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UNGHERIA

Enciclopedia del Cinema (2004)
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Ungheria


Cinematografia

Il cinema dell'U. fu uno dei più floridi d'Europa tra la fine della Prima guerra mondiale e la fine della Seconda, nonostante una grave crisi attraversata durante gli anni Venti. Il successivo regime socialista limitò fortemente la libertà espressiva dei cineasti, ma dagli anni Sessanta essi si sono rivelati tra i più creativi e innovativi del continente.

La prima proiezione avvenne il 13 giugno 1896 a Budapest. Nel 1898 nacque la casa di produzione Projectograph, seguita da Imperium, Uher e Urania; risalgono al 1901 il primo cortometraggio a soggetto, A tánc (1901, La danza) di Béla Zsitkovszky, e al 1912 i lungometraggi Nőverék .(Sorelle) di Ödön Uher e Ma és holnap (Oggi e domani) di Mihály Kertész (Michael Curtiz). Ma il vero decollo della produzione fu determinato dal successo internazionale di Rablélek (1913, Anima prigioniera) di Kertész, Sárga csikó (1914, Puledro giallo) e Sárga liliom (1914, Giglio giallo) di Jenő Janovics. Negli anni seguenti, a Janovics (Csaplárosné, 1917, Locandiera) e Kertész (Farkas, 1917, Lupo) si affiancò Sándor L. Kellner (Alexander Korda); i tre divennero inoltre direttori delle nuove società Proja, Phönix e Corvin.

Con la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico, nel novembre 1918 l'U. divenne indipendente con il governo radical-democratico di M. Károlyi, cui succedette nel marzo 1919 quello social-comunista di B. Kun, noto come Tanácsköztársaság (Repubblica dei consigli). Kellner fu nominato commissario all'industria cinematografica, di cui diresse in aprile la nazionalizzazione; grazie ai sussidi statali, in quattro mesi videro la luce decine di film, che rivisitavano con l'ottica della lotta di classe generi tradizionali come quello avventuroso (Jön az öcsém, Arriva il fratello minore, di Kertész), melodrammatico (Tegnap, Ieri, di Dezső Orbán), storico (Ave, Caesar!, di Kellner). In agosto la Repubblica dei consigli fu schiacciata dall'intervento delle truppe romene e ceco-slovacche, e in U. si insediò il governo autoritario di N. Horty. Molti cineasti emigrarono: tra gli altri, i registi Kellner e Kertész, i drammaturghi e sceneggiatori László Vajda, Lajos Bíró e Béla Balázs, gli attori Mihály Várkonyi (Victor Varconi, il primo vero divo ungherese), Pál Lukács (Paul Lucas), Béla Blaskó (Bela Lugosi), László Löwenstein (Peter Lorre).

Questa emorragia, unita all'instaurazione di una rigida censura, provocò una grave crisi produttiva e la chiusura di molti studi, tanto che i due maggiori registi del periodo, Pál Fejös (Paul Fejos: újraélok, 1921, Redivivi) e Béla Balogh (Fehér galambok fekete városban, 1922, Colombe bianche nella città nera), nel 1923 dovettero emigrare per mancanza di sbocchi professionali. Dopo l'avvento del sonoro (con Hyppolit a lakáj, 1931, Hyppolit il valletto, di István Székely), il superamento della crisi fu dovuto all'iniziativa del governo: venne creata la Filmfőigazgatóság (Direzione generale del film), che attuò una politica protezionista con tasse sui film stranieri e l'obbligo del 20% della programmazione per quelli ungheresi, e per favorire le coproduzioni acquistò e riaprì il grande Hunnia Film Stúdió (già appartenente alla Corvin), affittandolo poi ad aziende francesi o tedesche. Nei dieci anni seguenti la produzione crebbe notevolmente, mentre molti film venivano girati in doppia versione, come Tavaszi zápor/Marie, légende hongroise (1932; Maria, leggenda ungherese) di Fejös, temporaneamente tornato in patria. Furono in particolare distribuite con successo in tutta Europa le commedie sentimentali, ben confezionate da abili artigiani come Béla Gaál (Meseautó, 1934, Signorina 10.000), Székely (Nászút féláron, 1936, Non parliamo d'amore), László Kalmár (Szüts Mara házassága, 1938, Il matrimonio di Mara), Endre Tóth (André De Toth: Toprini nász, 1939, Balalaika).

La Seconda guerra mondiale, riducendo ancora le importazioni, causò un ulteriore incremento della produzione; in mezzo a molte opere trascurabili ne emersero due di grande valore e originalità: Zavaros éjszaka (1940, Una notte inquieta) di Frigyes Bán ed Emberek a havason (1942; Uomini della montagna) di István Szőts sono i primi film ungheresi premiati all'estero (alla Mostra del cinema di Venezia).

