ZIMBABWE.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Letteratura. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. - Stato interno dell’Africa australe. La popolazione dello Z. (54% sotto i 19 anni e crescita dello 0,6% annuo nel periodo 2005-10 e del 2,8% nel periodo 2010-15), è passata da 11.631.657 ab. al censimento del 2002 a 13.061.239 ab. a quello del 2012, e poi a 14.599.325 abitanti nel 2014, secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs). La popolazione urbana (33%) interessa soprattutto la capitale, Harare (1.485.231 ab.), Bulawayo (653.337 ab.) e Chitungwiza (356.840 ab.). Con speranza di vita alla nascita di 59,9 anni (2013), tasso di alfabetizzazione all’87% e PIL pro capite a parità di potere d’acquisto (PPA) di 2027 $ (2014), lo Z. è al 156° posto dell’Indice di sviluppo umano. Del resto, in base alle statistiche nazionali (2013), la povertà interessa il 72% della popolazione, soprattutto nel le aree rurali, e in base a stime UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV and AIDS) del 2013 l’AIDS/HIV (Acquired Immune Deficiency Syndrome/Human Immunodeficiency Virus) colpisce 1.400.000 persone (8° posto nel mondo per numero di malati).
Condizioni economiche. – Dopo la depressione del periodo 1999-2008, l’economia dello Z. è tornata a crescere nel 2009, facendo registrare un incremento del PIL del 20% nel triennio 2009-11 e del 3-4% annui nel triennio successivo (2012-14). Nel complesso, l’economia, oltre che per la diffusa corruzione e per l’incertezza politica, permane vulnerabile, rispetto sia alle condizioni meteorologiche, che incidono sulla produzione agricola, sia alle oscillazioni dei prezzi sul mercato internazionale, con ripercussioni soprattutto sul comparto minerario. I settori che hanno contribuito alla ripresa sono diversi. In primo luogo, quello minerario, che ha conosciuto, nel triennio 2009-11, una crescita del +107%, grazie all’estrazione di diamanti (11 milioni di carati; 3° produttore mondiale, 2013), oro (14.000 t), ma anche platino, carbone, nichel. Nello stesso periodo, il settore dei servizi ha registrato un +51%, contribuendo al 56% del PIL, anche dopo il brusco rallentamento degli ultimi anni; il settore manifatturiero contribuisce con un +22%, ora in calo per carenza di investimenti; e quello agricolo per un +35%. Lo Z. è tra i primi produttori mondiali di tè (19.000 t, 2012) e tabacco (115.000 t, 2012). Il settore turistico (1.794.000 ingressi nel 2012) potrebbe rappresentare un importante volano economico.
Storia di Emma Ansovini. - Nel marzo 2008 il Paese affrontò le elezioni politiche nel pieno di una crisi drammatica: inflazione e disoccupazione a tassi elevatissimi, un PIL in costante decremento, un’emigrazione in crescita, uno scontro durissimo tra le forze politiche. Nonostante le violenze contro l’opposizione, 99 seggi andarono al Movement for democratic change (MDC) e 97 alla Zimbabwe African national union-Patriotic front (ZANU-PF). Nelle elezioni presidenziali Morgan Tsvangirai conquistò il 47,9% dei voti al primo turno contro il 43,2% di Robert Gabriel Mugabe. Il ritardo nella proclamazione ufficiale dei risultati esasperò la tensione e contribuì all’isolamento internazionale del Paese.
Tsvangirai, di fronte alle violenze e agli omicidi che colpirono esponenti e militanti del suo partito, dopo aver subito egli stesso un arresto arbitrario ed essere stato costretto a riparare per breve tempo nella Repubblica Sudafricana, decise di non presentarsi al ballottaggio. La commissione elettorale, giudicando illegittimo il suo ritiro, lo escluse dalla consultazione e Mugabe, rimasto l’unico candidato, uscì vincitore dalle urne. Il risultato fu però contestato dagli organismi internazionali e dall’Unione Africana. In luglio, Mugabe, incalzato dalla pressione dei Paesi occidentali – USA e Gran Bretagna rinnovarono le sanzioni stabilite nel 2002 contro imprese importanti e uomini politici considerati non graditi, tra cui lo stesso Mugabe – e dai governi di tutta l’Africa australe, aprì un negoziato con l’opposizione.
Nel settembre 2008, con la mediazione del Sudafrica, venne firmato un protocollo di intesa che prevedeva un governo di unità nazionale: Mugabe conservava la presidenza della Repubblica e il comando delle forze armate, mentre Tsvangirai assumeva la carica di primo ministro. Il nuovo governo, che vide la luce agli inizi del 2009 segnato da enormi tensioni interne, decise, tra i suoi primi provvedimenti, l’abbandono della valuta nazionale, consentendo la circolazione a diverse monete straniere e adottando, come unità di conto, il dollaro statunitense. Nel corso del 2010 e del 2011 vi fu una riduzione delle sanzioni (ulteriormente alleggerite dall’Unione Europea nel 2014).
La discesa dell’iperinflazione non segnò però un’inversione di tendenza della situazione economica, che rimase negli anni successivi sostanzialmente stagnante, con un debito estero e tassi di disoccupazione molto elevati e una cronica carenza di capitali. A questo critico contesto economico si accompagnò un progressivo deterioramento della situazione politica, nonostante il varo della nuova Costituzione, approvata con un referendum nel marzo 2013 e frutto di un evidente compromesso. Nel testo si prevedeva un limite di due mandati alla carica di presidente, ma la norma non aveva valore retroattivo; si aboliva la carica di primo ministro, ma si rafforzava, almeno sulla carta, il potere legislativo; veniva istituita una Corte costituzionale e accresciuta la rappresentanza di genere.
