UNGHERIA (XXXIV, p. 674; App. II, 11, p. 1058)
Mentre sia il territorio sia la popolazione dell'U. non hanno subìto in seguito alla seconda guerra mondiale cambiamenti d'una certa entità (ma la struttura etnica è ora più omogenea per l'esodo di circa 260 mila Tedeschi), l'economia del paese si è andata modificando sia nel campo agricolo sia in quello industriale; anche il commercio estero ha trovato nuovi sbocchi verso gli altri paesi a E della cortina di ferro. Queste mete sono state raggiunte attraverso una serie di piani pluriennali che hanno mirato a trasformare l'U. da paese agricolo-industriale con predominio dell'agricoltura, a paese industriale-agricolo con predominio dell'industria. I nuovi impianti hanno permesso di dare lavoro a molti contadini disoccupati, i quali hanno così evitato di dover emigrare. D'altra parte il largo impiego di macchine (trattori, seminatrici, ecc.) ha liberato dal gravoso lavoro dei campi, esercitato nel passato servilmente, molti contadini che hanno ingrossato il numero degli operai, che raggiunge ormai i due milioni. Modificazioni profonde ha subito la proprietà delle terre in seguito alle riforme agrarie del 1945 e del 1950. Con la prima venne disposta l'espropriazione delle proprietà di superficie superiore a 100 jugeri (=57 ha), con la seconda sono stati espropriati circa 3 milioni di ha, pari a circa un terzo del suolo ungherese.
Gran parte del terreno (quasi 2 milioni di ha) è stato ripartito tra 642.000 piccoli proprietarî, ai quali sono stati assegnati lotti da un ettaro e mezzo a 6 ettari e mezzo, a seconda del numero dei componenti la famiglia e della qualità del terreno. Dapprima la produzione è diminuita alquanto. Poi si sono cominciate a creare delle cooperative, in modo da rendere collettivo lo sfruttamento, mentre la terra resta proprietà dei contadini. È stato anche facilitato il ritorno temporaneo di operai al lavoro dei campi e migliorato il tenore di vita attraverso la costruzione di case e di nuovi centri agricoli. Si è anche cercato di estendere le aree irrigue (sbarramento di Tiszalök sul Tibisco) e procurato di contrastare la violenza del vento con l'impiego di filari d'alberi. Sono state anche diffuse nuove colture, come quella del cotone e del riso.
Si è poi cercato di valorizzare il patrimonio minerario, che non è cospicuo; nel dicembre 1945 le miniere sono state dichiarate dello stato, che le gestisce attraverso un'apposita società. Lignite e carbone costituiscono il prodotto minerario più importante. Da 7-8 milioni di t nel 1938, la produzione di lignite è aumentata a 18-19 milioni. Recente è il ritrovamento del petrolio (giacimento di Lispe nel comitato di Zala) e di ingenti quantitativi di minerali di uranio nella regione di Cinquechiese.
Già prima del 1945 l'U. possedeva discreta attività industriale in alcuni rami, come quello agricolo, tessile, elettrico, chimico. Il regime comunista, in modo conforme a quanto è avvenuto nelle altre repubbliche popolari, ha recato profonde modificazioni al settore industriale. In primo luogo le principali industrie private sono state soppresse, mentre sono state mantenute le aziende con meno di 10 addetti. Per le industrie pesanti (rivolte alle costruzioni di trattori, macchine agricole, ecc.) è stato creato un apposito centro, che si occupa dello sfruttamento razionale delle materie prime. Si è poi curato che le industrie abbiano una distribuzione più armonica e mentre fino al 1945 si accentravano di preferenza nei dintorni di Budapest, sono stati creati alcuni distretti industriali periferici del tutto nuovi. L'industria pesante ha trovato condizioni favorevoli sia nella zona di Cinquechiese-Mohács (acciaierie di Sztàlinváros 60 km a S di Budapest, sulle rive del Danubio), sia tra Miskolc e Borsod, dove ferro e lignite coesistono.
Questa trasformazione dell'U, da stato in prevalenza agricolo a stato industriale-agricolo, eseguita dai dirigenti a ritmo accelerato, non si è svolta senza attriti e contrasti, manifestatisi anche in occasione della rivolta operaia del 1956. In seguito molti vincoli sono stati tolti e si sono potenziati i settori (autobus, vagoni ferroviarî, motociclette, macchine di precisione, ecc.) più aderenti alle tradizioni dell'industria ungherese.
