In linguistica, lo strato linguistico al quale, in una determinata area, si è sovrapposta e sostituita, in seguito a conquista o a predominio politico-culturale, una lingua diversa.
Il concetto di s., applicato e diffuso nella linguistica, insieme al termine, da G.I. Ascoli dal 1867, è stato largamente impiegato nelle ricerche di carattere diacronico o storico per spiegare quegli aspetti linguistici, soprattutto fonetici, morfologici e lessicali, non spiegabili né all’interno della struttura della lingua in cui appaiono né come prestiti culturali da altre lingue, e quindi attribuibili a un influsso, o reazione, esercitato dallo strato linguistico su cui quella lingua si è sovrapposta. Così, è stata spiegata come un fatto di s. preindoeuropeo la sostituzione, avvenuta in alcune lingue indoeuropee, dell’originale accento musicale mobile con l’accento d’intensità iniziale, e nel campo neolatino è stata attribuita al s. etrusco la spirantizzazione delle sorde intervocaliche in toscano; al s. celtico l’esito di -it- del nesso -ct- latino delle parlate galloromanze; al s. basco il passaggio di f- latino a h- nel castigliano (lat. ferrum > cast. hierro).