Zimbabwe
Insieme alla Repubblica sudafricana, l'ex Rhodesia del Sud (indipendente dal 1980) è l'unico Stato dell'Africa australe a presentare un'importante cinematografia, realizzata sia da cineasti bianchi sia da registi neri.
Un ruolo centrale è stato quello svolto da Michael Raeburn, autore di film fondamentali come Rhodesia countdown (1970), nel quale gli ultimi giorni della dominazione inglese e l'inizio della guerriglia sono colti con sguardo satirico; The grass is singing (1982), che descrive la scoperta della vita rurale da parte di una donna bianca ai tempi della segregazione razziale; Jit (1990), racconto delle vicissitudini di un adolescente che arriva in città alla ricerca del fratello musicista e si innamora di una ragazza; e infine Home sweet home (1999, coregia della moglie Heidi Draper), splendido home movie familiare e narrazione di un viaggio tra Parigi, Boston e lo Z. che fa riaffiorare memorie personali e sociali. Nel primo periodo della storia cinematografica dello Z. si collocano anche opere di altri registi, come la serie televisiva di grande successo The Mukadota family (1978) di Job Jonhera, Quest for freedom (1981) e The Assegaï (1982) di Olley Maruma, Fight for independance (1981) di Albert Chimedza e Harurwa Ina (1983) di Claude Maredza.
Oltre che a Raeburn, un posto di rilievo spetta a Ingrid Sinclair, stabilitasi nello Z. dal 1985. Anche il suo è un cinema (spesso in forma di documentario) legato alla memoria, rivelatosi apertamente politico con Flame (1996), primo lungometraggio realizzato dalla regista e ambientato tra i guerriglieri in lotta per la libertà. Con il marito, il regista Simon Bright, la Sinclair ha fondato la società di produzione Zimmedia. Altri cineasti che hanno contribuito alla creazione del cinema dello Z. sono stati Godwin Mawuru, Farai Sevenzo, Isaac Meli Mabhikwa, Manu Kurewa. Con Neria (1992), melodramma dalle indimenticabili figure femminili, Mawuru ha diretto il film degli anni Novanta di maggior impatto realizzato nel Paese. Rwendo (1993) di Sevenzo è ambientato a Città del Capo e racconta i destini di un colono bianco e di un sudafricano nero. More time (1993) di Meli Mabhikwa è un'esile commedia didattica su come prevenire l'AIDS. Kurewa ha diviso la sua filmografia tra Gran Bretagna (Sugar for my honey, 1995; One Sunday morning, 1996) e Z. (Mangwana, 1997), narrando storie di scontro e contaminazione razziale.Nella capitale Harare ogni due anni si svolge il Southern African Film Festival, una delle maggiori manifestazioni cinematografiche del continente.
L'association des trois mondes, FESPACO, Les cinémas d'Afrique ‒ Dictionnaire, Paris 2000, passim.
G. Gariazzo, Cinema del Sudafrica, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 4° vol., Americhe, Africa, Asia, Oceania. Le cinematografie nazionali, Torino 2001, pp. 510 e 1268.
G. Gariazzo, Breve storia del cinema africano, Torino 2001, pp.160-63.