Il movimento commerciale rispecchia questa fase di assestamento e di evoluzione; l'U. è diventata forte acquirente di materie prime (soprattutto minerali di ferro) ed esportatrice di prodotti lavorati, rivolti soprattutto verso i meno evoluti paesi dell'Europa sud-orientale.
Il piano triennale 1958-1960 si è proposto il compito di riorganizzare e riedificare il sistema economico-finanziario ungherese, in base a una valutazione più realistica delle possibilità economiche del paese; le prospettive per il 1960-1965 sono dirette nel senso di un aumento solo relativo della produzione di materie prime di base e sul rafforzamento dell'industria meccanica di precisione. In base al piano quinquennale 1960-1965, il reddito nazionale dovrà aumentare di almeno il 150% e, mediante una equa distribuzione, sarà assicurato l'aumento del reddito reale pro-capite di almeno il 26-29% e l'aumento del consumo di base della popolazione del 40-50%.
Il bilancio dello stato presenta un avanzo oscillante attorno a 1 miliardo di fiorini. Le entrate del 1957 provengono per 36 miliardi dalle imprese di stato, per 5 da imposte, per 4 da prestiti; le spese riguardano per 34 miliardi l'economia nazionale, per 2 la difesa, per 12 i servizî sociali.
La moneta è il fiorino. istituito nel 1946, il cui cambio si aggira sugli 11 fiorini per 1 dollaro USA; col 1° aprile 1957 il cambio con le monete dei paesi occidentali e della Iugoslavia per i turisti è stato raddoppiato (22 fiorini per 1 dollaro USA). Tale cambio non si applica alle transazioni commerciali.
Storia. - L'assemblea costituente uscita dalle elezioni del 15 maggio 1949 (nelle quali fu presentata un'unica lista di candidati) con un brevissimo dibattito appena formale il 20 agosto approvò la nuova Costituzione comunista, preparata da una speciale commissione presieduta da M. Rákosi. A differenza dalla costituzione del 31 gennaio 1946 che aveva definito un ordinamento sulle linee della democrazia parlamentare occidentale, la carta del 1949 dava vita ad una "Repubblica popolare" di tipo sovietico: proprietà dello Stato dei mezzi di produzione, attuazione di un sistema di economia socialista, posizione dominante assicurata, costituzionalmente, al partito comunista (chiamato partito dei lavoratori ungheresi). L'organo "più elevato dell'autorità dello stato" è l'Assemblea nazionale, unicamerale, che elegge il Presidium o Consiglio di presidenza (capo dello stato, collegiale), il Consiglio dei Ministri e la Corte Suprema.
Intanto, quale fermo punto di arresto alle tendenze "titoiste" o di nazionalcomunismo che si erano affacciate anche in U., l'8 giugno 1949 era stato arrestato lo stesso ministro degli Esteri Laszlo Rajk: processato per tradimento a motivo della sua attività "titoista" fu condannato e fucilato nell'ottobre del 1949. Questo significava un più stretto legame e allineamento ideologico con l'URSS mentre sul piano economico, di struttura, il processo di socializzazione delle imprese e collettivizzazione delle campagne ebbe dal 1949, come si è sopra detto, un vigoroso impulso; ma i risultati sul piano politico e umano non meno che su quello economico suggeriranno un notevole passo indietro, anche in conseguenza del "nuovo corso" intervenuto anche in Ungheria dopo la morte di Stalin (5 marzo 1953).