Dopo la fine del conflitto la produzione scese a livelli minimi. Nel 1945 fu però creata una grande scuola pubblica di cinema, la Filmművészeti Főiskola Színházművészeti (FFS, Accademia d'arte teatrale e cinematografica), diretta inizialmente da Balázs, tornato in patria; vi avrebbero in seguito studiato quasi tutti i futuri cineasti ungheresi.

Poche furono le opere di rilievo nel difficile dopoguerra, su tutti va ricordato: Valahol Európában (1947) è accaduto in Europa, di Géza Radványi, film chiaramente influenzato dal Neorealismo. Nel 1948, con la costituzione della Repubblica popolare di Ungheria sotto egemonia sovietica, l'industria cinematografica venne nazionalizzata come tutti i settori economici del Paese. Il Partito ungherese dei lavoratori, ormai al governo, creò un Ente statale ungherese di produzione cinematografica, la Magyar Filmgyárto Vállalat, nota come Mafilm. Venne ristabilita la censura e molti film ne subirono le conseguenze; alcuni furono tagliati come Talpalatnyi föld (1948; Un palmo di terra) di Bán o Egy asszony elindul (1949, Una donna si allontana) di Imre Jenei; altri proibiti, come Ének a búzamezőkről (1947, Canto sui campi di grano) di Szőts o úttörők (Pionieri, girato nel 1949 ma non ultimato) dell'esordiente Károly Makk. I maggiori registi della vecchia generazione dovettero quindi emigrare (Szőts, Radványi) o ripiegare su innocue commedie (Bán). Ma grazie alla FFS poterono esordire molti nuovi cineasti: oltre a Makk, i più importanti furono Félix Máriássy (Szabóné, 1949, La signora Szabó), Zoltán Fábri (Vihar, 1952, Tempesta), János Herskó (A város alatt, 1953, Sotto la città), László Ranódy (Hintónjáró szerelem, 1955, Amore in carrozza), György Révész (2×2 néha 5, 1954, 2×2 talvolta 5). Tutti dovettero però piegarsi ai canoni del 'realismo socialista' (v. realismo).

Dopo la morte dio I.V. Stalin (1953), iniziò una timida liberalizzazione sia in Unione Sovietica sia nei Paesi della sua area di influenza. In U. furono realizzati film almeno in parte critici, come Körintha (1956, Carosello) di Fábri, A 9-es kórterem (1955, La corsia n. 9) di Makk, Budapesti tavasz (1955, Primavera a Budapest) di Máriássy, Szakadék (1956, Abisso) di Ranódy. Ma la fallita rivoluzione del 1956 portò, anche se per breve tempo, a nuove censure (come quella contro Külvárosi legenda, 1957, Leggenda di periferia, di Máriássy). Il rapido ritorno a una politica più permissiva rese possibile un sensibile aumento della produzione, l'apertura del cineclub Balázs Béla Stúdió (1958), poi riconosciuto nel 1961 dallo Stato come primo studio cinematografico indipendente, e la divisione della Mafilm in quattro studi semiautonomi (1962), mentre nella sua direzione (in precedenza monopolio dei funzionari) venivano cooptati alcuni cineasti. Si crearono così le premesse per il lavoro (critico sul piano politico e innovativo su quello linguistico) di quei registi che negli anni Sessanta avrebbero trasformato radicalmente il cinema ungherese e lo avrebbero posto all'avanguardia in Europa. In quest'opera, a veterani come Révész (Angyalok földje, 1962, Terra degli angeli), Ranódy (Pacsirta, 1964, Allodola), Fábri (Húsz hóra, 1965, Venti ore), Herskó (Szevasz, Vera, 1967, Ciao, Vera) e Máriássy (Imposztorok, 1969, Impostori), si affiancò e poi si sostituì un folto gruppo di giovani, non pochi dei quali erano stati tra i fondatori del Balázs: Miklós Jancsó (Szegénylegények, 1964, I disperati di Sandor; Csillagosok, katonák, 1967, L'armata a cavallo; Csend és kiáltás, 1968, Silenzio e grido), István Szabó (Álmodozások kora, 1964, L'età dei sogni; Apa, 1966, Il padre), András Kovács (Nehéz emberek, 1964, Uomini difficili; Hideg napok, 1966, Giorni freddi; Falak, 1968, I muri), István Gaál (Sodrasbán, 1964, Nella corrente), Ferenc Kósa (Tízezer nap, 1967, Diecimila soli), Péter Bacsó (Nyár a hegyen, 1967, Estate in collina; A tanú, 1969, Il testimone), Judith Elek (Sziget a szárazföldön, 1969, Isola sulla terraferma), Márta Mészáros (Eltávozott nap, 1968, La ragazza), Pál Sándor (Bohóc a falon, 1968, Il pagliaccio sul muro), Pál Gábor (Tiltott terület, 1969, Zona vietata), Imre Gyöngyössi (Virágvasárnap, 1969, La domenica delle palme), Sándor Sára (Feldobott kő, 1969, Pietra scagliata).Negli anni Settanta molti di questi autori riuscirono a mantenere alti livelli di qualità: Jancsó (Még kér a nép, 1971, Salmo rosso; Szerelmem, Elektra, 1974, Elettra, amore mio), Szabó (Szerelmesfilm, 1970, Film d'amore; Bizalom, 1979, Fiducia), Gaál (Magasiskola, 1970, I falchi), Bacsó (Jelenidő, 1972, Tempo presente), Gábor (Utazás Jakabbal, 1972, Viaggio con Giacomo; Angi Vera, 1978), la Elek (Egyszerű történet, 1976, Una storia semplice), la Mészáros (örökbefogadás, noto anche come Adoption, 1975), Sándor (Herkulesfürdői emlék, 1977, Ricordo dei bagni di Ercole), Kovács (A ménesgazda, 1978, Il recinto). Girarono opere importanti anche veterani come Makk (Szerelem, 1971, Amore; Macskajáték, 1974, Gioco di gatti) o Ranódy (Árvácska, 1976, Viola del pensiero). Vi furono inoltre numerosi esordienti: Zoltán Huszárik (Szindbád, 1971), Gyula Maár (Végül, 1974, Finalmente), Zsolt Kézdi-Kovács (Ha megyön József, 1976, Quando Giuseppe ritorna), Pál Schiffer (Cséplő Gyury, 1978, Il battitore Gyury), Ferenc András (Veri az ördög a feleségét, 1977, Il diavolo picchia la moglie), Béla Tarr (Családi tűzfészek, 1979, Nido familiare), Péter Gothár (Ajándék ez a nap, 1979, Giorno senza prezzo).

