Ungheria
(XXXIV, p. 674; App. I, p. 1086; II, ii, p. 1058; III, ii, p. 1011; IV, iii, p. 719; V, v, p. 637)
Popolazione
La dinamica demografica del paese è contraddistinta da un decremento di popolazione, dovuto a un tasso di natalità piuttosto debole (10,4‰ nel 1996) contro un tasso di mortalità del 14,1‰. A una stima del 1998 la popolazione risultava pari a 10.116.000 ab. (erano 10.374.823 al censimento del 1990). Essa è in massima parte costituita da Magiari, con piccole minoranze tedesche e slovacche; le minoranze ungheresi esistenti in Romania (circa 1.700.000, principalmente residenti in Transilvania) e in Slovacchia (600.000) sono tutelate, almeno formalmente e fra ricorrenti controversie, da appositi trattati stipulati dall'U. nel 1996 con i due paesi. La capitale Budapest, una delle più celebrate metropoli europee, raggruppa quasi un quinto della popolazione del paese, alimenta rinnovati e importanti flussi turistici e si comporta da 'città primate' nei confronti degli altri centri urbani; infatti il maggiore di questi ultimi, Debrecen, raggiunge appena i 210.000 abitanti.
L'U. è partner speciale dell'Unione europea occidentale (UEO) e Stato associato all'Unione Europea. Aderisce con Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Slovenia alla CEFTA (Central European Free Trade Agreement, ex 'gruppo di Visegrád') e dal maggio 1996 è membro dell'OCSE (v. oltre: Storia).
Condizioni economiche
Dopo aver avviato per prima fra i paesi dell'Europa orientale un processo di liberalizzazione economica, l'U. ha attraversato una lunga fase di transizione, che si è protratta per tutta la prima metà degli anni Novanta; lo Stato - malgrado il vasto programma di privatizzazione, in parte già intrapreso - è tuttora impegnato nella gestione delle attività produttive. Il processo di conversione all'economia di mercato ha provocato seri problemi, tra i quali l'incremento dell'inflazione e una marcata crescita della disoccupazione; è aumentato il debito estero e si è verificato un grave deficit sia della bilancia commerciale, sia della bilancia dei pagamenti. Per uscire dalla crisi, nel 1994 il governo ha varato una politica economica di restrizioni, con l'intento di riguadagnare al paese la fiducia degli investitori stranieri: il fiorino ungherese è stato svalutato; è stato dato nuovo impulso al piano di privatizzazione (specie nel settore energetico e delle telecomunicazioni); sono state ridotte le spese sociali, mentre è aumentata la pressione fiscale. I 'fondamentali' dell'economia sono rapidamente migliorati, il PIL è cresciuto (+4,6 nel 1998), il deficit della bilancia dei pagamenti è sceso (da 2,2 a 1,5 miliardi di dollari) e qualche miglioramento si è avuto anche nel tasso di inflazione (sceso al 15% nel 1998 contro il 15,3% dell'anno precedente). Tali risultati, tuttavia, non hanno migliorato le condizioni di vita della popolazione, il cui potere di acquisto, benché abbastanza stabile, nella seconda metà degli anni Novanta è diminuito notevolmente.
La maggior parte della pianura ungherese è coltivata a seminativi, e in particolare a cereali: l'U. è un tradizionale produttore di frumento e il quinto produttore europeo di mais (secondo produttore mondiale per abitante). Si coltivano, inoltre, patate e barbabietole da zucchero, mentre sulla sponda settentrionale del Lago Balaton, e in genere sulle colline a ovest e a nord del paese, prosperano vigneti non molto estesi ma con una produzione rinomata (vino tokaj). I suoli meno produttivi (puszta) sono lasciati a pascolo per ogni tipo di bestiame; i suini (poco meno di 5 milioni nel 1998) alimentano la tradizionale fabbricazione di insaccati, voce di un certo peso delle esportazioni. Buona è anche la pesca in acqua dolce, con circa 24.000 t annue di pescato. Nel 1997 la percentuale degli addetti al settore primario era dell'8% circa.