Dopo che le elezioni del 17 maggio 1953 all'Assemblea nazionale avevano assicurato all'unica lista presentata, quella del fronte popolare - comunisti, radical-indipendenti, nazionalcontadini e piccoli proprietarî - il 98,2% dei suffragi, si ebbe il 27 e 28 giugno una riunione del Comitato centrale del partito dei lavoratori, con ampî interventi del presidente del Consiglio e segretario del partito M. Rákosi, acceso "staliniano", e del vice presidente Imre Nagy. Il risultato fu la creazione di un segretariato a tre - Rákosi, poi nel novembre nominato primo segretario, L. Acs e B. Veg -, l'abolizione della commissione organizzativa e la elezione di una nuova commissione politica. In sede governativa, l'Assemblea nazionale il 3 luglio elesse presidente del Presidium I. Dobi e primo ministro Imre Nagy. L'ascesa al potere di quest'ultimo, elemento moderato e di buon senso, ostile alla collettivizzazione forzata delle campagne, e considerato il migliore esperto in fatto di problemi agricoli, diede inizio ad una serie di provvedimenti "distensivi": diminuzione degli stanziamenti all'industria pesante per favorire un miglioramento del tenore di vita sino allora eccessivamente sacrificato; aumento degli investimenti nell'agricoltura con accentuazione del carattere volontario dell'adesione a cooperative agricole; amnistia generale; abolizione dei campi di concentramento; riduzione dei prezzi e abolizione del razionamento del pane. A un anno di distanza la socializzazione delle campagne scese dal 39,2% del marzo 1953 al 30,5% del maggio 1954.
Fu questo però un breve momento, perché già nel gennaio del 1955 M. Rákosi dopo un lungo viaggio nell'URSS riprese quota nel segnare le direttive politiche del paese in senso ortodossamente sovietico. Ai primi di marzo del 1955 venne resa nota una risoluzione del Comitato centrale del partito nella quale il presidente Imre Nagy era accusato di "deviazione di destra" e di "opportunismo antimarxista", sottolineandosi inoltre l'esigenza d'insistere in una politica di sviluppo dell'industria pesante. Pochi giorni più tardi, il 18 aprile, Nagy - accusato di "bukarinismo" e di tendenze di destra - veniva espulso dal Politburo e dal partito e sostituito con Andras Hegedüs nella carica di presidente del Consiglio. La lotta sempre in corso fra la tendenza "staliniana" e quella più aperta alle esigenze della realtà politica e sociale, vedeva un ritorno in forze del gruppo Rákosi, forte allora dell'appoggio di N. Chruščëv. Così, sotto l'egida di Andor Berei, nominato a capo della pianificazione economica in sostituzione del moderato Bela Szalai, veniva dato impulso deciso alla "costruzione socialista" vale a dire al processo di industrializzazione in senso socialista e alla collettivizzazione dell'agricoltura.
Tutto questo, intervenuto improvvisamente dopo le speranze suscitate dai provvedimenti distensivi di I. Nagy, doveva accrescere oltre misura il malcontento delle classi su cui il "potere popolare" faceva maggiore affidamento: i contadini, la classe operaia e gli intellettuali. Di fatto, con M. Rákosi, l'U. rimaneva l'unico paese dove il comunismo continuava ad essere interpretato e applicato, sino alle conseguenze estreme, in senso rigidamente staliniano; dopo le decisioni in senso antistaliniano del XX Congresso del PCUS, egli, pur sostenendo la condanna del culto della personalità e promuovendo la "riabilitazione" di Rajk, s'impegnò a fondo per salvare al massimo la linea "staliniana" della sua politica. In fondo però, rispetto alla politica di Nagy, si trattava più di una differenza di metodo che di sostanza: alla esigenza riformistica, di gradualità messa innanzi dal Nagy, il Rákosi contrapponeva l'indirizzo di collettivizzazione e socializzazione forzata, anche come mezzo per tenere l'U. saldamente ancorata all'URSS, nel momento in cui certo desiderio di rapporti almeno più sciolti fra URSS e "democrazie popolari" e conseguentemente di maggiore libertà interna si rivelava sempre più prorompente.
Chi soprattutto alimentava questa attesa erano gli intellettuali. Portatori, sin dai moti del sec. 19°, di una elevata tradizione anticonformista e rivoluzionaria, riuniti in gruppi compatti fra cui si distinguevano l'Unione degli scrittori magiari e il Circolo Petőfi, gli intellettuali, dopo la caduta di Nagy, si schierarono decisamente contro Rákosi e, incoraggiati dalle risoluzioni del XX congresso, chiesero maggiore libertà, la fine della censura anche per la stampa e dell'intervento delle autorità del partito nella vita culturale, letteraria e artistica. L'agitazione si estese a poco a poco a tutto il paese, e guadagnò il settore operaio e contadino. I sovietici stessi si mostrarono preoccupati così che, dopo la visita di A. Mikoyan e di M. A. Suslov a Budapest, il 18 luglio Rákosi si ritirò dalla scena politica e fu sostituito nella carica di primo segretario del partito da Erno Gerő.
