Atti compiuti dal proprietario di un bene che non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. Atti di questo genere sono espressamente vietati dal Codice civile (art. 833), e costituiscono pertanto un illecito, che obbliga il proprietario al risarcimento del danno (ed eventualmente al ripristino della situazione qua ante). Un primo, diffuso orientamento giurisprudenziale, ritiene che l’atto emulativo sussista quando si danno due condizioni: l’una soggettiva, il cosiddetto animus nocendi, inteso come intenzione di nuocere o recare molestia, l’altra oggettiva, rappresentata dall’assenza di utilità. Un secondo indirizzo ritiene sufficiente la mera consapevolezza di arrecare danno o molestia, mentre una terza opinione prescinde dall’elemento soggettivo, e scorge nel comportamento del proprietario, nell’assenza di utilità per il medesimo e nelle conseguenze di danno o molestie arrecate ad altri le condizioni sufficienti dell’atto emulativo. Non è possibile applicare la disciplina degli atti oltre l’ambito della proprietà, del possesso e, secondo l’opinione prevalente, dei diritti reali di godimento.