strada
Il sistema circolatorio delle comunità umane
La strada, come la conosciamo noi, è una lunga striscia di terreno spianato, lastricato o asfaltato, percorribile da persone e veicoli, che mette in comunicazione più località. Prodotto mirabile dell’ingegneria degli antichi Romani, la strada, come strumento di collegamento e di comunicazione, ha avuto e ha un’importantissima funzione economica, e da sempre è stata una fonte di ispirazione poetica
L’esperienza che abbiamo delle strade è talmente comune che non ci rendiamo quasi conto della loro presenza. Eppure la strada è un universo ricchissimo e affascinante, che è stato decisivo per la nascita e lo sviluppo delle società umane, ed è importantissimo per la vita quotidiana di ognuno di noi. La rete stradale di una città o di un paese è infatti come la rete del sistema nervoso del corpo umano. Non ci si accorge quasi di averlo, ma attraverso i nostri nervi passano ogni secondo miliardi di informazioni da una parte all’altra del corpo senza le quali semplicemente non vivremmo. È esattamente quello che succede alle comunità umane con la rete stradale. Senza strade niente movimento, niente informazioni, niente civiltà e niente sviluppo.
Si dice che la storia comincia con l’invenzione della scrittura e che la civiltà umana nasce e si sviluppa con la cultura e le scienze. È vero e a dimostrarlo sono le strade, che hanno costituito un importantissimo mezzo per il miglioramento culturale e sociale di qualsiasi comunità in ogni momento storico: un esempio molto attuale è quello delle ‘rapidissime’ autostrade informatiche, costituite dalla rete di connessioni telefoniche e satellitari tra i computer di tutta la Terra.
Per prima cosa dobbiamo osservare che la parola strada viene dal tardo latino [via] strata, participio passato di sternere («stendere, selciare») e quindi ha il significato di «via massicciata». Spesso tale parola, in italiano, ha lo stesso significato di via. È vero che in genere le vie sono le strade cittadine e le strade sono quelle fuori delle città, ma questa non è una regola sempre valida. Spesso si dice infatti via della seta, la via delle Indie, sulla via di Damasco, oppure via Appia, via Cassia, via Salaria, via Emilia. Si tratta pur sempre di strade, mentre strada Maggiore a Bologna o strada Nuova a Pavia sono ormai vie cittadine.
Quando parliamo di strade lo facciamo soprattutto per distinguere queste vie di comunicazione da altre fatte in modo completamente diverso e legate a stili di vita e a civiltà molto particolari. Pensiamo per esempio alle piste (famose quelle degli elefanti o quelle dei Pellirosse e dei cow-boy), alle carovaniere (vie di trasporto nel deserto del Sahara o attraverso i paesi del Medio Oriente fino in India), alle vie armentizie (quelle in cui passano greggi e mandrie di animali), alle mulattiere (tipiche dei percorsi di montagna, dove una volta si usavano i muli), oppure ai tratturi (famosi quelli abruzzesi, dedicati alla transumanza), alle trazzere (in Sicilia), e poi ancora ai sentieri, ai viottoli, alle calli di Venezia, fino ai vocaboli di molti paesini.
Con la parola strada possiamo intendere cose molto diverse. La parola indica infatti sia passaggi lunghi pochi metri, come alcune strade dei centri abitati, sia vie di comunicazione lunghe migliaia di chilometri. Tuttavia usiamo la parola per indicare soprattutto una via di comunicazione di una qualche importanza che collega tra loro i centri abitati di una regione più o meno vasta. Indichiamo cioè, con questo nome, le cosiddette strade rotabili, quelle che possono essere percorse da veicoli che hanno le ruote (particolare che sembra banale ma che invece è importantissimo) o carrozzabili, parola che nasce con lo sviluppo, tra il 17° e il 18° secolo, delle carrozze. Ma le rotabili non sono affatto tutte uguali, anzi. Ce ne sono di non asfaltate e di asfaltate innanzi tutto. Solo le seconde sono praticabili senza rischi di rottura del mezzo su cui viaggiamo: basta pensare cosa succede a una strada sterrata d’inverno e in caso di pioggia per capire come l’asfalto sia stata una vera e propria rivoluzione. Per spostarsi da un punto all’altro è poi importante scegliere la strada ‘giusta’. E questa può essere una strada principale, o come si dice una strada maestra (anticamente si diceva regia o corrente), oppure una strada secondaria. Possiamo o dobbiamo scegliere tra una strada ordinaria, che può essere di piccola, media o grande importanza, e una superstrada che ha le carreggiate, cioè il pavimento su cui si viaggia, spesso unite (un po’ pericolose, dal momento che in genere sono strade veloci), oppure un’autostrada, che la ha separate (certamente più sicure). Quando progettiamo un viaggio dobbiamo sapere se faremo strade urbane, con le annesse strade periferiche, le circonvallazioni e le strade anulari – quelle che corrono come un anello ai margini delle città maggiori – se percorreremo strade extraurbane, come le strade di campagna, quelle di montagna e come si arriva alle strade più piacevoli da percorrere, le panoramiche.
