VALORE
. Imposta sull'incremento di valore degli immobili. - L'imposizione ("specifica" dei plusvalori immobiliari, in aggiunta alla normale tassazione delle plusvalenze in sede di imposte sui redditi, ha trovato in Italia numerosi esempi nella legislazione postunitaria (varie forme di contributi di miglioria) e poi all'inizio del secolo con le leggi Giolitti dell'8 luglio 1904, n. 320 (imposta dell'1% sull'intero valore capitale delle aree fabbricabili nei comuni di Roma e Torino) e dell'11 luglio 1907, n. 502 (imposizione del valore capitale delle aree eccedenti il valore agricolo; estensione del tributo ad altre città ove si verificavano eccezionali fenomeni di speculazione).
Questo tipo di legislazione, limitato a certe zone del territorio dello Stato, fu superato con il r.d. 18 novembre 1923, n. 2358, che soppresse l'imposta sulle aree fabbricabili, regolata dalle leggi Giolitti, e introdusse il contributo di miglioria, poi modificato dal testo unico della finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175, e ampliato da successive leggi.
Il testo unico delle leggi sulla finanza locale prevedeva due tipi di contributo di miglioria: il primo (detto di "miglioria specifica") colpiva gl'incrementi di valore dei beni immobili (a eccezione delle aree fabbricabili) rustici e urbani determinati da specifiche opere pubbliche, a carico dei soggetti avvantaggiati da queste ultime, la cui contribuzione non poteva superare una certa percentuale del costo totale dell'opera. L'altro tipo di contributo (detto anche di "miglioria generica") colpiva gl'incrementi di valore delle aree fabbricabili determinati "dall'espansione dell'abitato e dal complesso delle opere pubbliche" senza rapporto con le spese relative.
Con la l. 5 marzo 1963, n. 246, istitutiva dell'imposta sugl'incrementi di valore delle aree fabbricabili, che ha abrogato il contributo di miglioria generica e modificato il contributo di miglioria specifica, veniva colpito l'incremento di valore in occasione dell'alienazione o dell'utilizzazione edificatoria delle sole aree edificabili, ovvero anche in occasione del possesso decennale delle stesse aree da parte di società di capitali o di altri soggetti, anche se persone fisiche, purché questi ultimi risultassero intestatari di aree fabbricabili per un valore globale superiore a lire 100.000.000.
L'imposta sugl'incrementi di valore degl'immobili costituisce l'ultima tappa di questa evoluzione legislativa prevedendo, da una parte, l'abrogazione dei contributi di miglioria e della legge 1963, n. 246, e, dall'altra, l'imposizione generalizzata degl'incrementi di valore immobiliare sia dei terreni che dei fabbricati, tanto in occasione della loro trasmissione quanto (per le società e gli enti di ogni genere e attività), in relazione al possesso per un decennio.
L'INVIM ha subìto notevoli trasformazioni nel corso dell'iter parlamentare della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825 (basti pensare che nei primi schemi vi era una sostanziale alternatività tra essa e le imposte sui redditi mentre ora vi è quasi sempre una doppia imposizione); a sua volta il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, istitutivo del tributo, è stato ampiamente modificato dal d.P.R. 23 dicembre 1974, n. 688, pur sempre nei limiti dei principi e criteri direttivi della legge delega; ma non è tutto, in quanto con la legge ordinaria 22 dicembre 1975, n. 694 (con cui si sono superati i confini posti dalla delega del 1971) è stato notevolmente ampliato l'ambito di applicazione del tributo decennale estendendolo sostanzialmente a tutti i soggetti a eccezione delle persone fisiche.
Tali modificazioni alle caratteristiche fondamentali dell'INVIM e la stratificazione normativa che in tre anni vi è stata in materia (tesa a superare le numerose perplessità interpretative e applicative sorte in relazione all'originario d.P.R. n. 643) certo non hanno fatto di questo tributo un modello di semplicità e di chiarezza impositiva.