La produzione mineraria riguarda soprattutto lignite, bauxite e uranio, utilizzato nella centrale nucleare di Paks, che assicura oggi - nonostante qualche opposizione da parte dell'opinione pubblica - circa il 40% della produzione nazionale di energia elettrica, per il resto quasi totalmente termica convenzionale. Non mancano, tra le risorse del sottosuolo, anche piccole quantità di petrolio (1.300.000 t nel 1998), gas naturale (4 miliardi di m³) e carbone. Nel settore industriale spiccano la metallurgia dell'alluminio, legata all'estrazione della bauxite, nonché fabbriche di mezzi di trasporto, chimiche e alimentari. La produzione industriale, che dopo la fine del regime comunista era stata per molti anni in declino, è tornata a salire (+11% nel 1998). Macchinari, veicoli e prodotti chimici sono tra le prime voci all'esportazione, in un commercio estero ben sviluppato, rivolto oggi soprattutto alla Germania (27% delle importazioni e 37% delle esportazioni nel 1997), ma che conta ancora fortemente sulle relazioni con i paesi della CSI; anche Austria e Italia sono importanti partner commerciali dell'Ungheria. *
bibliografia
A. Gerő, Magyar polgárosodás, Budapest 1993 (trad. ingl. Modern Hungarian society in the making: the unfinished experience, Budapest-London 1995).
I. Bibó, Miseria dei piccoli Stati dell'Europa orientale, Bologna 1995.
Hungary: the politics of transition, ed. T. Cox, A. Furlong, London 1995.
K. Zeman, V. Rodova, Comparative analysis of selected Central Eastern European countries competitiveness, in Ekonomicky Časopis, 1997, 6-7, pp. 431-79.
G. Varga, Hungarian agriculture and the EU, in The Hungarian quarterly, 1998, 15.
L. Szlávik, Emergency flood storage, in Vízügyi közlemények, 1998, 1, pp. 21-66.
Storia
di Giampiero Brunelli
In U. la transizione dal regime socialista alla democrazia avvenne senza grandi scosse. All'inizio degli anni Novanta, si erano svolte le prime libere elezioni che avevano garantito la maggioranza in Parlamento alle formazioni di centro, ma i governi che ne erano stati espressione, essendo fallite le riforme economiche programmate, non riuscirono a mantenere il consenso. Così, nel 1994 l'elettorato premiò il partito ex comunista, divenuto Partito socialista ungherese (MSzP, Magyar Szocialista Párt). Sostenuto anche dai liberali dell'Alleanza dei liberi democratici (SzDSz, Szabad Demokraták Szövetsége), l'esecutivo, diretto da G. Horn, leader del Partito socialista, non poté, a sua volta, corrispondere alle aspettative di una politica meno austera e capace di assicurare un innalzamento del benessere. Il riequilibrio dell'assetto finanziario statale, la stabilizzazione della moneta, la ristrutturazione e la modernizzazione dell'economia, infatti, si erano presentati ancora come gli obiettivi prioritari, soprattutto in vista di una rapida integrazione con i paesi dell'Europa occidentale.
Nel marzo 1995 furono varati nuovi provvedimenti di rigore, che provocarono proteste nel paese e manifestazioni di dissenso all'interno del governo: i responsabili dei ministeri del Lavoro, delle Finanze, della Cultura ed Educazione tra ottobre e novembre 1995 presentarono le dimissioni. Horn respinse le dimissioni di L. Bokros, ministro delle Finanze, ma dovette poi accettarle, quando questi le rinnovò essendo stato costretto a presentare ulteriori provvedimenti economici restrittivi. Nella seconda metà del 1996, si ebbero nuovi contrasti: uno scandalo nella gestione dell'azienda pubblica responsabile delle privatizzazioni provocò l'uscita dal governo del ministro competente, T. Suchman (ottobre 1996); proteste per l'insufficienza dei fondi previsti furono sollevate, in novembre, dal ministro delle Politiche sociali; infine, nel dicembre 1996, fu sostituito il ministro per l'Agricoltura, in quanto le trattative per l'ingresso nell'Unione Europea richiedevano una decisa ristrutturazione del settore.