L’idea di creare una vera pavimentazione su cui spostarsi con sicurezza e rapidità si deve agli ingegneri romani, senza dubbio i primi e più grandi costruttori di strade dell’antichità. Qualche tratto di strada pavimentata si trova anche prima, in Mesopotamia, in Grecia, nei territori etruschi. Ma la rete stradale creata dai Romani dal tempo della Repubblica all’Impero in Italia e nelle province fu così importante e ben fatta che è in uso, praticamente invariata, ancora oggi.
Sternere, struere «stratificare» e munire viam «difendere una strada» – e quindi costruire, aprire e provvedere alla difesa di una strada – erano attività in cui i Romani si dimostrarono insuperabili. I Romani crearono poderose costruzioni lungo i fianchi dei colli, tagliarono a picco rupi, costruirono innumerevoli ponti e impiantarono palizzate di legno di quercia per passare sulle paludi. La carreggiata era fiancheggiata da marciapiedi larghi circa 60 cm fatti di blocchi di pietra. Lo spazio intermedio, agger, veniva scavato e riempito di vari strati: uno più basso di pietre spezzate, un secondo di pietre minori, cocci e calcinacci battuti, un terzo su cui si insabbiava il basolato, i poligoni di selce che vediamo ancora oggi. L’agger poteva essere a due o a quattro corsie, a seconda dell’importanza del traffico e del percorso e a ogni tre o quattro metri un paracarro di forma conica concludeva l’opera.
Con la fine dell’Impero Romano la tecnica romana divenne presto un pallido ricordo. L’età moderna della strada cominciò solo a metà del 17° secolo con la costruzione di carrozze di tipo nuovo, con l’attivarsi nel secolo seguente dei primi servizi postali regolari e con le grandi spedizioni napoleoniche. La rivoluzione industriale e lo sviluppo commerciale favorirono però più le vie d’acqua e quelle ferrate che non le strade. La rete stradale europea come la conosciamo oggi comincia alla fine del 19° secolo e soprattutto con la Prima guerra mondiale. Oggi il mondo civile è percorso da centinaia di migliaia di chilometri di carreggiata.
Ma, c’è da chiedersi, continueremo sempre a fare le strade come ci hanno insegnato i Romani? Forse no. In Giappone, per esempio, i chilometri di strade elettromagnetiche su cui sfrecciano treni modernissimi sono già molti. In Germania funzionano già prototipi di autovetture con sistemi di guida automatica computerizzati. Ma c’è addirittura chi pensa di abbandonare del tutto la strada e di viaggiare con autovetture volanti!
La strada è stata uno dei grandi protagonisti della letteratura di tutti i tempi e di tutti i paesi del mondo e a volte viene citata espressamente nei titoli, da I ragazzi della via Pál di Ferenc Molnár a Sulla strada di Jack Kerouac. Non dimentichiamo, per dirne una, che la Divina Commedia inizia proprio con due bei sinonimi (cammino e via) della parola strada. Scrive infatti Dante:
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che la diritta via era smarrita.
Insomma, qualsiasi piccolo o grande trasferimento compiuto su strada, sia essa reale o immaginaria, offre tali e tanti spunti interessanti che basta un pizzico di fantasia e d’intelligenza per farlo diventare un bel ricordo o un piccolo racconto.