteriori (per es., nei Boidi), parotidee (per es., nei Colubridi opistoglifi) e velenose. Queste ultime sono le ghiandole tipiche dei Colubridi proteroglifi e dei Viperidi: hanno struttura diversa e dimensioni maggiori delle ghiandole parotidee e delle temporali anteriori. Il veleno viene iniettato a forza nella ferita dai denti canalicolati nei proteroglifi e nei Viperidi, mentre negli altri s. vi cola dentro lungo la scanalatura o la doccia che percorre le zanne.
Il sistema nervoso e gli organi di senso dei s., eccetto la vista che è acuta, non presentano particolare sviluppo. Gli occhi, immobili, sono ricoperti da squame trasparenti. La lingua è esile, bifida protrusibile anche a bocca chiusa, attraverso un’apertura del labbro superiore.
L’esofago, molto allungato, può raggiungere un terzo della lunghezza del canale alimentare; anche lo stomaco, a pareti molto robuste, è allungato e si continua nell’intestino molto lungo, talora circonvoluto, che termina nel retto, breve in alcune specie. Un solo polmone è funzionale, il destro, sviluppato ed esteso talora fin nella regione cloacale. Anche il cuore è spesso molto allungato, con un seno venoso, due atri e un solo ventricolo incompletamente diviso da un setto. I reni, più o meno allungati, sono situati posteriormente; gli ureteri sboccano direttamente nella cloaca, dove sboccano anche i deferenti dei testicoli e gli ovidutti. 2. Riproduzione
In maggioranza i S. sono ovipari, ma molte specie, particolarmente i Viperidi, sono ovovivipare. Le uova, provviste di un involucro coriaceo, sono abbandonate sul terreno o nelle cavità degli alberi, in un numero variabilissimo secondo le specie, in media da 2 a 15, talora fino a 100. Solo alcune specie sogliono incubarle.
I S. vivono in ogni continente, principalmente nei paesi caldi, nei più svariati ambienti, sia nei luoghi umidi sia nei deserti sia in ambiente ipogeo, acquatico; molti sono arboricoli, alcuni marini. Tra i Rettili, sono quelli che si spingono alle maggiori altitudini. Il più gran numero di generi e specie vive nella zona intertropicale. In America i s. velenosi sono principalmente Viperidi, in Asia e in Africa esistono Viperidi e Colubridi proteroglifi; questi ultimi sono i soli rappresentanti della fauna ofidica in Australia. Esistono specie attive durante il giorno, altre crepuscolari o notturne. Si spostano principalmente con contrazioni muscolari di tutto il corpo con l’ausilio di movimenti ritmici delle costole e delle squame ventrali, importanti nelle specie arboricole perché, essendo carenate, favoriscono l’arrampicamento. Sono tutti zoofagi, uccidono la preda o costringendola fra le spire del proprio corpo, o afferrandola con i denti, o inoculandole col morso un veleno: le specie velenose, circa 800 su 2700 note, sono più abbondanti nelle regioni tropicali. Alcune specie sono ofiofaghe, altre si nutrono anche di uova di vari animali. Possono ingoiare prede molto grandi, sproporzionate alla loro mole, e la digestione è spesso molto lenta. Sopportano lunghi digiuni e durante i mesi invernali vanno in letargo.
Si ritrovano fossili dal Cretaceo inferiore con forme marine, mentre quelle terrestri sono note dall’Oligocene; le forme velenose, caratterizzate da denti cavi, sono conosciute dal Miocene. Comprendono numerose specie ripartite in varie famiglie fra cui, principali, Tiflopidi, Boidi, Colubridi, Idrofidi, Viperidi, Crotalidi.
