Attività di indirizzo politico-amministrativo e di controllo di competenza del ministro, nel cui esercizio emana atti definiti «di suprema direzione della pubblica amministrazione» o «di raccordo della funzione di indirizzo politico con quella amministrativa». Attuazione dell’art. 97 della Costituzione, l’alta amministrazione è espressione del principio della separazione delle competenze fra organi politici e organi amministrativi. In particolare, il ministro definisce gli obiettivi e i programmi da attuare, adottando gli atti che rientrano nello svolgimento di tali funzioni, e verifica la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti; a questo fine individua le risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale. Il dirigente adotta gli atti e i provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno; si occupa della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, ed è responsabile, in via esclusiva, dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.
L’alta amministrazione si esprime attraverso atti normativi, atti di carattere generale, di programmazione e di indirizzo, incapaci tuttavia di produrre effetti giuridici diretti nelle situazioni giuridiche soggettive. Tra gli atti di alta a. particolare rilevanza rivestono le ‘nomine’ dei titolari di una parte degli uffici dirigenziali, il cui sistema è stato oggetto di una profonda trasformazione, volta ad agevolare il collegamento fra i ministri e i funzionari, riequilibrando in tal modo il principio di separazione fra attività politica e di gestione introdotto dalla l. n. 165/2001.
Ministro e ministero. Diritto amministrativo