Medico e chimico (Ansbach, Baviera, 1659/60 - Berlino 1734). A vent'anni si immatricolò all'univ. di Jena come studente di medicina, venendo in contatto con la tradizione di iatromedicina e iatrochimica che si era affermata in Germania a partire dal Rinascimento. Laureatosi nel 1684, divenne "Privatdozent" e le sue lezioni a Jena ebbero un grande successo di pubblico. Nel 1687 divenne medico personale del duca J. E. von Sachsen-Weimar e nel periodo di Weimar, destinato a durare sino al 1694, continuò a occuparsi sia di medicina sia di chimica. Nel maggio del 1694 S. divenne secondo professore di medicina presso la nuova univ. prussiana di Halle, infine (1715) medico personale e consigliere aulico del re di Prussia Federico Guglielmo I a Berlino. Nello stesso anno fu nominato presidente del Collegium medicum di Berlino. Grazie alla sua influenza fu aperto nel 1723 un Collegium medico-chirurgicum presso l'Accademia reale delle scienze e delle belle arti di Berlino. S. fu un docente assai influente e un gran numero dei suoi allievi occupò posti di primo piano nelle università e nelle istituzioni mediche e mineralogiche degli stati tedeschi. Durante il periodo di Halle venne in contatto con A. H. Francke e soprattutto con Ch. Thomasius, rappresentanti del pietismo e dell'Aufklärung, che ebbero una grande influenza su Stahl. Le concezioni di S. riguardano sia la teoria medica, intesa in un senso filosofico ampio, sia la teoria e la pratica chimica. Tra il 1706 e il 1708 S. pubblicò alcune opere (Disquisitio de mechanismi et organismi diversitate, 1706; De vera diversitate corporis mixti et vivi, 1706; Theoria medica vera, 1708) nelle quali stabiliva una differenza radicale tra l'anima e il corpo. Secondo S. il corpo vivente dipende dal movimento, in particolare quello del cuore e del sangue, e può quindi essere considerato una macchina, che deve però essere guidata e protetta da un principio vitale non materiale, cioè dall'anima. S. non rinunciò alle acquisizioni concettuali della tradizione meccanicista seicentesca ma ritenne insufficiente e parziale la visione dell'uomo come macchina. Su questo tema S. fu coinvolto in polemiche con la cultura medica e filosofica del tempo (G. W. Leibniz, in particolare). S. criticò duramente la tradizione di chimica meccanicista e ritornò alla tradizione paracelsiana dei principî o elementi portatori di qualità. La chimica, come scienza e arte, doveva utilizzare i principî per spiegare le qualità dei corpi. S. ammise come principî dei corpi l'acqua e le tre terre di J. J. Becher, mentre il fuoco e l'aria vennero considerati solo strumenti fisici utili nelle operazioni chimiche. Nel 1697 pubblicò la Zymotechnia fundamentalis, nella quale espose per la prima volta la sua teoria del flogisto: la combustione veniva interpretata come liberazione di un principio infiammabile (flogisto) dai corpi combustibili e dai metalli. S. presentò la sua nuova visione della chimica nella ristampa della Physica subterranea di Becher, corredata da un importante Specimen Becherianum (1703). Nella cultura settecentesca S. ebbe il merito di presentare la chimica come un'arte socialmente ed economicamente utile, che si era liberata dal suo passato alchemico. Grazie a S. gli stati tedeschi divennero la patria della chimica pratica e applicata alle manifatture. Tra gli innumerevoli lavori di chimica di S. vanno ricordati i suoi trattati tedeschi sullo zolfo (1718) e su sali (1723) e gli Experimenta, observationes, animadversiones, CCC numero, chymicae et physicae (1731).