Negli anni Ottanta il cinema ungherese raggiunse la sua massima visibilità internazionale, simboleggiata nel 1982 dall'Oscar come miglior film straniero a Mephisto (1981) di Szabó. La liberalizzazione proseguì: nel 1987 fu varata una nuova riforma della Mafilm, a capo della quale fu finalmente messo un regista (Kézdi-Kovács), mentre i suoi quattro studi ottenevano un'autonomia pressoché completa; fu inoltre lasciato campo libero alle collaborazioni con l'estero, il che permise un ulteriore aumento della produzione. Apparve però anche evidente un calo nelle capacità di critica e di innovazione linguistica di molti cineasti. Fecero eccezione (oltre alle figure di punta, Jancsó in particolare con Szörnyek évadja, 1987, Stagione di mostri e Szabó) Gothár (Megáll az idő, 1981, Tempo sospeso), la Elek (Mária nap, 1983, La festa di Maria; Tutajosok, 1989, Il comandante della zattera), Tarr (Kárhozat, 1988, Dannazione), Sándor (Miss Arizona, 1988) e la Mészáros (Napló gyermekeimnek, 1982, ma uscito nel 1984, Diario per i miei figli; Napló szerelmeimnek, 1987, Diario per i miei amori).

Il cinema in U. ha attraversato con relativa facilità i rivolgimenti seguiti alla fine del regime. Nel 1994 la Mafilm è stata privatizzata, ma i finanziamenti statali non sono cessati; la forte caduta produttiva dei primi anni Novanta è stata così in parte recuperata. Hanno perciò potuto continuare a lavorare, tra gli altri, Szabó (édes Emma, drága Böbe, 1992, Dolce Emma, cara Bobe), Kovács (Álommenedzser, 1993, Manager da sogno), la Elek (Ébredés, 1994, Risveglio), Bacsó (Megint tanú, 1995, Nuovamente testimone), la Mészáros (Napló apámnak, anyámnak, 1990, Diario per mio padre e mia madre; Kisvilma: az utolsó napló, 2000, La piccola Vilma: l'ultimo diario). *

Bibliografia

G. Petrie, History must answer to man: the contemporary Hungarian cinema, Budapest 1978.

S. Micheli, Cinema ungherese: tradizione, idee, forme, Roma 1982.

Il cinema magiaro. L'uomo e la storia, a cura di L. Miccichè, Venezia 1982.

K. Zsolt, Tovamozduló ember tovamozduló világban: a magyar némafilm 1896-1931 (L'uomo in evoluzione in un mondo in evoluzione: il film muto ungherese 1896-1931), Budapest 1996.

Sciogliere e legare. Il cinema ungherese degli anni '60, a cura di P. Vecchi, Torino 1996.

L. Kelecsényi, A magyar hangosfilm hét évitizede 1931-2000 (Sette decenni di film sonoro ungherese 1931-2000), Budapest 2003.

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