TOSCANA (XXXIV, p. 79)
Geografia fisica. - Tra gli studî di geografia fisica merita un cenno il volume (pubblicato sotto la direzione di A. R. Toniolo) di illustrazione delle spiagge toscane. Da esso si rileva che gli stessi venti dominanti, hanno un diverso effetto sulle coste per il variare dell'angolo di incidenza sotto cui queste si presentano; perciò non mancano foci a estuario (Magra) o occluse (Serchio) o con costruzioni deltizie come quelle dell'Arno e dell'Ombrone. Risulta infine che talune opere portuali hanno sensibilmente modificato l'andamento della spiaggia in alcuni punti.
Popolazione. - Secondo il censimento del 1936 la Toscana comprendeva 276 comuni, comprendenti un'area di 22.997 kmq. e con una popolazione residente di 2.978.013 ab. (dens. 129,5 per kmq.). Il movimento demografico ha seguìto il ritmo generale dell'Italia tanto nel periodo tra il 1931 e il 1936, quanto in quello successivo fino al 1947, come si può osservare dai 3.158.692 ab. residenti che si riferiscono a un calcolo al 31 dicembre 1947. In particolare l'eccedenza dei nati vivi tra il 1936 e il 1940 è stata del 5,4‰, ma si era poi rialzata al 6,7‰ nel 1946.
Condizioni economiche. - La struttura economica della regione non ha segnato variazioni di rilievo in seguito alla guerra. Nel 1944 e nel 1945 si avevano abbastanza forti diminuzioni nella produzione complessiva della maggiori colture agricole: il frumento da 5.105.000 q. annui di media, nel periodo 1936-40, era sceso a 3.504.000 nel 1945, pur su una superficie coltivata leggermente superiore; il granoturco era sceso ugualmente da 1.341.000 a 321.000 q.; l'uva da 6.776.000 a 4.622.000 q.; le olive da 935.000 a 349.000. Ma le conseguenze della guerra sono andate a mano a mano scomparendo negli anni seguenti come mostrano le statistiche relative al 1947. Per alcuni prodotti, tuttavia, e per il frumento e il granoturco in particolare, non si è avuto, dopo la depressione del periodo bellico, un sensibile rialzo dei rendimenti unitarî. Le cifre della produzione, in migliaia di q., sono: frumento 3781 (10,5 q. per ha. nel 1947 contro 14,4 q. nel 1936-39); avena 397; granoturco 709; fave da seme 232; fagioli 126; patate 1102; pomodori 419; foraggi 15.612; uva 5344 (vinificata 4841); vino (in migliaia di hl.) 3255; olive 1105; olio (in migliaia di hl.) 230.
La superficie forestale al 30 giugno 1942 era di quasi 837.000 ha. pari al 14,2% sulla superficie boscata nazionale e al 36,3% della totale regionale. L'allevamento del bestiame è rimasto all'incirca stazionario tra il 1930 e il 1942, e anche nel campo delle risorse del sottosuolo e in quello industriale, non si debbono rilevare novità di particolare importanza, se si eccettua la grave crisi cui va soggetta l'industria marmifera. La rete ferroviaria statale misurava al 1° gennaio 1943 km. 1277 e km. 773 le ferrovie private, alle quali debbono aggiungersi le linee tramviarie extra-urbane per un complesso di 147 chilometri.
La guerra ha prodotto danni notevoli (per le maggiori città vedi le singole voci) sia in relazione alla lentezza con cui la operazioni militari hanno proceduto nella parte settentrionale della regione, sia, soprattutto, per i bombardamenti aerei, in seguito ai quali numerosissimi medî e piccoli centri sono stati più o meno gravemente danneggiati. E danni più gravi sono quelli inferti al sistema delle comunicazioni: in particolare alle maggiori arterie stradali e alla ferrovia tirrenica Bologna-Firenze-Roma. Anche gli impianti industriali sono stati in parte distrutti o manomessi dai Tedeschi prima della ritirata (Livorno, Pisa, Firenze, Val d'Arno, Larderello, ecc.) e solo in parte ripristinati. L'attività siderurgica che nell'isola d'Elba aveva avuto un'interruzione dopo il 1944, per la distruzione degli stabilimenti, è ripresa nel 1948.