Rispetto alla precedente imposta sugl'incrementi di valore del 1963, limitata alle sole aree fabbricabili, l'ambito di applicazione dell'INVIM è stato esteso all'incremento di valore relativo a qualsiasi tipo d'immobile sito nel territorio dello Stato: il concetto d'immobile è quello desumibile dall'art. 812 c.c. e comprende in particolare, oltre al suolo (edificabile e agricolo) e agli edifici (urbani ed extraurbani, destinati a utilizzazione abitativa o commerciale, ecc.) le altre costruzioni di qualsiasi genere stabilmente, anche se temporaneamente, infisse al suolo (vedi pure l'art. 812, secondo comma, c.c.).
Non si può, invece, con sicurezza affermare che l'INVIM è un tributo comunale, benché sia così qualificato dalla legge delega e dallo stesso d.P.R. n. 643, salvo a dare determinante rilievo all'attribuzione del gettito dell'imposta che compete ai comuni nel cui territorio si trovano gl'immobili (art.1, 2° c.). Avverso la qualificazione di tributo "comunale" militano diverse considerazioni: l'INVIM, infatti, è stata istituita dalla legge dello Stato ed è direttamente operante a prescindere da una qualsiasi deliberazione istitutiva da parte dell'ente locale, la cui potestà normativa può manifestarsi soltanto ed eventualmente nella determinazione delle aliquote tra i minimi e i massimi stabiliti dalla legge. Se a ciò si aggiunge che la potestà amministrativa d'imposizione del comune è limitata all'eventuale intervento nell'accertamento di cui è protagonista assoluto, come soggetto attivo, l'amministrazione finanziaria dello Stato (alla quale, quindi, riteniamo si debba rivolgere il contribuente per un'eventuale ripetizione dell'indebito), si è portati a dubitare seriamente che ci si trovi in presenza di un tributo comunale.
Ancora più gravi sono le perplessità che più propriamente attengono alla natura e al presupposto dell'INVIM, visto che seguendo un certo ordine d'idee si potrebbe giungere alla conclusione, sul primo punto, che si tratti di un'imposta diretta sul reddito o meglio sulle plusvalenze considerate come reddito ovvero di un'imposta patrimoniale e, sul secondo punto, che il fatto, in relazione al quale è dovuto il tributo, è costituito dall'incremento di valore commisurato in certi momenti. È da ritenere che originariamente l'INVIM era fondamentalmente un'imposta sui trasferimenti affiancata da un tributo decennale avente caratteristiche patrimoniali (posto al fine di chiudere facili elusioni attuabili da parte di società di capitali) ma, almeno logicamente, riconducibile alla fondamentale imposta sui trasferimenti. Oggi esistono due imposte nettamente distinte: la prima sui trasferimenti e la seconda patrimoniale e periodica. Infatti dall'esame delle fattispecie cui è collegato il tributo può ritenersi che la legge contempla due distinti presupposti non riconducibili a unità: il primo costituito dal cosiddetto trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento su beni immobili, il secondo rappresentato dall'ininterrotto possesso decennale di beni immobili a titolo di proprietà o di enfiteusi da parte di società ed enti di ogni tipo e oggetto.
La difficoltà a ridurre a unità i due presupposti deriva anche dal fatto che il secondo di essi, originariamente posto al fine di creare una remora alla proliferazione delle cosiddette società immobiliari e alla facile elusione dell'imposta che si sarebbe potuta verificare mediante la cessione delle azioni o delle quote da parte di tali società con la l. 1975, n. 694, è stato esteso dalle società immobiliari a tutte le società ed enti, di qualsiasi tipo e attività, facendo perdere l'originario tenue legame unitario.
Il presupposto di portata generale, che rende dovuto il tributo quale che sia il soggetto passivo, si verifica "all'atto dell'alienazione a titolo oneroso e dell'acquisto a titolo gratuito, anche per causa di morte, del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sull'immobile". È questa l'attuale formulazione del presupposto generale dell'INVIM, quale risulta a seguito delle assai rilevanti modifiche apportate all'originario art. 2 del d.P.R. n. 643. Rispetto alla precedente stesura (in cui si parlava di trasferimento e di conferimento del diritto di proprietà), l'attuale appare più aderente al criterio direttivo della legge delega che prevede l'applicazione dell'imposta agl'incrementi di valore degl'immobili "alienati a titolo oneroso o trasmessi a titolo gratuito": tuttavia si deve rilevare che per superare molte delle perplessità interpretative e applicative sorte in relazione all'originario art. 2 non è bastato mutarne la formulazione ma è stata necessaria tutta una serie di puntualizzazioni normative.