Dopo l'esempio iugoslavo del 1948, lontano ma sempre presente e vivo, specie in conseguenza della "ammenda" fatta da Bulganin e Chrusčšëv, nella loro visita a Belgrado del 1955, la rivolta di Poznań dell'estate, l'ascesa al potere di Gomulka in Polonia (18 ottobre 1956), salutato in U. con una esplosione di gioia, e il "nuovo corso" della politica polacca, rappresentarono la spinta occasionale per il muoversi degli intellettuali ungheresi e poi di tutta la popolazione.
Una manifestazione di consenso per gli avvenimenti polacchi fu decisa il 22 ottobre dagli studenti universitarî e dagli scrittori, col permesso del ministro dell'Interno (il presidente Gerö si trovava in visita a Belgrado), col proposito di sfilare sino alla statua del generale Bem, uno dei comandanti delle legioni polacche in Ungheria nel 1848-49. La manifestazione fu grandiosa e culminò nella richiesta, formulata da Péter Veres, presidente dell'Unione degli Scrittori, di una politica nazionale indipendente, basata sul socialismo, ma in situazione di uguaglianza con l'URSS e le democrazie popolari; si chiedeva altresì che i lavoratori potessero accedere alla direzione politica, economica e sociale del paese e potessero esprimere i proprî interessi attraverso i sindacati, che i contadini avessero piena libertà di aderire o meno alle cooperative; che il potere fosse conferito a I. Nagy, con opposizione ad ogni tentativo controrivoluzionario; che fosse ristabilito il voto libero, diretto e segreto.
Gerő, tornato precipitosamente a Budapest, accusò i manifestanti di voler "minare il potere della classe operaia", rompere i legami con l'URSS e le democrazie popolari, ecc.; soprattutto egli rifiutò di convocare il Comitato del partito prima di otto giorni. Poi, per evitare il peggio - la folla aveva già abbattuto l'enorme statua di Stalin e la polizia politica (A.V.O.) aveva finito per sparare su di essa - il 24 ottobre fu annunziata la prima concessione: la nomina di I. Nagy a primo ministro in sostituzione di Andras Hegedűs, mentre Gerő conservava la carica di primo segretario del partito. Ma, insieme, bruciando in pratica lo stesso Nagy, Gerő proclamò la legge marziale e rivolse un appello alle truppe russe dislocate in U. perché intervenissero.
In questa situazione confusa, con animi accesi che gridavano al tradimento di Nagy e che non pensavano possibile l'intervento delle truppe sovietiche, giunsero a Budapest Suslov e Mikoyan: Gerő, accusato di essere il solo responsabile della situazione, fu messo alla porta e sostituito da Janos Kadar, considerato "titoista" e già imprigionato da Rákosi. Subito dopo, un appello- rivolto da Nagy per radio - nel quale, senza aver potuto smentire il ricorso all'intervento sovietico, prometteva l'attuazione del programma del 1953, la democratizzazione di tutta la vita del paese chiedendo il ritorno all'ordine e alla calma - cadde nel vuoto. Ormai si erano formati ovunque dei consigli operai e rivoluzionarî, che oltre a sostituirsi ai sindacati e a rivendicare la dirigenza delle aziende, respingevano ovunque l'autorità dello stato e del partito: i consigli rivoluzionarî, nel fare proprio il programma originario degli intellettuali, presero in mano l'amministrazione locale, le municipalità, le province e altrettanto avvenne nelle fabbriche ad opera dei consigli operai, con orientamento dichiaratamente antistatale e quasi anarco-sindacalista. Nagy e Kadar cercano di riprendere in mano la situazione ma si trovano senza vie di uscita, fra l'insurrezione ormai scatenata e la presenza dell'Armata Rossa pronta a muoversi. La seconda visita di Mikoyan e Suslov (31 ottobre e 10 novembre), con cui essi cercano una via di intesa con Nagy e gli insorti, in modo da conservare l'U. nel "sistema" comunista e di consentire alla Russia di evitare una ritirata che ne avrebbe scosso il prestigio anche presso gli altri satelliti, non condusse ad alcun risultato: la rivoluzione era ormai scatenata, i successi erano, o apparivano, decisivi e la stessa volontà di Kadar e Nagy di riconoscere i consigli rivoluzionarî ed operai per mettere fine alla lotta rappresentava l'indice della completa esautorazione del governo e del regime. Nagy - stretto nella scelta fra aderire all'insurrezione, oppure schierarsi decisamente contro gli insorti e chiedere l'intervento sovietico - il 10 novembre proclamò la neutralità della repubblica popolare ungherese, chiese l'uscita dal patto di Varsavia, rivolgendo un appello all'URSS alla quale furono proposti dei negoziati. Tutto questo cadde nel vuoto e Nagy venne sostituito come presidente da Kadar.