Bibl.: D. Albani, A. Griselli, A. Mori, Le spiagge toscane, in Ricerche sulle variazioni delle spiagge italiane, Roma 1940; R. Biasutti, La casa rurale in Toscana, Bologna 1938.
Storia (p. 86). - Come nel resto d'Italia, anche in Toscana le vicende della guerra civile spagnola (1936-38), le leggi antisemite (1938), la conclusione del patto d'acciaio con la Germania (1939) avevano allontanato dal fascismo strati sempre piti vasti della popolazione e incoraggiato l'attività dei nuclei antifascisti diffusi soprattntto a Firenze, a Pisa e a Siena. Man mano che il corso dell'impopolare guerra a fianco della Germania diveniva sfavorevole e le condizioni interne si aggravavano, l'attività politica clandestina si organizzava e si estendeva, nonostante gli arresti operati dalla polizia ai primi del 1942 e nella primavera del 1943 soprattutto tra i gruppi intellettuali liberalsocialisti - confluiti in seguito nel Partito d'azione - che erano i più attivi a Firenze e in Toscana, insieme con i gruppi operai comunisti. Un comitato di intesa, formatosi a Firenze al principio del 1943 tra i partiti che si stavano ricostituendo nella clandestinità, cercò, dopo il colpo di stato del 25 luglio, di richiedere al governo la pace immediata e l'eliminazione del fascismo. Dopo l'armistizio dell'8 settembre esso si trasformò in Comitato toscano di liberazione nazionale.
La resistenza all'occupazione tedesca e contro la repubblica sociale fascista fu vivacissima (v. resistenza). Nei principali centri si costituirono, con funzioni politiche, i Comitati di liberazione che dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944), già chiaramente orientati per le condizioni stesse della lotta, assai diverse da quelle dell'Italia meridionale, verso la creazione di organi autonomi e responsabili, accentuarono in senso rivoluzionario la tendenza ad assumere con funzioni di governo, appena possibile, il controllo politico e amministrativo locale. I rappresentanti popolari presero spesso possesso ed esercitarono l'autorità nei comuni abbandonati dal nemico in fuga. Durante i mesi di luglio e agosto buona parte della Toscana venne liberata. Liberata, dopo duri combattimenti anche Firenze (v. in questa App.), il CTLN assumeva i poteri di governo provvisorio; per la prima volta il governo militare alleato ne riconobbe l'autorità e il potere di rappresentanza della popolazione locale. La ritirata tedesca fu contrassegnata dovunque da episodî di barbarie, particolanrente feroce nei massacri di San Polo (Firenze), di Civitella della Chiana (Arezzo), di Sant'Anna in Versilia. In Lunigiana, dove le forze partigiane furono particolarmente attive, interi villaggi vennero completamente distrutti e gli abitanti trucidati a centinaia. Particolarmente colpiti furono: Mommio (4 maggio 1944); Forno (13 giugno); S. Terenzio Monti (19 agosto); Vinca con altri 15 villaggi (24-27 agosto); Bergiola (16 settembre).
Con il ritorno alla normalità, in Toscana, più viva che altrove, si aprì la polemica circa la funzione dei Comitati di liberazione che le sinistre intendevano mantenere al potere come organi di amministrazione e di rappresentanza locale. Esauritasi a poco a poco questa polemica, nelle elezioni amministrative del marzo e dell'ottobre 1946 i partiti di sinistra riportarono quasi dovunque la maggioranza, confermata dalle elezioni del 2 giugno 1946 per la Costituente (609.000 voti al Partito comunista, 97.000 al socialista, 509.000 alla Democrazia cristiana) mentre il 71% dei votanti per il referendum istituzionale si pronunziava a favore della repubblica. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 per la Camera il Fronte democratico popolare riportava 946.210 voti; la D. C. 767.456; "Unità Socialista" 112.071.