Infatti, nell'attuale stesura è precisato che l'alienazione o l'acquisto, per costituire presupposto, deve riguardare la proprietà o un diritto reale di godimento (con questa qualificazione del diritto reale sono stati normativamente esclusi dall'ambito del presupposto i diritti reali di garanzia e quelli derivanti da concessioni dell'autorità amministrativa, aventi caratteristiche analoghe ai diritti reali di godimento), e si considerano atti di alienazione a titolo oneroso anche le vendite forzate, le sentenze indicate al 2° comma dell'art. 2932 c.c., i conferimenti in società di ogni tipo e le assegnazioni ai soci, eccettuate le assegnazioni degli alloggi costruiti dalle cooperative edilizie previste dalle leggi in materia di edilizia economica e popolare.
Con queste precisazioni normative si sono volute dissipare le perplessità esistenti in materia di assoggettabilità all'INVIM dei cosiddetti trasferimenti coattivi: oggi è pacifica l'imposizione delle vendite relative ai procedimenti dì esecuzione in forma specifica di cui all'art. 2932 c.c.; qualche dubbio potrebbe, tuttora, sussistere relativamente alle varie forme di espropriazione per pubblica utilità, che in linea di principio non si vede perché debbano essere escluse dall'INVIM, ma che appaiono non comprese nell'espressa previsione normativa di "vendite forzate". Si è voluto, inoltre, evitare che potesse sorgere il dubbio che nell'ambito del concetto di alienazione a titolo oneroso non fossero compresi i conferimenti in società di ogni tipo o le assegnazioni da parte di società ai soci (dubbi potevano sorgere soprattutto nei confronti delle società semplici, in accomandita semplice e in nome collettivo). Il legislatore, però, ha escluso dall'ambito del presupposto le assegnazioni ai soci degli alloggi delle cooperative di edilizia economica e popolare considerando sostanzialmente unitaria la figura della cooperativa e dei soci e, quindi, ritenendo idoneo all'evidenziazione dell'incremento di valore tale tipo di assegnazione. Inoltre, per evitare macroscopiche distorsioni impositive e per armonizzare la disciplina dell'INVIM a quella dell'IVA, l'attuale sistema prevede che, in caso di vendita con riserva di proprietà e di locazione con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti, l'alienazione s'intende avvenuta all'atto della stipulazione della vendita o della locazione.
A questa stregua si possono esemplificativamente considerare compresi nel presupposto in questione: a) l'alienazione e l'acquisto della piena o nuda proprietà di beni immobili a titolo gratuito o a titolo oneroso per atto tra vivi; b) la costituzione o il trasferimento, a titolo oneroso e gratuito, dei diritti reali di godimento a eccezione delle servitù (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie) su beni immobili; c) il conferimento dei diritti di cui sopra in occasione della costituzione (o di aumenti di capitale) di società di qualunque tipo, associazioni, enti, ecc. con o senza personalità giuridica; d) le assegnazioni dei diritti di cui sopra effettuate da società di qualunque tipo, associazioni, enti, ecc. ai soci o partecipanti, ecc. (tranne le indicate assegnazioni da parte delle cooperative di edilizia economica e popolare); e) gli acquisti mortis causa a titolo universale o particolare (successioni ereditarie e legati), relativi a beni immobili.
Vista la natura dichiarativa della divisione, si deve ritenere che essa non ponga in essere il presupposto limitatamente all'attribuzione in proprietà esclusiva della parte corrispondente alla quota ideale di proprietà indivisa: l'eventuale attribuzione della parte eccedente, costituendo un vero e proprio trasferimento, configura invece il presupposto.
Non comportando giuridicamente il trasferimento della proprietà o di diritti reali di godimento sugl'immobili, non sono compresi nel presupposto i trasferimenti di azioni o di quote di società di capitali aventi la proprietà o di altri diritti reali su beni immobili. Alle stesse conclusioni si dovrebbe pervenire per quanto concerne i trasferimenti di quote di società di persone.
Non determina un trasferimento del diritto reale sul bene immobile la trasformazione della società titolare di quel diritto in un'altra di tipo diverso, perché la trasformazione della società non comporta il trapasso del patrimonio sociale da un soggetto a un altro, ma soltanto il mutamento dell'organizzazione sociale del soggetto.
