Poeta latino (n. 25 d. C. - m. 101 d. C.). Secondo Plinio il Giovane, S. I. avrebbe fatto il delatore sotto Nerone, che (68) lo fece console; ma si riabilitò, fu amico di Vitellio e proconsole d'Asia sotto Vespasiano. Ritiratosi poi a vita privata, si dedicò agli studî in Campania, dove, affetto da un male incurabile, da stoico qual era si lasciò morire di fame. Aveva un cospicuo patrimonio e molte ville, fra cui una che era stata di Cicerone e una a Posillipo (che comprendeva il sepolcro di Virgilio). Ci è pervenuto intero il poema epico Punica, in 17 libri, che egli compose dopo il ritiro dalla vita pubblica. Ha per argomento la seconda guerra punica dall'assedio di Sagunto alla vittoria di Zama. S. I. seguì come fonte principale la terza deca di Tito Livio, ma se l'argomento è storico, il "macchinario" è mitologico, gli espedienti sono quelli dell'epica tradizionale e il modello letterario è Virgilio: ne risultò un'opera ibrida e senza anima. S. I. nelle battaglie fa intervenire accanto ai guerrieri gli dèi, ma la rappresentazione dei caratteri è fiacca; gli dèi sono vuote astrazioni, l'imitazione dei grandi modelli è fredda. L'educazione retorica di S. I. e il gusto del tempo spiegano i molti discorsi che occupano quasi un terzo dell'opera. C'è poi il gusto dell'esagerazione, la ricerca del meraviglioso e del macabro, l'erudizione pedantesca al servizio del sentimento orgoglioso e religioso della grandezza romana e dell'antica virtù. Ma difettava a S. I. altezza d'ingegno poetico e quella passione politica che aveva animato il poema storico di Lucano. L'opera di questo poeta, di cui Plinio il Giovane ci fornisce in un'epistola (III, 7) dettagliate notizie, mentre Tacito si limita a brevi accenni, cadde in oblio fino al 1417, quando fu riscoperta in Germania da P. Bracciolini. Non è di S. I. la Ilias Latina, detta anche Omero Latino o Pindaro Tebano.