Bibl.: T. Codignola, La lotta per la libertà, Firenze s. a.; N. P. Comnène, Firenze città aperta, ivi 1945; G. Casoni, Diario fiorentino (giugno-agosto 1944), ivi 1946 (ed. fuori comm.); V. Chianini, Gli Unni in Toscana, ivi 1946; P. Pancrazi, La piccola patria. Cronache della guerra in un Comune toscano, ivi 1946; I. Origo, War in Val d'Orcia, Londra 1946; L. Longo, Un popolo alla macchia, Milano 1947. Vedi anche Il ponte, nn. 1 e 5, Firenze 1945; Società, nn. 1-2 e 7-8, ivi 1945, 1946; R. Martinelli, I giorni della Chiassa, ivi 1945; G. Cafrin, Villa al fronte, ivi 1946.
Danni di guerra ai monumenti e alle opere d'arte.
I danni subìti dagli edifici monumentali e dalle opere d'arte in Toscana a causa della guerra sono indubbiamente più numerosi e, nel loro insieme, più gravi che in qualsiasi altra regione. E ciò era purtroppo inevitabile, se si pensi al carattere stesso di quel territorio ove non v'è, si può dire, piccolo centro che non conservi qualche notevole testimonianza dell'arte dei secoli passati, e al fatto che proprio in Toscana l'avanzata delle truppe alleate ha incontrato la più pervicace resistenza da parte dei Tedeschi e quindi ha subìto soste fatali per il prezioso e delicatissimo patrimonio artistico lì addensato. E inoltre, i danni non si riferiscono solo a monumenti più o meno noti, ma anche ad alcuni antichi complessi urbani, ad ambienti caratteristici, a edifici ed opere di interesse storico che fanno parte integrante del paesaggio bellissimo, dando un'intonazione particolare alla regione. Elencarli è quasi impossibile: si dirà solo dei maggiori (per Arezzo, Empoli, Firenze, Livorno, Pisa, v. le relative voci, in questa App.). In provincia di Grosseto i danni più gravi si sono avuti a Massa Marittima, ove è stata consolidata la cupola del duomo e restaurati le coperture e l'abside; altri danni notevoli si sono avuti nella chiesa di S. Agostino. In provincia di Siena il disastro maggiore va indicato nel crollo della cupola, delle vòlte e di alcune pareti della Basilica minore dell'Osservanza, il capolavoro del Gozzarelli, una delle più belle chiese del Rinascimento. Tuttavia s'è già provveduto a ricostruire le parti abbattute e a restaurare le decorazioni in terracotta di Andrea della Robbia e del Gozzarelli stesso che l'adornano e che è stato possibile raccogliere in frantumi. Danni notevoli, ma presto riparati, ha subìto anche il duomo di Pienza, e sono crollate le vòlte di buon tratto del presbiterio della collegiata di S. Quirico d' Orcia e della Porta al Prato a Montepulciano, una notevole architettura di Antonio da Sangallo. Molto grave apparve anche la situazione della collegiata di S. Gimignano. Qui tuttavia i restauri subito intrapresi hanno consentito di limitare le perdite più possibili a qualche tratto degli affreschi del Barna, che sono nella navata di destra della chiesa. Anche gli altri ambienti di S. Gimignano colpiti sono stati restaurati. Nella Basilica Minore di S. Lucchese presso Poggibonsi, nel S. Lorenzo di quella cittadina e nella chiesa parrocchiale di S. Maria presso Castellina in Chianti si sono lamentati danni alle strutture, già in gran parte riparati. Anche le pitture trecentesche del convento ch'è presso la chiesa hanno sofferto qualche danno. A Casole d'Elsa, nella chiesa di S. Maria Assunta, sono state danneggiate le pitture di Segna di Bonaventura e alcune sculture di Gano. La pieve medievale di Palaia è stata malamente sfondata, ma sono già in corso i restauri e si lavora anche nel Duomo Vecchio di Pontedera, nel duomo, nella chiesa di S. Martino alle Carceri e nel palazzo Grifoni, opera di Baccio di Agnolo, a S. Miniato al Tedesco, nella chiesa e nel convento di S. Romano presso Montopoli in Valdarno.