Nel luglio 2013 si tennero le elezioni che videro la vittoria di Mugabe, con il 61% dei voti, e del suo partito, che conquistò una solida maggioranza parlamentare. Tsvangirai, non più primo ministro dal settembre 2013, contestò i risultati elettorali, mentre il nonagenario vincitore permetteva che nel suo partito si scatenasse la lotta per la sua successione. All’allontanamento dalla direzione della vicepresidente Joice Mujuru, nel dicembre 2014, faceva infatti riscontro l’inquietante crescita di potere della first lady Grace Mugabe.
Bibliografia: Zimbabwe: waiting for the future, «Africa briefing», 2014, 103, http://www.crisisgroup.org/en/regions/africa/southern-africa/zimbabwe/b103-zimbabwe-waiting-for-thefuture.aspx (27 ott. 2015).
Letteratura di Maria Paola Guarducci. - Il frammentato quadro letterario del territorio che dal 1980, con l’indipendenza, prese il nome di Zimbabwe è specchio delle vicende storiche del Paese, segnato dall’arrivo dei portoghesi nel 16° sec. e dai numerosi conflitti tra le popolazioni locali, in particolar modo tra Shona e Ndebele, a partire dal 19° sec., per l’egemonia territoriale. Su tutti ebbe la meglio l’imprenditore inglese Cecil Rhodes (1853-1902) che, dal 1888, con un accordo commerciale a nome della British South African Company assoggettò il Paese, ricco di risorse, che da lui successivamente prese il nome (Rhodesia).
Se la letteratura più nota è quella in inglese, le prime opere di rilievo uscirono in shona e ripercorrevano la storia di questo gruppo minacciato da nemici interni ed esterni, come è evidente nel romanzo storico Feso (1956) di Solomon Mutswairo (1924-2005) e nel poema epico Soko risiva musoro (1958, Racconto senza testa) di Herbert Chitepo (1923-1975). La storia nazionale è anche al centro della narrativa di lingua inglese, tra cui il celebre On trial for my country (1966) di Stanlake J.V.T. Samkange (19221988) e The coming of the dry season (1972) di Charles Mungoshi (1947). È ancora la storia a leggersi in filigrana nell’esaltazione del paesaggio che Musaemura B. Zimunya (n. 1947) mette in versi, nonché, più recentemente ed esplicitamente, nella produzione di Chenjerai Hove (n. 1956), in esilio dal 2001.
Il più noto tra gli scrittori dello Z. è, però, Dambudzo Marechera (1952-1988), studente a Oxford, da cui fu espulso, e vagabondo a Londra, la cui scrittura visionaria e cripticamente modernista, testimoniata dalle poesie ma soprattutto dal romanzo autobiografico The house of hunger (1978), non è ascrivibile all’interno degli stilemi tradizionali. Di ambientazione urbana, ma fortemente simbolica pur nel suo impietoso realismo, l’opera di Marechera è diventata un modello per molti giovani scrittori africani. Altrettanto rappresentativa è Tsitsi Dangarembga che con Nervous conditions (1988; trad. it. Condizioni nervose, 1991) ha prodotto uno dei testi chiave della postcolonialità contemporanea. Permeata dalla storia pre e postindipendenza, ma inquadrata in una prospettiva femminile, l’opera di Yvonne Vera (1954-2005), a lungo residente in Canada e rientrata in Z. poco prima della sua scomparsa, ha rielaborato in chiave lirica gli orrori registrati dalla storia. I suoi romanzi, tra i quali Nehanda (1993), Under the tongue (1997), Butterfly burning (2000; trad. it. Il fuoco e la farfalla, 2002) e The stone virgins (2002; trad. it. Le vergini delle rocce, 2004), sono stati tradotti in molte lingue e premiati in Z. e all’estero.
Con una vena in prevalenza grottesca, i nuovi scrittori hanno ripreso la lezione della generazione che li ha preceduti per rileggere la storia tragica che ha condotto all’attuale collasso economico e culturale del Paese, ragione per cui la maggior parte di loro risiede all’estero: è il caso di Brian Chikwava (n. 1972), trapiantato a Londra dove ha ambientato il suo romanzo Harare North (2010); di No Violet Bulawayo (n. 1981) che dagli Stati Uniti è entrata in lista per il Booker prize con We need new names (2013; trad. it. C’è bisogno di nuovi nomi, 2014); di Tendai Huchu (n. 1982), residente in Scozia e pluripremiato per The hairdresser of Harare (2010; trad. it. Il parrucchiere di Harare, 2014) o di Christopher Mlalazi, di cui si segnala Running with mother (2012; trad. it. La fuga di Rudo verso i monti Phezulu, 2014).
Bibliografia: F. Veit-Wild, Teachers, preachers, non-believers. A social history of Zimbabwean literature, London 1992; Talking with African writers, ed. J. Wilkinson, London 1992, pp. 200-15; Emerging perspectives on Dambudzo Marechera, ed. F. Veit-Wild, A. Chennels, Trenton (N.J.) 1999; Versions of Zimbabwe. New approaches to literature and culture, ed. R. Muponde, R. Primorac, Harare-Oxford 2005; Zimbabwean transitions. Essays on Zimbabwean literature in english, ndebele and shona, ed. M.Z. Malaba, G.V. Davis, Amsterdam 2007.