A seguito delle modifiche apportate col d.P.R. n. 688, oggi si può con certezza dire che anche le fusioni tra società sono escluse dall'ambito dell'INVIM: ciò si desume non tanto dalla descrizione normativa del presupposto, ma implicitamente da altre disposizioni (vedi art. 3, 2° comma, 4 e 6, penultimo comma).
Nei confronti di certi soggetti la legge ricollega l'applicazione del tributo, oltre che all'atto dell'alienazione a titolo oneroso e dell'acquisto a titolo gratuito, anche al presupposto della permanenza dei beni immobili nel loro patrimonio per un decennio. Infatti, l'art. 3 d.P.R.n. 643 stabilisce che, per gl'immobili appartenenti a titolo di proprietà o di enfiteusi alle società di ogni tipo e oggetto e agli enti pubblici e privati diversi dalle società (compresi i consorzi, le associazioni e le organizzazioni di persone e di beni di cui all'art. 2 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598), l'imposta si applica al compimento del decennio dalla data di acquisto e di ogni successivo decennio.
Affinché si possa considerare verificato il presupposto in questione è necessario il concorso di più elementi: il primo di essi è costituito dal fatto obiettivo del decorso di un decennio d'ininterrotto possesso, che si può compiere considerando come data iniziale quella di acquisto del bene immobile ovvero quella della precedente imposizione decennale. Nel sistema dell'imposta il possesso s'intende interrotto soltanto con l'alienazione o l'acquisto del diritto di proprietà o di enfiteusi sull'immobile: la legge precisa, infatti, che qualora successivamente all'acquisto venga costituito un diritto di usufrutto, uso, abitazione o superficie (il possesso ai fini del decorso del decennio non viene interrotto) l'INVIM si liquida sull'incremento di valore della piena proprietà al compimento del decennio, diminuito della parte d'incremento assoggettata all'imposta all'atto della costituzione del diritto parziario.
L'oggettivo decorso del tempo, però, non integra da solo la fatispecie imponibile: infatti - a differenza dell'altro presupposto che si concreta quale che sia il soggetto che abbia effettuato il trasferimento - affinché possa considerarsi verificato il presupposto decennale è necessario che l'elemento oggettivo sia riferibile a certi soggetti soltanto: cioè a tutti i soggetti passivi purché diversi dalle persone fisiche. Prima della l. 1975, n. 694 (entrata in vigore il 1° gennaio 1976) la portata di tale elemento soggettivo era ancora più rilevante, visto che il presupposto si configurava soltanto se l'ininterrotto possesso decennale era riferibile a una società di prevalente gestione immobiliare.
A seguito dell'estensione dell'INVIM decennale alle società ed enti di ogni tipo e oggetto, il tributo dovuto in relazione a questo secondo presupposto ha assunto vieppiù la configurazione di un'imposta periodica sul patrimonio (anche se strutturata come un tributo sull'incremento di valore) immobiliare comune a tutti i soggetti, a eccezione delle persone fisiche colpite dall'imposta soltanto al momento dell'alienazione o dell'acquisto dell'immobile.
L'incremento imponibile è determinato nella differenza tra il valore finale dell'immobile, rappresentato dal valore al momento del verificarsi di uno dei presupposti, e il valore iniziale, rappresentato dal valore dell'immobile alla data dell'acquisto o della precedente imposizione aumentato delle spese, di acquisto, incrementative e di costruzione.
La legge, naturalmente, in relazione alle diverse ipotesi d'imposizione precisa i criteri per la determinazione dei valori iniziale e finale.