A Lucca è stato necessario intervenire con opere di restauro nelle chiese di S. Martino e di S. Frediano. Così nella chiesa di S. Giorgio della pieve di Broncoli, nel duomo, nel S. Michele e nella rocca di Castelnuovo di Garfagnana, nella pieve di Stazzema, nel duomo e nel palazzo Mediceo di Seravezza, nella chiesa romanica di S. Iacopo ad Altopascio, nel S. Antonio e nel S. Agostino di Pietrasanta, nel duomo, in altre chiese e nel palazzo Pretorio di Barga, nel duomo e nelle chiese di S. Giovanni Decollato e del Carmine di Massa.
Nelle tre provincie di Firenze, Arezzo e Pistoia, complessivamente sono circa 400 gli edifici monumentali colpiti e oltre 250 quelli che sono già stati riparati o per i quali sono in corso opere di restauro.
Intorno a Firenze il danno maggiore va indicato nella chiesa della Impruneta scoperchiata, in parte abbattuta nella zona presbiteriale, dove oltre la perdita del bel soffitto e di numerose tele seicentesche e quella del polittico di Pietro Nelli e Tommaso del Mazza che era sull'altare maggiore, hanno subìto danni i tabernacoli di Michelozzo e le robbiane che l'adornano. Ricostruite le zone abbattute, rifatto il tetto, restaurati i tabernacoli michelozziani, non potrà certo rifarsi il soffitto ligneo, né reintegrarsi con le schegge raccolte tra le macerie il polittico dell'altare maggiore. A Badia a Settimo sono state colpite la chiesa del Salvatore e quella di S. Quintino, ove è crollata una parte della cupola dipinta da Giovanni da San Giovanni. A Prato sono state colpite gravemente la chiesa di S. Bartolomeo e le altre di S. Agostino e di S. Maria del Giglio. Anche la casa di Filippino Lippi è stata distrutta, ma l'affresco famoso che l'adornava con la Madonna e il Bambino, raccolto tra le macerie in frantumi, è stato ricomposto e salvato. E tutto intorno Firenze sono numerosissimi i danni. Oltre quelli, invero lievi, subìti dalla Badia e dalla cattedrale di Fiesole o gli altri della Villa Medici di Poggio a Caiano o quelli della chiesa parrocchiale di Badia a Ripoli, o della chiesa di S. Andrea a Brozzi, si rammenterà che a Certaldo gran parte dell'antico abitato è andato distrutto, che a Pieve S. Stefano è stata sfigurata la bella piazza Comunale e in parte rovinata la bella chiesa di S. Francesco. Anche la bella torre di Baccio a Lastra a Signa ha subìto danni abbastanza gravi, così il S. Stefano di Capraia e il S. Andrea di Candeli. A Borgo S. Sepolcro i Tedeschi hanno distrutto con mine la torre detta La Berta, che era al centro della cittadina. A Cortona si son dovuti eseguire lavori di restauro nella cupola della chiesa di S. Maria del Calcinaio e nella bella chiesa vasariana di S. Maria la Nova. Poco lungi dalla città l'oratorio di S. Maria degli Angeli a Mezzavia ha avuto bisogno di notevoli lavori di reintegrazione, e così pure la chiesa di S. Filippo a Castiglion Fiorentino, dove il complesso dell'antico centro urbano appare tremendamente compromesso dalle distruzioni. Interessanti opere di reintegrazione architettonica sono state anche eseguite nella pieve romanica di Gaville e nella chiesa michelozziana di Bosco ai Frati in Mugello.
Opere d'arte. - A parte le distruzioni di opere d'arte già rammentate e quelle inestimabili delle decorazioni degli edifici colpiti, e fatta eccezione per alcuni importanti disegni e una dozzina di quadri della galleria degli Uffizî, tra cui le due piccole tavole del Pollaiolo con le Fatiche d'Ercole e l'autoritratto di Lorenzo di Credi andati perduti - certo rubati - anche in Toscana, di fronte all'innumerevole quantità di opere d'arte, mobili, quadri, arredi, stoffe, sculture, volumi miniati, ecc., di cui la regione è ricchissima, nel complesso le perdite possono apparire in questo campo, almeno numericamente, non eccessivamente gravi. Tuttavia ecco un elenco delle perdite principali, oltre quelle di cui s'è già fatto cenno sopra.
