Unione doganale. Diritto dell’Unione Europea
Al momento della firma dei Trattati di Roma istitutivi della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA), il protezionismo, attraverso il quale gli Stati miravano a tutelare l’industria nazionale, era un aspetto rilevante dell’economia europea. La filosofia comunitaria dello sviluppo economico affermò il principio della cooperazione economica interstatuale. Gli autori del Trattato CEE si preoccuparono di predisporre tutti gli strumenti giuridici per creare un’area economica in cui i beni prodotti potessero essere commercializzati liberamente (Unione economica e monetaria. Diritto dell’Unione Europea).
In tale contesto, il sistema dell’unione doganale presupponeva l’adozione di varie misure atte a favorire la crescita interna delle economie nazionali e la competitività dell’industria europea sui mercati internazionali (Politica industriale dell’Unione Europea). Essa comportava, all’interno della Comunità, l’azzeramento dei dazi doganali (con il divieto d’introdurne di nuovi) e delle tasse d’effetto equivalente; prevedeva, nei rapporti con Stati terzi, l’adozione d’una tariffa doganale comune, applicabile in modo uniforme alle merci importate qualunque fosse il punto d’entrata nel territorio comunitario. La liberalizzazione interna era ulteriormente garantita dal divieto di restrizioni quantitative all’importazione o misure d’effetto equivalente, nonché dall’obbligo di procedere al riordino dei monopoli nazionali a carattere commerciale (Concorrenza. Diritto dell’Unione Europea).
Unione doganale e completamento del mercato interno. - Il programma d’abbattimento dei dazi doganali, delle tasse d’effetto equivalente e delle restrizioni quantitative si svolse regolarmente e fu realizzato nel 1968. Al contrario, le barriere non tariffarie (tra le più varie e di difficile identificazione) continuarono a pesare sugli scambi intracomunitari. Anzi, il complesso di queste misure (norme tecniche nazionali, discriminazioni nelle procedure d’aggiudicazione degli appalti, pubblicità in favore degli acquisti di beni nazionali, importazioni parallele, etc.), invece di diminuire, conobbe un’espansione dopo che la crisi economica nel corso degli anni 1970 indusse gli Stati membri ad assumere, in deroga alla lettera e allo spirito del trattato CEE, politiche neoprotezioniste per sostenere l’industria nazionale a detrimento delle importazioni dagli altri paesi.
Il Consiglio europeo di Copenaghen, nel 1982, rilanciò l’unificazione del mercato interno, dando mandato, in seguito, alla Commissione di studiare le misure da adottare. Il libro bianco sul “completamento del mercato interno”, presentato al Consiglio europeo di Milano nel 1985, auspicò l’accordo degli Stati membri “sull’abolizione delle barriere di qualsiasi natura, sull’armonizzazione delle norme, sul ravvicinamento delle legislazioni e delle strutture fiscali, sul rafforzamento della cooperazione monetaria e sulle misure di accompagnamento necessarie per indurre le imprese europee a collaborare”. I provvedimenti, da assumere entro il 1992, prevedevano l’eliminazione delle barriere fisiche (controlli alle frontiere intracomunitarie), l’eliminazione delle barriere tecniche (le diverse norme che gli Stati membri adottano per i singoli prodotti), l’eliminazione delle barriere fiscali (diversità nazionali nell’imposizione indiretta).
Il programma fu formalmente recepito dall’Atto unico europeo (1986), agli art. 13-19, divenendo, a tutti gli effetti, obiettivo istituzionale della Comunità. Attualmente, le disposizioni relative all’unione doganale sono contenute negli artt. 30-32 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex Trattato CE, modificato – anche nel titolo – dal Trattato di Lisbona del 2007).
Unione economica e monetaria. Diritto dell’Unione Europea