Mentre l'Occidente era occupato dalla grave crisi di Suez, l'URSS decideva di intervenire: il 4 novembre alle 4 del mattino 15 divisioni corazzate sovietiche, forti di 6000 carri armati pesanti, presero a dilagare nel paese. Nel giro di pochi giorni la rivolta di U. veniva soffocata. Si calcola che essa dall'inizio alla fine sia costata alla nazione la perdita di 25.000 persone (oltre circa 150.000 esuli) e, secondo un rapporto presentato all'Assemblea da una missione delle N.U. recatasi in U. dal 4 al 7 gennaio 1957, il paese perdette il 60% delle sue capacità in fatto di prodotti alimentari, la produzione dell'industria leggera diminuì di circa il 50%, l'industria metallurgica si era fermata e ridotta di un terzo risultava la produzione di carbone.
Retta dal dic. 1956 dal governo Kadar (cui successe nel gennaio 1959 Ferenc Munnich), l'U. tornò ad allinearsi completamente nel quadro del sistema sovietico. Alla scomparsa di I. Nagy (giugno 1958), fucilato dopo un processo, fece riscontro il definitivo allontanamento di Rákosi, cui da Chruščëv fu addossata gran parte della responsabilità di quanto era venuto maturando, sino allo sbocco rivoluzionario. Naturalmente la collettivizzazione delle campagne è stata accelerata: nel dicembre del 1959 il 55,8% della terra coltivabile era ormai collettivizzata e nel settembre del 1960 si era raggiunta la percentuale del 70%. Analogamente, sul piano internazionale i dirigenti magiari si muovevano nell'ambito e con gli orientamenti di tutto il sistema comunista, sia alle N.U., sia in ordine agli atteggiamenti polemici contro l'Occidente, pur lasciando uno spiraglio per rapporti economici e culturali. Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. Beaujeu-Garnier, La nouvelle économie hongroise, in L'information géographique, XVI (1952), pp. 169-79; P. George-J. Tricart, L'Europe Centrale, Parigi 1954, pp. 658-700; K. Bürger, Das neue Gesicht der Puszta, in Zeitschr. für Erdkundenunterricht, X (1959), pp. 33-40; The population of Hungary, Washington, U. S. Department of Commerce, Bureau of the Census, 1958.
Sugli avvenimenti storici: I. Revai, The character of a People's Democracy, in Foreign Affairs, ottobre 1949, pp. 143-152; F. Fejtő, Histoire des democraties populaires, Parigi 1952; I. Kovacs, The Ungarian People's Republic, 2ª ed., New York 1952; F. Fejtő, La tragedie hongroise, Parigi 1956; F. Fejtő, Ungheria 1945-1957, Torino 1957; La Revolte de la Hongrie, num. spec. di Les Temps Modernes, n. 129-131, gennaio 1957; E. C. Helmereich (a cura di), Hungary, New York 1957; Imre Nagy on communism. In defense of new course, Londra 1957; P. Fryer, La tragedia ungherese, Roma 1957; L. Fossati, Qui Budapest, Torino 1957; International Commission of Jurists, The Hungarian situation and the rule of law, L'Aja 1957; M. J. Laski, The Hungarian revolution, New York 1957; La Gazzetta letteraria ungherese del due novembre, Bari 1957; La rivoluzione ungherese, Milano 1957; National communism and popular revolt in Eastern Europe, New York 1957; Sui fatti d'Ungheria (traduz. dei 17 capitoli elaborati dal Comitato speciale delle Nazioni Unite per la questione d'Ungheria), Roma 1957; G. Mikes, The Hungarian revolution, Londra 1957; Z. K. Brzezinski, The soviet bloc. Unity and conflict, Cambridge, Mass., 1960.