Imperatore romano (m. 260 d. C. circa). Acclamato Augusto (253) dall'esercito alla morte di Treboniano Gallo, la sua politica fu filosenatoria e mirata alla persecuzione dei cristiani (editti 257-258). Associato al potere il figlio Gallieno, cui affidò la difesa dei confini occid., V. si dedicò alla difesa dell'Oriente, ma fu catturato durante la guerra contro i Persiani di Sapore I (239-272), morendo in prigionia.
Scarse notizie restano del primo periodo della sua vita. Si sa che era di nobile origine; fu console (prima del 233); poi (252 ca.) in Rezia ebbe l'incarico da Treboniano Gallo di radunare milizie per combattere l'usurpatore Emiliano. Alla morte di Treboniano fu proclamato (253) imperatore dall'esercito, e subito fu riconosciuto dal senato. La sua politica interna ebbe carattere conservatore e mirò all'accordo col senato. Continuatore della politica religiosa di Decio, perseguitò i cristiani, promulgando (257) un primo editto con il quale impose a questi l'osservanza del culto statale e il veto di riunirsi in assemblee e di entrare nei cimiteri, che confiscò, insieme a tutti i loro beni. Con un secondo editto (258) stabilì la pena di morte per vescovi, preti, diaconi e anche senatori, cavalieri e alti funzionari che continuassero a professare la fede cristiana, pur perduta la loro dignità; le vittime più illustri furono s. Sisto II e s. Lorenzo a Roma, e in Africa s. Cipriano. All'esterno le condizioni dell'Impero erano gravi: nemici premevano da ogni parte. V. si associò nella difesa dell'Impero il figlio Gallieno, cui affidò la guerra in Occidente; si occupò prevalentemente di difendere le frontiere orient., minacciate dai Persiani di Sapore I, che avevano invaso la Siria; riportò vari successi e fu celebrato come Restitutor orientis. Allorché però Sapore I strinse d'assedio Edessa, V. lo affrontò con un esercito decimato da una pestilenza; fu fatto prigioniero (259) e morì durante la prigionia.