a) Per quanto concerne l'INVIM dovuta per il verificarsi d'un trasferimento, in linea di principio si fa riferimento alle valutazioni effettuate ai fini delle imposte di registro e di successione: infatti si assume 1) quale valore finale il valore dichiarato ovvero quello definitivamente accertato (cioè definito per qualsiasi ragione a seguito di accertamento, per es. adesione, condono, decisione non più impugnabile, decorrenza dei termini per il ricorso, ecc.), purché maggiore del dichiarato, ai fini delle imposte di registro o di successione, e 2) quale valore iniziale il valore dichiarato o definitivamente accertato per il precedente acquisto. Il riferimento al valore dichiarato rileva, evidentemente, nelle ipotesi in cui non vi è stato accertamento e siano decorsi i termini relativi ovvero vi è stato accertamento il quale, però, non sia ancora definito, ecc. In quest'ultima ipotesi si pone il problema di un'eventuale nuova determinazione dell'incremento imponíbile al momento in cui l'accertamento ai fini dell'imposta di registro e di successione diviene definitivo. Per i trasferimenti assoggettati all'IVA si assumono quali valori iniziali e/o finali i corrispettivi determinati ai fini di tale imposta: se, poi, il trasferimento non è soggetto all'imposta proporzionale di registro o alle imposte di successione o sul valore aggiunto (per es., per un'esenzione) si assumono quali valori iniziali e/o finali i valori venali determinabili ai fini dell'imposta di registro.
Per quanto concerne l'imposizione decennale a carico delle società ed enti si assume quale valore finale quello venale dell'immobile al compimento del decennio e quale valore iniziale quello alla data dell'acquisto per atto tra vivi o a causa di morte determinato secondo i principi sopra esposti, ovvero quello assunto ai fini della precedente tassazione decennale.
Per gli acquisti effettuati oltre un decennio prima dell'entrata in vigore dell'INVIM (1° gennaio 1973), si assume quale valore iniziale non quello dell'immobile alla data dell'acquisto, ma il valore venale dello stesso al 1° gennaio 1963, salvo che per certe aree fabbricabili la cui data di riferimento può retroagire fino a un limite di ulteriori 10 anni.
In caso di utilizzazione edificatoria dell'area, da chiunque effettuata, l'imposta è liquidata separatamente sull'incremento relativo all'area fino all'inizio della costruzione e su quello relativo al fabbricato verificatosi tra la fine della costruzione e il trasferimento o il compimento del decennio.
Particolari criteri sono previsti in caso di trasferimento dell'usufrutto, dell'uso, dell'abitazione, dell'enfiteusi (equiparata invero al trasferimento della proprietà) e della superficie.
La determinazione dei valori iniziali e finali, come si è detto, non basta ai fini dell'individuazione dell'incremento imponibile poiché la legge contempla una serie di correttivi per compensare l'effettuazione di certe spese in occasione dell'acquisto dell'immobile e a escludere dall'imposizione ciò che non può essere considerato oggettiva variazione di valore dell'immobile. In particolare il valore iniziale del bene viene maggiorato delle spese di acquisto, di costruzione e incrementative, riferibili al periodo considerato per la determinazione dell'incremento stesso (e così, per es., in sede di prima, applicazione del tributo non potrebbero esser computate spese effettuate prima del termine iniziale di riferimento).
Una volta individuata la misura delle spese di acquisto, di costruzione e incrementative (vedi gli artt. 12 e 13), essa viene sommata al valore iniziale, il quale, così maggiorato, viene a sua volta sottratto dal valore finale.
L'incremento di valore risultante dalla differenza, però, non costituisce ancora la base imponibile cui applicare le aliquote, poiché, a seguito della sentenza 7 nov. 1979, n. 127, della Corte Costituzionale, il d. l. 12 nov. 1979, n. 571, convertito in l. 11 genn. 1980, n. 3, dispone che l'imposta si applica per scaglioni d'incremento imponibile determinati con riferimento al valore iniziale dell'immobile moltiplicato per il numero degli anni intercorrenti tra la data di acquisto o di riferimento e quella di alienazione o trasmissione, ovvero di compimento del decennio, e maggiorato delle spese di acquisto, di costruzione e incrementative moltiplicate per il numero degli anni intercorrenti fra la data in cui le spese sono state sostenute e quella di alienazione o trasmissione del bene ovvero di compimento del decennio. L'imposta si applica con le aliquote stabilite dai comuni entro i limiti minimi e massimi fissati dalla legge, e precisamente: a) per lo scaglione d'incremento imponibile fino a 20% del valore di riferimento dal 3 al 5%; b) per lo scaglione dal 20 al 50%, dal 5 al 10%; c) da oltre il 50 fino al 100%, dal 10 al 15%; d) da oltre il 100 fino al 150%, dal 15 al 20%; e) da oltre il 150 fino al 200%, dal 15 al 20%; f) oltre il 200%, dal 25 al 30%.