Ad Arezzo, nella chiesa di S. Bernardo sono andati perduti quasi totalmente gli affreschi di Marco da Montepulciano ed una Madonna ad affresco di Domenico Pecori. Nella chiesa di S. Pier Piccolo è stata quasi intieramente distrutta la tomba Bonucci, di discepoli del Montorsoli. Nel Museo civico sono andate perdute alcune tavole dei secoli XIV e XV, tra cui un pannello di Iacopo del Casentino, una Madonna ed Angeli di Giovanni del Biondo e due tavole di Bicci di Lorenzo. Nel Museo archeologico sono andate perdute alcune antiche terracotte. In provincia di Arezzo, nella chiesa di S. Maria di Mezzavia è andato perduto un affresco del '400 con la Madonna ed il Bambino. A Pisa, oltre i danni agli affreschi ed ai sarcofagi del Camposanto non si lamentano perdite gravi nel campo delle pitture e delle sculture di maggior rilievo. In provincia di Pistoia anche la chiesa di S. Baronto veniva in massima parte demolita dalle mine tedesche e subiva la tierdita di gran parte delle pitture di Bernardino Poccetti che l'adornavano. A Livorno nella chiesa di S. Giulia un grande quadro d'altare di Matteo Rosselli è stato distrutto. In provincia di Siena, oltre i danni alle pitture della collegiata di S. Gimignano e alle sculture di Gano a Casole d'Elsa, sono da rammentare la perdita di un polittico fiorentino del sec. XIV nel S. Lucchese presso Poggibonsi, dove è anche andato perduto il Noli me tangere di Raffaellino del Garbo e una statua lignea della Vergine, opera del '300. Nella chiesa di S. Baronto, oltre gli affreschi del Poccetti in gran parte perduti sono stati distrutti due quadri d'altare di Alessandro Gherardini, mentre a Marasca, sempre in provincia di Pistoia, nella chiesa parrocchiale sì sono perduti gli affreschi del Valiani.
Nella stessa Firenze oltre i disegni e i quadri degli Uffizî di cui sopra, sono andate perdute alcune decorazioni ad affresco di Vincenzo Meucci nella chiesa di S. Iacopo Soprarno e di Tommaso Gherardini nel palazzo Bargagli Petrucci. Nella chiesa collegiata dell'Impruneta, oltre il polittico di Tommaso del Mazza e Pietro Nelli, e la perdita di alcune tele decorative del '700, si lamenta la perdita di un'Assunzione del Cigoli e di una Maddalena del Bilivert. A Prato è andata distrutta la decorazione della vòlta della chiesa di S. Bartolomeo, opera di G. A. Fetetti, e altre pitture di G. A. Fabbrini (1779), un crocifisso ligneo del '300 e numerose altre opere d'arte. Nella chiesa parrocchiale di Firenzuola è andata perduta una Vergine del Rosario del Naldini, e una incorniciatura della bottega dei Della Robbia. Gravi nel campo delle opere d'arte mobili sono state anche le perdite subìte da Empoli, dove tuttavia fortunatamente eran state rimosse in tempo quasi tutte quelle maggiori conservate nel Museo che è presso la collegiata. Infatti, mentre all'interno della collegiata stessa sono andate perdute alcunc immagini ad affresco del sec. XV, nel piccolo museo contiguo son perdute la Presentazione al Tempio dell'Empoli, l'Ultima Cena del Cigoli, la Gloria di S. Lorenzo del Macchietti e una Deposizione del Botticini; nella stessa Empoli, alcuni affreschi in S. Agostino e la Chiamata di S. Pietro, del Cigoli, a S. Pietro a Biottoli.
Bibl.: G. Morozzi, in Il Chiostro nuovo, n. 8, 14 giugno 1947; E. Lavagnino, in La Rassegna d'Italia, maggio 1947; id., in Ulisse, 1947, pp. 181-87.