I veleni dei s. contengono sostanze di natura enzimatica (esterasi, proteasi, ossidasi, carboidrasi), ad azione più o meno nota, e altre, a meccanismo d’azione in gran parte oscuro, genericamente dette tossine. Di queste ultime poche soltanto sono state isolate (per es., neurotossina e cardiotossina dal veleno di Naia; crotossina dal veleno di Crotalus). La costituzione chimica, e quindi l’attività farmacologica, dei veleni ofidici è caratteristica per i diversi gruppi di s. velenosi: i veleni della famiglia Elapidi posseggono una marcata azione curaro-simile; altri veleni posseggono azione emorragica ed emolitica; altri determinano una fenomenologia analoga a quella dello shock anafilattico. Il morso delle vipere italiane provoca generalmente dolore e tumefazione della parte interessata, sudorazione fredda, prostrazione, sete intensa, polso debole, respiro rallentato, dolori addominali ed epigastrici, vomito, diarrea, tendenza al deliquio; in vari casi, che riguardano soprattutto soggetti indeboliti oppure bambini, coma e morte. Per quanto riguarda gli animali (ma anche per l’uomo), in linea di massima, la gravità della sintomatologia è in rapporto al quantitativo di veleno inoculato per kilogrammo di peso vivo: pertanto i morsi dei s., almeno di quelli esistenti nei nostri climi, difficilmente possono produrre effetti letali negli animali di grossa taglia.
S. corallo (o s. arlecchino) Nome comune di circa 50 specie di Elapidi americani, del genere Micrurus e Micruroides, dalla pelle vivacemente colorata con anelli neri e rossi separati da tratti giallo vivo. In maggioranza di modeste dimensioni, con coda breve. Il loro veleno è molto potente, ma i casi di morte sono molto rari perché sono poco aggressivi e facilmente individuabili grazie alla colorazione aposematica. S. del latte Denominazione comune a quelle specie di s. (Colubridi e Lampropeltidi) cui si attribuisce la fantastica e leggendaria abitudine di attaccarsi alle mammelle delle mucche per succhiarne il latte. S. pilota Specie (Elaphe obsoleta) della famiglia Colubridi, diffusa, con varie sottospecie di diversa colorazione, nelle regioni rocciose dell’America centro-orientale, del Canada sud-orientale, e del Messico settentrionale, di abitudini prevalentemente arboricole (il nome deriva dall’errata credenza che un individuo guidi gli altri alle tane dove si riuniscono in gruppo per ibernare).
Per il s. marino ➔ Idrofini; per il s. a sonagli ➔ Crotalidi.
Il culto, la divinizzazione e il ruolo simbolico del s. nel mito sono l’espressione di una larga gamma di concezioni, suscitate, nelle diverse culture, dalle singolari caratteristiche del rettile. In base alla vasta fenomenologia di tali concezioni, si possono dedurre le caratteristiche del s. che più colpiscono la fantasia umana, diventando perciò veicoli di idee religiose: la potenza del veleno, la presunta astuzia, la forma (talvolta considerata fallica, altre volte assimilata a quella dell’arcobaleno o a ogni cosa inanellata, ondulata o circolare), la dimora nelle cavità della terra e, infine, la capacità di mutar pelle, che in alcune società è interpretata come ringiovanimento e immortalità. Nei miti e nei rituali si fa spesso ricorso a più di una di queste caratteristiche. Per il suo tellurismo, per es., per la sua presunta immortalità, ed eventualmente anche per il suo fallicismo, il s. diventa la forma in cui appaiono gli spiriti dei morti, venerati o meno come antenati o eroi: in alcune parti del Madagascar le diverse specie di s. sono considerate come anime di diversi tipi di morti, cioè dei capi, uomini comuni e donne. La connessione con gli antenati può anche passare in seconda linea o non esser rilevata affatto, quando quella con la terra, con la fecondità e con l’immortalità rendono il s. adatto ad assumere il ruolo di spirito tutelare della casa o della famiglia (India, Roma antica: il genio raffigurato come s.). Come garanti di fertilità, i s. entrano in diverse regioni del mondo (India, Australia) in connessione con la pioggia: un’idea religiosa particolare è quella del s.-arcobaleno australiano, che, datore della pioggia benefica e distruttrice, nonché di medicine, assume un ruolo centrale nel mito. L’ambivalenza è caratteristica di molte concezioni religiose del s.: a causa dei suoi rapporti con i morti e per l’effetto del suo veleno, può rappresentare anche la forza demoniaca, come per i Parsi o per l’Antico Testamento.
Costellazione del cielo boreale estivo (lat. Serpens), situata fra l’Ofiuco e la Bilancia, formata da una linea sinuosa di stelle.