Soggetti passivi dell'imposta sono l'alienante a titolo oneroso o l'acquirente a titolo gratuito o, per l'INVIM decennale, la società o l'ente titolare della nuda o piena proprietà o dell'enfiteusi a compimento del decennio: qualsiasi patto diretto a trasferire ad altri l'onere dell'imposta è nullo.
I soggetti passivi e tutte le altre persone obbligate a presentare gli atti o le denunce agli effetti delle imposte di registro o di successione devono contestualmente produrre una dichiarazione ai fini dell'INVIM, contenente gli elementi (previsti dall'art. 18) necessari alla liquidazione del tributo e le spese effettuate a pena di decadenza. Per l'imposta decennale il termine di presentazione della dichiarazione è il 31 luglio o il 31 gennaio, a seconda che il decennio venga a maturazione nel primo o nel secondo semestre dell'anno.
In base agli elementi risultanti dalla dichiarazione l'ufficio liquida e riscuote l'imposta principale nei modi e nei termini stabiliti per l'imposta di registro ovvero, nei casi di acquisto a titolo gratuito e di INVIM decennale, nei modi e nei termini stabiliti per l'imposta di successione.
Le modalità e i termini delle imposte sui trasferimenti sono in linea di principio applicabili anche per quanto concerne la rettifica delle dichiarazioni e l'accertamento dell'INVIM (oltre che per la riscossione, ecc.). In caso di omessa presentazione della dichiarazione il termine per l'accertamento dell'ufficio è fino al quinto anno solare successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata. Come si è detto, l'accertamento viene effettuato dagli uffici erariali, tuttavia si deve rilevare che, per la sola INVIM relativa ad alienazioni a titolo oneroso o acquisti a titolo gratuito effettuati da persone fisiche, è previsto nell'accertamento l'intervento del comune in cui è situato l'immobile che potrebbe anche non condividere le valutazioni fatte dagli uffici del registro.
A seguito dell'estensione dell'INVIM decennale a carico di tutti i soggetti diversi dalle persone fisiche, il numero delle esenzioni e riduzioni d'imposta è stato ampliato. Le agevolazioni relative tanto all'imposta dovuta per trasferimento quanto a quella decennale, sono ora contemplate all'art. 25 d.P.R. n. 643 (vedi, però, anche gli artt. 25, 2° comma, e 39, 2° comma del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601) e sono poste prevalentemente in favore di particolari enti o finalità pubblici. Non sono comprese nelle categorie sopra indicate e meritano menzione: a) l'esenzione degl'immobili trasferiti per causa di morte di valore complessivo, ai fini dell'imposta sul valore globale dell'asse ereditario netto, inferiore a lire 30 milioni; e inoltre, le esenzioni dall'INVIM decennale: b) degl'immobili appartenenti agli enti, cosiddetti non commerciali purché destinati all'esercizio delle attività istituzionali (se non hanno tale destinazione beneficiano di una riduzione del 50% dell'imposta); c) dei fabbricati destinati all'esercizio di attività commerciali, purché l'attività sia in essi esercitata direttamente dal proprietario o enfiteuta (per le società che esercitano esclusivamente attività di locazione finanziaria o leasing l'esenzione si applica anche ai fabbricati dati in locazione). Da ultimo è opportuno ricordare le riduzioni d'imposta nella misura: a) del 40% per gl'incrementi di valore dei terreni e dei fabbricati destinati all'esercizio di attività agricola o forestale, purché dette attività siano direttamente e continuativamente esercitate dal proprietario o dall'enfiteuta e a condizione che i terreni non siano inseriti in piani urbanistici particolareggiati o lottizzazioni convenzionate che ne modifichino la destinazione; b) del 50% per gl'incrementi di valore degl'immobili trasferiti a causa di morte in linea retta o a favore del coniuge.
Bibl.: N. Gibiino, R. Bertoni, Imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, Milano 1973; L. Perrone, Contributo alla definizione del presupposto della imposta sull'incremento di valore degli immobili, Macerata 1974; A. Spada, R. Voiello, L'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, Torino 1974; G. A. Micheli, Corso di diritto tributario, ivi 1976; P. Filippi, L'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, Milano 1976.