veleno
Un pericolo mortale
Quando una sostanza è capace di uccidere un essere vivente diciamo che è un veleno. Esistono veleni naturali e altri fabbricati dall’uomo, che oggi li utilizza per applicazioni che vanno dall’agricoltura alla chirurgia estetica e, in diversi paesi del mondo, anche per eseguire condanne a morte. I veleni hanno occupato un posto importante nella storia e nella letteratura
Un veleno è una sostanza in grado di provocare danni gravi o addirittura la morte di un organismo quando penetra al suo interno. La maggior parte dei veleni è di origine naturale, prodotta da vegetali o animali. I veleni dei serpenti sono tra i più conosciuti, ma anche altri animali producono sostanze velenose a scopo difensivo od offensivo, come per esempio alcuni Artropodi (quali vespe, ragni, scorpioni), pesci e coralli.
Numerose sono le piante che contengono veleni: i funghi per primi, ma anche piante ornamentali come il mughetto, l’oleandro e la digitale contengono sostanze molto tossiche. Inoltre, famiglie conosciute per le numerose piante commestibili comprendono anche specie velenose come la cicuta (Ombrellifere) e lo stramonio (Solanacee). Da piante del genere Strycnos sono estratti potentissimi veleni come il curaro e la stricnina.
Altre sostanze velenose sono di origine artificiale, per esempio lo zyklon-b, il terribile gas velenoso utilizzato nei campi di sterminio nazisti.
Ci sono diversi modi possibili di contaminazione: ingestione, respirazione, contatto con la pelle oppure morsi, graffi e punture. Non tutti gli organismi sono sensibili agli stessi veleni: una sostanza mortale per una specie può essere del tutto innocua per un’altra, e questo dipende dalle differenze di metabolismo. I veleni possono agire sul sangue (veleni di serpente), sul cuore (digitale), sul sistema nervoso (curaro e stricnina) o sul fegato (le tossine dei funghi). Fortunatamente esistono anche gli antidoti, cioè sostanze che bloccano o riducono l’azione dei veleni se prese per tempo, e i Centri Antiveleni degli ospedali a cui rivolgersi in caso di avvelenamento.
I veleni compaiono molto spesso nella trama di opere letterarie, oggi soprattutto nei libri gialli. Un celebre esempio è l’Amleto di William Shakespeare, nel quale la maggior parte dei personaggi, tra cui il protagonista, muore avvelenata. Anche diversi eventi storici sono attribuiti all’utilizzo di un veleno: dalla morte di Cleopatra, suicidatasi col morso di un aspide, agli avvelenamenti degli imperatori romani (per esempio, Claudio), agli intrighi della famiglia Borgia. Molti di questi avvenimenti non sono documentati con certezza, ma sono probabili, perché avvelenare i rivali era una pratica sicuramente diffusa nell’antichità.
Il confine tra veleno e farmaco è spesso più sottile di quel che si pensa. Per esempio, la digitossina, il principale principio attivo della digitale, è un potente veleno, ma opportunamente dosato è un farmaco utilissimo contro gli scompensi cardiaci; ancora, nella chirurgia estetica si ottiene la riduzione delle rughe tramite iniezioni sotto la pelle del viso di piccolissime dosi di botulino, una tossina letale per l’uomo. Talvolta invece i veleni sono appositamente usati al servizio della pena di morte: dal 1974, per esempio, negli Stati Uniti è stata introdotta la pena di morte per iniezione letale, che avviene per somministrazione di sostanze velenose che paralizzano cuore e polmoni.
L’uomo produce ogni anno molti milioni di tonnellate di veleni artificiali per usi agricoli. Si tratta di insetticidi, erbicidi e fungicidi, sparsi abbondantemente sui terreni agricoli, in una sorta di guerra a insetti e piante non gradite. Fino a non molti anni fa era comune vedere campi di grano punteggiati di papaveri: oggi sono stati eliminati con i diserbanti perché danno fastidio durante il raccolto. L’uso intensivo e non programmato di veleni agricoli comporta danni per la salute umana, perché ne restano tracce negli alimenti e in generale nella catena alimentare. La sensibilità verso queste tematiche è aumentata negli ultimi anni e sono comparse leggi che regolano la quantità massima di residui ammessi negli alimenti, anche se il controllo di questi parametri non è sempre adeguato.