Nel corso del 1997 si inasprì l'opposizione politica. In gennaio fu presentata una mozione di sfiducia all'esecutivo, ritenuto responsabile dello scandalo dell'azienda pubblica delle privatizzazioni e, poche settimane più tardi, una commissione parlamentare riscontrò effettive responsabilità di membri dell'esecutivo nella vicenda. Una nuova inchiesta, in marzo, rivelò che i servizi segreti avevano condotto indagini non autorizzate su esponenti del Partito socialista; ma, dopo alcuni mesi, una commissione incaricata di fare luce sul passato degli uomini politici concluse che Horn aveva partecipato nel 1956 a formazioni paramilitari per consolidare l'ordine ristabilito da Mosca. Da più parti si chiesero le dimissioni del capo del governo, che non furono tuttavia presentate. L'attenzione dell'opinione pubblica si concentrò infatti sull'adesione dell'U. all'Alleanza atlantica. Nell'agosto 1997 l'esecutivo aveva annunciato un referendum in materia, che si tenne il 16 novembre. L'ingresso nella NATO fu approvato dall'85,3% dei votanti e il risultato della consultazione venne ratificato nonostante la bassa affluenza (il 49% degli aventi diritto) e le proteste di gruppi pacifisti: nel luglio 1997, infatti, era stato approvato un emendamento alla Costituzione che abbassava il quorum al 25%.
Nel dicembre 1997 l'opposizione si organizzò: il Forum democratico (MDF, Magyar Demokrata Fórum) strinse un patto elettorale con la Federazione dei giovani democratici (FIDESz, Fiatal Demokrátak Szövetsége) e con il Partito civico ungherese (MPP, Magyar Polgári Párt). Nonostante gli indubbi risultati a livello macroeconomico conseguiti dall'esecutivo in carica, la diffusa insoddisfazione per le difficili condizioni di vita (conseguenza di anni di rigore) portò a un'alternanza di governo. Alle elezioni del 24 maggio 1998, l'alleanza FIDESz-MPP emerse come il primo partito nell'Assemblea nazionale, con 148 seggi su 386. Dopo la conclusione in giugno di un accordo di coalizione con il Partito indipendente dei piccoli proprietari (FKgP, Független Kisgazda párt), entrò in carica il 6 luglio 1998 il nuovo esecutivo, guidato da V. Orban, leader dell'alleanza FIDESz-MPP. I primi punti del programma furono individuati nella lotta alla criminalità e nell'obiettivo di realizzare un miglioramento del tenore di vita. Il documento di programmazione economica per il triennio 2000-2002 prevedeva la riduzione del deficit e la stabilizzazione del cambio con l'euro come pilastri della politica economica, superando una iniziale diffidenza degli osservatori internazionali.
Una piena integrazione nell'Unione Europea costituiva l'obiettivo principale, comune ai diversi governi ungheresi, essendo stata l'U. uno dei primi paesi dell'Est a farne richiesta (1994), ma restava insuperata la fase delle trattative e l'ingresso era previsto per il 2004. Furono anche compiuti i passi conclusivi per l'adesione alla NATO: nel febbraio 1999, dopo il voto favorevole del Parlamento, il presidente A. Göncz firmò, infatti, il trattato di Washington. Durante i bombardamenti delle forze aeree NATO contro la Rep. Fed. di Iugoslavia per la protezione della minoranza albanese in Kosovo (marzo-giugno 1999), l'U., paese confinante, diede la disponibilità delle proprie basi.
Nell'area centro-orientale, vennero allacciati buoni rapporti con la Romania, a conclusione di tensioni di lungo periodo, mentre i rapporti con la Repubblica slovacca rimanevano piuttosto freddi, dopo il sostanziale fallimento di un accordo bilaterale siglato nel marzo 1995, che doveva garantire la salvaguardia dei diritti della minoranza ungherese in Slovacchia. Attriti fra i due paesi erano stati altresì causati dai progettati impianti idroelettrici di Gabčíkovo-Nagymaros sul Danubio, nonostante l'intervento della Corte internazionale di giustizia nel settembre 1997.
bibliografia
P. O'Neil, Hungary hesitant transition, in Current history, March 1996, pp. 135-39.
Dilemmas of transition: the Hungarian experience, ed. A. Braun, Z. Barany, Lanham (Md.) 1999.