Forma di decentramento burocratico di origine anglosassone in cui gli organi di vertice di una struttura organizzativa vengono formati attraverso la partecipazione della collettività, attribuendo a essa l’esercizio delle funzioni pubbliche in un determinato ambito territoriale, con l’esclusione di quelle relative ai rapporti con l’estero e la difesa. Si possono rinvenire nell’ordinamento nazionale alcuni modelli di autogoverno, come le Regioni e le Province a statuto speciale, i cui statuti disciplinano la formazione e le competenze degli organi direttivi in modo del tutto differente dagli altri enti regionali e provinciali. In particolare, il pieno autogoverno è riconosciuto dall’art. 2 della l. cost. n. 340/1971 (statuto della Regione veneta), la quale afferma che «l’autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia».
A livello europeo, il diritto all’amministrazione delle amministrazioni locali è previsto dalla Carta delle autonomie locali del Consiglio d’Europa, che è stata ratificata come legge interna in quasi tutti gli Stati membri dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e per la Cooperazione in Europa), tra cui anche l’Italia (l. n. 439/1989). All’art. 3 essa prevede il diritto delle collettività locali a regolamentare e amministrare nell’ambito della legge una parte importante degli affari pubblici, attraverso organi eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto e universale.
La Costituzione italiana riconosce una forma di autogoverno ai giudici, al fine di assicurare l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario dai poteri legislativo ed esecutivo. In particolare l’art. 105 della Costituzione attribuisce al Consiglio superiore della magistratura (istituito con l. n. 195/1958) competenza decisionale su tutti i provvedimenti relativi allo stato giuridico dei giudici: assunzioni, assegnazioni di incarichi, trasferimenti, promozioni e sanzioni disciplinari. Si tratta però di una forma di autogoverno parziale, in quanto l’organo è composto solo per i 2/3 da magistrati eletti dagli appartenenti alla categoria, mentre la parte restante viene eletta dal parlamento in seduta comune.